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L’Impotenza dell’ONU: La Crisi Mediorientale e il Trionfo degli Interessi Economici sui Diritti Umani

L'ONU

l'ONU

di Pompeo Maritati

L’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), fondata nel 1945 sulle ceneri della Seconda Guerra Mondiale, nacque con l’obiettivo principale di prevenire conflitti internazionali, promuovere la cooperazione tra le nazioni, difendere i diritti umani e garantire la pace e la sicurezza globali. Tuttavia, con l’evolversi del panorama geopolitico, economico e sociale del mondo contemporaneo, risulta sempre più chiaro che l’ONU sta attraversando una crisi profonda e strutturale che mina la sua capacità di svolgere efficacemente la sua missione. La recente crisi mediorientale, in cui Israele e le potenze occidentali, tra cui gli Stati Uniti e alcuni Paesi europei, giocano un ruolo preponderante, mette in luce come determinati interessi geopolitici ed economici abbiano preso il sopravvento rispetto all’impegno dichiarato dell’ONU nella tutela dei diritti umani. Questo squilibrio non solo indebolisce l’efficacia dell’organizzazione, ma rappresenta anche un pericoloso precedente che rischia di legittimare comportamenti simili in altre parti del mondo, mettendo in pericolo la stabilità internazionale.

La crisi che attualmente sconvolge il Medio Oriente, con il conflitto israelo-palestinese al centro, ha riportato all’attenzione globale l’incapacità dell’ONU di esercitare un ruolo decisivo come mediatore imparziale e di far rispettare il diritto internazionale umanitario. Israele, da tempo al centro di critiche per le sue politiche nei confronti dei palestinesi, ha rafforzato il suo operato grazie al sostegno incondizionato di Stati Uniti e di altre potenze occidentali, rendendo difficile per l’ONU intervenire con decisione. La stessa Europa, divisa al suo interno, fatica a esprimere una posizione univoca, spesso oscillando tra il richiamo alla protezione dei diritti umani e la salvaguardia dei propri interessi economici e geopolitici nella regione. Questa situazione evidenzia una verità scomoda: i diritti umani, che dovrebbero essere una priorità assoluta per le nazioni democratiche e per l’ONU, vengono subordinati agli interessi economici e strategici delle grandi potenze.

Ciò che sta emergendo in modo sempre più evidente è che la struttura dell’ONU, basata sul principio della sovranità nazionale e sul rispetto del multilateralismo, è diventata uno strumento inefficace per affrontare le crisi globali contemporanee. Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, il cui compito principale è quello di mantenere la pace e la sicurezza internazionale, è spesso paralizzato dal diritto di veto dei suoi membri permanenti, tra cui gli Stati Uniti, la Russia e la Cina. Questo meccanismo non solo ha reso difficile per l’ONU intervenire efficacemente nelle crisi internazionali, ma ha anche creato un sistema di diseguaglianza tra gli Stati, dove le potenze maggiori possono impedire qualsiasi azione contraria ai propri interessi, anche a scapito dei diritti umani e della stabilità globale. Nel caso della crisi mediorientale, il veto degli Stati Uniti ha sistematicamente bloccato le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza che avrebbero potuto condannare le azioni di Israele o imporre misure di responsabilità per le violazioni del diritto internazionale.

Questa dinamica mette in luce un altro aspetto preoccupante: l’erosione della legittimità dell’ONU come organismo imparziale e garante del diritto internazionale. Le nazioni che vedono l’ONU come uno strumento dominato dalle grandi potenze tendono a non rispettare le sue decisioni o a sfidarne l’autorità. Nel contesto del conflitto israelo-palestinese, Israele ha ripetutamente ignorato le risoluzioni dell’ONU che chiedevano il rispetto dei diritti umani dei palestinesi e la fine delle politiche di insediamento nei territori occupati. Questo atteggiamento di sfida, sostenuto dal supporto delle potenze occidentali, crea un precedente pericoloso che rischia di essere emulato da altre nazioni in situazioni di conflitto. Stati con ambizioni territoriali o desiderosi di espandere la propria influenza regionale potrebbero essere tentati di adottare un modello simile, sfruttando le divisioni all’interno dell’ONU e l’incapacità dell’organizzazione di intervenire efficacemente.

La crisi mediorientale, dunque, non rappresenta solo una questione regionale, ma è il riflesso di un problema più ampio che riguarda il sistema di governance globale. L’ONU, che dovrebbe essere il baluardo della cooperazione internazionale e della protezione dei diritti umani, si trova oggi in una posizione di debolezza, incapace di affrontare le sfide poste dalle nuove dinamiche geopolitiche ed economiche. L’espansione dell’influenza cinese e russa, che sfidano apertamente l’ordine internazionale liberale, e l’aumento delle tensioni tra le potenze occidentali e le potenze emergenti, hanno ulteriormente complicato il lavoro dell’ONU, rendendola un’arena di conflitto politico piuttosto che di cooperazione.

Il ruolo degli Stati Uniti in questa crisi globale è particolarmente significativo. Da un lato, gli Stati Uniti sono stati storicamente uno dei principali promotori della creazione dell’ONU e dei suoi valori fondanti, come il rispetto dei diritti umani e il mantenimento della pace internazionale. Dall’altro lato, però, gli Stati Uniti hanno spesso utilizzato l’ONU come uno strumento per promuovere i propri interessi geopolitici ed economici, come dimostrato dal loro costante veto alle risoluzioni che criticano Israele o che cercano di imporre sanzioni contro Paesi alleati. Questa doppia faccia della politica estera americana mina la credibilità dell’ONU e rafforza la percezione che l’organizzazione sia inefficace e subordinata ai voleri delle grandi potenze.

La crisi in Medio Oriente ha anche evidenziato una disconnessione tra i principi fondanti dell’ONU e la realtà dei fatti. L’organizzazione ha sempre promosso la tutela dei diritti umani come un valore universale, ma nei fatti si è dimostrata incapace di farli rispettare in modo equo e imparziale. In molti conflitti contemporanei, i diritti umani vengono sacrificati in nome di interessi economici o politici. Le nazioni democratiche, che dovrebbero essere i principali sostenitori di questi diritti, spesso chiudono un occhio su violazioni gravi se ciò serve a proteggere i propri interessi strategici. Nel caso del conflitto israelo-palestinese, il supporto incondizionato degli Stati Uniti a Israele, nonostante le numerose accuse di violazioni dei diritti umani contro i palestinesi, è un chiaro esempio di come gli interessi geopolitici prevalgano sui principi morali.

Questa crisi di valori non si limita al Medio Oriente, ma riguarda il sistema internazionale nel suo complesso. L’ONU, incapace di affrontare efficacemente le sfide poste da potenze come la Cina e la Russia, che sfidano apertamente l’ordine internazionale liberale, si trova ad affrontare una crisi esistenziale. Il multilateralismo, che dovrebbe essere il pilastro del sistema internazionale, è sempre più minacciato dall’ascesa di nazionalismi aggressivi e dall’erosione della fiducia nella cooperazione globale. Il rischio è che, se l’ONU non sarà in grado di riformarsi e di adattarsi alle nuove realtà geopolitiche, possa diventare irrilevante, lasciando un vuoto di potere che sarà rapidamente riempito da attori autoritari e nazionalisti.

In questo contesto, è fondamentale riflettere su quali siano le possibili soluzioni per salvare l’ONU dalla sua attuale crisi. La riforma del Consiglio di Sicurezza, con l’abolizione o la limitazione del diritto di veto, è stata a lungo discussa, ma è improbabile che venga attuata nel breve termine, data la resistenza delle potenze maggiori. Tuttavia, una riforma è necessaria per ridare all’ONU la capacità di agire in modo rapido e deciso nelle crisi internazionali. Allo stesso modo, l’ONU deve rafforzare i propri meccanismi per la protezione dei diritti umani, assicurando che nessuna nazione, per quanto potente, possa violare impunemente il diritto internazionale umanitario.

Infine, l’ONU deve ritrovare la sua vocazione originaria di promotore della pace e della cooperazione globale. Questo richiede un impegno rinnovato da parte di tutte le nazioni, grandi e piccole, a rispettare i principi del diritto internazionale e a mettere da parte gli interessi particolari in nome del bene comune. Solo così l’ONU potrà tornare a essere un faro di speranza in un mondo sempre più disorientato e diviso.


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