Librerie: una conversazione a più voci tra chi vende libri, e non solo…
di Enrico Conte
Non è un negozio, non una rivendita dove si possono trovare, per lo più, prodotti mono marca. Non è un luogo che si frequenta per un mordi e fuggi, è un posto dove ci si reca per comprare chiavi, chiavi di accesso ad altri luoghi, anche se non tutti lo sanno, più o meno consapevolmente.
E’ un distributore di racconti, una cornucopia di idee, un atlante, una wunderkammer, una torre di babele, un luogo che dispensa mappe per orientarsi su strade da percorrere, in compagnia di chi ha scritto il libro.
Un organismo vivente che lascia un segno: la città, dopo la sua apertura, non è più la stessa, come non lo è più quando la libreria chiude, o cambia proprietà o gestore. Quello spazio dismesso sarà ancora più vuoto, non solo perchè privo di quell’andirivieni di persone in cerca di un qualcosa, di un’ancora di salvezza, di un rifugio, di una conferma, di un’illusione, di un incontro con persone immaginarie e reali, e dove tutto si mescola, dove si consuma l’attesa di tuffarsi, di immergersi tra le pagine di un autore, in vista della possibilità – non è detto che succeda sempre, perchè come tutto ciò che è meraviglioso potrebbe non succedere – di farsi abitare dai pensieri di un altro, proprio come accade quando si è innamorati.
Insomma quel luogo che consente di distinguere il fatto dell’acquisto di un libro dall’esperienza della lettura che si farà, e che ha inizio nel preciso momento in cui si sceglie un libro, dopo aver dato un’occhiata al risvolto di copertina.
“Se vuoi guarire, smetti di razionalizzare, abbandonati, lasciati andare”, dirà Italo Svevo nella sua “Coscienza di Zeno“ e, mentre leggo questa frase a voce alta, credendomi solo nello scompartimento del Frecciarossa che mi porta verso Roma, a Bologna, sale una ragazza, in realtà è una signora, ma per le cose che le sentirò dire, come faccio a non definirla ragazza? A non collocarla nel novero di quella categoria di persone che sognano ad occhi aperti, ma con i piedi per terra e le mani, prensili, che si muovono nella giungla del mondo.
“Si, ha ragione Svevo“, dice rivolgendosi a me come se mi conoscesse da tempo e ci fosse tra noi una conversazione in corso: “smetti di razionalizzare, lasciati andare, magari in una libreria, che non è un negozio, è un posto con una selezione accurata, e il racconto dei libri ne fa un luogo di significati, un distributore di storie dove sono i librai a fare la differenza, con le loro storie personali che si incrociano con le storie dei libri; le librerie hanno una personalità, un profilo fortemente soggettivo e speciale. E ciò avviene con la scelta dei libri messi in vendita, da zero a 99 anni, luoghi inclusivi. Di questi tempi, poi, si sopravvive ad Amazon rendendo questi luoghi esclusivi, puntando su accoglienza, su un racconto, anche fisico, come fosse un‘abitazione che arredi sempre meglio.Si arriva a tutto questo ma, l’importante, è avere questa idea nella mente, lo diventa strada facendo, ma il pensiero che lo genera è nella testa. E‘ questa la differenza tra il fisico e l’online, anche quando impacchetto con il lettore davanti e gli chiedo se gli è piaciuto il precedente, acquisto conta il tempo della relazione, il tempo dell’anima, cose che Amazon non offre.
“Non solo – prosegue la mia compagna di viaggio come un fiume in piena e che, come del tutto evidente, per mestiere fa la libraia – ma le Librerie possono coagulare le persone, sono occasione di dialogo con il territorio, con le difficoltà che si superano con la fiducia. Quante idee si possono promuovere attraverso le librerie e le loro iniziative, presentazioni e incontri. Bisogna anche dire che la pandemia è stata un evento che ha smosso molte cose, da quel momento, dal 2020, è aumentato il consumo di libri, con un tempo che è diventato importante, che ci ha regalato l’opportunità di pensare ai nostri veri interessi.
Se hai più tempo, anche perchè lo cerchi, e lo trovi più facilmente, hai, per esempio, la possibilità di avvicinarti alla natura, e ai problemi del cambiamento climatico, facendo esperienze e regalandoti l’opportunità di nuove scoperte. Eravamo saturi, avevamo bisogno di esperienze forti per ripensarci- Però, poi, per cambiare non bastano solo le idee anche se nuove, servono progetti che funzionino come fossero fertilizzanti“.
“Resta che il libro che io prendo in mano, portandolo davanti al mio sguardo, è come fosse uno specchio che mi guida tutti i giorni. Ecco perchè le librerie sono luoghi fantastici, dove si può cogliere tutto questo. Già una campata di libri contiene 200-300 storie diverse. E‘ questo che rende emozionante il lavoro del libraio. l‘idea che, con tante storie, possano avvicinarsi tanti lettori. E con la consapevolezza che, essere troppo selettivi, significa escludere.
E poi c‘è gente che si avvicina ai libri a 50 anni, magari con Tolken, anche perchè ha trovato nella libreria un luogo che alimenta un pensiero libero e creativo, un luogo che si mette in ascolto e cerca di offrire ciò che viene chiesto. Ascoltare il pubblico e cogliere le proposte anche critiche, mettendosi in discussione“.
Ad un certo punto la mia interlocutrice si alza velocemente….“ siamo arrivati a Firenze, mi scusi, devo scendere“, mi dice senza darmi il tempo di replicare, lasciandomi senza parole, quelle che proverò a sviluppare in una conversazione-intervista con:
Daniela Palmieri, titolare della storica Libreria Palmieri, di Lecce,
Walter Lazzarin, scrittore per strada, originario di Rovigo, conosciuto sui social, noto per sorprendere i passanti seduto all’indiana sul marciapiede, con una macchina da scrivere “Olivetti Lettera 32“, mentre prepara i sui scritti.
Cosa rende “Libreria” un negozio che vende libri?
Daniela Palmieri:…la libreria, se pur soggetta alle leggi del commercio come ogni alto negozio, è sicuramente un luogo molto particolare. Viene animata dalla sua stessa merce che è parlante, risuona tra gli scaffali. Qualsiasi libreria, dalla più piccola ai veri e propri centri commerciali del libro non sfuggono a questa doppia natura. innovare e preservare, ed innovarsi ma senza perdere identità. La libreria dove io ho vissuto e sono cresciuta ha caratteristiche molto particolari perché è legata fortemente alla storia di famiglia, diciamo che si interseca e quindi non può prescinderne, inoltre essendo aperta dal 1968 è legata pure alla storia della città.
Walter Lazzarin: distinguerei la “libreria” da “un negozio che vende libri”. I negozi che vendono libri ormai da anni non mi interessano, sono spesso attività in franchising coi titoli esposti come merce qualunque. La libreria è il luogo del libraio o della libraia, che organizzano incontri e sanno indirizzare i lettori. Le librerie mi interessano, ma ce ne sono sempre meno.
Come sopravvivere ai tempi di Amazon?
Daniela Palmieri: Sicuramente il mercato del libro, come ogni altro mercato, è cambiato moltissimo, per la vendita on line e anche per altri fattori come una sopraggiunta crisi economica che ha diminuito il potere di acquisto.
La sopravvivenza è legata ad un rimodulazione e anche alla possibilità di offrire servizi diversi come i laboratori di lettura per bambini, i gruppi di lettura per adulti, letture di poesie, presentazioni ed eventi, tutto quello che aggiunge alla vendite del libro un fattore di compresenza che, attraverso gli acquisti in rete, non può esserci.
Walter Lazzarin: una libreria campa bene se diventa un luogo di incontro e confronto, però i librai e le libraie devono cambiare approccio. Avere una libreria significa essere dei piccoli imprenditori, non dei diffusori di cultura. La cultura è fatta da chi i libri li scrive, non da chi li vende; mi pare che ci sia spesso molta confusione al riguardo. E non è una contraddizione con la risposta precedente, perché la libreria deve essere un luogo che sfrutta il libro per intrattenere il lettore, ma non è solo un posto in cui si vendono libri. Non può più limitarsi a questo, altrimenti non vedo il vantaggio di prendere un romanzo in libreria anziché su Amazon. Chi gestisce una libreria non può lamentarsi se vende poco o non ha sostegno da parte dello Stato: o crei il bisogno – il bisogno di entrare nella tua libreria, perché è un luogo dove conosco cose e persone nuove, dove mi diverto, dove imparo – oppure chiudi. O offri al lettore dei servizi che altrove non trova, come fa ogni piccolo imprenditore, oppure chiudi.
E’ pensabile che le Librerie possano costituire un “coagulo” di persone con le quali promuovere lo sviluppo di un territorio, magari in collaborazione con le scuole, le univesità, le istituzioni locali, le associazioni del Terzo settore?
Daniela Palmieri:sicuramente intorno a una libreria si forma un gruppo di persone che ama la cultura ed i libri, molto spesso nascono delle idee preziose per la città ed il territorio nel quale la libreria opera. Le istituzioni, attraverso le biblioteche e le iniziative culturali, interagiscono con le librerie.
Questo aspetto è molto importante come per esempio il programma che questa estate ha tenuto il Comune di Lecce presso la Biblioteca civica „OgniBene“, nel Convento degli Agostiniani al quale abbiamo partecipato.
Nell’epoca delle passioni tristi, del post moderno orfano delle ideologie e di una visione strutturale della società: manca la politica o manca la promozione, dal basso, di una visione culturale con idee per la polis?
Daniela Palmieri: sicuramente questi sono anni difficili perché sembra di vivere in un momento storico di decrescita e non felice, come si augurava Serge Latouche, una decrescita senza direzione. La mancanza di punti fermi non permette di elaborare prospettive a lungo termine, se pure molto fermento culturale nasce proprio in questo spazio libero, poesia, teatro, anche letteratura. Ma i canoni ai quali siamo abituati si stanno perdendo, emergono realtà parallele a quelle dei grossi gruppi che hanno molte idee ma che, nello stesso tempo, trovano difficile emergere e far fronte alle difficoltà economiche. Non credo che manchino idee o spazi culturali, forse mancano i fruitori, ci sono molti eventi rispetto a chi abbia la possibilità di seguirli. Si è assottigliata quella classe sociale che si sentiva in crescita e che accompagnava la crescita economica del proprio stato al desiderio di un accrescimento culturale.
Walter Lazzarin: mi viene difficile fare un confronto con i decenni precedenti, perché abbiamo pochi dati e poca distanza, mi sembra più onesto farlo con i secoli precedenti. Siamo in un’epoca in cui la cultura è accessibile a chiunque e tramite mille mezzi, proprio per questo i libri hanno perso il ruolo egemonico che avevano nel Novecento. Girano pseudo-studi che sostengono la decrescita dell’intelligenza umana, ma sono sciocchezze da clickbait. L’intelligenza umana sta cambiando, punto. E in quest’epoca i video sono una diretta ed efficace fonte di informazione; YouTube è un pozzo di cultura, ma bisogna saperlo usare.
Basta la qualità delle idee messe in circolo, cosa che sarebbe già una gran cosa in tempi di spazzatura social – è riconducibile a Hegel il pensiero che fossero le idee a modicare la realtà – o servono progetti?
Daniela Palmieri: i progetti ci sono, sicuramente in Puglia, a Lecce nello specifico, almeno posso parlare delle realtà che conosco. Basta pensare alla Biblioteca “Ognibene“ e anche alla Biblioteca “Bernardini“, entrambe così attive nel territorio.
Le librerie sono piene di saggi e di Letteratura o di letterarietà? Summa di cose scritte ma prive di spessore poetico-artistico, come ha recentemente ricordato Jon Fosse, ultimo Nobel per la letteratura.
Daniela Palmieri: sicuramente c’è una produzione vastissima di tutti i generi, c’è la produzione di saggistica divulgativa, di libri gialli, di romanzi per adolescenti. Le vetrine ed i tavoli espositivi cambiano ogni settimana perché le novità non conoscono periodi di riposo, se non che dopo metà dicembre e la settimana di ferragosto. Qualità ce n’è ancora, si tratta di cercarla e di farsi guidare dalle recensioni, dai consigli del libraio, escono saggi importanti, romanzi validissimi, vengono tradotti autori da tutto il mondo e proposte nuove traduzioni di classici.
Walter Lazzarin:le librerie sono piene di titoli inutili, ma le libraie e i librai spesso si difendono con frasi tipo: Eh, mi tocca vendere anche questo per sopravvivere. Però i libri belli di tante piccole o medie case editrici non li vedo; la scusa è: Ma sono distribuiti male. Okay, tutto vero, ma allora attiva una distribuzione diretta con loro. La risposta classica: Eh, ma lo sforzo non vale il guadagno. Bene, ma poi non lamentarti se il romanzo del Big lo prendo su Amazon.
Per lo più in concomitanza con la pandemia e con le evidenze del cambiamento climatico, si è iniziato a parlare, pubblicamente, della necessità di modificare paradigmi culturali:dovrebbero farlo la scuola!? Le università? Le Istituzioni locali? Le Librerie possono assumere il ruolo di agenti del cambiamento attraverso progetti culturali diffusi sul territorio?
Daniela Palmieri: le librerie sono centri di cultura aperti a tutti, non tutti entrano in libreria, la maggior parte delle persone non supera la soglia, non sanno che un libro possa avere qualcosa da dirgli E’ questa ancora la grande scommessa che abbiamo davanti. Il libro ha questa possibilità, conquistare nuovi acquirenti, far scoprire anche nell’epoca del digitale.
“Gli occhiali per vedere il mondo – così’ Giovanni Floris, nel suo ultimo “L’essenziale” – li acquisti prima dei vent’anni, da lì in poi cambi solo la montatura”….
Daniela Palmieri: non credo che nessuno possa considerare la sua visione delle cose e del mondo definitiva a vent’anni, anzi, quello che si vive, si conosce, si vede e si prova, cambia completamente il modo di guardare al mondo. Specialmente avendo a che fare con i libri si sa bene quante prospettive esistono e che per tutta la vita si può imparare.
La fuga dei giovani dal Mezzogiorno e dall’Italia: le Librerie alla finestra?
Daniela Palmieri:le librerie possono essere soggette a perdere la loro finestra qualora una terra perda la sua parte più attiva e costruttiva; sulla loro ipotetica di incidenza non vedo possibilità. L’economia determina le librerie ed il loro ruolo e caratteristiche, non viceversa, neppure quando nelle librerie si vendeva Marx e Gramsci questo ha potuto cambiare i rapporti economici tra le persone, se pure ha istruito una classe critica.
L”intelligenza artificiale, se affidata alle grandi corporation, proprietarie dei Big Data, non rischia di accentuare il conformismo del pensiero calcolante? Come fare per alimentare un pensiero trasformativo e creativo?
Daniela Palmieri:sicuramente leggere offre nuove prospettive, tra le parole degli altri si possono scoprire interi mondi e nuove interpretazioni di essi e questo è l’antidoto migliore su un pensiero predefinito.
Walter Lazzarin: è uno strumento interessante, che obbliga e obbligherà i creativi a spingere il doppio sull’acceleratore. Ho lavorato per anni con piccoli editori e il 99% dei romanzi che arrivano da aspiranti scrittori sono mediocri, facilmente sostituibili da testi prodotti con l’intelligenza artificiale. Chi è bravo, bravo bravo, al momento non deve temere di perdere il posto. E in libreria ci dovrebbero essere i libri di quelli bravi bravi.
Le parole, come diceva Don Lorenzo Milani, come chiavi per aprire tutte le porte e per riconoscersi: si rivolgeva ai bambini della scuola di Barbiana, ultimi tra gli ultimi, che avevano bisogno, come prima cosa, di acquisire la consapevolezza di se stessi. Mi chiedo se, pur in un contesto completamente diverso, questi pensieri non siano ancora di stringente e urticante realtà ma, questa volta, se riferiti non solo ai bimbi toscani!?
Daniela Palmieri: non so cosa penserebbe oggi Don Lorenzo Milani, sicuramente il suo insegnamento è rimasto importantissimo, ma è come se l’Italia alla quale lui faceva riferimento non esistesse più, o comunque non è il Paese degli italiani ma più quello dei tanti immigrati che lo abitano e che hanno bisogno di appropriarsi della lingua per trovare un posto nella società, specialmente le nuove generazioni che hanno diritto allo studio e, secondo me, anche alla cittadinanza. Noi, ed intendo in quel noi le generazioni cresciute secondo quelle prospettive di inclusione sociale e di acculturamento, siamo rimasti a volte delusi: saper leggere la realtà, saper descrivere con parole adeguate il mondo non ci ha dato molte possibilità di cambiarlo o anche solo di incidervi.
Conclusioni
Terminata questa conversazione ripenso alla libraia incrociata per caso sul treno e scesa a Firenze, non so se mai la ritroverò, magari andrò a cercarla con gli amici, con Daniela e Walter, e con il loro aiuto, rintraccerò e riconoscerò, ancor prima di lei, la sua inconfondibile libreria ……