L’eleganza del riccio di Muriel Barbery
di Francesco Abate
Renée e Paloma sono due anime in incognito, come i ricci si sono messe al riparo dietro uno stereotipo per difendersi da una realtà troppo mediocre.
La prima è la portiera di un elegante palazzo abitato dall’alta borghesia parigina, la seconda invece una ragazzina di dodici anni la cui mente geniale è mortificata da una famiglia superficiale e ottusa.
Attraverso le loro storie, raccontate dalle dirette interessate, Muriel Barbery ci mostra gli stereotipi della società attuale e come questi possano sotterrare personalità straordinarie.
Solo un uomo proveniente dall’altra parte del mondo, mister Ozu, libero dai preconcetti della società parigina, riesce a vedere il vero volto di quella portiera in apparenza tanto burbera e ottusa; lui scopre che dietro quella finzione si nasconde una donna molto colta, affamata di conoscenza e incline alla riflessione, un’attenta osservatrice della realtà da cui però fugge a causa di un grande dolore patito tanti anni prima. Mister Ozu libera Renée dalla finzione in cui si è intrappolata e, senza volerlo, finisce per salvare anche la vita di Paloma, che stanca del mondo e della famiglia aveva deciso di uccidersi nel giorno del suo compleanno.
Se le due protagoniste hanno deciso per ragioni diverse che il mondo è un posto da cui è meglio nascondersi, mister Ozu è un’immagine che viene da lontano e mostra loro che è possibile trovarvi anche del buono, che è sbagliato nascondersi e si può provare a vivere con le carte scoperte.
Sebbene il messaggio del romanzo sia importante e la narrazione sia densa di riflessioni profonde, la lettura scorre con una certa pesantezza e il romanzo solo nel finale cattura l’interesse e invita alla lettura. Diciamo che per parecchie pagine bisogna forzarsi ad andare avanti, solo alla fine la strada si fa in discesa e la lettura comincia a scorrere via piacevolmente.
Un’altra cosa che mi è piaciuta poco di questo romanzo è che combatte una battaglia contro le apparenze, mostrandoci il vero volto di una portiera che tutti credono ignorante e stupida, ma nella descrizione delle famiglie alto-borghesi cade in tentazione e dagli stereotipi attinge in abbondanza, senza una vera indagine psicologica degli altri personaggi. Certo l’autrice non ne avrà rilevato la necessità visto che il romanzo è impostato come la lunga riflessione di Renée e Paloma, ma forse nella parte finale avrebbe potuto sfruttare la nuova consapevolezza delle due protagoniste per guardare con occhio un poco più attento la realtà circostante; non facendolo, ha lasciato nel romanzo tre personaggi circondati da bambole di pezza.
Certo queste pecche sembrano aver dato fastidio solo a me, visto che il romanzo è stato un best-seller mondiale e ha addirittura ispirato il film Il Riccio nel 2008. Per quanto mi riguarda però non è un libro memorabile, anche se è una lettura che può piacere e che di sicuro non è tempo perso; un libro discreto, insomma, non un capolavoro.
Francesco Abate