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Lecce Capitale italiana dell’arte contemporanea 2026? Alcuni interrogativi

Foto con Alexander Calder

Alexander Calder

di Enrico Conte

Ha suscitato grande e comprensibile interesse l’intenzione del Comune di Lecce, dopo la sollecitazione partita dal Presidente dell’Accademia di Belle Arti, Nicola Ciracì, di voler presentare la candidatura per partecipare alla selezione della Capitale italiana dell’arte contemporanea 2026.

L’ìdea si presenta suggestiva e di grande fascino posto che, diventare capitale (italiana) di  arte contemporanea, come anche della Cultura, rappresenta non solo l’opportunità per ricevere finanziamenti ma, soprattutto, quella di poter realizzare  una molteplicità di iniziative: la riqualificazione di spazi, pubblici e privati, di aree dedicate alla fruizione delle opere, di mostre, eventi culturali, installazioni, anche grazie alla collaborazione di una rete di soggetti, pubblici e privati, di centri d’arte, Associazioni e Fondazioni, spazi indipendenti e non profit, votati alla ricerca e alla sperimentazione, con l’ulteriore finalità, per il tramite di uno sguardo nuovo, di  incrementare il patrimonio dei luoghi della cultura, rafforzare la coesione, l’inclusione sociale. la partecipazione pubblica.

Si può anche aggiungere, per alimentare le condizioni affinchè sul territorio, grazie a non secondari servizi di qualità, sia attratto un  turismo anche internazionale, tendenzialmente meno predatorio, perchè più sensibile nei confronti dei valori storico-culturali, nel quadro di un’offerta che lo attrae e che sia orientata alla fruizione più consapevole dei beni culturali e del paesaggio.

Detto ciò, le circostanze di fatto in cui nasce questa occasione, il bando è uscito il 15 aprile, inducono ad attivare “ragione e sentimento”, perchè la necessaria concorrenza con le città intermedie, il target del bando, richiederà che la domanda e il Dossier di candidatura vengano inviati entro il 30 giugno, una scadenza ultra ravvicinata che autorizza a pensare che potranno essere favorite, di fatto,  le realtà che, già da tempo, lavorano come sistema sul tema della selezione, valorizzando le opere  in un’accezione che non si esaurisca nella promozione del “manufatto materiale o immateriale che sia di opera d’arte”, ma che costituisca la risultante di un processo di ricerca-azione, di  sperimentazione e di collaborazione virtuosa tra i protagonisti delle offerte culturali sul territorio (per Matera, Capitale della cultura 2020, questo aspetto ha avuto peso determinante).

Ulteriori fattori di criticità: l’imminente tornata elettorale che richiederebbe che i candidati Sindaci riescano a convergere sulle modalità (e sul chi), di costruzione del Dossier, circostanza pensabile, se pure, nei contesti di provata e storica concordia. E ancora. La somma messa a disposizione dal Ministero della Cultura non supera il milione, cifra,  stando ai prezzi correnti, che non consentirebbe di recuperare una strada attrezzata che sia il doppio di Viale Marche, della città aderente.

Si aggiunga, la domanda di candidatura deve indicare i soggetti in rete, il piano delle opere corredato da valutazione economico-finanziaria, il modello di governance e l’organo incaricato dell’elaborazione e promozione del progetto e del monitoraggio dei risultati”( art 3), il tutto nel mentre è in gioco chi dovrà governare il Comune nei prossimi cinque anni.

Quanto ai criteri individuati per la scelta risultano altamente discrezionali quanto generici, per tutti “aderenza agli obiettivi, capacità di realizzare la rigenerazione degli spazi,  azione culturale diretta allo sviluppo del processo identitario, la promozione dei talenti e in particolare dei giovani”( 4), e con una Giuria ( art 5) che , in sede di prima riunione, e quindi una volta “in chiaro” il nome dei Comuni candidati, potrà individuare ulteriori specificazioni dei criteri di valutazione.

Se è vero che i progetti innovativi, sul piano socio-economico e culturale, molto spesso nascono nei luoghi di frontiera, va anche detto che per essere efficaci, e riuscire a incidere con segni duraturi, serve che sappiano uscire, non in forme estemporanee, dall’isolamento spaziale e sappiano dare valore aggiunto al collegamento tra i protagonisti dell’operazione, ricomponendo il “sapere” con il “saper fare”, non ultimo grazie ad un ruolo proattivo con chi si occupa di educazione, di formazione e ricerca (Terza missione dell’Università del Salento).

In chiave costruttiva, partecipare come esperienza può essere positivo, per mobilitare energie creative, mettere alla prova la maturità civica della città e le capacità organizzative della struttura tecnica, chiamata a gestire la continuità amministrativa, non ultimo per stimolare investimenti privati in concorso con quelli pubblici, ma nella consapevolezza che i “Comuni candidati non potranno partecipare all’edizione successiva della procedura di selezione”(art 3 bando).

Alexander Calder
Alexander Calder

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