IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

Le “Verità negate” un libro di Santino Spinelli che fa il punto su molte falsità dette sul Popolo Rom

Libro-di-Santino-Spinelli

Di Maurizio Nocera

LE “VERITÀ NEGATE”. UN LIBRO DI SANTINO SPINELLI CHE FA IL PUNTO SULLE MOLTE FALSITÀ DETTE E RIDETTE NEI SECOLI SUL POPOLO ROM/ROMA, SINTI, CALÈ/KALE, MANOUCHES E ROMANICHALS.

Era il 2001 quando per la prima volta lessi la poesia «AUSCHWITZ// Faccia incavata,/ occhi oscurati,/ labbra fredde./ Silenzio./ Cuore strappato/ senza fiato,/ senza parole,/ Nessun pianto».

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Era stato Santino Spinelli a scriverla alla p. 46 del libro Oltre la diversità: I figli del vento (edito da The International Association of Lions Club (Distretto 108 YA – XI Circoscrizione – Delegazione di Zona B).

La fortuna di questa poesia è stata immensa. Essa è oggi incisa a Berlino sul monumento memoriale dedicato al Samudaripen (genocidio nazifascista del popolo Rom/Roma, Sinti, Calè/Kale, Manouches e Romanichals) eretto dietro al palazzo del Parlamento tedesco e inaugurato nel 2012 alla presenza delle più alte autorità tedesche ed internazionali.

Quando la lessi, rimasi come pietrificato. L’estrema sintesi dei sentimenti espressi con pochissime parole hanno rappresentato per me una profondità abissale. È il cuore dell’umanità intera che, attraverso quei versi, viene toccato.

Su quello stesso libro, Santino Spinelli pubblicò un’altra poesia alla p. 80. Questa:

            «TESTAMENTO// Quando morrò/ seppellitemi con/ il mio fedele accordèon/ che possa anche nella fredda oscurità/ toccare il bianco avorio amatissimo.// Quando morrò/ non accompagnatemi/ con un coro di lacrime/ sì di armoniose note/ imbevute d’amore.// Quando morrò/ seppellitemi accanto/ ai miei avi// eterni custodi della mia anima// Quando morrò/ stringete/ forte al mio cuore/ i colori ruggenti dello stendardo Romanò.// Quando morrò/ scrivete sulla mia tomba,/ scrivetelo forte:/ “Qui giace uno zingaro”».

Di questo non ho parole da dire o da scrivere. So solo che nel momento in cui il poeta scrive i versi, ha poco meno di 40 anni (è nato nel 1964). Quindi è nel pieno delle forze fisiche e mentali. Ha 37 anni, per cui mi chiedo: come può un uomo, nel pieno della vita, scrivere un testamento di tale portata? È come se egli non vedesse davanti a sé una vita ancora tutta da percorrere. E quell’ultimo verso-epitaffio fa piangere.

Ancora, andando avanti nel libro, a p. 124, leggo:

            «LIBERTÀ// Ascolto in silenzio/ il muto canto/ dell’erba/ che dondola l’anima al vento/ disprezzando le vanità/ e le ricchezze vane;/ i sospiri degli abeti/ che s’infrangono nei gelidi turbini;/ gli umili pianti del salice/ che non si sciolgono alle carezze della neve./ Adoro le solitarie danze del castagno/ che trema le palmipedi foglie/ come mani al cielo;/ il sole che non si smaschera per apparire;/ la luna che non si trucca per ingannare.// Amo la nudità e il soave profumo/ della libertà».

Stupenda. Un inno alla Natura. Sento in essa il richiamo al biblico Ecclesiaste (Antico Testamento), ma anche al Cantico della Natura del Poverello di Assisi.

Quando lessi le poesie citate non sapevo chi fosse il poeta che l’aveva scritte. A quel tempo non c’era ancora internet e, se c’era, io non lo frequentavo. Tuttavia cercai di sapere qualcosa di più di lui. Scoprii che Santino Spinelli, in arte Alexian, era (è) un Rom italiano, musicista, compositore, poeta, docente universitario, autore di saggi e di opere letterarie sul mondo Rom. Commendatore della Repubblica, insignito dal presidente Mattarella, ha ricevuto il premio Emilio Lussu.  A quel tempo anch’io mi esercitavo a scrivere sul popolo Rom e Sinti, grazie al contributo che mi veniva dato da due care amiche, la poeta Maria Angela Zecca, assistente sociale a Taurisano (Lecce) presso alcune famiglie Rom; e la psicologa Adriana Aprile, amica e frequentatrice del Campo nomadi “Panareo” nei pressi di Lecce.

Non so come e quale sia stata la strada che ha portato uno dei miei raccontini sui Rom di Casarano alla giuria del 12° Concorso Artistico Internazionale “Amico Rom” dell’Associazione “Thèm Romanò” di Lanciano dove, l’8 ottobre 2005, quel raccontino fu premiato come 3° classificato “Cat. M”. Ha premiarlo fu proprio Santino Spinelli. Da quel momento cominciai a interessarmi ancora di più del popolo Rom/Roma, Sinti, Calè/Kale, Manouches e Romanichals. Cominciai a comprare anche i libri di Spinelli. Il primo fu Rom. Genti libere. Storia, arte e cultura di un popolo misconosciuto (Baldini Castoldi Dalai editore, Milano, 2012), con la meravigliosa prefazione di Moni Ovadia. Spinelli dedica il libro:

            «a imperituro ricordo, agli eroi della Patria italiana dimenticati: ai Sinti italiani Amilcare Debar, Walter Vampa Catter, Renato Mastini, Lino Ercole Festini e Giuseppe Levakovich, Silvio Di Rocco, Arcangelo Morelli e a mio nonno Rocco Spinelli, orgoglioso disertore, i quali tutti con coraggio si sono opposti all’arroganza nazifascista e, al prezzo del proprio sacrificio e in maniera distinta, hanno contribuito a liberare l’Italia dai disvalori di una cultura etnocentrica confidando in un mondo migliore e più giusto, democratico e senza discriminazioni».

Nell’introduzione a questo libro, il grande artista Ebreo Moni Ovadia ha scritto:

            «Questo volume è insieme un ponderoso saggio accademico e un’enciclopedia dell’origine, della storia, della vita, delle culture, delle lingue, delle espressioni di Rom, Sinti, Kale, Romanichals, Manouches, le genti che formano un unico popolo, un popolo capolavoro che ha attraversato l’intero pianeta, in pace e nella libertà. […] Questo libro dovrebbe essere letto e meditato da tutti, dovrebbe stare in ogni biblioteca e libreria, dovrebbe essere studiato nelle scuole di ogni ordine e grado» (pp. 10-11).

Altri libri di Spinelli che ho letto sono: Rom, genti libere (2013), Rom, questi sconosciuti (2016), Una comunità da conoscere. Storia, lingua e cultura dei Rom italiani di antico insediamento (Menabò, Ortona, 2018), con una bella introduzione di Giuseppe “Pino” Nicotri.

Nell’epilogo all’ultimo libro citato, Spinelli scrive:

            «Ho cercato di svelare quegli aspetti dei Rom italiani di antico insediamento che sono “invisibili”, ovvero quegli aspetti dell’arte e della cultura, della storia e della lingua, dei valori e delle tradizioni, dell’inclusione e della normalità. In pratica la realtà di esseri umani nella loro quotidianità e nelle loro relazioni, che sembra non interessare a nessuno e che è quella che l’attuale politica di assimilazione tende ad annientare attraverso l’antiziganismo. I Rom sono attivi, nonostante la forte e persistente discriminazione, in ogni campo e in ogni tipo di attività» (p. 289).

Nell’introduzione al libro, lo scrittore Pino Nicotri scrive:

            «Questo libro di Santino Spinelli è il più completo tra quelli da lui scritti sui Rom italiani di antico insediamento e tra tutti i testi di altri autori (che esistono e non sono pochi anche se ignoti al grande pubblico: M. Ambrosini, A. Tosi, S. Bragato, T. Caponio, A. Colombo, L. Menetto, D. Argiropoulos, P. Santoro, A. Cammarota, G. Zingone, S. Ignazi e M. Napoli). Speriamo contribuisca ad abbattere il muro del silenzio, delle narrazioni di comodo e della fin troppa disinvolta approssimazione dei mass media, iniziando a porre la parola fine a pregiudizi duri da sradicare» (p. 9).

Nelle due introduzioni citate, mi si sono fissate nella mente queste: «un popolo capolavoro che ha attraversato l’intero pianeta» (Moni Ovadia), «Speriamo che il libro di Spinelli contribuisca ad abbattere il muro del silenzio» (Pino Nicotri).

Dalle parole di questi due grandi scrittori e artisti percepiamo che la strada ancora da fare è lunga, ma occorrerà percorrerla. Questa: ottenere per il popolo Rom/Roma, Sinti, Calè/Kale, Manouches e Romanichals il riconoscimento da parte dell’Onu e di tutte le altre sedi nazionali e regionali (per quanto riguarda noi, l’Italia) il diritto del popolo “camminante” a essere considerato popolo come tutti gli altri popoli del pianeta Terra. Per di più si tratta di un popolo che ha subito da millenni una truculenta persecuzione, che è stato gasificato (da mezzo milione a un milione di assassinati) dal nazifascismo. Oggi ci addolora leggere che nella legge 20 luglio 2000, n. 211, che istituisce il 27 gennaio come GIORNO DELLA MEMORIA, non una parola sia stata scritta a proposito del Samudaripem (genocidio) del popolo Rom/Roma, Sinti, Calè/Kale, Manouches e Romanichals..

La poeta Maria Angela Zecca ha dedicato una poesia a questo straordinario popolo, di cui lei è fortemente innamorata. Questa:

            «PREGHIERA PER IL POPOLO ROM// (Dedicata agli amici prof. Santino Spinelli e Angelo Rinaldi)// Signore,/ Dio dell’universo,/ accogli il Popolo Tuo/ disperso/ nelle terre dell’odio/ e della segregazione./ Ti prego,/ difendilo/ dall’umiliazione/ della fame e del disprezzo,/ da chi fa dell’interazione/ politiche di emergenza/ e di esclusione./ Tu restituisci dignità/ e onore/ a chi vuole solo/ accoglienza/ e amore./ Nella Tua infinita benevolenza,/ volgi lo sguardo/ al Popolo Tuo/ della differenza, stirpe reietta/ da tutti odiata/ e maledetta./ Dio Misericordioso,/ Sastipé ta baxt!/ a chi,/ senza pietà,/ nega ai nostri figli/ diritto alla vita/ e identità./ E chi decide/ le sorti del mondo,/ Signore,/ fa’ che non dichiari guerra/ agli uomini di pace/ senza terra,/ né casa,/ lavoro/ e scuola,/ agli uomini/ che non sanno/ dell’inganno della parola./ Tu guida la penna/ di chi scrive,/ con astio e indifferenza,/ di chi vive/ con i soli strumenti/ della sopravvivenza./ Signore,/ Dio Onnipotente,/ Sastipé ta baxt!/ Tanta salute/ e tanta fortuna/ ad ogni Rom/ che al cielo/ ruberà la luna» (v. Porrajmos – Samudaripen (Divoramento – Genocidio), a cura di M. Nocera e M. A Zecca, con i dipinti di M. C. Arsieni, M. Marangio, C. Tau; Giorno della Memoria 27 Gennaio 2020, Edizione APSEC, Lecce, pp. 18-19).

Per raggiungere l’obiettivo del RICONOSCIMENTO COME POPOLO dobbiamo impegnarci per abbattere tutte le falsità che sono state dette e ridette da secoli sui Rom, Sinti, Kale, Romanichals, Manouches e tutte le altre genti a essi accomunati e puntare a svelare quelle che sono Le verità negate su di loro. Appunto Le verità negate. Storia, cultura e tradizioni della popolazione romanì (Melteni editore, Milano, 2021, pp. 688) è l’ultimo libro dato alle stampe da Santino Spinelli. Nella prefazione, la giornalista radiotelevisiva e scrittrice Paola Severini Melograni, nota per la sua attività in difesa dei Diritti Umani, scrive:

            «Brutti, sporchi e cattivi: questi sono gli zingari nell’immaginario collettivo. […] Questo straordinario libro [di Santino Spinelli] raccoglie tutto quello che non sapevamo (e che impareremo leggendolo) sulla storia, la cultura, le tradizioni, l’arrivo in Italia, le classificazioni e le diverse comunità romanes. Non è solo una raccolta enciclopedica, ma è per noi un dono prezioso che ci permette un lavoro comparativo e importante nei confronti dell’ultimo e più difficile pregiudizio di una popolazione che vive con gli indoeuropei da migliaia di anni (il politicamente corretto ha superato ormai ogni ostacolo, ma questo pregiudizio è duro a morire). Un vero viaggio, affascinante e anche doloroso, all’interno della storia di un popolo che è stato il più martoriato e il meno difeso nelle vicende che hanno avvicinato tutte le minoranze ai temi dei diritti in ogni dove. Ma vorrei riflettere anche su un tema importantissimo: L’Olocausto, da non dimenticare; il Samudaripen, che vuole dire “tutti uccisi, genocidio”./ […] è da un libro come questo (anche se questo è davvero speciale) che possiamo giungere alla scoperta della popolazione romanì, che possiamo identificare il percorso per il cambiamento. Questo libro dovrebbe essere adottato dalle scuole europee come libro di testo» (pp. 9-11).

E lo stesso Spinelli, nella sua Introduzione precisa che:

            «La storia della popolazione romanì costituita da rom/roma, sinti, calè/kale, manouches e romanichals è sempre stata scritta dai non-rom, ossia dagli “altri”, con il difetto di essersi interessati in particolar modo ai soggetti emarginati e quasi mai a quelli integrati, onesti e produttivi. Una visuale molto parziale e spesso di parte. Questo ha prodotto uno strabismo che condiziona ancora oggi l’opinione pubblica e genera o rafforza stereotipi funzionali. Le società europee hanno preferito perseguitare le comunità romanès più che integrarle o interagire con loro. Spesso il razzismo ha avuto carattere istituzionale. Si è imposto un gioco di potere da cui la popolazione romanì non si è mai realmente liberata. […] Del mondo romanò l’opinione pubblica ancora oggi ha un’idea parziale. Spetta ai membri delle comunità romanès fornire la parte che manca. Quest’opera va in tale direzione. È un dovere, ma anche un diritto, che spesso viene negato […] Questo libro vuole dare un contributo alla scoperta di un popolo, di fatto, ancora largamente sconosciuto. […] quest’opera vuole presentare i membri delle comunità romanès come soggetti di confronto e non come semplici oggetti di studio […] La mia è un’opera che si rivelerà un utile strumento per chi opera onestamente a favore delle comunità romanès, a favore dell’integrazione-inclusione-interazione e a favore dell’interculturalità […] l’opera non vuole essere esaustiva e si spera che il lettore sia stimolato ad approfondire ulteriori aspetti di un mondo culturalmente affascinante che appartiene a tutti. Spero che questo libro possa dare un contributo concreto, seppur minimo, in tale direzione e che la cultura romanì resista al silenzioso genocidio culturale in atto a cui quest’opera si oppone» (pp. 13 e 16-17).

Il libro si divide in capitoli (5 senza l’Epilogo) e paragrafi (39). Per dare l’idea delle circa 700 pagine, riporto solo i titoli dei capitoli: La storia/ La popolazione/ La civiltà/ L’arte/ L’associazionismo e le istituzioni.

Nell’Epilogo, Satino Spinelli fa la sintesi di quanto ha voluto scrivere nel lungo, affascinante e appassionante viaggio della popolazione romanì. Egli ne ha potuto scrivere tanto e in profondità perché tutto il suo essere sta dentro la storia e la cultura del suo popolo. Ad un certo punto scrive con la speranza che il suo lavoro sia utile:

            «soprattutto ai giovani rom e sinti che spesso non sanno molto della propria storia, della propria identità e della propria cultura. […] Va evitato di considerare cultura ciò che invece sono gli effetti deleteri della discriminazione. È in atto un genocidio culturale silenzioso ma strisciante. Quest’opera intende opporsi a questa logica disumana, poiché la cultura romanì è patrimonio dell’umanità. […] La storia dell’umanità è stata una storia di sopraffazione e di imposizioni. Si continua in tale direzione. Hitler e Mussolini sono morti ma non le loro idee. Il razzismo e l’odio per il “diverso” sono più che mai attuali. A cadere nella rete e in errore sono soprattutto i più giovani, facilmente abbindolabili. La Democrazia è una grande conquista, ma va difesa quotidianamente, oggi più che mai. Spero che questo libro possa far aprire gli “occhi” e il “cuore” e che dalla conoscenza e dagli errori del passato si traggano i giusti insegnamenti./ Arrivederci a un prossimo incontro. Un saluto, che è anche un augurio, in lingua romanì: laćho drom! (Buon viaggio!)» (pp. 667-668).

E buon viaggio sia davvero il nostro, nell’impegno quotidiano per il RICONOSCIMENTO ISTITUZIONALE in Italia e alle Nazioni Unite del popolo Rom/Roma, Sinti, Calè/Kale, Manouches e Romanichals. Sappiamo che esso non sarà facile e neanche tanto breve. Molti sono e saranno gli ostacoli da superare. I disumani oppositori reazionari sono in molti. Noi non abbiamo paura. Noi sapremo andare avanti.

Un popolo che da millenni sa camminare, di strada ne potrà fare molta. Così, con nelle nostre mani la mente raziocinante e il cuore che trepida di commozione, cercheremo di percorrerla correttamente e onestamente.  Laćho drom! (Buon viaggio!) a noi e a chi sta al nostro fianco.

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