Le Vacanze Considerazioni Psicosociali
di Cipriano Gentilino
Itaca t’ha donato il bel viaggio
Senza di lei non ti mettevi in via
Nulla ha da darti più.
E se la trovi povera, Itaca non ti ha illuso
Reduce così saggio, così esperto,
avrai capito che vuol dire un’Itaca.”
(da Itaca di C. Kavafis)
L’estate è di solito il periodo principale delle vacanze dal lavoro e dagli impegni caratterizzato da un cercare una realtà diversa dalla consueta, un nuovo mondo da scoprire o ri-scoprire in sé stessi e intorno a sé stessi.
Un viaggio verso luoghi diversi del sé e verso luoghi di interesse turistico o affettivo.
Da un punto di vista psicologico c’è una certa analogia tra il viaggio inteso come conoscenza di realtà esterne e il lasciarsi andare alla conoscenza di sé.
C’è nella vacanza un vissuto di separazione e distacco associato a quello di liberazione e al tempo stesso di vuoto da riempire il più positivamente possibile.
Tutto questo richiama, forse un po’ pindaricamente, l’attenzione alla vacanza e al partire come un rito di nascita e di rinascita, uno “staccarsi dal luogo dell’identificazione collettiva per affrontare i rischi e il disagio del viaggio” (De Clementi, Stella).
Viaggiare è anche provare a uscire dall’abitudine, rompere la routine di schemi e rituali del mondo del lavoro, tentare di rompere con lo stress e la ripetitività dei ritmi ossessivi.
Un distacco prezioso per allontanarsi, capire, e tentare di cambiare moduli operativi poco gratificanti “la vacanza può diventare allora un fatto dello spirito oltre che una condizione di non lavoro” (Corna Pellegrini, 2000).
Può diventare anche un arricchimento alla conoscenza di altre realtà e culture in incontri significativi sul piano dello spirito e della bellezza e non solo quelli proposti alle truppe del turismo di massa da una società sempre più solo consumistica.
“La vacanza è un fatto dello spirito, più che una condizione di non lavoro e come tale frutto della pazienza, della moderazione e della curiosità” (Corna Pellegrini, 2000).
In una dimensione di scoperta del bello, della cultura e dello spirito dei luoghi il viaggio è vera riappropriazione di spazi di libertà e creatività nonché di avvicinamento e possibile scoperta di proprie parti sconosciute o trascurate e quindi di nuove integrate forze motivanti la progettualità personale con un recupero auspicato dello “stupore infantile” (Zolla).
Una dimensione meditativa e, perché no, divertente, allegra, e gioiosa che sia in grado di gratificare e arricchire.
La vacanza di massa invece, proprio perché tale, risente purtroppo dell’artificiosità del sistema economico attuale: il bene-vacanza è un bene di consumo come un altro. Non sempre dà spazio a esperienze spontanee, dirette e personali ma piuttosto a pratiche indotte, collettive e impersonali, spesso in tour de force estranianti e, alla fine, stancanti.
La vacanza rischia di trasformarsi in una tensione: a “divertirsi” come se fosse “autentica” solo la breve vita del “vacanziere” e non quella “lunghissima” del lavoratore.
Una tensione a sfruttare il rito di una coazione a ripetere, in termini di comportamenti sociali di massa, che favorisce un settore economico turistico non sempre rispettoso dei luoghi, delle culture e delle tradizioni.
È per l’insieme di queste considerazioni che si assiste a un interesse sempre più ampio (in settori culturali, economici e di politica locale) allo sviluppo di un turismo culturale sostenibile che ha come obiettivo quello di promuovere la conoscenza e la valorizzazione delle culture e delle tradizioni locali, nel rispetto dell’ambiente e dei sistemi di vita dei paesi, dei territori e delle popolazioni ospitanti.
Già città cosmopolite come Amsterdam e Barcellona, ma anche la fragile Venezia o le 5 Terre liguri, l’isola greca di Santorini o diverse località del Giappone che hanno già constatato l’eccessiva pressione dei troppi arrivi sono in cerca di nuove regole e rimedi (spesso con l’introduzione di tasse ad hoc o del numero chiuso).
Fortunatamente anche in Italia è presente, in alcune regioni e comuni, una sensibilità amministrativa e culturale che induce a comportamenti vicendevolmente rispettosi tra luoghi/abitanti e turisti.
Elemento importante non solo per le città famose e d’arte ma anche e principalmente ai luoghi del turismo per bellezze naturali che devono proteggere non solo la bellezza dei luoghi ma anche e non secondariamente la specifica cultura, spesso millenaria, come in tutto il sud Italia.
Il turismo, infatti, può minacciare l’eredità culturale e la trasmissione dei valori attraverso un inquinamento socioculturale mediato dall’affarismo.
Più che un pensiero infine non può non andare alle persone che non possono permettersi di andare in vacanza e a quelle che sono con noi in “vacanza forzata“, non come uccelli migratori che fanno sicuro ritorno al luogo di partenza, ma come migranti strappati al mare e messi al sole a raccogliere frutti di un lavoro nero per neri.
Mentre le istituzioni sembrano esse in vacanza.
Ma per ben-essere un popolo civile fa’ turismo civile e accoglie civilmente i turisti. Tutti.