Le storie dello scirocco, l’ultimo libro di Paolo Vincenti edito da Besa
Le storie di questo libro sono ambientate ad Oppido Tralignano, un paese immaginario e sonnolente del sud Italia, dove si muovono i vari protagonisti, ciascuno desideroso di cercarsi delle avventure, anche soltanto immaginandole, in un contesto che tenderebbe invece a deprivarli degli slanci vitali. Ma la blanda insurrezione posta in atto si rivela velleitaria, superficiale, inefficace, e tutti rimangono infangati della propria indolenza. La storia parodizza il disincanto di una provincia letteraria, col suo non-essere per chissà-forse-essere, che sbuggera se stessa nell’inganno soporifero dell’autosuggestione. Il romanzo, che si potrebbe definire un Satyricon degli anni Duemila, è popolato da personaggi bizzarri, macchiettistici, talora surreali.
Lo è Lorenzo, sedicente scrittore, più allettato dai piaceri carnali e dalle avventure facili, che coltiva un vago sogno di gloria. Lo è Fabrizia, nipote del parroco del paese, Don Aristarco, assai corrotto, ma lo è soprattutto la figura pantagruelica del Barone Gattamelata, nobile decaduto, vizioso e corruttibile, dotato purtuttavia di una simpatia addirittura coinvolgente. Il linguaggio usato è duttile, pirotecnico, modellato sulle tendenze e sui caratteri dei vari protagonisti, e quindi mutevole, come gli aerei umori e le sorti degli stessi.
Nel mentre si snoda la trama boccaccesca del romanzo, a farla da padrone è lo scirocco disfacente, tipico del clima del Sud, un elemento costante delle varie storie che rende con i suoi malarici miasmi ancor più subdolo, untuoso, l’ambiente; una energia negativa risucchia chiunque, e ad ognuno non è dato che ridere di se stesso, drammaticamente, goffamente, qualche volta persino gioendo.