Le saline dello Stagnone di Marsala
Il sale per millenni è stato un bene prezioso e per procurarselo l’uomo ha dovuto allestire flotte e carovane, intraprendendo lunghi viaggi per trasportarlo dai luoghi di produzione a quelli di consumo. Un bene talmente prezioso ed essenziale che ancora oggi nella lingua italiana permane il suo significato originario nella parola “salario”, termine con cui nell’antica Roma si designava la paga minima del soldato, di cui faceva parte una porzione di sale.
Marsala sfruttò sin dall’antichità – i documenti storici ci confermano la presenza di un’industria del sale nel XV secolo – le risorse offerte dallo Stagnone, luogo ideale per impiantarvi delle saline: una laguna naturale e poco profonda, protetta dall’isola Lunga, una stagione estiva estesa cinque – sei mesi, caratterizzata da alte temperature.
Il funzionamento delle saline è realmente ingegnoso. Sfruttando l’innalzamento del mare causato dalle maree, si lascia defluire l’acqua nella prima vasca “fidda”, perché la riceve a temperatura ambiente, aprendo delle paratie sul suo argine. Da qui, passando di vasca in vasca, l’acqua marina evapora aumentando la sua densità salina ad ogni passaggio, fino a raggiungere nella vasca servitrice, detta anche “sentina”, una densità del 24%, corrispondente a 24° Baumè. L’ultima fase consiste nel condurla nelle caselle “salanti”, in cui i sali, per l’elevata densità dell’acqua madre, iniziano a cristallizzare. Il passaggio da una vasca all’altra avviene per mezzo di spirali senza fine, azionate oggi da pompe a motore, un tempo dai mulini a vento che ancora caratterizzano il paesaggio da Marsala a Trapani.
Il sale che si è depositato sul fondo delle vasche salanti, dopo ottanta-cento giorni dal riempimento della prima vasca, è pronto per essere spezzato e raccolto, avendo perso di vasca in vasca gli elementi indesiderati. Verrà, poi, depositato in grandi cumuli, “ariuni”, ai bordi delle saline e coperto con tegole di terracotta (ciramire), per proteggerlo dalle piogge, pronto per essere inviato alla depurazione e raffinazione.
Ancora negli anni ’50 funzionavano a pieno regime nove saline, che occupavano una superficie di circa 425 ettari, per una produzione complessiva, calcolata sulla resa di 125 tonnellate per ettaro, di 53.000 tonnellate di sale. Oggi le saline sono ridotte a quattro, la superficie a 205 ettari e la produzione a circa 25.000 tonnellate. Le cause della contrazione della produzione vanno ricercate nella povertà del bene sale, offerto sui mercati internazionali a prezzi non remunerativi, e nei costi di produzione in costante crescita nel nostro Paese.
È importante osservare come il 70% del costo di produzione del sale sia costituito dal lavoro, lavoro di coloro che si occupano tutto l’anno della salina, e lavoro degli stagionali (i salinari), una tradizione nel Marsalese, occupati saltuariamente da aprile a ottobre nella pulitura delle vasche, nella raccolta e trasporto del sale. Tuttavia appaiono delle schiarite nel futuro del settore dovute alla ricerca della qualità intrinseca del sale marino prodotto nello Stagnone, qualità che lo rende inadatto agli usi industriali per il magnesio. Ed è proprio la presenza del magnesio che rende preferibile questo tipo di sale nell’alimentazione umana per una sana alimentazione.
Le saline e i salinari sono portatori di una cultura che è parte indissolubile del paesaggio e della storia di questo territorio, in cui tradizione e modernità tendono a convivere in forme nuove.
Ne sono consapevoli i salinari, orgogliosi portatori, attraverso il loro lavoro, di esperienze e conoscenze che sono state trasmesse dai loro padri e che con passione tendono a tenere in vita per trasmetterle ai loro figli.