Le “pizzicate” di Enrico Benaglia, un’arte sapiente tra gioco, terapia e filosofia
di Pierpaolo De Giorgi
Con il personale bagaglio di tante glorificazioni gioiose, fiabesche e in pari tempo solenni, autorevoli dell’arte, della musica, della danza, del circo, delle meccaniche celesti, il maestro romano Enrico Benaglia, pittore, disegnatore, incisore, litografo, scenografo e scultore, affronta la pizzica, che lo avvince col suo fascino.
Ne scaturiscono alcuni oli su tela, alcuni collage e una scultura di carta e stucco, che non esito a definire autentici capolavori. Con pochi e all’apparenza semplici tratti e colori, infatti, Benaglia coglie le tradizionali altezze estetiche e le valenze simboliche dei gesti, dei passi, delle espressioni e degli atteggiamenti delle focose donne che danzano la “musica che guarisce”.
Dopo aver assimilato il pensiero tradizionale e i caratteri dinamici che le tarantate e le ballerine di pizzica incarnano da secoli e secoli, il maestro romano ci restituisce, in queste opere dallo stile inconfondibile, il “dir di sì” alla vita e il “dir di no” alla morte della pizzica terapeutica e ludica. Ci restituisce, in altre parole, il mistero della vita che si rinnova, un verbo di rinascita ricondotto al gioco cosmico dell’esistenza, che nella pizzica da sempre è una valorizzazione della vita in quanto tale.
D’altra parte, in tutte le sue opere l’artista propone il simbolo e l’incanto come chiavi interpretative del legame indissolubile dell’essere umano con la totalità dell’Essere, con le stelle, i boschi, la terra, la Natura nella sua purezza e nella sua interezza. Anche in questi lavori utilizza le stesse chiavi per esprimere la gioia, l’eleganza e il gioco delle tante ritrovate feste del Salento e dell’intero Meridione, nelle quali la pizzica suonata e danzata è protagonista.
E non è un caso che il “dir di sì” alla vita della pizzica venga a corrispondere puntualmente con quello analogo espresso da tante opere del maestro Benaglia. Ossia da opere ricchissime di movimento ed equilibrio armonico, spesso fatte di musica e di danza, dalle quali traspare l’idea nemmeno troppo recondita che ogni cosa al mondo, anche la più piccola, sia rappresentazione, teatro, arte.
Siamo in presenza di un’artista sapiente, in grado di muoversi con disinvoltura tra gioco, terapia e filosofia, generando stupore ed emozione. Mi sorprende la sua poetica davvero fuori dall’ordinario, simbolica e per nulla imitativa. Da un lato è collocata nella prassi e nella teoria della grande arte italiana ed europea della seconda metà del Novecento e dei primi anni del Duemila, dall’altro lato se ne distacca per la ben definita originalità e l’arguta intelligenza.
L’artista utilizza consapevolmente la luce, l’occhio, il vedere come una raffinata estetica della conoscenza. Ed è in questa prospettiva visuale che molte delle sue figure sottili, enigmatiche, stupefatte e insieme disinvolte, allegre, vive raccontano per un verso il potere incantatorio della musica e della danza e per l’altro verso offrono risposte alle domande e al mistero della vita.
Con questi e non pochi altri strumenti tecnici e filosofici, Benaglia osserva attentamente la pizzica e ne offre un’inedita rappresentazione tra costellazioni e cieli curvi, riti e miti tradizionali sottintesi. Ed ecco che, mentre “la notte balla con l’arcobaleno”, collage e acrilico, appare proprio nella danza e con la danza la possibilità di raggiungere l’equilibrio vitale. La musica, anche se qui non viene raffigurata direttamente, è parte integrante del meccanismo mitico ed è più che mai presente, con tutta l’energia che sa trasmettere alla danza. Così la “ballerina con drappo rosso” tende le braccia al cielo in un’eterna promessa, e la “ballerina sulla trottola” esibisce le sue certezze sull’equilibrio degli opposti.
Una magnificente “ballerina tra le stelle”, olio su tela, appare perfettamente inserita nelle cicliche meccaniche celesti, e un’altra “ballerina tra le stelle”, collage, mostra risoluta le sue conquiste filosofiche sull’eternità della vita. A loro volta, le tre “pizzicate”, una delle quali di carta e stucco, utilizzano tutte queste risorse e convinzioni in senso terapeutico per lottare e trionfare bellamente sul lato negativo dell’esistenza.
Nelle belle forme e nei congruenti bagliori cromatici dell’immaginario di Benaglia, si congiungono estrema delicatezza e grande forza, umiltà cartacea e densità espressiva, stile consumato e passione bruciante, enigma e soluzione, coraggio rituale e plastica eleganza, tutte risorse artistiche che coinvolgono il fruitore come poche altre opere d’arte.
In tutti questi lavori, in linea con i dettami del grande Curt Sachs, la danza è la vita elevata all’ennesima potenza, ed è il luogo dove trionfa lo status positivo dell’Essere codificato negli atteggiamenti rituali delle danzatrici. Decise, quasi sfrontate, orgogliose della propria arte, protagoniste, le danzatrici di Benaglia si esibiscono tenendosi acrobaticamente nell’equilibrio dell’intero armonico della pizzica, per riconquistare il versante positivo della psiche e urlare al mondo la loro proposta vincente.
Alcune sono tarantate in trance possedute dalla taranta, così come le Menadi lo sono dal dio Dioniso. Altre sono donne contemporanee che, tramite la danza rituale, realizzano al meglio la loro essenza femminile e si riconciliano col mondo nella trance coreutica ed erotica. Le loro emozioni si leggono con chiarezza.
E Benaglia, senza altre mediazioni che la sua arte, le trasmette a noi fruitori, che da esse senza riserve ci lasciamo conquistare.
I magistrali tratti dei volti evocano maschere dionisiache fatte di atteggiamenti rituali, non per indicare il nulla, ma al contrario per rappresentare gli infiniti aspetti dell’Essere e il travolgente teatro dell’esistenza. I movimenti coreutici intuiscono e incarnano la dinamica segreta bipolare del dio Dioniso, e cioè l’aiόresis o altalena rituale, tipica di ogni forma di pizzica. L’altalena rituale non è solo una culla infantile ondeggiante nell’aria ma è anche la vibrazione primordiale, l’oscillazione cosmica elementare tra gli opposti buio e luce, femmina e maschio, cielo e terra, apparizione e scomparsa, e soprattutto morte e vita.
Le danzatrici di pizzica di Benaglia esprimono tali intuizioni nei gesti e nei passi, che si configurano come simboli ben definiti, e si mostrano orgogliose della propria abilità. Alla fine, nel loro gran teatro, mettono in scena il governo, tramite l’arte, di quell’equilibrio dell’intero armonico dell’Essere che consente alla vita di rinascere dalla morte, di rinnovarsi ancora una volta. Noi fruitori, colpiti nel profondo, osserviamo e godiamo di quella delicata ed misteriosa bellezza, persino più che ad un concerto di pizzica.
Pierpaolo De Giorgi
Lecce, luglio 2016