L’avanguardia del capitalismo bancario mediceo
di Elena Tempestini
La teoria dei cicli, con la sua concezione del divenire storico in un continuo ripetersi, possiede l’illusione di “prevedere” il futuro, ma come Demostene asserì “nulla è più facile che illudersi, perché ciò che ogni uomo desidera, crede sia vero”.
Senza comprendere la storia è molto difficile spiegare il presente, e nel caos della globalizzazione la scienza più a rischio è quella economica.
Questa branca dovrebbe essere pensata con il riconoscimento di “scienza umana”, la scienza sociale che studia il comportamento economico, e non come una serie di dati teorici di modello matematico che generano realtà di capitalismo manageriale come si è radicato negli ultimi decenni, proponendo un’illusione di crescita costante e una gestione controllata del rischio, tralasciando che nessuna teoria economica garantisce la stessa certezza e generalità di una legge scientifica.
Le crisi finanziarie sono destinate a ripetersi, il loro insorgere sembra inevitabile e circa ogni seicento anni ne registriamo una mondiale, ma questo non dovrebbe assolvere il mercato con l’ illusione e la speranza dell’auto regolamentazione.
Come disse Paul Krugman nel 2008 all’indomani del Nobel ricevuto per l’economia, “Per come la vedo io la professione economica ha perso la bussola perché gli economisti hanno collettivamente confuso la bellezza, rivestita di calcoli matematici affascinanti con la realtà, passata la paura della grande depressione gli economisti sono tornati individui razionali che interagiscono in mercati perfetti”.
La debolezza del sistema finanziario bancario è ormai nel nostro quotidiano, da anni ascoltiamo e scontiamo la problematica della falla finanziaria creatasi nel 2007, quando si generò la bolla del blocco totale della liquidità, che costrinse la BCE a immettere nuovo fluido in circolazione.
Questi eventi hanno preso la forma lineare di un domino con reazione a catena, che non si assesta mai al positivo. Spirali di debiti infiniti, intrecci del passato con il presente, cause effetto senza tempo che mostrano la ciclicità degli eventi.
Non è il ripetersi degli stessi eventi, ma è più simile a una spirale ascendente che si manifesta in un contesto interamente nuovo, ma con le identiche radici problematiche verificatesi nel passato.
Se osserviamo l’attacco a Monte dei Paschi da parte degli Hedge Found, notiamo le manovre oscure e speculative che stanno attaccando il sistema capitalistico.
Alessandro Govoni in un suo articolo ha ricordato: “ le lobby straniere che agiscono sulla finanza e sul sistema bancario devono mollare “l’osso”, perché tale è divenuto, un osso quasi spolpato dal 1992, da ventiquattro anni di colonizzazione bancaria- finanziaria, bisogna lasciare i 54 milioni di italiani su 60, vivere e non sopravivere, si chieda la separazione tra banche di prestito e banche speculative”.
La disperazione che si è creata nella classe media somiglia in modo allarmante agli anni trenta del ventesimo secolo, una strada pericolosa di rischio anti- democratico che sta nuovamente facendo insorgere un pensiero pericoloso di estrema destra.
Un ciclo continuo quello delle banche e del loro collasso, e per i Toscani inesorabilmente porta maggiore attenzione su MPS, ricordando che l’antica banca Senese ha lo Stato Italiano tra i suoi principali azionisti di fatto, generando grande debolezza non più soltanto al comparto bancario ma all’intero sistema sociale, nel quale gli agnelli sacrificali restano i piccoli e medi risparmiatori con la piccola e media impresa, strangolati da speculatori finanziari e politici.
Ma possiamo realmente affermare che questo sia solo l’oggi? Siamo onestamente inconsapevoli di non continuare a perseverare gli stessi errori da molti secoli?
A New York quando fu deciso di costruire il cuore della city finanziaria, Wall Street, si edificò il Palazzo della Federal Reserve copiando il modello di Palazzo Medici-Riccardi e di Palazzo Strozzi di Firenze, quel palazzo significava per gli Americani un nuovo simbolismo finanziario, la rinascita del sistema bancario con l’occhio emulativo alla Firenze medioevale, la Firenze che creò il sistema bancario più innovativo, celebrandolo dopo secoli con la massima struttura architettonica, la banca delle banche, il simbolo del capitalismo mondiale, la Federal Reserve.
Certa che il tempo sia solo il nome che gli uomini hanno dato a qualcosa che non possono definire con certezza, ho ripercorso il filo della memoria storica leggendo Raymond de Roover, storico del pensiero economico medioevale e del Banco della famiglia dei Medici, precursore della dottrina economica moderna, in un momento che si pensava che solo Karl Marx fosse stato l’ultima evoluzione del pensiero economico scolastico.
La sua celebre pubblicazione “Ascesa e declino della banca dei Medici”, può oggi essere rivisitata come un’analisi di attualità disarmante.
Siamo nella Siena del duecento, i Bonsignori erano i banchieri più potenti, non gli unici, ma sicuramente i più attivi e scaltri, che non venendo da agi di un’aristocrazia terriera, ma da un duro lavoro di tenacia, istituiroro la “Gran Tavola”, banca che si distigueva dalle altre, occupandosi solo di credito. Vennero aperte filiali in tutta Italia e Europa, da Londra a Parigi, da Genova a Bologna, prestando denaro ai sovrani di mezzo continente, ma sopratutto, al Papa, raggiungendo così lo scopo principale, divenire i banchieri papali significava amministrare le più grandi masse di denaro e ricchezze presenti al mondo, ma anche evitare di essere considerati usurai ( il Papa non avrebbe potuto servirsi di un usuraio) e forse fu per questo che Dante li ha collocati nel XXIX canto dell’inferno.
La gestione per circa cento anni non creò problemi ma alle soglie del nuovo secolo la banca dei Bonsignori iniziò a mostrare tutti i suoi lati deboli, tanto da chiedere al Comune di Siena di intervenire nella difficile situazione. Furono anni di continui bracci di ferro tra i soci e l’amministrazione comunale fino ad arrivare al sequestro dei beni della banca e le rappresaglie in tutta Italia contro i mercanti Senesi ai quali veniva impedito di vendere e acquistare merci.
Con il fallimento della Gran Tavola, Filippo il Bello vide la possibilità di accrescere la propria sete di denaro e potere, creditore dei Bonsignori, aprì il debole spiraglio che permise alla corte francese di arrogarsi il diritto di spostare la sede papale ad Avignone.
Papa Clemente VI, grazie a un credito mai rimborsato di Papa Niccolò IV, si arrogò il diritto di scomunica contro Siena, nonostante Bonifacio VIII avesse espressamente vietato la scomunica come arma di ricatto per il recupero creditizio.
La concatenazione negativa continuò fino alla metà del Trecento, quando fallirono anche le altre grandi banche Fiorentine dei Peruzzi e dei Bardi.
I fiorentini come i senesi, avevano filiali in tutta Europa, e i loro migliori clienti erano i sovrani e coloro che decidevano di muovere le guerre. Le guerre, con vinti e vincitori, da sempre hanno creato immensi debiti e grandi crediti, la guerra contro Lucca dove il Comune di Firenze si ritrovò debitore di 600.000 mila fiorini, l’equivalente di circa tre tonnellate di oro, ne è testimonianza.
Con Edoardo III d’Inghilterra i banchieri fiorentini compresero che non sarebbero rientrati del credito che avanzavano, e pur essendo banche solide andarono incontro al fallimento. Non aiutò la scelta di cambiare politica: la città del giglio, allontanandosi dal papato per aderire all’imperatore Lodovico il Bavaro, scatenò l’ira di Re Roberto di Napoli guelfo convinto, il quale venne a ritirare tutti i propri averi dalle banche fiorentine, accompagnato da un seguito di prelati ed eccellenze napoletane.
Ed ecco la prima e vera similitudine con il sistema odierno. Per salvare il salvabile, nel 1345 vennero negoziati i titoli di debito pubblico, fino a quel momento non trasferibili, con l’immediata caduta del sistema bancario, esattamente come un grande crollo nella borsa odierna.
Nelle cronache di Giovanni Villani furono riportate le parole “a Firenze mai vi fu maggiore ruina e sconfitta, circa trecentocinquanta persone fallite”, la crisi generò la rovina del mercato immobiliare e la città cadde in ginocchio, flagellata da carestie e la peste bubbonica che decimò la popolazione. A piovere sul bagnato è sempre un attimo, tanto che ad aggravare la situazione si creò l’inflazione che si ripercosse sull’argento del quale erano composte le monete in corso, non potendo toccare l’oro che rappresentava il prestigio dello Stato.
Come De Roover sottolinea, la caduta rovinosa di Firenze, il collasso del sistema bancario mondiale che si era creato, generò la voglia importante di una nuova rinascita.
Grazie a Giovanni di Bicci de’ Medici nacque un nuovo “Banco” con sede in Firenze, e grazie all’ astuta amicizia con il futuro Papa Giovanni XXIII, meglio noto come l’antipapa, l’ascesa fu veloce, tanto da aprire nel giro di pochi anni filiali a Roma, Napoli, Milano, Venezia nonché Bruges, Ginevra, Londra, Parigi e Barcellona, creando una compagnia bancaria tra le più solide ed innovative mai apparse in Europa.
La clientela era composta da Sovrani e nobiltà europea, ambasciatori, cardinali, vescovi e ministri. Ma la vera “rivoluzione” fu creare il concetto di “banca privata” specializzata in gestione delle ricchezze, (quindi non è certo un caso se la città di Ginevra ha la Piazza dei Fiorentini) con investimenti a tutto campo quali arte, architettura, produzione e commercio della lana e della seta, oltre l’investimento umano del mecenatismo che celebrava e consolidava il loro potere davanti alla popolazione, oggi si direbbe un’esperta campagna di astuto marketing.
I Medici, avevano creato una struttura bancaria polifunzionale una Holding, una multinazionale potente. Ogni filiale aveva un direttore con pieni poteri, pagato a sua volta con azioni della stessa filiale che dirigeva, divenendo quindi un vero e proprio socio.
Il rapporto privilegiato che il figlio di Giovanni, Cosimo il Vecchio, riuscì a stabilire con il Papa, divenne talmente privilegiato da ottenere l’esclusività sulla gestione delle finanze Vaticane e divenirne gli unici tesorieri, creando uno status sociale che portò al Banco dei Medici un prestigio mai visto in tutto il mondo, lasciando tracce nei secoli.
All’orizzonte un nuovo declino finanziario era ciclicamente in agguato, la troppa fiducia riposta in alcuni direttori di filiale che avevano prestiti incrociati tra di loro, portò il banco alla mancanza di liquidità, creando uno sbilanciamento netto tra passivo e attivo. La mancanza di un “Patrimonio di base” oggi conosciuto come Tier 1, il nocciolo duro e solido di ogni banca del mondo, il prestito agli Stati e ai loro Sovrani, che usando le ingenti somme in guerre, spesso non erano in grado di ripianare il debito, e non avendo il potere politico o le spalle coperte da un “paracadute” di una banca centrale, non potevano che portare inesorabilmente al declino.
Machiavelli si espresse molto duramente anche nei confronti dei cambi generazionali, sottolineando che la bravura finanziaria di Giovanni e suo figlio Cosimo, furono prese a calci dal nipote Lorenzo il Magnifico portando la banca all’ultimo fallimento del 1494.
La storia della famiglia Medici ci sottolinea un passaggio importantissimo da comprendere, da famiglia di Banchieri esposti senza potere politico, a dinastia del potere di Firenze, divenendone i Signori con la benedizione della potenza Papale con Leone X e Clemente VII. I Medici banchieri e commercianti, divennero i manager della loro dinastia con matrimoni di interesse che li legarono alle casate regnanti quali quella di Francia con Caterina e Maria de’ Medici.
Ed ecco ancora una similitudine con l’oggi, come ama ricordare spesso Mario Draghi nell’analizzare la “decadenza” che attanaglia il nostro sistema finanziario presente, la dinastia che inventò il sistema bancario ha insegnato e trasmesso alle dinastie odierne il “rentiers”, del quale riporto la definizione presa dal sito del Sole 24 Ore : ovvero Il termine inglese rentier capitalism (traducibile in italiano come “capitalismo del redditiere”) viene utilizzato nel marxismo e in sociologia per riferirsi a una tipologia di capitalismo in cui un’ampia parte del reddito-profitto generato prende la forma di reddito da proprietà, come interessi, rendite, dividendi o guadagni in conto capitale.
I beneficiari di tale reddito costituiscono una classe sociale di proprietari che gioca un ruolo non produttivo nell’economia, ma che monopolizza l’accesso alle attività fisiche, a quelle finanziarie e alle tecnologie. Questi soggetti fanno soldi non dalla produzione di qualcosa di nuovo, bensì esclusivamente dal possesso delle loro proprietà (che dà diritto a un flusso di entrate) e dalla compravendita di tali proprietà.
Spesso il termine rentier capitalism è utilizzato con una connotazione negativa, ad indicare una forma di parassitismo o di capitalismo decadente. Bacchette magiche non possono esistere, ma la storia ci ricorda che tutte le discipline e le scienze sono pluridisciplinari, il bisogno di comprendere che la nostra incompletezza e incertezza sono un pensiero complesso, sfide che per l’uomo non sempre hanno risposte dalle conoscenze disciplinari.
Abbiamo disperatamente bisogno di nuovo umanesimo, di riforme attraverso l’etica, di riflessioni di assetti mondiali economici solidali.
La vera innovazione potrebbe essere la tecnologia quale portatrice di apertura mentale che sviluppi la nostra epoca con la diffusione della conoscenza e della bellezza, dalla poesia all’amore, dalla saggezza all’etica quale supporto alla complessità dell’uomo, perché la società è composta dalle forze dei singoli individui che hanno necessità di rigenerare il pensiero politico per dare vita a un cambiamento, l’arte e la cultura come leva di forza, la storia quale avvertimento della pericolosità ciclica.