IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

L’autonomia di pensiero e le condizioni per la creatività

Psicologia

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di Maurizio Mazzotta

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Mio nonno mi ha educato all’autonomia di pensiero e di giudizio. Gli sono grato. Avevo dieci anni quando mi parlò della Divina Commedia e, dopo aver accennato all’opera e all’autore, mi fece un discorso breve che ripeté più volte e che io ho compreso fino in fondo molto più tardi. Disse:- Se non comprendi quello che leggo, io sono qui a spiegare; e se dopo che hai capito resti perplesso, devi dirlo. Devi dirmi se ti piace o se non ti piace, se approvi oppure no ciò che dice l’autore. Dobbiamo tenere sempre presente che Dante è un uomo e questo suo lavoro per quanto bello può contenere idee che non condividiamo. Poi cominciò a leggere e sembrava un racconto del mistero. La Divina Commedia mi mette i brividi, quelli che piacciono e vuoi riprovare. Come approfondiva man mano il discorso sull’opera e su Dante, riprendeva pure l’argomento dei mostri sacri, come diceva lui, dei quali non bisogna avere soggezione per il semplice motivo che tra gli umani esiste l’umano e non il sacro. Non credo che mio nonno fosse consapevole di creare in me un ponte tra autonomia di pensiero e fiducia in me stesso che permettesse lo scambio di energie positive.

Per avviare il tema della creatività conviene accennare all’educazione che di fatto forma individui dal pensiero fluido e libero da condizionamenti, capaci di cambiare strada soltanto sulla spinta di proprie personali esigenze, in grado di decidere e agire con autonomia di giudizio. Per questo desidero aggiungere ciò che gli studiosi hanno riscontrato negli ambienti famigliari.

Innanzitutto è stata indagata con esiti poco convincenti la relazione tra creatività e livello socio-culturale. I risultati delle indagini non permettono di individuare con certezza il peso dell’ambiente nel promuovere la creatività e restano molti interrogativi che lasciano perplessi. Ecco un risultato che disorienta. Le famiglie di livello culturale elevato, che offrono stimoli cognitivi di varia natura, favoriscono la creatività; ma come si spiega poi che una povertà di stimoli intellettivi, che in genere si riscontra nelle famiglie di più ristretto livello culturale, favorisce la creatività di tipo figurale? Scrittori, matematici, musicisti, artisti provengono, in genere, da ambienti colti, mentre gli artisti, particolarmente loro, proverrebbero da qualsiasi ambiente. Che i pittori forse sono di “bocca buona” per così dire, ed emergono ovunque si trovino? Anche se crescono tra gente che legge poco o nulla, che non è andata mai a teatro, che ascolta soltanto Sanremo, che non sa cosa sono i frattali?

Alcuni autori poi che prendono in considerazione sia le variabili cognitive sia quelle affettive (tra le prime: attinenza all’argomento, impostazione logica, fantasia; tra le seconde: umorismo, anticonformismo, ricchezza di sentimenti) trovano una debole correlazione tra creatività e status socio-economico, avvertono anzi che una sovrabbondanza di stimoli limita l’inventiva e concludono che probabilmente l’influenza non dipende dal tipo di stimolo ma dal modo in cui gli stimoli vengono elargiti. E con il modo in cui si elargiscono gli stimoli cognitivi si prendono automaticamente in considerazione gli stimoli affettivi. E qui tutti gli studiosi sono d’accordo: è alta la probabilità che lo sviluppo della creatività dipenda dagli stimoli affettivi, ossia dalla relazione adulto-bambino. Ciò che viene stimolato e si apprende è soprattutto la tensione affettiva positiva verso se stessi e verso l’oggetto: il creativo ama se stesso e le cose che fa, ossia un’unica tensione realizzatrice. Per definizione il creativo è una persona che ha fiducia in se stesso (quando si lamenta e “fa il depresso” è una richiesta di attenzione) e, sempre per definizione, è “uno che fa”, anche quando è triste e affranto finisce che si impegna in qualcosa. Altri ricercatori hanno indagato la prima infanzia di personalità creative e hanno rilevato a conferma questi comportamenti nei genitori: hanno rispetto per i figli; hanno molta fiducia nelle loro capacità; assicurano loro autonomia di esplorazione del mondo e li incoraggiano a svolgere attività indipendenti.

In particolare:

– L’atteggiamento della madre verso ciò che il figlio può o non può toccare dell’ambiente fisico che lo circonda, verso ciò che il figlio può o non può fare, influirebbe sul comportamento di ricerca. La madre che limita il bambino nelle sue manipolazioni, che restringe lo spazio fisico in cui egli si può muovere, circoscrive di fatto anche il suo spazio psichico: il bambino è costretto a controllare il suo comportamento di esplorazione, la sua attività di soluzione di problemi, caratteristica del gioco. Non significa essere permissivi, vuol dire invece essere consapevoli delle esigenze del bambino e preparargli da prima della sua nascita un ambiente stimolante, a misura di bambino, che abbia le sue regole ma non divieti incomprensibili; significa mettere in soffitta prima che nasca tutto ciò che non potrà manipolare e arricchire con oggetti allettanti e innocui quello che sarà il suo ambiente.

– L’accettazione dei comportamenti regressivi stimola il pensiero divergente. Si tratta qui dell’età in cui, per responsabilizzare il figlio (specie se primogenito), si pone un argine ai suoi comportamenti infantili, alle sue espressioni di pianto o di gioia, di rabbia o di tenerezza che ci sembrano eccessive e inadeguate alla sua età, si frenano le sue esigenze di essere accarezzato, baciato, cullato. Molti autori hanno individuato nei creativi questa capacità di regredire; e se molto spesso ciò si manifesta con comportamenti poco accettati socialmente (quando si dice, con tono di biasimo, di una persona che «è un bambinone»), è anche vero che questo essere infantili è uno degli aspetti della capacità di regredire, che permette anche di vivere e rivivere intensamente realtà diverse, di spostarsi con disinvoltura sulle onde delle emozioni, di andare controcorrente, di sperimentare nuovamente antichi percorsi per cogliere altri aspetti di remote sensazioni.

Spero di non essere frainteso: le regole sono necessarie, l’atteggiamento dogmatico e il divieto privo di senso sono dannosi. Permettere di tornare bambini facendo capire che è un gioco; permettere di azzardare (con ovvia esclusione del pericolo) significa incoraggiare l’esplorazione del mondo e spingere a svolgere attività indipendenti. Per concludere i risultati delle indagini sulle personalità creative e sugli ambienti famigliari hanno posto le basi per una sana ed efficace educazione che mira all’autonomia di pensiero e allo sviluppo del pensiero creativo.

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