Lapide muraria al vecchio ingresso di Casarano
Di Cristina Martinelli
Una lapide con indicazioni amministrativo-giudiziarie è affissa su un palazzotto signorile di Casarano, specificatamente sulla parte della sua facciata che, dopo essersi presentata in piazza Indipendenza con l’elegante portone d’ingresso al N. civico 16, non appena oltrepassato l’Arco con il quale forma un unico blocco architettonico di grande effetto scenico urbanistico, si prolunga in Via Matino. Questa porzione della facciata fino ad oggi presentava soltanto due finestre al piano superiore, cieca di porte, dunque senza essere distinta da numerazione. La lapide è posizionata decisamente in alto, anche rispetto alle grandi vetrine recentemente realizzate nella parte sottostante, lavori che hanno comportato una generalizzata ripulitura della parete, che l’ha evidenziata e ne ha reso più agevole la lettura delle indicazioni incise. Tuttavia, al presente, gennaio 2014, si appoggiano sul lato superiore della lastra di pietra un fascio di cavi di reti pubbliche, che non ne lascia il rilievo che meriterebbe, così che, come negli ultimi decenni, neppure oggi risulta essere stata oggetto di attenzione né della cittadinanza nel suo insieme, né di studiosi e cultori di Storia locale.
Il primo impianto di detto palazzo, conosciuto come Palazzo Casto, secondo le informazioni fornite dagli stessi proprietari, risalirebbe al secolo XVII, data rinvenuta incisa nelle sue cantine. Nel XVIII sec. la proprietà era di Pasquale Vitali di Ugento, sposato con una De Marco, casaranese, mancano poi i passaggi di mano intermedi, perciò non si sa come nel 1876 Salvatore Casto lo abbia acquistato da Giuseppe Nuccio, rimanendo ai suoi eredi e successori fino ai nostri giorni. Dunque, il palazzo Casto ha costituito a lungo un sito di un certo rilievo nell’architettura urbana, pur non essendo né tra i più notevoli, né appartenuto a cittadini con funzioni pubbliche. Così la prima domanda è sul perché sia stata allocata lì questa lapide che riporta le indicazioni della suddivisione amministrativo-giudiziaria relativa al territorio nel quale è affissa, e che rende perciò logico l’inversione dell’ordine dei livelli amministrativi subordinati l’uno all’altro, vale a dire il Comune di Casarano, capoluogo del Circondario del quale è eponimo, facente parte del Collegio elettorale di Tricase, Distretto di Gallipoli, nella Provincia di Terra d’Otranto.
La Terra d’Otranto, regione storico-geografica dell’Italia Meridionale e antica circoscrizione amministrativa del Regno di Sicilia sin dagli inizi del XII secolo, quando i Normanni portarono a termine il processo di unificazione dell’Italia meridionale, poi del Regno di Napoli[1] e ancora del Regno delle due Sicilie, fu smembrata dopo l’Unità d’Italia, cambiando il nome in Provincia di Lecce. Dunque la lapide risale ad un periodo preunitario, precedente il 1861.
[1] Nel 1302, la firma della Pace di Caltabellotta pose fine alla guerra del Vespro fra Angioini e Aragonesi, segnando il passaggio della Sicilia dall’orbita d’influenza francese a quella spagnola. Allora, per indicare il Regno nella parte continentale fu adottata la terminologia di “Regno di Sicilia al di qua dal faro”. Nonostante ciò con la pace di Caltabellotta, nasceva de facto il Regno di Napoli, il cui territorio risultava suddiviso in dodici circoscrizioni, dette giustizierati.
Inoltre, gli altri soggetti amministrativi indicati nella tabella sono stati determinati con la legge 132 del 2 agosto 1806 sulla divisione ed amministrazione delle province del Regno, varata l’8 agosto di quell’anno, allorché Giuseppe Bonaparte riformò la ripartizione territoriale del Regno di Napoli sulla base del modello francese, istituendo quattordici province e sopprimendo il sistema dei giustizierati. In base a detta legge la provincia di Terra d’Otranto era stata organizzata amministrativamente nei distretti di Lecce, capoluogo e sede dell’Intendenza Generale, di Mesagne e di Taranto, sedi di Sottointendenze. Negli anni successivi, tra il 1806 ed il 1811, una serie di regi decreti completò il percorso d’istituzione delle province con la definizione dei Comuni, dei limiti territoriali e denominazioni di distretti e circondari di ciascuna provincia, ma per la Terra d’Otranto è successivamente, con il decreto del 12 aprile 1813, n.1697, disposto il 21 aprile da Gioacchino Murat, che veniva istituito un quarto distretto, quello di Gallipoli che troviamo indicato nella nostra tabella[1]. Infine, dal 1º gennaio 1817 l’organizzazione amministrativa venne definitivamente regolamentata con la Legge riguardante la circoscrizione amministrativa delle Provincie dei Reali Domini di qua del Faro del 1º maggio 1816.
[1] La nuova circoscrizione, attivata il 1º gennaio 1814, veniva formata attraverso lo scorporo di 14 circondari del distretto di Lecce. Cfr. Bullettino delle leggi del Regno di Napoli, Anno 1813, I semestre. Gennajo-giugno, Napoli, Fonderia Reale e Stamperia del Ministero della Segreteria di Stato, 1813, pp. 228-229.
Considerando, poi, il lemma “Comune”, notamente è la rinominazione della vecchia “Università”, in ossequio al concetto che fosse il cittadino a detenere il potere, che egli fosse al centro della vita politica, dunque nome ispirato a princìpi collettivistici. Il Comune più importante era “Capoluogo di Circondario”, l’unità di base della struttura politico-amministrativa dello Stato moderno, pertanto comprendeva più Comuni ed era sede di sottoprefettura, tribunale e carcere.
E il Circondario di Casarano, oltre a Casarano, nel 1807 comprendeva Racale, Alliste, Taviano[1], poi nel 1811 veniva eliminato dall’elenco Alliste per aggregarlo ad Ugento, mentre nel Circondario di Casarano si censiva anche Casaranello e Melissano, Unito di Taviano[2], dopo il 1807 inserito nel Circondario di Ugento.
Dunque, l’esame attento del contenuto della tabella fa da guida anche nella definizione della sua datazione, giacché la sequenza delle Amministrazioni si inquadra complessivamente nelle novità introdotte dopo l’abolizione della feudalità nel 1806, la terminologia dei livelli amministrativi è quella voluta dai Francesi durante il Decennio 1806-1815, poi confermata dai Borbone che regnarono fino al 1860. Sembrerebbe, quindi, ragionevole datare questa lapide in un periodo compreso tra il 1806 (ma già il riferimento al distretto di Gallipoli, come si è visto, sposta la datazione a dopo il 1813) e il 1860, in virtù del fatto che, dopo l’Unità d’Italia, la Terra d’Otranto cambiò nome in Provincia di Lecce, che i Distretti diventarono Circondari del Regno d’Italia e i Circondari furono rinominati Mandamenti.
[1] Cfr. Legge 14 del 19 gennaio 1807, Art. 2, in Ibidem, Anno 1807, p. 68.
[2] Cfr. Decreto n. 922 del 4 maggio 1811 in Ibidem, p. 225. Uniti o riuniti sono quei Centri senza autorità municipale, amministrativamente aggregati a un Comune e generalmente detti “villaggi” o “borghi”, in Calabria citeriore “rioni”, in Abruzzo “ville”, nella Provincia di Napoli “casali”. Cfr. Gabriello De Sanctis (a cura di), Elenco alfabetico delle province, distretti, circondari, comuni e villaggi del regno delle Due Sicilie, Stabilimento Tipografico di Gaetano Nobile, Napoli 1854, p. 29.
Ragionando, infine, anche sull’indicazione del Collegio elettorale, la datazione si restringe ancora, spostandosi maggiormente in avanti, verso il 1860, infatti nel Regno delle Due Sicilie vennero convocate elezioni nel 1821 e nel 1848, ma più significativamente i Plebisciti del 21 ottobre 1860 per l’annessione e certamente i collegi indicati nella tabella di Casarano e nelle altre qui prese a raffronto sono quelli previsti nel Decreto luogotenenziale n. 152 del 6 gennaio 1861[1] con la Determinazione delle circoscrizioni dei collegi elettorali del Regno, dunque anche di quelli delle provincie napoletane, per l’elezione dei Deputati al primo Parlamento nazionale, e per il Meridione vi si ritrova l’impiego della terminologia francese-borbonica, mentre per altre Provincie si parla già di “Mandamenti” e “Distretti” in luogo di “Circondari”. In effetti, l’unificazione amministrativa del Regno fu compiuta in due tempi, anteriormente e successivamente alla Legge 17 Marzo 1861 con cui Vittorio Emanuele II assunse il titolo di Re d’Italia, in Toscana e nelle Due Sicilie si procedette all’unificazione legislativa ed amministrativa mediante una fase preparatoria, un vero e proprio regime di transizione, nel quale vennero in gran parte conservati gli ordinamenti e le istituzioni locali.
Nelle provincie siciliane e napoletane dopo il Plebiscito del 21 Ottobre 1860 si erano presentate maggiori difficoltà che altrove e il Re Vittorio Emanuele aveva nominato suo luogotenente generale Luigi Carlo Farini con l’incarico di governare tali provincie e di emanare ogni provvedimento occorrente a coordinarne l’unione allo Stato. Quindi, il Farini diede inizio al processo di unificazione legislativa e amministrativa, estendendo alle province meridionali il codice penale, il codice di procedura penale, l’ordinamento giudiziario sardi e, naturalmente, la legge comunale e provinciale del 1859, nota come Legge Rattazzi, emanata con decreto del 23 ottobre 1859 n. 3702 del Regno di Sardegna, con la quale il Ministro degli Interni Urbano Rattazzi aveva ridisegnato la geografia amministrativa dell’intero stato sabaudo, anche della parte lombarda del Regno Lombardo-Veneto che occupava militarmente dopo l’armistizio di Villafranca dell’11 luglio 1859, vale a dire ancor prima del Trattato di Zurigo che ne avrebbe sancito la legittimità internazionale. Con il susseguirsi degli avvenimenti, che nel 1861 portarono all’Unità, la suddivisione in province e circondari stabilita dal Decreto Rattazzi fu estesa all’intera Penisola, l’ordinamento contenuto in quella legge ispirò alcuni provvedimenti dei dittatori regionali, precisamente il 27 dicembre 1859 per l’Emilia e la Romagna, il 24 e il 30 settembre 1860 per le Marche, il 22 settembre 1860 per l’Umbria, il 26 agosto 1860 per la Sicilia, il 31 febbraio per la Toscana, il 2 gennaio 1861 per il Napoletano[2].
[1] Decreto n. 152 del 6 gennaio 1861 che stabilisce la circoscrizione elettorale per le provincie napoletane per la elezione de’ deputati al parlamento nazionale, in Collezione delle leggi e de’ decreti emanati nelle provincie continentali dell’Italia meridionale durante il periodo della luogotenenza, da’ 7 novembre 1860 a’ 30 aprile 1861, Tipografia Nazionale, Napoli 1861, pp. 353-363.
[2] Cfr. A. SANDULLI e G. VESPERINI, L’organizzazione dello stato unitario, in RIVISTA TRIMESTRALE DI DIRITTO PUBBLICO, n. 1/2011 (pubblicazione a cura dell’IRPA Istituto di Ricerche sulla Pubblica Amministrazione). pag. 58. Sul tema cfr. anche G. CANDELORO, Storia dell’Italia moderna, V. La costruzione dello Stato unitario, Milano, Feltrinelli, 1968, p. 175; C. GHISALBERTI, Storia costituzionale d’Italia. 1848/1948, Laterza, Roma-Bari 1998, p. 87.
L’ipotesi è, dunque, che le lapidi amministrative siano state concepite e allocate durante queste evenienze, con gli Atti adottati all’inizio del 1861, quindi prima dell’Unificazione e prima delle Leggi di unificazione amministrativa del 1865[1], nel Mezzogiorno verosimilmente proprio in occasione delle prime elezioni per la Camera dei Deputati dello Stato unitario il 27 gennaio 1861, ma in tutto il costituendo Regno d’Italia con qualche variazione lessicale e temporale dovuta ai tempi delle annessioni.
Con altri raffronti e disquisizioni Ferdinando Corradini, analizzando una serie di Tabelle rinvenute in Terra di Lavoro[2], giunge alle stesse determinazioni ed evidenziando altresì che Gaeta «…pur essendo capoluogo di distretto non era sede di collegio elettorale, posta a Mola di Gaeta (odierna Formia); ciò, con ogni probabilità, accadde perché, allorché nel gennaio 1861 si tennero le elezioni, Gaeta, com’è noto, era ancora sotto il controllo di Francesco II di Borbone, che la lascerà il 13 febbraio 1861»[3].
Ulteriore sostegno alla nostra ipotesi è dato da quanto esposto nella Mostra “Verso l’Unità d’Italia, Il passaggio del Garigliano, La Battaglia di Mola, L’assedio di Gaeta”, promossa e realizzata dalla Provincia di Latina nell’ambito delle Celebrazioni per il 150° Anniversario della Battaglia di Mola di Gaeta:
[1] Le istituzioni del Regno e le ripartizioni territoriali venivano definitivamente sancite con l’estensione alle province meridionali della Legge sull’unificazione amministrativa del 20 marzo 1865 n. 2248, Allegato A e successivo regolamento di attuazione dell’ 8 giugno 1865 n. 2321. Il Regno risultava suddiviso in una sequenza di livelli amministrativi, Province, Circondari, Mandamenti e Comuni, secondo un sistema gerarchico che partiva dal centro sino ad investire la realtà periferia. Cfr. R. ROMANELLI, “Storia dello Stato italiano, Ed. Donzelli, Roma, 1995, pag. 126-131.
[2] F. CORRADINI, Tabelle con indicazioni amministrativo-giudiziarie in Alta Terra di Lavoro, in STUDI CASSINATI, Bollettino trimestrale di studi storici del Lazio meridionale Anno XII, n. 2, Aprile – Giugno 2012, p. 129.
[3] Ibidem, p. 130.
Palazzo Municipale di Mola e Castellone.
1861, maggio 20: il Consiglio è chiamato a rispondere alle disposizioni contenute nella Circolare del Governatore della Provincia di Terra di Lavoro, del 21 marzo 1861, con la quale il Municipio veniva obbligato ad inviare sei lapidi recanti le indicazioni della Circoscrizione Amministrativa ed Elettorale del Comune, fissandone l’importo in ducati 29,25, che il medesimo Governatore rileva non essere stati ancora pagati. Si tratta di quattro lapidi per Mola, e due per Castellone, indicato quale frazione del Comune di Mola. Il Decurionato, in primo luogo, deciso che le lapidi potrebbero essere solo due, e cioè una per Mola e una per Castellone, ritenuti far parte di un solo Comune, circa le difformità delle diciture (ditte) riportate sulle lapidi delibera che la ditta sulle stesse potrebbe essere unica, e cioè:
Comune di Mola e Castellone
Mandamento di Gaeta
Collegio Elettorale di Mola
Circondario di Gaeta
Provincia di Terra di Lavoro[1]
Da questo documento si evince, inoltre, che i Comuni erano chiamati dal Governatore a farsi carico della realizzazione delle lapidi pertinenti al loro territorio e con indicazioni precise sulla loro forma (misure generali, caratteri e loro misura) come pure il contenuto, spiegandosi così una sostanziale omogeneità delle stesse.
La provincia di Terra d’Otranto non è particolarmente ricca di iscrizioni lapidarie di questo tipo, se ne conoscono: quella di Alessano in Piazza Don Tonino Bello, quella di Taviano, sita sulla facciata del palazzo marchesale De Franchis, quella di Soleto sulla porta di S. Vito, ancora una a Mottola al termine del Corso su un muro che guarda il Belvedere, a Sava in via Vittorio Emanuele III, e ad Uggiano Montefusco, frazione di Manduria. Queste lapidi della Terra d’Otranto sono identiche tra di loro e anche a quelle superstiti in altre Province del Regno, sia per il contenuto con le indicazioni riportate nella stessa sequenza, sia per la forma, sempre su una lastra di pietra con le misure valutate in 60×50 cm, approssimazione motivata della loro collocazione che ce ne rende problematica una misurazione reale; solo in alcuni casi con qualche differenza nella dimensione dei caratteri incisi, prevalentemente per il primo rigo, quando viene indicato con lettere un po’ più grandi il Comune nel quale insistono.
Sempre dall’incrocio delle notizie a disposizione, si evidenzia che le tabelle vennero affisse intenzionalmente in bella vista, generalmente all’ingresso e all’uscita di tutti i Comuni[2], così da far ritenere che nell’Ottocento il Palazzo Casto fosse il primo edificio all’entrata del Comune di Casarano, giungendo da Nord.
Taviano – Palazzo Marchesale De Franchis. Sulla stessa parete, oltre alla lapide, è stata rinvenuta anche l’incisione “W il Re”
Distretto di Taranto – Borgo aggregato Uggiano Montefusco
Soleto – Porta S. Vito. Antiche mura medievali – XIV sec. e particolare della lapide
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BIBLIOGRAFIA
Atlante geografico del Regno di Napoli delineato per ordine di Ferdinando IV. Re delle due Sicilie e C. e C. da Giovanni Antonio Rizzi-Zannoni Geografo di Sua Maestà e terminato nel 1808.
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C. PAVONE, Amministrazione centrale e amministrazione periferica: da Rattazzi a Ricasoli (1859-1866), edizioni Giuffrè, Milano 1964.
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[1]Cfr. la Mostra “Verso l’Unità d’Italia, Il passaggio del Garigliano, La Battaglia di Mola, L’assedio di Gaeta” promossa e realizzata nell’ambito delle Celebrazioni per il 150° Anniversario della Battaglia di Mola di Gaeta, realizzata dalla Provincia di Latina. Ideazione: Domenico TIBALDI, Progetto della mostra: Ada BALESTRA, Ricerche documentarie: Ada BALESTRA, Ernesto BONELLI, Vincenzo DE MEO, Luigi SCOTTI, Domenico TIBALDI, Coordinamento scientifico e redazione testi: Ada BALESTRA.
[2] Infra, Cfr. Foto della lapide di Soleto, affissa sulla Porta S. Vito delle antiche mura.