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L’abolizione dell’abuso d’ufficio: possibili risvolti di incostituzionalità e conflitti con i trattati internazionali stipulati

La legge è uguale per tutti

di Pompeo Maritati

L’abuso d’ufficio è un reato previsto dall’articolo 323 del Codice Penale italiano. Questo reato è finalizzato a prevenire che i pubblici ufficiali o gli incaricati di pubblico servizio, nell’esercizio delle loro funzioni, compiano atti o omettano di compierli in violazione di leggi o regolamenti con l’intento di procurare un vantaggio ingiusto a sé o ad altri, o di arrecare un danno ingiusto. L’eliminazione o la modifica di questa fattispecie di reato solleva una serie di interrogativi giuridici, tra cui la possibilità di incostituzionalità e il potenziale conflitto con trattati internazionali vigenti.

L’abuso d’ufficio è stato oggetto di numerosi dibattiti nel corso degli anni, soprattutto per l’accusa di essere uno strumento utilizzato per frenare l’azione amministrativa. Si sostiene che la sua formulazione sia generica e ambigua, creando incertezza tra i pubblici amministratori e inducendoli a una sorta di “paura della firma”. In altre parole, si teme che un funzionario pubblico possa essere perseguito penalmente anche per decisioni amministrative legittime ma impopolari o interpretate soggettivamente.

Negli ultimi anni, diversi governi italiani hanno avviato tentativi di riformare o abolire del tutto questo reato, tuttavia, questa eliminazione potrebbe sollevare dubbi di incostituzionalità e di incompatibilità con gli obblighi internazionali assunti dall’Italia. Esaminiamoli nello specifico.

1) Possibili risvolti di incostituzionalità

L’abolizione del reato di abuso d’ufficio potrebbe generare conflitti con la Costituzione italiana, in particolare con alcuni principi cardine come:

Articolo 97 della Costituzione: Buon andamento e imparzialità della Pubblica Amministrazione

L’articolo 97 impone che la Pubblica Amministrazione (PA) si ispiri ai principi di buon andamento e imparzialità. L’abuso d’ufficio, nella sua attuale formulazione, rappresenta uno strumento di tutela contro comportamenti che violano tali principi. Eliminare questa norma potrebbe indebolire i meccanismi di controllo sugli atti amministrativi, permettendo ai funzionari pubblici di agire con meno trasparenza e responsabilità.

L’eliminazione dell’abuso d’ufficio potrebbe infatti ridurre la capacità dello Stato di vigilare sui comportamenti dei funzionari pubblici e di garantire che le decisioni prese nell’ambito dell’esercizio delle loro funzioni siano in linea con l’interesse pubblico e non dettate da fini personali o privati.

Articolo 3 della Costituzione: Principio di uguaglianza

Il principio di uguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione potrebbe essere messo in discussione, poiché l’eliminazione del reato di abuso d’ufficio potrebbe creare una disuguaglianza tra i cittadini e i funzionari pubblici. I cittadini sarebbero infatti privati di un importante strumento giuridico per proteggersi da atti arbitrari, illegittimi o ingiusti posti in essere da chi detiene una funzione pubblica. Ciò potrebbe portare a una situazione in cui i diritti dei cittadini siano meno tutelati di fronte agli abusi da parte di chi ricopre posizioni di potere.

Articolo 28 della Costituzione: Responsabilità dei funzionari pubblici

L’articolo 28 sancisce che i funzionari pubblici e i dipendenti dello Stato o degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione dei diritti. La soppressione dell’abuso d’ufficio potrebbe svuotare di significato questo principio, limitando le possibilità di chiamare i funzionari pubblici a rispondere dei loro atti in sede penale.

2) Conflitti con trattati e convenzioni internazionali

L’Italia è vincolata da una serie di trattati internazionali che impongono standard di trasparenza e responsabilità per la pubblica amministrazione, nonché la prevenzione e la repressione della corruzione e degli abusi di potere. L’eliminazione del reato di abuso d’ufficio potrebbe entrare in conflitto con questi obblighi, tra i quali spiccano:

Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (UNCAC)

La Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (UNCAC), adottata nel 2003 e ratificata dall’Italia nel 2009, richiede agli Stati parte di adottare misure per prevenire e reprimere la corruzione. L’articolo 19 della Convenzione riguarda espressamente il “conflitto di interessi” e richiede agli Stati di punire penalmente “l’abuso di funzioni” o “l’abuso di potere”, da parte di pubblici ufficiali che agiscono in modo illegittimo per ottenere un indebito vantaggio per sé o per altri.

L’eliminazione dell’abuso d’ufficio potrebbe essere interpretata come un allentamento delle misure di prevenzione della corruzione e del malgoverno, in violazione degli obblighi derivanti dall’UNCAC. In particolare, l’Italia potrebbe essere accusata di non conformarsi agli standard internazionali in materia di trasparenza e responsabilità amministrativa.

Convenzione del Consiglio d’Europa sulla corruzione (Convenzione di Strasburgo)

La Convenzione penale sulla corruzione, adottata dal Consiglio d’Europa nel 1999 e ratificata dall’Italia nel 2002, stabilisce l’obbligo per gli Stati di adottare misure legislative necessarie per punire penalmente atti di corruzione, sia attiva che passiva. Anche in questo contesto, l’eliminazione dell’abuso d’ufficio potrebbe essere vista come un indebolimento della lotta alla corruzione, minando la capacità dell’Italia di rispettare gli impegni presi con tale convenzione.

L’Italia, in quanto Stato membro dell’Unione Europea, è tenuta a conformarsi a una serie di normative che disciplinano la trasparenza e la lotta alla corruzione nel settore pubblico. Il diritto europeo, in particolare attraverso la Direttiva 2017/1371 (PIF Directive) sulla lotta contro le frodi che ledono gli interessi finanziari dell’Unione tramite il diritto penale, impone agli Stati membri di prevedere sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive contro atti illeciti posti in essere da funzionari pubblici.

L’eliminazione del reato di abuso d’ufficio potrebbe compromettere il rispetto di tali direttive, specialmente in situazioni in cui l’abuso d’ufficio coincide con condotte lesive degli interessi finanziari dell’Unione Europea.

3) Quali le conseguenze pratiche dell’eliminazione dell’abuso d’ufficio

L’abolizione dell’abuso d’ufficio potrebbe produrre conseguenze pratiche significative per il sistema giudiziario, amministrativo e politico italiano. Queste includono:

Diminuzione dei procedimenti penali

Una delle prime conseguenze dell’eliminazione del reato di abuso d’ufficio sarebbe la riduzione del numero di procedimenti penali a carico di pubblici funzionari. Secondo i dati del Ministero della Giustizia, i procedimenti per abuso d’ufficio hanno un impatto significativo sulle attività della magistratura italiana. Tuttavia, questo non significa necessariamente che la cancellazione del reato porterebbe a una riduzione dei comportamenti illeciti.

Minore deterrenza nei confronti degli illeciti

L’abuso d’ufficio, sebbene ritenuto da molti giuristi un reato troppo generico, svolge comunque una funzione deterrente. L’esistenza di una norma penale specifica che punisce comportamenti abusivi o illegittimi da parte di pubblici funzionari esercita un controllo psicologico e giuridico sugli amministratori pubblici. La sua eliminazione potrebbe aumentare il rischio che i pubblici ufficiali agiscano senza temere conseguenze, favorendo fenomeni di malgoverno e corruzione.

Rischio di sfiducia nelle istituzioni

Un’altra conseguenza negativa potrebbe essere un incremento della sfiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni pubbliche. L’abuso d’ufficio, anche se percepito come una minaccia per chi governa, è visto dalla cittadinanza come una forma di tutela contro l’arbitrarietà delle decisioni amministrative. La sua abolizione potrebbe far sentire i cittadini più vulnerabili agli abusi di potere, generando un clima di sfiducia nelle istituzioni e nella democrazia stessa.


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