IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

La Spiritualità del Novecento

ysee elleni gentili

di Vincenzo Fiaschitello

Da parte di chi ama la classicità, la Grecia, i resti dei suoi templi, gli dei che hanno accompagnato la vita di ogni giorno degli antichi eroi e dei comuni uomini delle città e delle campagne, c’è un plauso per le associazioni che pongono in essere varie iniziative tendenti a far rivivere il clima religioso, le pratiche, gli odori, le vesti di quel lontano tempo.

Fanno bene? Fanno male? Sono soltanto degli illusi?

E che pensare di quello sforzo straordinario degli ultimi decenni che pontefici, gerarchie ecclesiastiche, associazioni cattoliche, fanno per avvicinare le religioni, smussando i contrasti, le diversità teologiche, etiche, ecc. Sforzi senza dubbio lodevoli che spesso abbiamo visto svolgersi all’ombra del convento di San Francesco d’Assisi. Ma il problema non è così semplice. Non si tratta di venire incontro alle tradizioni, alle modalità e forme di riti, di preghiere, di invocazioni a Dio, all’Essere creatore comunque chiamato. C’è un problema profondo che investe la questione di una vera e propria rivoluzione teologica, senza la quale oggi la chiesa cattolica rischia di scomparire.

Sono molto evidenti i segni di questa disaffezione: calo delle vocazioni, chiese prive di sacerdoti, monasteri vuoti o prossimi a chiudere, chiese deserte di fedeli, feste patronali dei paesi che si trascinano per tradizione, ma con scarsa spiritualità, orientati quasi esclusivamente al profano (mercato di bancarelle, offerte di specialità culinarie, fuochi pirotecnici, ecc.), se non proprio addirittura per onorare il capo della criminalità paesana, presso la cui casa, persino le statue della Vergine e di Cristo si inchinano.

Ma vediamo di leggere con calma, anzi con ordine, il nostro tempo che è quello del ventesimo secolo e di una buona fetta del ventunesimo.

Il primo importante tema che mi viene in mente è l’antropocentrismo, cioé il fatto di considerare l’uomo al centro dell’universo, del cosmo. E’ questo un aspetto specifico dell’uomo occidentale, completamente orientato al fare, all’agire, opposto all’uomo orientale, immerso soprattutto nella contemplazione.

Nell’Oratio de hominis dignitate, Pico della Mirandola esprime questo pensiero con estrema chiarezza e fierezza quando scrive: “Noi ti abbiamo dato né luogo che ti sia proprio, né volto…né alcun dono…o Adamo, affinché il tuo luogo, il tuo volto, i doni che desideri, li conquisti e li possegga da te stesso…Ti ho collocato nel centro del mondo affinché tu possa meglio contemplare ciò che il mondo contiene”.

Sono espressioni di grande ed efficace rilievo che fanno emergere l’idea possente dell’uomo dell’Umanesimo-Rinascimento, dell’uomo che seppe pervenire ad altezze formidabili nel campo dell’arte, della bellezza, del pensiero.

Bisognerà aspettare la scienza, il cannocchiale di Galilei, la rivoluzione di Copernico per far tramontare l’illusione dell’uomo come essere speciale direttamente creato da Dio e più recentemente Freud, che spazza via perfino la certezza dell’uomo di essere padrone in casa propria.

L’idea dell’antropocentrismo ha attraversato i secoli e si è andata rafforzando soprattutto per il sostegno della religione cristiana che la riteneva perfettamente in linea con quanto scritto nella Genesi. Dio crea l’uomo e lo pone al di sopra della natura, come dominatore, come essere privilegiato rispetto a tutte le altre creature.

Non sembri strano che tale supremazia iniziale, con il tempo, si sia trasformata in vera e propria distanza, distacco, tra uomo e natura, fino a diventare sul piano della dimensione spirituale un contrasto insanabile, un disprezzo del mondo, come si andò formulando nella mente dei grandi teologi cristiani, primo fra tutti Sant’Agostino. In questa prospettiva si incuneava ovviamente la questione del peccato originale, che costituisce l’aspetto negativo della natura umana, in opposizione all’ottimismo dell’uomo dominatore del primo momento della creazione.

Ogni uomo nasce colpevole, ha bisogno dell’acqua battesimale per l’ingresso nella comunità cristiana e, mediante un comportamento morale ispirato ai comandamenti, potrà porsi come meta, finalità esclusiva della vita, la salvezza dell’anima. Il mondo è peccato, è un luogo da disprezzare, è la sede del male.

Storicamente fu l’età medioevale che esaltò al massimo grado tale ideale. Ma anche nei secoli successivi, l’atteggiamento della chiesa non mutò direzione, anzi specialmente dopo la Riforma, con l’istituzione dell’Inquisizione, le cose peggiorarono: il pensiero corre ai nomi noti di Galilei, di G. Bruno, di T. Campanella e ai tanti ignoti che soffrirono torture e condanne a morte.

Questo pilastro posto a fondamento della chiesa cattolica ( uomo dominatore e peccatore, opposizione della sfera spirituale a quella terrena), man mano che dal sottosuolo del pensiero con Leopardi, Schopenhauer, Nietzsche, Dostoevskij… si faceva strada una contestazione dei valori tradizionali fino a giungere alla proclamazione della morte di Dio, comincia a vacillare.

Ma ecco la domanda: c’è forse un cambio di rotta nella teologia cattolica?

Un concreto tentativo si ha certamente con il Vaticano II, ma molte idee di quel concilio furono messe presto da parte. Anzi, dopo il concilio, presero vigore quelle correnti che auspicavano un ritorno al passato, alla fede stabile assicurata dal vecchio e dal nuovo Testamento. L’auspicata rivoluzione teologica che avrebbe rinnovato la chiesa cattolica poteva attendere!

Mi sorge un dubbio. Non è stata forse l’idea dell’uomo al centro dell’universo che ha contribuito a far crescere in maniera smisurata l’ego degli individui e a portarli alla guerra continua, alla guerra di tutti contro tutti? Carl Sagan, astronomo e divulgatore scientifico, dopo aver visto la terra da sei miliardi di Km, fotografata nel 1990 dal Voyager 1, non poté fare a meno di pensare alla crudeltà degli uomini smaniosi di uccidersi a vicenda, accecati dall’illusione di avere una qualche posizione privilegiata nell’universo, abitanti entro un punto di luce pallida, un granellino solitario nel grande avvolgente buio cosmico.

La spiritualità del Novecento è caratterizzata dalla messa in discussione sia dell’idea ottimistica dell’uomo, l’antropocentrismo, sia di quella pessimistica del peccato originale. L’impegno dei teologi laici e religiosi è stato tutto proteso a ricostruire la prospettiva etica indispensabile all’uomo del nostro tempo, il quale, privato dei valori tradizionali e quindi di un superego, si è trovato completamente smarrito, insicuro, depresso, pronto soltanto a nutrire in maniera sproporzionata il proprio ego, compromettendo in particolare i rapporti di relazione con i suoi simili e smentendo di fatto la logica sistemica della natura.

Per la prima idea, l’antropocentrismo, la teologia ha presentato il suo conto alla chiesa della tradizione biblica e cioè che non si può trascurare il contributo essenziale della ricerca scientifica. La creazione così come descritta dalla Bibbia non regge. L’onestà intellettuale dei teologi del Novecento non può ignorare il processo evolutivo, la teoria darwiniana sia pure riveduta e aggiornata. Il mondo, l’uomo, non sono stati creati in un solo istante o giorno: il mondo, la materia, l’uomo, frammento del mondo, sono il prodotto di una evoluzione continua che non si arresta.

In questo quadro non si comprende come l’uomo possa avere quella supremazia che lo faceva “re” della natura con il diritto di servirsene solo per il suo piacere e per la sua convenienza. E’ inutile dire quanto l’uomo oggi soffra per il suo smodato egoismo che ha causato immensi guai con la deforestazione, con la perdita della biodiversità, con la degradazione ambientale (gli animali hanno perduto il loro territorio, vivono accanto agli uomini e procurano epidemie per il passaggio di virus e batteri tra animale e uomo).

Solo di recente purtroppo la chiesa si è apertamente impegnata nella difesa della natura, considerandola un obbligo morale dell’uomo. Forse l’antica lezione di San Francesco d’Assisi che parlava con rispetto del sole, della luna, dell’acqua, degli animali era rimasta a lungo nell’oblio.

Per la seconda questione, il peccato originale, occorre osservare che per la religione cattolica è un dogma, strettamente legato al tema fondamentale di Gesù uomo e Dio, venuto in terra per salvare l’umanità mediante il sacrificio della croce. E’ questa, infatti, l’idea sulla quale e attorno alla quale la religione cattolica ha fondato la fede, supportata dall’insegnamento di Paolo di Tarso e dai vari concili, a partire da quello di Nicea del 325, nel quale ebbe la sua chiara identificazione il “Credo”.

Ma non sono pochi i teologi che nel Novecento hanno rilevato una illogicità e forse anche ingiustizia in questo dogma. Perché un peccato commesso da nostri antenati debba trasmettersi su ogni creatura umana di per sé innocente che viene al mondo? Il teologo laico Vito Mancuso

scrive che occorre:” liberarsi dalla visione distorta del peccato originale e smettere di considerare l’uomo, per il semplice fatto di essere nato, un peccatore. Il peccato originale è un’offesa alla creazione, un insulto alla vita, uno sfregio all’innocenza e alla bontà della natura, alla sua origine divina” (V. Mancuso, L’anima e il suo destino, Raffaello Cortina Editore, Milano,2007,p.167) e con un pizzico di ironia aggiunge che in fondo è “incostituzionale”. La responsabilità del crimine appartiene alla persona che commette il reato e inoltre, proseguendo nella riflessione, nel caso in cui il bambino o l’adulto non hanno ricevuto il battesimo si aprirebbe per loro la via del limbo o dell’inferno non per un tempo determinato, ma per l’eternità.

Il teologo gesuita Pierre Teillhard de Chardin, che fu anche scienziato e paleontologo, non solo respinge la tesi di un Adamo come unico capostipite della razza umana, condividendo la teoria darwiniana, ma respinge decisamente l’idea del peccato originale disceso su tutti gli uomini come qualcosa di offensivo verso la paternità di Dio. E’ noto che per queste sue idee fu condannato nel 1962 dal Sant’Uffizio e “esiliato” in Cina.

L’insufficienza del pensiero teologico tradizionale come sopra rilevato ha causato non solo una disaffezione nei confronti della chiesa, ma anche una prospettiva di chiusura e di depressione, poiché, privi di giustificazioni plausibili riguardo ai problemi dell’esistenza (perché il male? Il dolore? La morte? Il peccato e la punizione eterna?), molti si sono rifugiati nel caso, nell’assurdo, nel nichilismo che appunto nega che la vita abbia un senso.

Tuttavia a me pare che già dalla contestazione delle due prospettive tradizionali, disprezzo del mondo e peccato originale, discenda l’avvio di una rivoluzione teologica, che ha segnato la spiritualità del Novecento e di questa prima parte del ventunesimo secolo. Le conseguenze sono molteplici, i temi in discussione sono di straordinaria importanza, trattati in gran parte da un Sinodo voluto da papa Francesco.

La teologia agostiniana identificava l’amore di Dio come odio e disprezzo per il mondo, oggi è vero il contrario: l’amore per Dio porta all’amore totale per il mondo e per Dio. C’è un concetto assolutamente nuovo di natura, luogo per incontrare Dio. L’uomo è un pezzo di natura niente affatto in contrasto con la dimensione spirituale, è qualcosa che viene dal basso, dalla materia che via via ascende a ciò che chiamiamo interiorità, anima, spirito.

Accanto a questi temi fondamentali ci sono tante questioni collaterali altrettanto importanti che meritano grande attenzione e chiedono un continuo ripensamento. Si consideri la valorizzazione della ricerca scientifica o altri delicati problemi come la presenza dei gay nei seminari, il ruolo delle donne nella chiesa, ecc. A proposito di quest’ultima questione è di questi giorni la volontà di papa Francesco di “smaschilizzare” la chiesa, riconoscendo che è stato un grande peccato quello di emarginare le donne. Il teologo svizzero Hans Urs von Balthasar era sceso in campo a metà degli anni cinquanta del secolo scorso, lamentando l’assenza di ruoli importanti nella chiesa assegnati alle donne. Su questo tema, tre teologi Lucia Vantini, Luca Castiglioni e Linda Pocher, hanno presentato al papa le loro relazioni (pubblicate dalle edizioni Paoline), favorevoli all’ingresso delle donne nella gerarchia ecclesiastica e nel servizio sacerdotale.

Si è dunque sulla strada giusta per traghettare la chiesa verso il domani.

Bibliografia

P. Teillhard de Chardin, L’ambiente divino. Saggio di vita interiore, Il Saggiatore, Milano 1968

C. Darwin, L’origine della specie, Newton Compton, Roma 1994

C. de Duve, Polvere di stelle, Longanesi, Milani 1998,

H. Bergson, L’evoluzione creatrice, Raffaello Cortina, Milano 2002

S. Weil, L’ombra e la grazia, Bompiani, Milano 2002

J. Dupuis, Verso una teologia cristiana del pluralismo religioso, Queriniana, Brescia 1997

H. Urs von Balthasar, Verbum Caro. Saggi teologici, Morcelliana, Brescia 1985

Agostino, La città di Dio, Rusconi, Milano 1992

V. Mancuso, Etica per giorni difficili, Garzanti, Milano 2022


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