‘La mia testa sobria si occupa di attualità’ di Mariano Lizzadro
L’ultima raccolta poetica dello scrittore lucano di Baragiano è un dialogo intimo e diretto con il lettore
“La mia testa sobria si occupa di attualità” è l’ultima raccolta poetica di Mariano Lizzadro, scrittore potentino, di Baragiano. Il libro, si apre con una bella nota di lettura di Alfonso Guida e si compone di cinquantatre poesie che trattano vari temi, dall’amore alla solitudine, dalla natura, alla memoria. Mariano nell’introduzione dedica la sua opera alla famiglia e agli amici, come fonte di ispirazione e supporto per la scrittura. Sebbene non sia esplicito in tutti i versi, il titolo stesso del libro suggerisce un’attenzione verso temi attuali e dinamiche sociali, che dall’introspezione aprono alla realtà esterna e alle sue problematiche “le ombre sui tetti sono/ sogni trasparenti di luna pallida e dalla finestra aperta della /camera da letto a Mariupol si sente in lontananza un vociare/ di soldati e il rumore degli aerei che volano basso” (p.19). Le poesie sono intrise di immagini naturali e quotidiane, con una particolare attenzione ai dettagli. L’autore ci invita infatti a riflettere sulla nostra interconnessione con il mondo e con gli altri, celebrando la bellezza delle piccole cose e dei piccoli momenti di luce nella nostra quotidianità. Rispetto ai lavori precedenti ne emerge la capacità di unire simbolismo, riflessione esistenziale e una descrizione fortemente evocativa della natura e dei sentimenti umani.
Tra le poesie più rappresentative ne cito alcune: “Il silenzio più eloquente di tante parole” un testo che esplora come il silenzio possa comunicare più delle parole, permettendo un contatto più autentico con se stessi e con gli altri. Viene evidenziato inoltre il contrasto tra la frenesia del mondo esterno e la pace interiore che il silenzio può offrire. Un’altra poesia significativa è “Il posto da cui vengo è l’infanzia”, dove l’autore esplora il legame profondo con le proprie radici e il luogo d’origine, evidenziando il senso di appartenenza e il valore dei ricordi. Qui Lizzadro in modo fortemente evocativo intreccia paesaggio interiore e paesaggio esteriore. Il passato viene richiamato con toni malinconici, suggerendo una riflessione sul tempo che passa e ci cambia. Il concetto di fugacità del tempo con l’importanza di saperne cogliere i momenti di bellezza è presente anche nella poesia “All’alba la luce del giorno è brillantezza che va via,” dove l’autore invita i lettori a cercare se stessi nell’abbandono e a vedere la sobrietà e l’eccesso come parti complementari dell’esistenza “l’anima se vuoi la puoi incontrare nell’abbandono/, sobrietà ed eccesso confinano nella luce della notte/ o al mattino come una favola che passa rapidamente” (p.8). Ciò che risalta maggiormente è che tra i versi si legge sincerità e profondità, ma anche riservatezza, quella che contraddistingue il poeta oltre che nella poesia, anche nella vita. La lingua è densa di significati, ma dai toni colloquiali, semplice e paziente, la si sente adattarsi al ritmo del respiro. C’è sempre in sottofondo una malinconia controllata, una riflessione profonda sull’esistenza e sulla realtà esterna, laddove i versi spesso evocano immagini vivide e paesaggi interiori ricchi di simbolismo junghiano, come l’Anima e l’Ombra, elementi che rendono la lettura un’esperienza fortemente immersiva e motivazionale.
Maria Pina Ciancio
Estratti:
Il posto da cui vengo è l’infanzia, uno spazio di nuvole
che si specchiano nell’acqua, una ricchezza senza fine,
merce rara che non macchia nessuno, se sciogli la matassa
dei pensieri tutto è più chiaro, il tempo diventa madreperla,
se dai il giusto peso al suono delle parole, l’incerto si fa certo
e si libera la lingua, la ragione non raggiunge il sogno, gli innamorati
cantano silenziosi la loro gioia e gli stormi di rondini fanno nidi,
il dolore viene dalle viscere come la gioia, ma se risolvi l’arcano
ritrovi giardini di carta colorata e rose senza spine.
*
La gente come me ama di nascosto e tiene nascosto questo segreto,
pare che non ci sia più niente da dire, morire come vivere sottoterra
con l’anima al chiaro di luna e un tulipano rosso nella fioriera,
la maledizione è un applauso, non ci sono molti sorrisi nell’anima
solo qualche flebile ricordo ancorato davanti agli occhi miopi
e le sopracciglia aggrottate ma sorridenti, fiori sbocciati al mattino
su ferite aperte come un pianto degli esclusi, la perla nel fondale
forse quella più bella, saltando a piedi pari nel buio di questo viaggio
che mi ha portato fino a te che ti chiami speranza esperienza amore,
come un vascello carico di pietà e di compassione e ti prego
non farmi vedere quelle lacrime che escono dai tuoi occhi,
che stasera non ho la soluzione fisiologica.
(Mariano Lizzadro, da ‘La mia testa sobria si occupa di attualità’ 2024)