La maledizione della violenza. Se vogliamo la pace dobbiamo osteggiare le condizioni che la impediscono
di Giuseppe Spedicato
Il mondo della produzione della violenza appare sempre legato a quello della produzione della ricchezza e del diritto.
La violenza come evento fondativo
Queste sono le tesi di fondo che animano la narrazione di questo lavoro.
Si è voluto trattare della genesi di queste problematiche articolando la narrazione in due parti. Nella prima (Il mondo della produzione della violenza), si è fatto ricorso soprattutto alle tesi di due grandi autori: Ibn Khaldun, arabo, e Werner Sombart, europeo. Nella seconda (Dialogo sulla disumanizzazione della maggioranza pacifica) si è fatto ricorso soprattutto ad esperienze maturate dall’autore. Esperienze basate sul dialogo con soggetti appartenenti ad altre culture.
Citazioni dal testo:
“Se si indagano gli albori del capitalismo moderno ci si immagina quali siano state le circostanze esterne in cui esso è venuto alla luce non si può non rivolgere la propria attenzione agli innumerevoli traffici commerciali e alle innumerevoli guerre di cui è ricco il periodo che va dalle Crociate sino alle guerre napoleoniche: nel tardo Medioevo l’Italia e la Spagna sono, entrambe, un enorme accampamento militare; tra XIV e XV secolo l’Inghilterra e la Francia sono in lotta per un centinaio di anni; nel XVI secolo gli anni di pace sono solo 25, mentre nel XVII secolo sono appena 21, il che significa che su 200 anni, ben 154 sono segnati dalla guerra. Tra il 1568 e il 1648 l’Olanda conta 80 anni di guerre, mentre tra il 1652 e il 1713 ne registra 36: 116 su 145. Fino a quando, infine, con le guerre di rivoluzione l’umanità europea vive un’ultima grande fase di agitazione. Che tra guerra e capitalismo ci debba esser un qualche rapporto è una considerazione che appare più che fondata”
Il capitalismo sarebbe quindi figlio della violenza.
“Nella storia della filosofia politica esiste una grande filosofia della guerra, ma non esiste una grande filosofia della pace.Anzi si potrebbe persino dire che gran parte della filosofia politica, specie nell’età moderna, è una continua meditazione sul problema della guerra (compresa la guerra civile). Di più ancora: la grande filosofia della storia dell’età moderna, che scorre dall’illuminismo allo storicismo, al positivismo, al marxismo, nasce dalla domanda sul significato della guerra, e in genere dellalotta per lo sviluppo della civiltà umana”.
“È un’illusione pensare di cambiare una società cambiando solo coloro che comandano oppure cambiando l’ideologia di riferimento. Nel Corano c’è scritto che ‘Dio non cambia una società finché ognuno non cambia sé stesso’. Dobbiamo educare soprattutto a un auto-cambiamento. Dobbiamo guarire noi stessi e poi possiamo guarire la società. Se l’uomo è malato, se prova odio, indifferenza alle sofferenze umane, come può guarire una società malata? Riuscirà solo a infettare tutto ciò che tocca”.
“Machiavelli, molto probabilmente, ha solo fatto vedere il vero volto della politica, le ha tolto la maschera della falsa rispettabilità. A suo parere una politica orientata al bene non può che fallire, perché l’uomo non è orientato a fare il bene ma il suo interesse. Cambia quindi il modo di vedere la politica. Afferma che il politico non deve considerare i vizi dell’uomo un ostacolo, ma un’opportunità. Li si deve conoscere e utilizzare per governare”.
“Io penso che dovremmo fare i conti con la nostra natura umana se accadono crudeltà inspiegabili. Dobbiamo avere il coraggio di guardarci allo specchio e di dirci quelle cose che ‘l’uomo ha paura di svelare perfino a sé stesso’”.
“L’uomo dotato di coscienza si deve nascondere, è un errore della natura. L’essere più adeguato a sopravvivere è l’uomo privo di coscienza”.
“Il motore del mondo è l’egoismo”.
“Se pensiamo di vivere in un mondo dove vi è un sistema economico pensato e gestito per risolvere i problemi del genere umano, dobbiamo ricrederci. Siamo in un sistema dominato dalla violenza, comprese le nuove forme di violenza (come il controllo dell’informazione e della cultura), che produce ricchezza per pochi e nel frattempo produce poveri ed emigrazione. Accettiamo come vangelo i dettami di questo sistema e non riusciamo a elaborare un’alternativa a esso”.