La leggenda di Donna Assunta che inventò il prelibato e rinomato piatto salentino “Ciceri e tria”
di Pompeo Maritati
Molto tempo fa, nella tranquilla città di Lecce, c’era una donna di nome Assunta. Era conosciuta per la sua bellezza, la sua saggezza e la sua straordinaria abilità in cucina. Assunta amava la sua città, ma c’era una cosa che le dava molta preoccupazione: suo marito, Giovanni.
Giovanni era un uomo dai capelli arruffati e il naso sempre arrossato. Trascorreva la maggior parte delle sue giornate nel taverna del villaggio, bevendo vino e giocando a carte con gli amici. Non si preoccupava molto del lavoro, e questo metteva a dura prova il cuore di Assunta.
Un giorno, dopo aver lavorato duramente nel giardino di casa, Assunta preparò una cena semplice ma gustosa per Giovanni. Era una pietanza di pasta e ceci, un piatto che sua madre le aveva insegnato a cucinare. Quando Giovanni tornò a casa e vide la cena, cominciò a borbottare e lamentarsi, sostenendo che voleva qualcosa di più sostanzioso e raffinato.
La tensione tra i due coniugi aumentò e la discussione si trasformò in un litigio furioso. Gridarono parole taglienti l’uno all’altro, e il rancore accumulato nei mesi precedenti sembrò esplodere in quel momento. La discussione si acuì e, nel furore della lite, furono rotti piatti e bicchieri. La cucina era un caos, con cocci di ceramica e pezzi di vetro sparsi ovunque.
Ma poi, in mezzo a quel trambusto, Assunta ebbe un’idea. Guardando il disordine e vedendo la pasta e i ceci mescolati con cocci di ceramica, le venne un’ispirazione. Decise di prendere quel pasticcio e trasformarlo in un piatto completo. Iniziò a raccogliere i cocci di ceramica più piccoli e li mise da parte. Poi prese la pasta e i ceci e li cucinò insieme con aglio, olio d’oliva e pepe nero, aggiungendo un tocco di prezzemolo fresco tritato alla fine.
Il risultato fu sorprendente. Nonostante l’origine caotica del piatto, il cibo aveva un sapore delizioso. Era una combinazione di ceci cremosi e pasta al dente, condita con il sapore avvolgente dell’aglio e la piccantezza del pepe nero. Era un piatto che esprimeva l’armonia nascosta tra il caos e la semplicità.
Quando Giovanni assaggiò quel piatto, rimase a bocca aperta. Era come se il litigio e il caos si fossero trasformati in qualcosa di bello e delizioso. Chiese a Assunta il nome del piatto, e lei, con un sorriso, rispose: “Ciceri e tria”. Era un nome che rimandava al loro litigio, un modo per ricordare che, anche nei momenti di discordia, poteva nascere qualcosa di meraviglioso.
Da quel giorno in poi, la ricetta dei ciceri e tria divenne una tradizione nel villaggio di Lecce. Le persone non solo amavano il piatto per il suo sapore unico, ma anche per la storia che portava con sé. Raccontavano la favola di Donna Assunta, la donna che aveva trasformato un litigio in una prelibatezza, insegnando al mondo che anche nei momenti difficili si poteva trovare bellezza e armonia.
E così, i ciceri e tria di Donna Assunta divennero famosi in tutto il sud Italia, una lezione gustosa che celebrava la trasformazione del caos in bellezza e la bellezza nascosta nelle semplici cose della vita. Era una favola culinaria che insegnava che, anche quando il bicchiere sembra mezzo vuoto, c’è sempre la possibilità di riempirlo di nuovo di gioia e amore.