IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

La grande epopea evolutiva dell’ elefante : analisi zoologica, mitica ,  storia  evolutiva , filosofia e archetipo collettivo di uno degli animali più conosciuti , amati e sfruttati

Elefante

Elefante

“ Son qua, son qua ,

I rosa elefanti gia

Tre per tre,

Eccoli, marciano

Laggiù, arrivan di su e di giù,

Continuanon ad avanzar,  come un mar marciano,  ondeggiano, i rosa elefanti van,

Cosa farò, cosa farò, dove fuggire potrò …

Io non ho il terror di vermi, ne di serpenti e ne di germi, ma i mostruosi pachidermi mi fanno rabbrividir ….

Non son tipo da svenire, ne da farmi intimorire, ma il vedermi comparir i rosa elefanti mi fa mal, tanto mal…

Mandali via, mandali via, che terror, quale orror, i rosa elefanti no…..

Salvatemi…..

Salvatemi….

Salvatemi…. ( 1)

(  La parata degli elefanti; dal film “ Dumbo – l’elefante volante  di Walt Disney Productions  1941).

Introduzione.  

È molto conosciuta l’ espressione diffusa nei paesi di lingua Anglossassone L’elefante nella stanza: essa indica che spesso non si vuole parlare o accorgersi di determinate situazioni che sono imponenti e gigantesche proprio come un grande pachiderma in una stanza di casa. Sembra che tale espressione apparve per la prima volta in un articolo pubblicato sul New York Time del 20 Giugno 1959 :

“ Sembra che finanziare le scuole sia diventato un problema uguale più o meno ad avere un elefante in un salotto: è così grande che non si può semplicemente ignorarlo “.

Parte prima :  

La figura  dell’ elefante nel cinema di animazione.

“ Dumbo – l’elefante volante”   della Disney: un esempio di elefante nel cinema di animazione. 

In questo mio nuovo saggio ho deciso di intraprendere un viaggio nell’immaginario collettivo della psiche umana e nella storia evolutiva di un animale molto particolare : l’ elefante.  E inizio parlando di uno dei film di animazione della Disney forse più conosciuti e amati di sempre : Dumbo – l’elefante  volante ( Walt Disney, 1941  ). Ho infattiintrodotto questo mio nuovo studio con la Canzone degli  Elefanti rosa o forse sarebbe più opportuno chiamarla  La marcia degli elefanti  rosa  o La parata degli elefanti rosa,  che rappresenta uno dei momenti più iconici del film Dumbo l’elefante volante e forse di tutto il cinema di animazione della Disney.  

La parata  degli elefanti rosa (  Pink Elephants on Parade ) , è una  marcia composta da una orchestra chiamata The Sportsmen,  che conteneva orchestra e cori; su melodia di  Oliver Wallace e testo di Ned washington. In italiano, cioè la versione di Dumbo- l’elefante volante ( 1941, Walt Disney Productions ) , la parte vocale della marcia  è cantata dal Quartetto cetra ( 1941- 1988 ) .  Per questa loro interpretazione , il più famoso gruppo vocale Italiano ricevette addirittura una lettera di congratulazioni e complimenti da parte di Walt Disney in persona, rimasto colpito dalla loro interpretazione vocale  nonostante la versione originale inglese fosse stata diretta e arrangiata  dal leggendario Hall Johnson Choir ( 1888- 1970 ). Tra l’altro il Quartetto cetra nel film  Dumbo ,  interpreta anche un altro brano: Giammai gli elefanti volar, che nel film è cantato dai corvi intenti a prendere in giro Dumbo sulle sue capacità di volo.

Dal punto di vista musicale, il brano è una marcia, costruita su un ritmo pesante e grottesco che mette in risalto la pesantezza dei pachidermi mentre marciano.  La parte finale  della marcia è una coda in stile etnico, cioè una marcia Egizia e Araba. 

Dal punto di vista di animazione invece ci troviamo di fronte ad un altro capolavoro della Disney: infatti  le animazioni sono la descrizione di un sogno allucinatorio del piccolo elefantino dopo avere bevuto dello Champagne insieme al suo piccolo amico,  il topolino Timoteo. Dalle bollicine emesse dalla proboscide di Dumbo, lentamente prendono forma  delle piccole sagome di bolle che somigliano a dei piccoli elefantini trasparenti . Una di queste bolle diventa lentamente un piccolo elefantino rosa, il quale dalla proboscide produce un altro piccolo elefantino rosa, che a sua volta ne produce un altro, che a sua volta ne produce un altro: in totale appaiono quattro elefantini rosa che trasformano la loro proboscide in delle trombe che danno inizio alla parata. Dalla fusione delle quattro trombe si forma una immensa tromba gialla dalla quale escono una marea di elefantini rosa con la tromba i quali marciano in maniera spedita . Alcuni di loro marciano in maniera bipede, come gli esseri umani. Altri elefantini rosa sono grossi come dei palloni e dei piccoli palloncini e tengono nelle mani due campanelle musicali. 

Uno di essi, l’elefantino rosa più grasso, con due piatti di orchestra fa scomparire uno di questi elefantini rosa, dal quale ne nascono altri quattro con le proboscidi trasformate in tromba. La marcia riprende sottoforma di vortice di elefantini rosa e Dumbo e Timoteo guardano impauriti chiedendosi che cosa fossero questi strani animaletti rosa. Mentre il piccolo Dumbo si copre gli occhi con le sue grandi orecchie,  la marcia degli elefanti che lentamente si erano trasformati in fantasmini rosa bipedi, formano un cerchio attorno ad un letto, nel quale giace un elefantino rosa impaurito da questi spiritelli di elefantini rosa. Ma improvvisamente questa immagine scompare e compaiono elefantini  vermiformi di colore verde e giallo con le strisce,  e subito dopo alcune sagome di elefantini bipedi di diverso colore : rosa, a strisce, giallo, verde e blu. Ma questa immagine scompare ancora, e da essa appare un elefante bipede gigante formato da tutte le facce  degli elefanti colorati apparsi precedentemente.  Dagli occhi della  faccia dell’ elefante giallo, che ha un’espressione molto minacciosa accompagnata da un ghigno,  compaiono due Piramidi Egizie; più precisamente sono gli occhi che si trasformano nelle due Piramidi Egizie. E subito dopo un’altra trasformazione: le due piramidi diventano le gobbe di un cammello o di un dromedario, ovviamente con il viso e la proboscide di un elefante rosa. Mentre una terza Piramide suona il Pungi,  il tipico strumento a fiato Indiano utilizzato per incantare i serpenti. Non a caso il cammello si trasforma in cobra che a sua volta si trasforma in una odalisca che danza il ballo del ventre: poi improvvisamente lo schermo diventa nero e compare un occhio; e quattro elefantini gialli annunciano con la loro proboscide trasformata in tromba, uno spettacolo di danza classica: si apre un sipario, e una coppia di elefanti rosa interpreta un passo di danza in un  teatro, e subito dopo le due figure si trasformano in statue da fontana, in ballerine di mambo e bachata e in macchine da corsa sfreccianti: sempre però con l’aspetto di elefantini rosa.  Il tutto si conclude con una pioggia di elefantini rosa su uno sfondo nero.

La sequenza appena descritta, cioè quella della Parata degli elefanti rosa, è insieme a Fantasia ( Walt Disney  Productions,  1940), uno dei momenti più alti del cinema di animazione. Il film Dumbo ( Walt Disney Productions, 1941) , l’ho visto per la prima volta quando frequentavo la prima elementare, e rimasi affascinato proprio da tale sequenza appena descritta. Ma poi si sa, ti dicono che devi crescere e che i cartoni animati sono cose stupide per i bambini stupidi e molte cose si archiviano nella memoria e nell’ inconscio per molti anni. Sulla  Sequenza della parata degli elefanti rosa, alla luce dei miei studi sull’evoluzione biologica, posso affermare che segue il ritmo e la direzione delle Forme in divenire e trasformazione. Tutta la natura si trasforma e si modifica in continuazione, da una forma passa in un’altra, in una continua danza di forme e di trasformazioni.  E questi aspetti è soltanto il cinema di animazione che può rappresentarli al meglio, in quanto svincolato da ogni limite imposto dalle caratteristiche della realtà vera e con gli attori in carne e ossa, può dare libero sfogo all’immaginazione più creativa , senza alcun limite di rappresentazione. È la stessa caratteristica che troviamo nella musica Rock- Progressive, nella quale numerosi temi si trasformano in altri,  spesso in uno stesso brano musicale.  

“ L’elefante rosa “ e le forme astratte.  

Inoltre le animazioni della sequenza della Parata degli elefanti rosa,  sono la celebrazione dell’arte astratta e della forme astratte,  che Walt Disney conosceva molto bene in quanto attento conoscitore dell’arte pittorica in tutte le sue forme e le sue sfumature. E proprio il tema dell’ astratto torna in un film della Disney/ Pixar, Inside Out di Peter Docter uscito nel 2015. In questo film non solo compare un essere dalle fattezze di elefante di nome Bing Bong, ma che è in grado di riprodurre  il verso del delfino, oltre ad essere fatto di zucchero filato rosa e  la parte inferiore compresa la coda , di un gatto, ma abbiamo anche la presenza della Frammentazione non oggettiva, cioè gli oggetti che da reali si trasformano in oggetti astratti. La scena che contiene questa tematica la troviamo quando l’emozione Gioia e l’emozione Tristezza, insieme a Bing Bong, si dirigono nella stanza del Pensiero astratto. All’interno di questa stanza improvvisamente i loro corpi incominciamolentamente a modificarsi : all’inizio, la prima fase che i loto corpi attraversano è la Frammentazione non oggettiva, nella quale le due emozioni e Bing Bong assumono una  forma tridimensionale. La seconda fase che attraversa il loro corpo è la Fase della Decostruzione, nella quale le due emozioni e Bing Bong  prima assumo la forma bidimensionale e subito dopo cadono letteralmente in piccoli pezzettini colorati, e la terza fase è la Forma astratta e non figurativa, dove Gioia, Tristezza e Bing Bong,  diventano delle  linee e simboli astratti. In altre parole, nella mente della ragazzina di nome Railey, che è il luogo dove si svolgono le avventure di Gioia, Tristezza e Bing Bong, nella parte dedicata all’immaginazione e alle immagini astratte, le forme con una forma concreta lentamente iniziano a decomporsi ,a frammentarsi e diventare delle semplici linee o abbozzi di oggetti o persone.  Infatti prima di uscire da quella parte della mente , Bing Bong diventa una sorta di proboscide rosa,  Gioia diventa una stella gialla e Tristezza diventa una lacrime o una goccia d’acqua di calore blu. I tre protagonisti diventano quindi delle astrazioni, dei simboli.  D’altronde la mente umana ha sempre ragionato per simboli e per astrazioni: dall’arte rupestre alle raffigurazioni della civiltà di Gobekli Tepe ( Decimo millennio B. P. ), fino all’arte astratta di Paolo Picasso, Paul Klee e Vasiliij Kandinskij e alla segnaletica dei segnali stradali, le astrazioni sono sempre state onnipresenti. Tutto questo però non va confuso con l’immaginazione o con la visualizzazione: l’immaginazione e la visualizzazione sono attività della mente che riguardano realtà non presenti nel piano fisico, ma esistenti se vengono create.  Per questo il poeta Inglese William Blake ha affermato che ogni cosa che esiste è stata un tempo immaginata. Il pensiero astratto invece non riguarda storie fantastiche o eventi immaginati, ma riguarda il mondo dei simboli e della simbologia. La stella ⭐ gialla infatti rappresenta la luce della gioia e della felicità, la goccia 💧 è ovviamente la lacrima della tristezza e la piccola proboscide rosa è il simbolo di un elefantino rosa. 

E da dove potrebbe venire l’idea di questo elefantino rosa , fatto di zucchero filato, che riproduce il verso del delfino, che un tempo era il più caro amico della piccola Riley? Ma è ovvio che l’ispirazione proviene dal film Dumbo e dalla sequenza della Parata degli elefanti rosa. L’elefante, come l’orso, sembra essere molto presente nell’immaginario dei bambini, e lo testimonia il grande numero di pupazzi, film di animazione, libri per l’infanzia e peluche che ritraggono l’elefante. Inoltre la morfologia e l’anatomia dell’ elefante è molto bizzarra e lo fa sembrare un animale fantastico abitante del mondo delle favole e dei miti: un lungo naso a forma di proboscide, due grandissime  orecchie e due lunghissimi denti conosciuti con il nome di zanne d’avorio, fanno dell’elefante forse uno dei più bizzarri mammiferi placentari della terra.

Prima di concludere questo paragrafo, voglio ricordare che Bing Bong è una sorta di animale guida per le emozioni tristezza e gioia. All’interno della mente di Riley infatti, le due emozioni sono spaesate e non sanno bene dove dirigersi. Ma grazie all’incontro casuale con il bizzarro elefantino rosa, Tristezza e Gioia trovano la strada, anche perché Bing Bong essendosi formato all’inizio dell’attività mentale di Riley conosce perfettamente tutti i percorsi della sua mente. Inoltre da a Gioia una borsa dove mettere al sicuro le biglie dei ricordi felici di Riley. Anche la borsa è collegata all’ archetipo dell’ animale- guida.

Il personaggio di “  Dumbo”.

Passiamo adesso a Dumbo. Il protagonistadei piùfamosi film Disney è un cucciolo di elefante molto particolare: ha delle orecchie gigantesche, troppo sproporzionate per la sua età. Non appena il fagottino portato dal signor cicogna viene aperto, subito spuntano le enormi orecchie del piccolo Dumbo. Tutto questo suscita ilarità e presa in giro da parte delle elefantesse, le quali si dimostrano crudeli e senza pietà. L’unica elefantessa che prova tenerezza è ovviamente la madre du Dumbo, la signora Jumbo Dumbo. Disney anche in questo film ha inserito quindi le caratteristiche e i temi principali dei suoi film: un mondo materno e accogliente nonostante le difficoltà, l’amicizia e le caratteristiche speciali di ogni personaggio. L’unico animaletto con il quale Dumbo fa amicizia è il topolino del circo Timoteo, il quale riconosce in Dumbo la sua straordinaria capacità di saper volare. Infatti le orecchie di Dumbo sono utilizzate come ali per spiccare il volo.  Ovviamente è impossibile che le orecchie di un elefante lo possano fare volare, ma l’evoluzione ci racconta che numerose parti che inizialmente servivano per altri scopi, come le braccia dei  dinosauri teropodi della specie dei dromeosauri che si trasformarono nelle ali degli uccelli , oppure come le appendici branchiali degli antenati degli insetti che diventarono le ali in questo ordine di animali, fanno comprendere che ciò che Disney e i suoi collaboratori crearono non è qualcosa di totalmente fantasioso e assurdo, ma che ha visto già la realizzazione nel mondo reale dell’evoluzione animale. Nell’ evoluzione biologica nulla va perduto: ma ogni organo,  inoltre distante e completamente  diverso dallo scopo e utilizzo futuro,  può trasformarsi in un qualcosa di completamente diverso. Come dimostrano le animazioni metamorfiche degli elefanti rosa della sequenza analizzata prima. Compaiono elefantini rosa di ogni forma e dimensioni, dal pallone al vermiforme, dal bolide ai nanerottoli, e sembra quasi narrare sottoforma di animazione, l’evoluzione degli elefanti, i quali come analizzeremo dopo, hanno attraversato le forme più bizzarre.

Tuttavia il concept di Dumbo non è interamente di Disney: esso infatti fu concepito dall’ illustratore Harold Pearl basato su un racconto di Helen Aberson, il tutto nato per la nascita di un nuovo modellino di giocattoli per bambini: Roll a book.  La trasposizione animata della Disney è abbastanza fedele al racconto originale, e l’unico elemento aggiunto alla storia è proprio la sequenza della Parata degli elefanti rosa. 

Dopo il capolavoro Fantasia, che costò alla casa di produzione della Disney numerose perdite economiche,  si è subito pensato ad un nuovo film di animazione che potesse aiutare la casa di produzione della Disney ha riprendersi. Con questo intento nasce il film Dumbo ( 1941, Walt Disney Productions ).

La storia di Dumbo si svolge in un circo della Florida: Dumbo è il tipico personaggio protagonista emarginato e preso in giro per il suo aspetto, che proprio grazie ai suoi apparenti difetti troverà la strada per riscattarsi. Come il Brutto anatroccolo,  la celebre favola di Andersen, così Dumbo da emarginato e preso in giro dalla massa, riesce proprio grazie alle sue caratteristiche che lo hanno emarginato, ad emergere e diventare il re indiscusso della scena. E proprio il circo è il luogo che più di ogni altro rappresenta il palcoscenico della vita in tutte le sue forme.  La capacità di volare sembra essere una costante nei personaggi e nei protagonisti di molte fiabe, favole e protagonisti dei film di animazione,  è molto probabilmente è anche un retaggio inconscio che affonda le radici fin dalle epoche preistoriche,  quando la prime popolazioni del Paleolitico e del Neolitico osservando il volo degli uccelli,  fecero una associazione immediata tra gli dei e il volo. E successivamente anche gli angeli furono immaginati dotati di ali proprio perché in quanto messaggeri degli dei ( ricordiamo che la parola Angelo deriva dal greco Aggelos , che significa messaggero , messo o servitore degli dei) , hanno le ali per il volo. Dumbo e Peter Pan sono due angeli,  mandati sulla terra,  o arrivati di loro spontanea volontà per motivi ben precisi: Dumbo per fare sollevare le sorti del circo della Florida, Peter Pan per salvare la famiglia Darling dalla mancanza di affetto e di sentimenti che la  caratterizza , oltre che per aiutare i bambini a crescere e diventare adulti senza paura.

Il remake di “  Dumbo “ di Tim Burton.

Il concetto di Dumbo visto come un angelo l’ho trovato ancora più espresso anche se tenuto nascosto , nel film remake in live action del regista Nordamericano Tim Burton: Dumbo (  2019, regia di Tim Burton , Walt Disney Productions and Tim Burton Productions),  dove Dumbo riesce a volare grazie all’azione apparentemente magica di una piuma. È evidente l’associazione psichica tra piume e angeli. Come de resto il film di animazione originale ha la presenza di una piuma tenuta da Dumbo. È curioso che un elefante, anche se un cucciolo,  viene rappresentato come un essere capace di volare, poiché il pachiderma elefantide è quasi sempre, visto la sua mole, associato alla pesantezza. Nel film di Tim Burton, che reputo un buon film, e forse uno dei migliori live action dei film Disney, l’unico elemento Burtoniano è proprio Dumbo: il cucciolo di elefante è infatti il tipico Freak,  un termine Inglese per indicare un individuo strano, bizzarro e escluso dalla società ( ricordiamo che Tim Burton è il regista del film Eduard mani di forbici) . Ma in Tim Burton il Freak diventa o un  riscattato socialmente o perlomeno è un individuo che riesce a lasciare un segno  nella società,  pur rimanendo un emarginato. Ecco perché Tim Burton decise di realizzare Dumbo: perché fra tutti i personaggi dei film Disney è forse quello più singolare e più strano. Nel film di Tim Burton Dumbo , come accennato prima, è un figura angelica, soprattutto perché fa da guida ai sue bambini del proprietario del circo,  i quali necessitano di una figura più vicina alla loro crescita, oltre ovviamente padre, che sovente è impegnato con il circo. Ma Dumbo anche nel remake di Tim Burton , come nel film di animazione originale, in quanto angelo ha un significato particolare: lo strano cucciolo di elefante sarà uno strumento importante per risollevare le sorti del circo. Molto bella nel film, la versione della Parata degli elefanti rosa, la quale è diventata un bellissimo numero da circo con le bolle di sapone colorate di rosa che si trasformano in cammelli e in elefanti rosa,  con Dumbo che segue con la testa il ritmo della musica dell’orchestra,   impegnata ad eseguire il  tema della marcia originale,  ma appesantito dalla grancassa e dai tromboni,  come se la musica ricalcasse il peso degli elefanti. Ad essere sinceri, più che un film di Tim Burton , a me è sembrato un film di Stephen Spielberg: la presenza dei bambini senza un genitore e il loro rapporto con il piccolo elefantino Dumbo, il quale lo ricordiamo, nella versione originale della Disney non compare nessun bambino che stringe amicizia con il piccolo elefantino, e il cattivo rappresentato da un magnate che vuole impadronirsi del circo, fanno del remake di Tim Burton, più un film uscito dalla fantasia di Steven Spielberg che dall’immaginifico mondo di Tim Burton.

Tuttavia devo fare una piccola critica al film di Tim Burton : la Parata degli elefanti rosa in questo live action non ha quella manifestazione onirica e allucinatoria del film originale: benché sia sempre molto bella la nuova versione, non ha la forza immaginifica delle forme in continua metamorfosi che possiede la versione originale della Disney. Ma non perché  sia più corta,  ma proprio perché non ha anima.  E nonostante le nuove tecnologie quindi, la potenza espressiva di quella sequenza è impossibile da rievocare. E proprio sul circo e la sua immagine Tim Burton si è sempre mostrato ostile: in molte interviste ha ammesso che il mondo del circo lo ha sempre inquietato, soprattutto i clown e gli animali maltrattati per essere addestrati ai numeri da eseguire,  e ha ammesso senza mezzi termini, di sentirsi proprio come Dumbo durante la lavorazione del film. ( 2 )

Tuttavia il circo è sempre stato il luogo dell’incontro tra la specie umana e le specie animali,  tra coloro che sfruttano e coloro che sono sfruttati, in questo caso gli animali ammaestrati e molto spesso maltrattati per eseguire i numeri.  Animali trattati come cose da sfruttare per il futile e mero intrattenimento per il circo è per gli spettatori. Elefanti, foche, ippopotami e tante altre specie di animali , da innumerevoli anni sono sfruttati nelle arene dei Romani e nei circhi moderni, con l’unico scopo di intrattenere il pubblico. Da Pinocchio con il Paese dei Balocchi, nel quale il circo mostra il suo lato oscuro con la trasformazione dei fanciulli e di Pinocchio stesso in asini, con l’unico scopo di essere sfruttati per gli spettacoli, passando per il manga Le grandi avventure di Astroboy di Tezuka, dove Atom , cioè Astroboy, è costretto a distruggere robot e a giocare con un elefante per impressionare il pubblico, il circo è quindi da sempre rappresentato come il luogo dello sfruttamento e della violenza per antonomasia. 

 “ Le avventure  del libro della giungla “, “ L’era glaciale”  e il mammuth preistorico. 

Altri film di animazionedove compaiono gli elefanti sono Il libro della giungla ( 1967, Walt Disney Productions, regia di Wolfgang Reitherman), dove appare una marcia militare degli elefanti Africani con a capo un certo elefante colonnello di nome Hathi. Questa rappresentazione dell’elefante fa capire come nell’immaginario simbolico l’elefante sia stato sempre associato all’ordine , al rigore e alla disciplina,  caratteristica che ad  esempio  troviamo nei circhi dove gli elefanti addestrati eseguono numeri  importanti come marcie militari . E non è un caso che in natura esistono davvero molte marcie di elefanti che si spostano in altri luoghi in un modo molto ordinato e disciplinato. La marcia degli elefanti nel film di animazione della Disney Le avventure  del libro della giungla,  è accompagnata dalla seguente filastrocca cantata dagli elefanti in marcia:

“ Nostro compito è marciar…

E la giungla attraversar…

Non sappiamo perché ma ci dicono che è un segreto militar , è un segreto militar ….

Un , due, un due, fuori passo ….

Noi marciamo su e giu, tra liliane e bambù,

Noi siamo sempre qui, a marciar così,  naso fuori e denti in su “  …. ( 3 )

Un altro bellissimo film dove un altro elefante molto particolare è uno dei protagonisti indiscussi , è il film di animazione L’era glaciale ( 2002, regia di Chris Wedge , Blue Sky Productions). In questa fortunatissima serie di ben sei film piu altri cortometraggi,  una simpaticissima ma alquanto sgangherata banda di amici, composta da Manfred ( Mammuthus Primigenius , Blumenbach, 1799), un Mammuth lanoso  apparentemente scorbutico e antipatico ma dal cuore d’oro, doppiato in Italiano da Leo Gullotta, Sid ( Pliometanastes,  che fa parte dei bradipi preistorici estinti della specie Megalonyx), un bradipo ingenuo, divertente e dal cuore puro come quello di un bimbo, doppiato in Italiano da un irresistibile e divertente Claudio Bisio e Diego ( Smilodon), e una temibile tigre dai denti a sciabola che però nasconde un lato generoso e onesto,  in italiano doppiato da Pino Insegno.  Il film L’era glaciale è un bellissimo film sotto ogni punto di vista: divertente, profondo, sarcastico e geniale, e lo consiglio a tutti i bambini di guardarlo, soprattutto perché lo ritengo molto istruttivo sulla conoscenza del mondo del Pleistocene, anche se ci sono numerose inesattezze e animali preistorici aggiunti che vissero in altre epoche. La storia dell’era glaciale è collegata in parte alle divertenti disavventure dello scoiattolo preistorico di nome Scrat con la sua ghianda,  il quale causa numerosi eventi geologici che in parte influiscono sulle avventure dei nostri protagonisti. Scrat è in simpaticissimo scoiattolo preistorico, dotato di lunghi canini affilati, ma quello che sembrava essere soltanto una creatura di fantasia degli autori del film, si è rivelata realtà, quando nel 2002 un team di paleontologi guidati da Guillermo W. Rougier, scopre un cranio, una mascella e denti affilati nei territori del Rio Negro, nel sud dell’ Argentina, in Sud America. Il fossile, classificato nel 2011 con il nome di Cronopio dentiacutus ( 2011, Guillermo W. Rougier), fa comprendere che il vero Scrat non poteva trovarsi nell’ era glaciale accanto ai Mammuth: infatti il vero Scrat visse durante il tardo Cretaceo, nel Cenomaniano, circa 99 milioni di anni fa, un’epoca dove nemmeno i mammiferi placentari che avrebbero portato alla linea degli elefanti erano presenti. Il Cronopio dentiacutus è stato classificato come mammifero molto vicino sia ai mammiferi marsupiali e ai mammiferi placentari, ma a differenza di Scrat non si nutriva di ghiande ,cioè i semi della quercia che appartiene al regno delle Angiosperme, piante che gia circa  215 milioni di anni fa, cioè  nel Triassico superiore stavano facendo la loro comparsa sulla terra  per arrivare alla vera evoluzione di queste piante che avvenne durante il periodo Cretaceo inferiore , cioè circa 130 milioni di anni fa , ma bensì di vermi , insetti, le loro larve ,  lucertole e piccoli invertebrati. Inoltre il suo habitat noj erano le foreste  glaciali e i paesaggi di ghiaccio , ma bensì paludi ricche di vegetazione con fiumi in abbondanza, mentre i suoi commensali e conquilini non erano mammiferi preistorici,  ma dinosauri teropodi e sauropodi. ( 4)   

“ L’era glaciale” : la trama del film.

La storia del film L’ era glaciale  si svolge nel Paleolitico, circa 20. 000 anni fa. Il mammutu Manny ( Mammuthus Primigenius,  Blumenbach, 1799), durante l’imminente catasfrofe glaciale, quando tutti gli animali migrano in direzione sud, decide di percorrere una strada tutta sua.  Durante il suo percorso incontra il bradipo preistorico Sid ( Pliometanastes, Megalonyx, ), il quale scappando da due giganteschi Brontotheri ( Brontotherium Megacerops, Leidy, 1870)  , i quali vivevano però nel periodo Eocenico, circa 50 milioni di anni fa, principalmente in Asia e in Europa, ma anche in Nord America, incontra Manny che lo salva da morte certa ( questa parte somiglia molto all’incontro tra l’ asino Ciuchino e l’orco Shrek). Tuttavia Manny inizialmente si rifiuta di diventare amico di Sid,  ma il bradipo preistorico continua a seguirlo.  La storia di questa amicizia inizialmente un po’ forzata,  si intreccia improvvisamente con uno Smilodon pupulator ( Lud, 1872), una temibile tigre dai denti a sciabola di nome Diego,   che con il suo branco sta tendendo una imboscata al piccolo neonato di una tribù di Homo Neandhertalensis, poiché il branco degli Smilodonti si vuole vendicare di Homo Neandhertalensis in quanto hanno ucciso molti dei loro compagni. Il branco degli Smilodon capeggiati dal malvagio Soto,  ingaggia Diego di prendere il bambino e portarlo a lui, che vuole sbranarlo di persona. Nel frattempo il piccolo dei Neandhertalensis è stato recuperato da Manny e da Sid, che come Mosè, fu salvato dalle acque di un fiume, grazie a sua madre che era riuscita a scampare dall’attacco delle tigri dai denti a sciabola. Dopo numerose avventure e dopo che i tre strambi amici fanno da genitori al piccolo dei Neandhertalensis,  Diego si unisce ai due, soprattutto quando capisce il valore dell’amicizia , dell’affetto familiare e dell’onore, dopo avere osservato Manny intento a ricordare il passato della sua famiglia sterminata dai Neandhertalensis. Quando infatti il trio entra in una caverna sotterranea piena di graffiti rupestri, il mammuth preistorico rimane colpito da un particolare: il dipinto sulla parete che ritrae la caccia e lo sterminio della sua famiglia. Manny così rimasto solo, ha utilizzato come corazza un carattere apparentemente duro e scorbutico, ma che nasconde un grande cuore. Dopo una trappola tesa dal branco di Diego , il trio di amici riesce a dare il bimbo al suo vero papà,  ovvero ai Neandhertalensis, riconciliando così l’eterna alleanza tra esseri umani e animali.

Tutti gli altri sequel del primo film, cioè L’ era glaciale 2 : Il disgelo ( 2006), L’era glaciale 3 : l’alba dei dinosauri ( 2009), L’era glaciale 4 : continenti alla deriva ( 2012), L’era glaciale 5: in rotta di collisione ( 2016) e L’era glaciale 6 : le avventure di Buck ( 2022), benché siano tutti film simpaticissimi , divertenti e ben fatti, non hanno riprodotto la bellezza e la profondità del primo,  tranne forse un po’ il secondo e il terzo.  La casa di produzione invece di sviluppare tematiche piu profonde come il rapporto tra esseri umani e animali , ha preferito rovinare alcuni personaggi aggiungendo  divertimento e humor spesso inutile,  a tratti un po’ volgare e fuori tema. Se infatti i primi  due film  della serie, uniscono comicità, humor ,avventura e profondità di temi, tutti gli altri seguiti  si dirigono soltanto su avventure e comicità. 

Ma da un lato è da comprendere la casa di produzione: il pubblico non vuole è non cerca la profondità dei temi, ma semplicemente cerca e vuole il mero e vacuo intrattenimento e divertimento fine a se stesso. Tuttavia , il vero significato del film è racchiuso in una frase del bradipo Sid al Mammuth Manny:

“ devi lasciare andare il tuo passato, soltanto così puoi avere un futuro!”.

Il primo film della serie L’era glaciale parla in realtà di morte e rinascita: in questo caso la morte e la rinascita sono del Mammuth Manny,  il quale dopo avere perso la sua famiglia sterminata dai cacciatori di Homo Neandhertalensis,  incomincia lentamente una nuova vita, rappresentata simbolicamente dal bimbo che ha raccolto e protetto insieme a Sid e a Diego.

Parte seconda :

Il Mammuthus Primigenius ( Bluemenbach, 1799) e il Mammuthus columbi ( Falconer, 1857): due grandi elefanti preistorici a confronto.

Il mammuth lanoso ( Mammuthus Primigenius, Blumenbach, 1799), visse durante il periodo  del Pleistocene,  epoca geologica che va da 2. 580.000 a 11. 700 anni B. P. ( Before Present). Il periodo geologico in questione è stato caratterizzato da molteplici glaciazioni,  in particolare le ultime,  che hanno portato all’estinsione di numerosi animali vissuti fino a quel momento, come le famose tigri dai denti a sciabola ( Smilodon pupulator,  Homotherium , Megantereon cultridens ) , che  vissero prevalentemente in Nordamerica, ma anche in Africa, Asia e Nord Europa. Studi notevoli sull’ alimentazione della tigre dai denti a sciabola Homotherium ( Fabrini, 1890),  effettuati in base ai resti fossili trovati su una caverna Nordamericana, precisamente nella Grotta di Friesenhahn,  situata nelle zone che oggi fanno parte del Texas.  

La specie  Nordamericana di Homotherium ( Fabrini, 1890), è l’ Homotherium serum, e visse dal Pleistocene superiore fino a 12. 0000 anno fa, epoca nella quale sorge la Cultura di Clovis, una popolazione preistorica pre- Amerinda, appartenente alla specie moderna di Homo Sapiens Sapiens Nordamericana , la quale molto probabilmente ha incontrato nel suo cammino questo feroce felino preistorico e con il quale si è sicuramente scontrata in sanguinosi scontri. Ebbene, nella caverna citata in precedenza, furono scoperte numerose testimonianze di scheletri di giovani esemplari di Mammuth columbi  ( Falconer, 1857). Questo grande proboscidato, visse nei territori del Nord America,  tra i 100. 000 e i 9.000 anni fa. Nello stesso periodo quindi visse il grande felino Homotherium serum,  il quale abitava sia i territori Settentrionali del Nord America , i quali li condivideva con lo Smilodon pupulator,  che sia i territori del Nord America meridionali, dei quali era l’unico predatore incontrastato. In queste vaste praterie pascolavano i grandi Mammuthus columbi ( Falconer, 1857), discendenti molto probabilmente da proboscidati Asiatici o Africani che alcuni milioni di anni prima erano riusciti a entrare nei territori del Nord America.  Mentre  un altro gruppo di Proboscidati nei territori Euroasiatici, come Nord Europa, Russia e  Siberia, diede origine al mammuth più conosciuto: il Mammuthus Primigenius o lanoso ( Blumenbach, 1799)  . Il Mammuthus columbi era sicuramente  una delle tante prede  dell’ Homotherium serum : all’interno della caverna citata in precedenza  furono infatti scoperti decine di scheletri di Mammuthus columbi, morti all’età di circa due anni, e nello stesso sito furono trovati anche numerosi scheletri di Homotherium serum.  Gli elefanti adulti, per ovvi motivi di grandezza erano più difficili da cacciare, anche per una tigre dai denti a sciabola come l’Homotherium serum,  quindi qutsti felini preistorici sceglievano le prede più facili come alcuni cuccioli che si allontanavano dai genitori oppure malati. 

Le glaciazioni durante il Pleistocene coprivano  grande parte del pianeta Terra: in base alle analisi e studi delle rocce e dei sedimenti, si è scoperto che la calotta artica del Nord Europa, durante il Pleistocene copriva praticamente tutti i territori oggi appartenenti alla Scandinava, l’ Islanda, l’Inghilterra, l’Irlanda, il Mar Baltico, buona parte dell’ Europa come i territori Settentrionali della Francia, Germania e Europa centrale, e gran parte della Russia per quanto riguarda i territori  che vanno dal mare Artico del Nord  fino alle steppe dell’ Asia Centrale. Per quanto riguarda i territori dell ‘ America Settentrionale, la calotta artica copriva la Groenlandia, le Isole e gli arcipelaghi vicini, e si estendeva fino alla attuali zone della città di New York e dell’America centrale. Il resto del pianeta, anche se non era invaso dai ghiacci, però sicuramente risentiva dei venti polari molto forti che arrivando dalle zone artiche raffreddavano il resto del mondo.  

Il Mammuth ( Mammuthus ), ha origini molto antiche. In base alle analisi biomolecolari,  i primo esemplari di Mammuth si originarono e evolsero in Africa circa 7 milioni di anni fa: più o meno nello stesso periodo dell’origine degli antenati della specie umana. Il Mammuth subplaniforms, dovrebbe essere , secondo gli studi dei paleontologi, la specie di Mammuth più primitiva in assoluto, che visse nelle attuali zone del Sudafrica, Etiopia e Sudan. Le analisi delle parti trovate hanno permesso di scoprire che le zanne stavano già assumendo la cosiddetta Torsione a spirale .  Successivamente la specie di Mammuth che si evolse da questo primitivo antenato fu il Mammuth meridionalis, o Elephas meridionalis, un elefante preistorico gigantesco, forse il più grande elefante preistorico in assoluto. Questa specie di Mammuth, che poteva raggiungere i 4 metri di altezza e i 6 metri di lunghezza, si evolse in Africa, ma le sue migrazioni la portarono molto presto anche in Asia e da lì in Europa. Resti fossili di questa gigantesca specie di elefante preistorico, come zanne e molari, furono ritrovate anche in Italia, nelle zone dell’ Appennino centrale Abbruzzese e Toscano, che hanno fatto scoprire addirittura alcuni esemplari fossili completi e perfettamente conservati .  

I Mammuth non avevano l’anatomia degli elefanti attuali.  Mentre le due specie di elefante viventi, Africano e Asiatico,  hanno i quattro arti, anteriori e posteriori, proporzionati e dalla stessa lunghezza, gli arti dei Mammuth erano di diverse proporzioni : gli arti anteriori erano molto lunghi, quelli posteriori più corti . Questa caratteristica ha creato i Mammuth  con la schiena leggermente declinata verso la parte posteriore delle zampe. La specie del Mammuth meridionalis, oltre ad avere ovviamente queste caratteristiche, possedeva le due zanne, non a spirale, ma allungate fino a terra.

Uno scrittore Inglese, il nipote del fondatore  della casa editrice  Murray , John Murray Terzo,  nei suoi viaggi in Italia annoto’ una serie di considerazioni sottoforma di appunti che poi confluirono nella Handbook for Travellers in Central Italy, una guida per chi volesse viaggiare in Italia centrale, nella quale rilevava che gli abitanti delle campagne della Valdarno,   poiché  sapevano dei ritrovamenti di questi scheletri giganteschi degli elefanti preistorici, affermavano che si trattava degli elefanti con i  quali il condottiero Annibale attraversò le Alpi:

“ A Montevarchi ha sede l’Accademia Valdarnese il cui museo ospita una ricca collezione di fossili che merita una visita da parte del viaggiatore che si interessa di Scienza.  Ma gli abitanti del luogo, ignorano la storia naturale, sostengono che per questa via sia passato Annibale, e dunque ritengono che quelle ossa siano i resti degli elefanti Cartaginesi “ ( 5 ).

Come sappiamo il condottiero Cartaginese Annibale e’ stato uno dei primi a militarizzare gli elefanti nella guerra; ma ne parleremo in seguito. 

Il discendente del Mammuthus meridionalis è il Mammuthus trogontherii ( Pohlig,  1888), un altro elefante preistorico immenso , chiamato anche con il nome “ Mammuth delle Steppe”, alto 4 metri e lungo 8, con le zanne che potevano arrivare ai 6 metri di lunghezza.  Molto probabilmente il Mammuth trogontherii ( Pohlig, 1888 ), è il  proboscidato  più grande mai apparso sulla terra, e insieme al Paraceratherium ( Forster- Cooper, 1911), un mammifero placentare vissuto nell’ Oligocene circa 34 milioni di anni fa, il mammifero placentare più grande fino a quel momento.  Questo grandissimo mammifero placentare proboscidato visse nel Pleistocene medio , da 700. 0000 / 600. 000 fino a 370. 000 anni fa , diffondendosi nelle steppe ghiacciate di tutta l’ Eurasia.  Ma quando la temperatura glaciale scese ancora di più, ecco lentamente evolversi da un ramo di questo grande proboscidato , il Mammuthus Primigenius ( Blumenbach, 1799), il quale evolse una pelliccia come strumento termoregolatore per il freddo artico di quel periodo. Il Mammuth Primigenius ( Blumenbach, 1799), conosciuto con il nome diMammuth lanoso,  visse da  i 300. 000 / 200. 000 fino a 5. 000 anni fa, e fu molto in contatto con i nostri antenati, la specie Homo Neandhertalensis e Homo Sapiens Sapiens, le quali specie lo hanno sfruttato per la carne, per la pelliccia e per l’ avorio ricavato dalle zanne.

Il Mammuthus Primigenius ( Blumenbach, 1799), visse quindi nel periodo più freddo delle Ere Glaciali, e si estinse intorno a tempi relativamente recenti, circa 5. 000 anni fa. I suoi resti fossili furono scoperti in modo massiccio in Russia e in Siberia, la regione più fredda della Russia, nella quale nel corso dei millenni si è depositato il Permafrost,  ossia il terreno congelato insieme al ghiaccio, il quale ha permesso ai paleontologi di recuperare intere porzioni di Mammuthus Primigenius completamente intatte  con ossa, pelle e pelliccia. Il Permafrost , ossia ghiaccio permanente, si forma nei territori artici come Nord America, Artico, Siberia e Scandinava, praticamente i territori dove il Mammuthus Primigenius viveva. La specie umana  preistorica Homo Neandhertalensis ( King, 1864), la quale visse proprio nello stesso periodo del Mammuthus Primigenius,  cioè dai 200. 000 fino a 40. 000 anni fa, ha avuto il tempo e lo spazio necessario per cacciare e sfruttare le grandi risorse che questo elefante preistorico offriva alle popolazioni umane preistoriche come i Neandhertalensis. In particolare erano la  pelliccia e l’avorio che i Neandhertalensis hanno utilizzato di più. Le pelli e le pelliccie erano utilizzate per coprirsi e per fare le vesti, mentre le zanne erano utilizzate per ricavare l’ avorio con il quale realizzavano manufatti come strumenti musicali, collane, orecchini , statue e suppellettili.   

L’ avorio : la sua origine e il suo utilizzo nei manufatti artistici. 

Una delle più conosciute opere in avorio è la cosiddetta Signora di Brassenpouy,  una statuetta di 25 centimetri circa realizzata in avorio durante il periodo Gravettiano, che va da 28.000 a 26.0000 B. P. ( A. C. ), epoca nella quale le popolazioni di Homo Neandhertalensis si stavano unendo e fondendo con quelle di Homo Sapiens. La statuetta denominata La signora di Brassenpouy, fu scolpita su osso di avorio circa 25. 000 anni fa, e fa parte delle statuette femminili conosciute come Veneri del Paleolitico,  delle quali fa  parte la Venere di Willendorf, una delle più conosciute sculture di Veneri,  realizzata circa nello stesso periodo, 30.000 / 25 .000 B.P. , e scoperta in Austria sul sito di Willendorf in der Wachau dall’ archeologo Josef Szombathy nel 1908.  

La Signora di Brassenpouy fu scoperta nel nel 1894, in una caverna chiamata  Grotte du Pape,  preistorica situata nei pressi del villaggio di Brassenpouy ( dal quale prende il nome il manufatto in avorio). Le scoperte furono effettuate dall’ archeologo Francese Eduard Piette, il quale si accorse della grandissima quantità di avorio che questa caverna insieme ad un’altra contenevano. Ma oltre alle Veneri, le popolazioni  preistoriche umane con l’ avorio hanno realizzato anche sculture di cavalli e forse anche di tigri dai denti a sciabola, come l’ Homotherium, che visse anche nel Nord Europa durante il Pleistocene .

Nella Francia Sud- Occidentale,  il Mammuthus Primigenius ( Blumenbach, 1799), fu molto studiato dalle popolazioni umane Paleolitiche.  Infatti,  come dimostrano la Grotta di Madelaine e la Grotte di Rouffingnac, numerosi Mammuthus furono raffigurati in modo dettagliato, fin nei minimi dettagli anatomici, dalle popolazioni preistoriche umane che abitavano le caverne di questi territori. In base alle raffigurazioni trovate nelle pareti di queste caverne, i paleontologi e i paleoartisti hanno potuto scoprire che i Mammuth avevano una sorta di gobba sulla schiena, molto simile ai dromedari, la quale era utilizzata dai Mammuth molto probabilmente come riserva di grasso utilizzato per riscaldare il sangue. 

L’ avorio è una sostanza molto preziosa formata principalmenteFosfato di calcio ( Ca, 3 ) , ( P0, 4) 2. Questo elemento naturale è conosciuto a livello globale per essere la sostanza principale delle zanne degli elefanti, sia preistorici che attuali. Come abbiamo visto prima, il Mammuthus Primigenius veniva cacciato principalmente per le sue zanne, dalle quali le popolazioni umane preistoriche, sia Neandhertalensis che Sapiens, ricavavano  oggetti  e strumenti di vario genere . Ma l’ avorio è presente anche nei denti di altri mammiferi, come nelle zanne degli Ippopotami ( Hyppopotamus  anphibius, Linnaeus, 1758), nel corno- zanna del narvalo ( Monodon monoceros, Linnaeus, 1758) e nei denti del  capidoglio ( Physeter macrocephalus, Linnaeus, 1758). Il capidoglio posside due file di denti conici nelle mandibole inferiori, i quali possono arrivare a misurare anche 26 centimetri ciascuno. Forse non è un caso che l’ elefante, i tre cetacei citati e l’ ippopotamo ,abbiano in comune denti contenenti avorio. Molto probabilmente, l’ antenato comune dei Proboscidati ( Proboscidea , Illiger, 1811), dei cetacei ( Cetacea, Brisson , 1762 ) e degli ippopotami ( Hyppopotamidae, Gray, 1821), possedeva denti robusti a struttura forse conica, e contenenti avorio. Infatti le ricerche paleontologiche hanno confermato che all’origine e all’evoluzione dei cetacei, mammiferi placentari marini che oggi comprendono delfini,  balene della Groenlandia, capidogli, orche, beluga ,  narvali e balenottere azzurre,  ci sono un gruppo di artiodattili preistorici come il Pakicetus ( Gingerich & Russel, 1981), dalla forma anatomica di un moderno lupo, ma che si stava adattando alla vita acquatica, come dimostrano gli studi sul suo cranio e sulla struttura delle orecchie, quasi uguali alla struttura delle orecchie dei cetacei.  Questo Pakicetus , abitante durante l’ Eocene nei  territori dell’ attuale Pakistan, da qui il nome, era quindi un artiodattilo preistorico. L’ordine degli artiodattili ( Artyodactilia, Owen, 1848), classificati dall’ anatomista Richard Owen, il quale nome significa dita pari, dalle parole greche Artios = uguale e Dactylos= dito , questo gruppo di mammiferi placentari è caratterizzato dalle dita delle zampe pari, nelle quali il terzo e il quarto dito reggono la loro struttura.  Oggi comprendono le giraffe, gli impala, le capre, le capre di montagna, i cinghiali, i bisonti, i suini, gli ippopotami,  le gazzelle i caprioli e i cervi. Proprio le analisi biomolecolari e molecolari hanno permesso ai paleontologi di fare risalire l’origine dei cetacei  al gruppo degli artiodattili, in particolare sono gli Ippopotami ,  i maiali e i  cervi le specie più vicine ai cetacei ( 6).

Da questo scenario si comprende quindi che l’ antenato comune di Proboscidati, Cetacei e Artiodattili, è molto probabilmente anche l’ antenato degli Afrotheria , le bestie Africane, poiché si presume che questo gruppo ha avuto origine nel continente Africano circa 50 milioni di anni fa.  Gli Afrotheria complessivamente  comprendeono oggi gli elefanti Africani ( Loxodonta Africana, Blumenbach, 1799), i dugonghi ( Dugong dugon, Muller, 1776) e i  lamantini ( Trichecus manatus , 1758) . Anche  la specie dei trichechi ( Odobenus rosmarus, Brisson, 1762), appartenenti  all’ ordine dei Pinnipedi posseggono le zanne, cioè i canini, costituite da avorio. E il fatto che un mammifero placentare,  come un pinnipede , molto distante dalla linea  evolutiva degli elefanti,  possegga le zanne formate da avorio, è un ulteriore prova che l’ antenato comune di pinnipedi, artiodattili, cetacei , afroteri e proboscidati era lo stesso. I primi artiodattili si evolsero circa cinque milioni di anni dopo l’estinzione dei dinosauri, tra i 60 e i 50 milioni di anni fa, durante la prima parte dell’ Eocene. I denti degli artiodattili preistorici erano di forma triangolare o comunque conica, come dimostrano i denti delle mascelle inferiori dei capodogli,  i quali sono i discendenti di un gruppo di questi antichi artiodattili preistorici come il Pakicetus e l’ Indohyus major.

Le zanne degli elefanti, la zanna dei narvali , le zanne degli Ippopotami e le zanne dei trichechi sono dei denti canini. Nei Mammuthus preistorici le zanne potevano arrivare fino a quattro / cinque metri di lunghezza e formavano una struttura a spirale o spiraliforme che ricorda molto il simbolo dell’ infinito o la Spirale di Fibonacci. I Mammuth utilizzavano queste zanne è principalmente per farsi strada tra i ghiacci, tra la fitta vegetazione e per tagliare rami molto spessi. Più o meno lo stesso utilizzo che ne fanno i trichechi , i quali utilizzano le zanne per tagliare pezzi di ghiaccio molto spessi. I Mammuth preistorici e gli elefanti moderni oggi, oltre ai trichechi e ai capodogli, sono sempre stati cacciati senza pietà dalle popolazioni umane per il prezioso avorio, dal quale come abbiamo visto si ricava il prezioso materiale per realizzare manufatti come statuette,  suppellettili, collane e strumenti musicali. Centinaia di migliaia di elefanti e di trichechi nel corso dei secoli sono stati massacrati per ricavare le preziose zanne, le quali attraverso dei commerci, spesso illegali, arrivavano attraverso la lavorazione anche ad artisti e  scultori i quali hanno realizzato numerose opere d’arte su commissione spesso della chiesa e di famiglie ricche e benestanti, che ordinavano di realizzare madonne con il bambino, pale di altare delle chiese, placche per tombe, parti del Santissimo delle chiese e altre opere d’arte come presepi e crocifissi. Le fanciulle viziate delle famiglie ricche dell’ antichità, della tarda antichità e del medioevo,  quasi sempre indossavano bracciali, collane e orecchini di avorio, che venivano utilizzati come simbolo di regalità e di prestigio sociale.

I Mammuth e il Mastodonte Americano  vissero negli stessi periodi e negli stessi territori come io Nordamericana e l’ Eurasia. Entrambi appartengono  al gruppo dei Proboscidati, ma con una differenza: il Mammuth fa parte del ramo degli Elephantidae,  mentre il Mastodonte fa parte del ramo dei Mammutidae. Il Mastodonte Americano visse dai 4 milioni fino a 10. 000 anni fa nel territori del Nord America orientale , mentre in Europa, nei territori della Francia e dell’italia, visse il Mastodonte Europeo ( Anancus), un proboscidato caratterizzato da lunghissime zanne dritte: il termine Anancus è una parola greca che significa “ senza incurvato”. L’ Anancus arvernensis , è vissuto nei territori Europei ed Euroasiatici tra l’ultimo periodo del Miocene e la prima parte del Pleistocene, quando  i territori dell’ Europa e dell’ Eurasia prima delle epoche glaciali, erano ancora coperti da una rigogliosa vegetazione, tra 10 milioni e 1. 500. 000 anni fa.

Il Mammuth trogontherii,  il Mammuthus Primigenius e il Mastodonte Americano sono gli animali più conosciuti della cosiddetta Megafauna del Pleistocene. Con questo termine si indica una serie di bestie preistoriche Pleistoceniche che durante questo periodo hanno raggiunto dimensioni immense. 

In Eurasia e in Nord Africa si è evoluto il Ghepardo gigante ( Acinonyx pardinensis, Croizet and Joubert, 1828), che visse circa 1. 500.000 anni fa, e insieme allo Smilodon pupulator e all’ Homotherium, è il felino più grande della storia della vita sulla terra.  In America del Nord si evolsero bradipi giganteschi come il gruppo dei Megalonychidae, dei Megatheriidae e il Mylodontidae. In Sud America invece i predatori supremi erano lo Smilodon pupulator, conosciuto come la Tigre dai denti a sciabola , e l’orso più grande mai esistito: l’ Arctotherium. In Eurasia la fauna gigante era caratterizzata da i già analizzati Mammuthus Primigenius e Mammuthus trogontherii e dallo Smilodon pupulator.  Mentre in Australia, troviamo altre specie di bradipo gigante come il Megatherium ( Cuvier, 1796) , canguri giganti come il Procoptodon goliath , altri  marsupiali enormi come il Diptotodon e la terrificante specie di varano più grande in assoluto : il Megalania ( Varanus priscus, Owen, 1859 ). Queste sono soltanto alcune specie animali giganti che hanno abitato il Pleistocene. 

Il nanismo dei Mammuthus. 

Paradossalmente , così come molte specie animali hanno aumentato a dismisura le loro dimensioni, molte altre le hanno diminuite rimpicciolendosi. Questo fenomeno in biologia evolutiva si chiama Nanismo Insulare ,  e sorge quando una specie si trova su un habitat senza predatori e senza tante risorse alimentari. Il genoma dell’animale incomincia a modificarsi e le caratteristiche anatomiche di quella specie si rimpiccioliscono. Quando alcuni Mammuth Primigenius dalla Siberia si spostarono fino sull’  Isola di Wrangel  che durante  il Pleistocene era collegata  alla Siberia,  situata nella parte più nord della Russia e dell’ artico, le loro dimensioni incominciarono a diminuire.  Tuttavia,  quando circa 14. 000 anni fa i ghiacci cominciarono a sciogliersi, i Mammuth Primigenius lanosi rimasero nell’isola di Wrangel,  mentre i Mammuth Primigenius dell’ Eurasia lentamente si estinguevano. Così nasceva una nuova specie, i Mammuth Primigenius nani o Mammuth Primigenius vrangeliensis,  i quali, alti soltanto 1 metro e ottanta,  cioè quanto dei cuccioli di Mammuth Primigenius,  sono gli ultimi esemplari sopravvissuti di questa specie di Mammuth. In Italia, nelle Isole della Sardegna e della Corsica, le quali durante il Pleistocene erano isole  collegate  si evolse un’altra specie di Mammuth nano: un discendente di una popolazione del Mammuth Trogontherii che dalla Francia si stabilisce in Corsica e in Sardegna. In questi territori, scarseggiando alimenti e predatori, anche un immenso proboscidato come il Mammuth trogontherii è costretto a ridurre notevolmente la sua taglia, riducendosi a circa 1, 50 centimetri di altezza: cioè le dimensioni di un cucciolo di Mammuth trogontherii. I paleontologi hanno classificato questa specie di Mammuth, Mammuth lamarmorae ( Major, 1883) , il quale nome della nomenclatura è dedicato al militare e studioso italiano Alberto La Marmora ( 1789- 1863).

Ma le specie di Proboscidati nani non finiscono qui: sempre durante il Pleistocene, nelle Isole del Mediterraneo si evolsero elefanti nani  da popolazioni di elefanti più grandi provenienti dall’ Asia, evolvendosi nel Palaelotoxodon Falconeri . Ma di queste specie ne parlerò un po più in dettaglio dopo. 

Parte terza :

L’ elefante nella psicologia, nella filosofia , nella letteratura e nella religione. 

L’elefante nella letteratura e il Topos dell’ “ elefante morente”.

Lo psicoanalista e psicologo James Hillmann ( 1926 – 2011  ), ha dedicato un saggio sulla figura dell’elefante e sul suo rapporto con l’inconscio e con la psiche: inizialmente il saggio è stato pubblicato sottoforma di articolo nella rivista Spring nel 1990, pp. 93- 115, e successivamente pubblicato come terzo capitolo nel libro Presenze animali nel 1991. Il titolo del saggio è L’elefante nel” Giardino dell’ Eden “ ( 7 ) , e prende il nome da un libro dal titolo omonimo uscito postumo dello scrittore Inglese Ernest Hemingway (1899- 1961 ) . Il primo paragrafo del saggio analizza il rapporto profondo  atavico e primordiale tra l’animale sofferente e la specie umana, tra il cacciatore e la preda, tra colui che insegue e colui che è inseguito, traendo lo spunto da un passo di una poesia del poeta, scrittore, drammaturgo Irlandese William Butler Yeats ( 1865- 1939 ). La poesia in questione è Morte:

“ Ne paura, ne speranza assistono un animale morente ;

L’uomo aspetta la sua fine temendo e sperando di tutto.

Molte volte morì, molte volte è risorto “ ( 8).

James Hillmann nel suo saggio prosegue che questa poesia sembra essere un concentrato della vita di Ernst Hemingway ( 1899- 1961), ma io azzardo di più che questi versi di Yeats possono essere dedicati a tutti quegli elefanti che centinaia di volte sono morti ammazzati per il loro avorio e centinaia di volte sono rinati attraverso gli innumerevoli manufatti realizzati attraverso la sostanza contenuta nelle loro zanne: morte e rinascita sono onnipresenti ovunque nel mondo, e non possono mancare nel ciclo di vita di ogni animale sulla terra, soprattutto nelle tante specie animali che ogni anno sono sacrificate per i numerosi capricci femminili come le  pellicce,  le borse e altri indumenti di lusso .  Lo stesso sacrificio si può affermare che è compiuto sulla vita  di tanti elefanti.

Nel romanzo di Ernst Hemingway Il giardino dell’ Eden,  l’uccisione e il sacrificio di un elefante Africano, non è soltanto una cornice di trama, ma è il vero pilastro psicologico e psichico della vicenda. Il testo manoscritto fu scritto da Hemingway nel 1946, ed era di circa 800 pagine, alle quali Hemingway vi lavoro’ per circa 15 anni. Tuttavia il romanzo non vide mai la luce quando l’autore era in vita, ma bensì soltanto nel 1986, cioè 40 anni dopo la morte dell’autore. Il romanzo tratta prevalentemente la storia d’amore tra lo scrittore Statunitense David Bourne , il protagonista del racconto, e sua moglie Catherine, i quali vivono una appassionata l’una di miele in Costa Azzurra, in Francia.  Successivamente David Bourne intraprende una nuova relazione all’infuori del matrimonio con un’altra donna, una certa Marita.  Ma a questo intreccio si uniscono altri temi come l’invidia distruttiva femminile, di un uomo messo un pericolo da una donna/ diavolo e da tutte una serie di caratteristiche malate tipiche della nostra epoca, come il femminismo estremo misandrico tossico e androgino, il cambiamento di sesso, l’ossessione per l’apparire, per la moda, i bei vestiti e le belle macchine e il narcisismo voyeuristico ossessionato dal fisico e dall’apparire senza freni e misura . Insomma tutte caratteristiche della nostra epoca ( 9 ).

Mentre il protagonista del romanzo, lo scrittore David Bourne è impegnato in un selvaggio menage a trois con la moglie e con la nuova amante,  ecco che gli vengono  in mente alcuni ricordi di quando da piccolo passava le vacanze in Africa con suo padre, il quale era un cacciatore di elefanti. In particolare è il ricordo della morte di un elefante che risveglia in David il processo della scrittura del suo nuovo racconto. L’elefante morente, fa da guida a David per scrivere la sua nuova storia. Ci troviamo di fronte quindi ad un Elefante immaginale, come lo definisce James Hillmann nel suo saggio ( 10).

Ma l’invidia della moglie  Catherine porta a bruciare di nascosto il manoscritto di David, il quale non si da per vinto e spinto dall’ ossessiva immagine dell’ elefante morente, riscrive il racconto per la seconda volta.  L’elefante è quindi nel racconto di Hemingway, non solo un Elefante immaginale ma un Animale guida,  un Daimon che appare sotto le mentite spoglie di un elefante, che guida David nella scrittura del racconto.

Anche in un altro racconto, questa volta dello scrittore Inglese George Orwell ( 1903- 1950 ), intitolato Sparando ad un elefante, la figura del proboscidato appare come un Elefante immaginale. Ed anche in questo caso, è l’elefante morente o morto e in decomposizione a rimanere più impressa nella mente dell’autore Inglese. Secondo il mio intuito, per il racconto di Hemingway è stata la forza erotica del rapporto a tre con la moglie e l’amante di David ha sprigionare la forza immaginifica dell’elefante. Ricordiamo che gli elefanti durante la stagione degli amori diventano molto più  potenti e selvaggi, sia gli elefanti maschi che le elefantesse, cioè le femmine,  che sono in età da riproduzione a 12 anni di età. Il periodo di calore negli elefanti maschi li porta a diventare molto aggressivi, ma anche il periodo di calore delle femmine non è da meno. Nel racconto di Orwell, che pare sia il frutto di un avvenimento realmente accaduto quando lo scrittore prestava il servizio militare in Birmania, l’immagine scatenante è l’elefante morente,  che incarna il grande palpito della vita che all’improvviso può spegnersi. L’ elefante immaginale è un topos che si ritrova nella poesia e nella letteratura, e gli esempi li abbiamo visti in Hemingway e in Orwell, ma non dobbiamo dimenticare l’opera di William kotwinkle, mentre nella poesia l’elefante morente lo troviamo nel poeta Charles Stein e in Gianfranco Pagnucci. Lo scrittore citato prima, William Kotzwinkle, è un autore prevalentemente Fantasy, e nella sua raccolta di racconti intitolata  Elephant bangs train , del 1971, nel racconto Doctor Rat, una serie di animali, tra i quali appunto un elefante, muoiono nel tentativo tenace ma disperato di difendersi dalla furia distruttiva degli esseri umani. Anche qui il topos dell’ Animale morente e in questo caso dell’ Elefante morente,  si manifesta come  metafora della vita agonizzante che lentamente scivola via sotto la furia distruttiva di Thanatos.  

L’elefante e il suo immaginario negli Archetipi collettivi psichici e nella religione Indu’.

Il racconto di George Orwell, Sparando ad un elefante,  descrive  l’elefante morente come incredibile vecchio da innumerevoli anni  e ormai stanco.  Abbiamo quindi l’archetipo del Senex, del Vecchio Saggio,  che anche in punto di morte mostra la sua clemenza e benevolenza.  Infatti nell’immaginario archetipico dell’Asia, dell’ Africa e di tutto l’occidente, l’elefante è immaginato come Vecchio Saggio, un grande e un buon padre che effonde affetto, lungimiranza, maestosità, rispetto,  saggezza e bellezza in tutte le sue forme. Da questo punto di vista l’immagine archetipica di molti popoli, se da un lato esalta le virtù  dell’ immagine archetipica dell’ elefante, dall’altro sembra  però trascurare e omettere il lato aggressivo degli elefanti, la loro furia distruttiva, la loro spiccata foga sessuale, e la loro voracità nel campo alimentare, capaci di divorare tonnellate di piante e frutta in un solo giorno.  

Presso gli antichi Romani l’elefante rappresenta il trionfo in battaglia, in guerra e nella vita, e per questo motivo lo troviamo raffigurato in molti bassorilievi di archi trionfali. Nelle guerre è stato militarizzato dal condottiero Cartaginese Annibale ( 247- 183 A. C. ). Questo straordinario  condottiero Cartaginese, quindi Punico/ Fenicio, figlio del condottiero Amilcare, secondo una leggenda fin piccolo fu portato a giurare l’odio contro i Romani, come dimostra il dipinto del pittore Claudio Francesco Beaumont ( 1694- 1766). Quando il padre in Spagna fondò la città  Nuova Carthago, si trasferisce con il figlio Annibale nella penisola Iberica portando dal Nord Africa numerosi elefanti dentro le navi superando lo stretto di Gibilterra, cioè lo stretto delle colonne d’Ercole. Annibale, nelle sue battaglie e per attraversare i Pirenei, utilizza un esercito di elefanti per realizzare la prima grande marcia : quella da Nova Carthago fino dentro le  Alpi, nella quale utilizza circa 37 elefanti montati da un soldato.  Gli storici che narrano e descrivono le imprese di  Annibale con gli elefanti sono principalmente Tito Livio e Polibio. Ma nonostante gli elefanti, Annibale e il suo esercito trovarono molte difficoltà a causa delle numerose tribù Celtiche  che abitavano la  Francia e il Nord Italia. Nonostante tutto il passaggio dei Pirenei di Annibale con gli elefanti passò alla storia come una delle più grandi marcie della storia militare. Gli storici Tito Livio e Polibio raccontano il modo nel quale Annibale riuscì a passare il fiume Rodano con gli elefanti: il condottiero Cartaginese infatti escogito’  un grande metodo; utilizzare delle zattere di legno collegate tra di loro e cosparse di terra , in modo da invogliare gli elefanti ad attraversarle.  Il progetto riesce quasi alla perfezione, anche se qualche elefante particolarmente nervoso cade in acqua.

Elefanti terrificanti ed elefanti salvatori. 

Molto probabilmente è da questo evento bellico che lo scrittore Inglese J. R. R. Tolkien prese ispirazione per creare gli Olifanti ,o meglio conosciuti con io nome di Mumak. Per Olifante si intende maggiormente lo strumento a fiato  ricavato dalle zanne dell’ elefante. I Mumak sono degli immensi proboscidati alti dieci metri e lunghi altrettanto, dotati di quattro paia di zanne, che furono utilizzati dalla popolazione degli Harardin durante la Battaglia dei campi Pelennor.  Sono quindi le creature più grandi in assoluto di tutta la Terra di mezzo creata da Tolkien. Lo scrittore Inglese a sua volta , potrebbe avere preso l’ ispirazione per creare i Mumak, da uno dei più grandi proboscidati mai apparsi sulla terra: il Mammuth trogontherii ( Pohlig, 1888), conosciuto anche con il nome di Mammuth delle steppe, che poteva raggiungere anche i 6 metri di altezza , del quale ho parlato nel paragrafo precedente, oppure dal Paraceratherium ( Forster- Cooper, 1911), il più grande mammifero placentare che visse sulla terra.

I Mumak sono la rappresentazione della furia distruttiva di Thanatos, il lato oscuro e Dionisiaco della natura,  che nella Terra di Mezzo,  oltre a Sauron, agli Orchi, ai Lupi Mannari e altre creature oscure come i cavalieri spettri oscuri, è rappresentato proprio da questi giganteschi proboscidati del mondo di Tolkien, i quali come degli immensi carroarmati assassini, non si fermano davanti a nulla, travolgendo qualunque cosa con le loro terrificanti quattro paia di zanne. 

Mi ricordo che quando ero bambino, guardavo spesso un cartone animato all’interno di un programma che era strutturato come uno scatolone televisivo, dove tra i vari cartoni animati, trasmettevano la storia di una famiglia tutta composta da elefanti, ovviamente antropomorfizzati e umanizzati. Gli elefanti o umanifanti, in questo cartone hanno tutti delle qualità positive, come l’amore, l’amicizia e la famiglia. L’elefante in questo ambito è quindi l’archetipo del buon saggio, del Senex.  Dello stesso archetipo è il protagonista del film di animazione Ortone e il mondo dei Chi,  un film del 2008, il quarto film della Blue Sky Productions, diretto dal regista Jimmy Hayward,  tratto dalla storia a fumetti di Theodor Seuss Geisel ( 1904- 1991), conosciuto con il nome di Dr. Seuss , Ortone e i piccoli Chi. La storia narra di un elefante che un giorno  si trova coinvolto nel salvare la vita agli abitanti del piccolo villaggio dei Chi, minacciati da una Cangura malvagia. L’elefante qui compare come un  Senex  salvatore di un popolo.

Il ruolo dell’ Elefante morente nel romanzo di Hemingway ha il ruolo di restaurare il rapporto perduto dello scrittore con la scrittura, da tempo lasciata, con suo padre e con la sua stessa integrità di essere umano. A questo punto Hillmann si chiede il perché proprio un elefante e non gli altri animali rappresentano questo archetipo della potenza e del ripristino del passato ( 11).

A questo punto Hillmann passa in rassegna alcune apparizione psichiche e archetipiche dell’ elefante trovate in alcuni suoi pazienti.

In una sua paziente, una ragazza che andava in continuazione nelle cliniche psichiatriche , va per un mese in cura da Hillmann. In una delle sue tante crisi schizofreniche,  appare dal nulla un elefante rosa di grandi dimensioni, con delle grosse zampe, il quale varia di colore, dal rosa al bruno scuro. La paziente di Hillmann afferma che è attratta dalle grosse zampe del proboscidato rosa, è poiché la paziente ha anche lei delle gambe robuste, si può comprendere come l’elefante rosa apparso nella crisi serve a riappacificarsi con il suo corpo e i suoi difetti. L’immagine dell’elefante rosa è un motivo ricorrente nelle analisi psicologia, e nasce ben prima della rappresentazione della parata degli elefanti rosa di Disney. Un elefante rosa appare anche  nel fantasy  La storia  infinita di Michel Ende.

Un’altra paziente di Hillmann, in un suo sogno compare un elefante  con le ali situato su un’isola che nasce da un uovo. Hillmann precisa che queste immagini sono molto presenti in maniera simile nella mitologia Indu’, ma perché non andare oltre e azzardare che le sue pazienti, avendo visto da piccole il film Dumbo,  non potrebbero avere immagazzinato nel loro inconscio l’immagine degli elefanti rosa e di Dumbo che vola? Capisco che la mia ipotesi è un azzardo, ma potrebbe esserci qualcosa di vero. Così come è vero che gli Archetipi sono universali e collettivi. In altri sogni di altri suoi pazienti Hillmann trova elefanti in processione, come le parati miliari degli elefanti di Annibale che va dalla Spagna  all’ Italia, oppure le maestose processioni militari del Dio Dionisio che torna trionfante dall’ Asia. In altri sogni ancora gli elefanti durante la loro marcia che ricorda quella dei circhi, improvvisamente si fermano e si  buttano a terra.  L’ interpretazione e il significato psicologico che si può dare a questa tipologia di sogni con la marcia interrotta degli elefanti è che il Processo di Individuazione, anche sé può avere delle battute di arresto durante il suo percorso, continua però inesorabilmente la sua avanzata ( 12).

Negli interessi degli scrittori di ogni epoca, l’elefante è sempre stato citato per la sua grande intelligenza e per la sua sensibilità verso il mondo umano. Gia nel Bestiario di Topsell, basato su quello di Conrad Gessner , si mette in risalto la spiccata sensibilità per la bellezza femminile. Dell’ elefante se ne sono occupati inoltre tutti i grandi scrittori dell’antichità, come Aristotele ( 384- 322 A. C.  che ne parla nella sua Historia animalium ( 343 A. C), Claudio Eliano ( 165- 235 D. C. ) nella sua Sulla natura degli animali ( 230 D. C. ), e Plinio il Vecchio nella sua monumentale Naturalis Historia ( 23 A. C. – 79 D. C. ). 

Il dio elefante Ganesa della mitologia Indu’.  

Un particolare interesse suscita il significato di Ganesa. Ganesa  o Ganesha, è l’unico dio della mitologia e religione Induista che appare nelle fattezze di elefante. Ganesa è un dio felice,  un dio dell’ abbondanza e della prosperità universale. Come suggerisce Hillmann ( 13) , è stato l’archetipo di questo generoso dio Induista a permettere ad Hemingway di finire il suo lungo romanzo , a permettere al suo editore di digerire e metabolizzare il lungo manoscritto e portarlo alla pubblicazione,  ed è sempre Ganesa a permettere al protagonista del racconto di Hemingway  David Bourne, a scrivere e riscrivere il suo racconto nato attraverso l’immagine dell’elefante morente. Così come il lunghissimo intestino dell’elefante permette a questi pachidermi di digerire praticamente ogni tipo di vegetali, così l’archetipo psichico dell’ elefante permette di superare e metabolizzare ogni ostacolo. Il dio Ganesha è obeso proprio perché l’obesità rappresenta l’abbondanza dell’universo, non è una malattia, come per noi occidentali. Non a caso Ganesha è chiamato “  Il signore degli ostacoli che apre la via al devoto”( 14).   Ganesha riesce in ogni impresa e per questo si serve del topolino, con il quale è spesso raffigurato, proprio perché il topo è il simbolo della riuscita, per la sua capacità di infilarsi in ogni angolo. Ganesha è un dio allegro , vivace e grasso, egli è amante e ghiotto di dolci e pietanze prelibate. Proprio per questo è il “ Dio della reintegrazione…. Una qualità molto importante tra tutti gli dei in quanto devono riconoscere se vogliono che tutte le loro imprese abbiano successo “ ( 15). La funzione del Dio Ganesa nell’universo Archetipico è quella dell’ Immaginazione procreativa attraverso la Vis imaginativa. E il dioGanesa si contrappone e allo stesso tempo si unisce al grande archetipo del Senex, poiché l’elefante incarna proprio Saturno e il Senex, cioè la maturità, l’intelligenza matura,  la disciplina e l’ordine, sia cosmico che interiore. 

L’ elefante e gli altri animali come rappresentanti del Microcosmo interiore umano. 

Lo psicoanalista Svizzero CarlGustav Jung ( 1875 – 1961 )  nelle pagine conclusive del suo saggio Coscienza, inconscio e Individuazione ( 16 ), parla dell’importanza dei Mandala nei sogni, e a questo proposito riporta un sogno di una bambina di circa 10 anni, la quale sognò e mise per iscritto il suo sogno dove attraverso gli animali si forma la Quaternita’ di Dio. Il sogno fu trasmesso a Jung tramite un conoscente, ed è il seguente:

“ Una volta in sogno vidi un animale che aveva un mucchio di corna.  E trafiggeva con queste altri piccoli animali. Si inanellava come un serpente e così viveva. Da tutti e quattro gli angoli uscì una nebbia azzurra che gli impedi’ di mangiare. Venne poi il buon dio, anzi quattro dei che stavano nei quattro angoli. Allora la bestia morì e tornarono in vita tutti gli altri animali che aveva divorarato”.

Jung afferma che questo sogno, oltre a descrivere un Mandala, cioè una struttura formata da quattro cerchi , descrive un processo di integrazione inconscio, con due realtà che si delineano: l’ Enantiodromia, cioè l’animale che divora tutti gli altri animali, dove la vita passa subito nel suo contrario , cioè la morte, e l’ Apocastasi, cioè la resurrezione degli esseri, in questo caso gli animali che tornano in vita. Ciò che è molto importante in queste analisi di sogni è che gli animali sono onnipresenti nei sogni, nelle allucinazioni e nelle crisi schizofreniche, sono parte della psiche umana. Anche la Signora X,presa  in cura da Jung, nel suo dodicesimo Mandala, ha raffigurato molte specie di animali come tartarughe, pesci, serpenti, leoni, maiali , un caprone e un ariete ( 17 ).

Lo aveva capito molto bene il Padre della Chiesa Origene , che l’interiorità umana è un Macrocosmo all’interno del Microcosmo, dove l’intero regno animale passeggia a suo agio, ecco infatti cosa afferma Origene nella sua quinta Omelia sul Levitico:

Cerca questi animali sacrificali in te stesso ( Intra te  ipsum), e li troverai dentro la tua anima. Sappi che tu hai dentro te stesso ( intra te ipsum ) mandrie di buoi… mandrie di pecore e  mandrie di capre…. Sappi che dentro di te ci sono anche gli uccelli del cielo. E non meravigliarti se diciamo che esiste questo in te. Sappi che tu sei un Macrocosmo in piccolo e che in te ci sono anche il sole, la luna e le stelle “ ( 18 ).

Questo passo tratto dalla quinta Omelia di Origene, sarà ripreso nel suo studio sugli animali da Hillmann ( 19 ), nel primo saggio della raccolta Presenze animali,  Gli animali nel sogno,  dove il passo viene interpretato non solo alla luce del sacrificio degli animali, ma soprattutto sull’importanza che hanno gli animali nella nostra psiche e nella nostra interiorità più profonda. 

Parte quinta:

Origine ed evoluzione degli elefanti.

Introduzione.   

Dopo l’ estinzione dei dinosauri,  avvenuta alla fine del Cretaceo superiore, tra il Maastrichtiano e il confine con il paleocene , tutti i gruppi dei mammiferi placentari rimasti fino a quel momento nell’ ombra, incominciarono una veloce irradiazione evolutiva che nel giro di dieci/ quindici milioni di anni li portarono a colmare IP vuoto lasciato dai dinosauri. Circa 65 milioni di anni fa, la maggior parte dei gruppi dei mammiferi placentari era già presente. Ma non avevano ancora evoluto le loro caratteristiche principali. Subito dopo l’ estinzione dei dinosauri infatti, tutti i gruppi dei principali mammiferi placentari iniziarono la loro corsa evolutiva: gli Artiodattili ( Artyodactila, Owen, 1848 ), dai quali discendono i primi cetacei e le balene preistoriche come gli Archaeoceti ( Flower, 1883 ), e i Proboscidati ( Proboscidea, Illiger, 1811 ), circa 15/ 20 milioni di anni dopo l’estinzione dei dinosauri, cioè nell’ Eocene tra 50 / 45 milioni di anni fa, avevano già occupato tutti i territori in precedenza occupati dai dinosauri. I grandi proboscidati presero il posto dei sauropodi e dei grandi teropodi , gli archeoceti occuparono le nicchie marine che venti milioni di anni prima erano occupate dagli Ittiosauri, dai Mosasauri, dai Pliosauri e dai Plesiosauri.

Origine degli elefanti. 

L’elefante è il più grande mammifero placentare terrestre vivente. Il più grande mammifero placentare della terra è invece  la balenottera azzurra. L’elefante Africano ( Loxodonta Africana, Blumenbach, 1797), l’ elefante Africano della giungla ( Loxodonta Africana cyclotis, Matschie, 1900) e l’ elefante Asiatico ( Elephas maximus, Linnaeus, 1758), sono gli unici elefanti viventi oggi, e sono stati raggruppati  da Gray nel 1821 nella famiglia degli Elephantidae ( Gray, 1821), mentre Linnaeus li classifica nel genere Elephas ( Linnaeus, 1758).  

Le zanne in questi pachidermi preistorici hanno evoluto le forme piu bizzarre: dalla forma di pala del Phiomia serridens , del Platybelodon, un proboscidato preistorico vissuto nel Miocene circa 15- 10 milioni di anni fa, nei territori dell’ Asia e dell’ Amebelodon, che  apparve sempre nel Miocene ma in Nordamerica e poi diffososi in Asia, fino alle forme assurde dello Stegotetrabelodon ( Petrocchi, 1941), un proboscidato studiato e clasdificato dallo studioso Petrocchi nel 1941, che aveva evoluto addirittura 4 paia di zanne, due superiori e due inferiori. I proboscidati preistorici, in particolare la forme che si evolsero tra il Pliocene e il Miocene, sono delle vere e proprie creature fantastiche , sia per morfologia che per dimensioni,  che potrebbero tranquillamente inserirsi nei racconti fantastici. Le bizzarre creature mitologiche, come unicorni e centauri, non hanno nulla in più dei proboscidati preistorici o di qualunque altro mammifero placentare preistorico o dinosauro del Mesozoico.

I proboscidati con quattro paia di zanne fanno parte del gruppo dei Gomphoteriidae, il gruppo di elefanti preistorici che visse tra il Pliocene e il Miocene. Questo gruppo di Proboscidati è stato molto diffuso su quasi tutti i continenti della terra, soprattutto in Asia, Africa , Eurasia e Nordamerica. Le zanne di questi proboscidati , e di tutti gli Elephantidae preistorici , sono delle strutture osee dentarie che si sono evolute per spezzare i rami e gli arbusti più duri, oltre che per scavare terreni particolarmente duri per cercare i vegetali e le loro radici. La proboscide è molto probabilmente una conseguenza dell’altezza che i proboscidati stavano aumentando nel corso della loro evoluzione: in quanto alti e imponenti, non avendo arti anteriori flessibili per acchiappare arbusti e rami, il naso comincia di generazione in generazione ad allungarsi, trasformandosi in una lunga proboscide. E sia le zanne che la proboscide, sono una conseguenza dell’aumento dell’altezza e della stazza dei proboscidati.

L’ origine del termine Stegon, è una parola greca, che significa coperto. Gli Stegosauridae ( Marsh, 1877), una famiglia di dinosauri ornitischi erbivori, vissuti nel Mesozoico, durante il Giurassico , sono una famiglia di dinosauri erbivori caratterizzata da una lunga fila di placche sulla schiena, e per questa caratteristica furono battezzati con il termine Stegosauri, cioè lucertole coperte,  in riferimento alla copertura delle placche dorsali. Stegotetrabelodon, vuol dire, coperto da quattro denti, in riferimento alle quattro zanne del proboscidato preistorico.  Lo stesso dicasi per un altro proboscidato preistorico, il Tetralophodon, vissuto circa nello stesso periodo dello Stegotetrabelodon, e per il Sinomastodon, un proboscidato vissuto in Cina e in Giappone durante il Pliocene. Per quanto riguarda i termini Mammuth e Mastodonte, essi derivano dalla forma dei denti di questi proboscidati, vagamente simili ad una mammella, che in greco si dice Maston, quindi Mastodonte vuol dire Dente a mammella. 

Gli elefanti nani e il Nanismo insulare. 

Altre forme strane e bizzarre di proboscidati preistorici sono gli elefanti nani delle isole del Mediterraneo del Pleistocene: il Palaeoloxodon falconeri ( Busk, 1867), classificato dallo studioso George  Busk nel 1867 e dedicato al più grande studioso di elefanti fossili : l’inglese Hugh Falconer, il quale per primo classifco’i molari di questo elefantino nano, includendo la specie nella famiglia degli Elephantidae.  Sembra che questo bizzarro elefantino nano discenda dal gruppo del Palaeoloxodon antiqus ( Falconer and Cautley, 1867), un proboscidato di quattro metri di lunghezza che viveva in Europa , ma che discendeva da antenati Asiatici.  Un gruppo di queste popolazioni di elefanti , quando raggiunse le isole del Mediterraneo come Cipro e  Malta , diedero origine alle varianti dell’Elefante nano o Elefante nano Siciliano o Elefante nano di Tilos. La speciazione di questi elefanti è un tipico esempio di Speciazione Allopatrica, e nel linguaggio dell’ evoluzione indica popolazioni di specie che migrando in altri luoghi e rimanendoci a causa di barriere geografiche come mari, oceani e montagne,  si modificano adattandosi in quell’ambiente. Nel caso degli elefanti nani delle Isole del Mediterraneo si tratta du Nanismo Insulare.  Questo fenomeno è avvenuto molte volte nella storia della vita sulla terra, per esempio durante il Cretaceo, L’isola di Hateg , che oggi è uno dei territori della Romania, era un isolotto nel mare dell’oceano della Tetide. Alcune specie dinosauri che vivevano in questa isola incominciarono a rimpicciolirsi, diventando praticamente delle specie nane: è il caso del Majarosaurus dacus, un sauropode, del Zalmoxis , un ornitopode, e del Telmtosaurus transsylvanicus, un Hadrosauride.

Ma anche la specie umana preistorica ha evoluto il Nanismo Insulare: le popolazioni dell’ Homo floresiensis,  vissuti nelle isole dell’Indonesia circa 190.000 anni fa e dell’ Homo luzonensis ( Detroit et Al ., 2007), vissute nello stesso periodo nelle isole delle Filippine, ne sarebbero la prova.    

Come accade per i Mammuth,  che nelle isole di Wrangel e nelle Isole Channel Islands al largo delle coste della California ridussero le loro dimensioni, così accadde per le popolazioni dei proboscidati che si stabilirono nelle Isole del Mediterraneo.  Creta, L’arcipelago delle Cicladi, Cipro, Malta, Sicilia e  Sardegna, durante il Pleistocene erano abitate da queste bizzarre forme di proboscidati nani,  i quali primi resti fossili, molto probabilmente scoperti per caso dai Popoli del mare,  fecero pensare a queste popolazioni che su trattava di creature gigantesche con un solo occhio. Il foro del cranio scambiato per un solo occhio era in realtà l’attaccatura della proboscide. Ancora una volta abbiamo un elefante che da Elefante immaginale,  in questo caso da Vis imaginativa per altre creature. Nell’ Isola di Malta inoltre furono scoperti resti fossili di una specie di cigno gigante ( Cygnus falconeri( Parker, 1868 ) , lungo due metri e alto 1 metro, il quale visse a Malta negli stessi territori dell’ elefante nano e in Sicilia. Altri elefanti nani si evolsero anche nelle isole Flores, nelle Filippine: lo Stegodon florensis e lo Stegodon sondaari, che vissero entrambi nel Pleistocene. Tutti questi elefanti nani, sia quelli del Mediterraneo che quelli delle isole di Flores, erano alti circa 1 metro.

Hugh Falconer ( 1808- 1865): il paleontologo aiutato dagli elefanti.  

In conclusione di questo mio saggio sugli elefanti, ricordo il più grande studioso di proboscidati preistorici: l’ inglese Hugh Falconer ( 1808- 1865) . Grande ammiratore di Darwin, dal quale era altrettanto ammirato, ebbe numerosi scambi epistolari  di idee sull’evoluzione con il padre della teoria. Tuttavia, all’inizio Hugh Falconer non credeva molto alla teoria dell’ Evoluzione. Le uniche informazioni che sono riuscito a trovare in merito a Hugh Falconer le ho trovate in un capitolo della mostrografia del paleontologo ed evoluzionista Stephen Jay Gould ( 1941- 2002) La struttura della teoria dell’evoluzione ( 20) ,  dedicato alla sua teoria dell’ Equilibrio punteggiato , la quale fu per la prima volta esposta sottoforma di articolo pubblicato nel 1972 insieme al collega Niels Eldredge. Il capitolo inizia parlando brevemente della carriera di Hugh Falconer ( 1808- 1868). Falconer si reca nel 1830 in India come medico chirurgo, ma le sue attività e i suoi interessi si focalizzarono molto sulle Scienze Naturali e sulla Paleontologia. Nel 1832 diventando sovrintendente del Giardino Botanico ai piedi delle colline  Siwaliks, ebbe l’occasione di studiare e analizzare i resti fossili dei mammiferi del Terziario che abbondano nei pressi di quelle colline.  Tuttavia Falconer non era un evoluzionista convinto, ma come tanti altri paleontologi del suo tempo , come per esempio Cuvier, Agassiz,  Barrande e E. Forbes, manteneva le sue idee sulla dottrina dell’ immutabilita’ delle specie viventi, di chiara origine Creazionista ( 21).

Nel 1863 Falconer pubblica una monografia sugli elefanti preistorici,” Gli elefanti fossili Americani delle ragioni limitrofe al Golfo del Messico ( E. Columbi , Falconer), con osservazioni generali su specie odierne ed estinte”. Prima di pubblicarla invia alcune pagine a Darwin insieme ad un biglietto dove scrive:

“ Una sezione è dedicata alla immutata persistenza dei caratteri specifici dei Mammuth. Li ho analizzati prima dell’inizio delle glaciazioni, durante e dopo di esse , e li ho trovati immutati e immodificati in apparati come il sistema digerente ( i denti) e locomotorio. Ora, il periodo delle glaciazioni non fu uno scherzo. Avrebbe potuto facilmente trasformare i suoi amati piccioni in anatre e papere “ ( 22) .

In questa ultima parteFalconer mostra però un po di confusione in merito all’evoluzione degli uccelli, perché i piccioni , le anatre e le papere discendono dallo stesso antenato del Mesozoico il quale si è diversificato successivamente dando origine ai vari gruppi.

Falconer , nel Saggio sugli elefanti, afferma di credere ancora fermamente all’ immutabilita’ delle specie, in particolare la forma anatomica, la struttura dei denti e l’apparato digerente  dei proboscidati, secondo Falconer erano rimasti immutati nel corso delle varie epoche geologiche che i proboscidati hanno attraversato.  Tuttavia però,  nel corso della trattazione è costretto ad ammettere che in effetti qualche modifica si è effettuata durante il corso dell’ evoluzione dei proboscidati:

le mie osservazioni non sono contrarie alle affermazioni generali della teoria di Darwin. Come lui, neanche io credo che i Mammuth e gli altri elefanti estinti siano comparsi all’improvviso…. La spiegazione più ragionevole è che siano delle forme modificate di progenitori più antichi. Tuttavia, le osservazioni fatte , se veritiere, sembrano indicare in modo preciso che i più antichi elefanti Europei non fossero i progenitori degli elefanti attuali,  e che bisogna trovare altrove la loro origine…… ( 23) .

E infatti è nel Miocene e in particolare nei territori dell’India  che secondo Falconer possiamo trovare l’origine degli elefanti europei. Inoltre Falconer afferma giustamente che i proboscidati nel corso dell’evoluzione hanno attraversato molte forme e dimensioni, diffondendosi in parecchi luoghi diversi  , superando di gran lunga la speciazione e la diffusione delle altre specie di mammiferi.  E secondo Gould, con queste affermazioni Falconer anticipa la Teoria degli equilibri punteggiata, la quale prevede che una specie che vive in un determinato territorio, gradualmente può stare lunghi periodi in stasi differenziandosi successivamente in altri luoghi e territori. È la stessa cosa che è accaduta alle popolazioni degli elefanti che giunsero dall’ Asia nelle isole del Mediterraneo e lentamente si rimpicciolirono.

Hugh Falconer ha studiato una gran quantità di fossili di elefanti preistorici, come il gigantesco Deinotherium, il quale nome significa “ Bestia terribile “ e i primi resti fossili dell’ Elefante nano Siciliano , il Palaeoloxodon  falconeri e l’elefante nano di Malta ( Elephas melitensis , Palaeoloxodon melitensis,  Falconer, 1868), un elefante nano endemico dell’ Isola di Malta. 

Il Deinotherium analizzato da Falconer è il Deinotherium indicum ( Falconer, 1845), il quale visse nei territori dell’ India e del Pakistan durante il Miocene e si estinse circa 7 milioni di anni fa. Il  Deinotherium è un gigantesco proboscidato, con un’ altezza di circa 4 metri. Il suo aspetto era praticamente uguale agli elefanti di oggi, ad esclusione delle zanne: il Deinotherium aveva evoluto due paia di zanne ricurve all’ingiu’ , posizionate nella mascella inferiore. Apparso nel Miocene circa 15 milioni di anni fa,  il Deinotherium non ha subito nessuna particolare modifica: forse è per questo che Falconer era dubbioso sulla modifica degli elefanti durante la loro evoluzione. E pur tuttavia, è stato costretto ad ammettere che i proboscidati discendono da altri antenati con caratteristiche anatomiche completamente differenti. In definitiva ancora una volta l’ immagine dell’ elefante, questa volta quello preistorico, ha fatto da immagine  guida  e da Vis imaginativa al ragionamento evolutivo do Falconer. Un altro miracolo da parte dell’elefante. Proveniente dalla sua immagine primordiale. 

Questo mio saggio ha voluto ancora una volta affermare il legame veramente misterioso che collega il mondo animale con la psiche umana, e fa quindi da seguito o da appendice ad un mio precedente studio su questo argomento, pubblicato precedentemente ( 24 ) e con questo ulteriore mio saggio ho confermato come dentro di noi in maniera costante ci siano degli animali che ci guidano con le loro immagini primordiali.

“ Cerca questi animali sacrificali in te stesso e li troverai nella tua anima. Sappi che dentro di te ci sono mandrie di buoi, mandrie di pecore e  mandrie di capre…. Sappi che dentro di te ci sono anche gli uccelli del cielo…E non meravigliarti se diciamo che esiste questo in te….. sappi anche che tu sei un Macrocosmo in piccolo e in te ci sono anche il sole, la luna e le stelle….. ( 25 )

FABRIZIO MANCO.

Nota Biografica:

Fabrizio Manco nasce a Marsala ( TP ),  l’antica Lilybeo Romana, dove vive e lavora come Operatore Culturale. Come attività si occupa principalmente di Turismo, accompagnando scuole e turisti alla scoperta dei luoghi turistici e dei tesori nascosti della città. Crede nell’importanza della Conoscenza senza l’intervento di Ideologie, credenze e insegnamenti preconfezionati. Ogni anno partecipa alla realizzazione del festival “ Le vie dei tesori “ che si tiene in molte città della Sicilia, tra le quali Marsala. Collabora con alcune associazioni culturali e scrive per passione articoli e saggi che spaziano dalla filosofia alla letteratura , dalla storia dell’arte alla psicologia.

Note bibliografiche: 

( 1) Pink Elephants on Parade : da Dumbo, Walt Disney Productions.

( 2 ) Tim Burton: Dumbo sono io e odio il circo,  su “ Cinecitta’ News interviste, 29/ 03/ 2019.

( 3 ) Le avventure del libro della giungla: Walt Disney Productions, regia di Wolfgang Reitherman, 1967.

( 4 ) Scrat,  lo scoiattolo dell’ era glaciale è esistito davvero: su ANSA , scienza e tecnica, 2 Novembre 2011.

( 5) John Murray Terzo : “ Handbook for Travellers in Central Italy, 1843.

( 6 ) UC Berkeley, French scientists find missing link between the whales and its closest relative, The Hyppo: 7 February 2005, University of California, Berkeley / J. G. M. Thewissen, E. M. Williams, S. T. Hussain: Skeletons of terrestrial cetaceans and the realationships of whales and Artiodactilis, 20 September 2001, Nature, 413, 277- 281.

( 7 ) James Hillmann: Presenze animali,  Edizioni Adelphi, Milano, traduzione di Alessandro serra e David Verzoni.

( 8 ) W. B. Yeats: Morte, in La scala a chiocciola e altre poesie, edizione Bur, Milano , 2000, pag. 207,traduzione Italiana di A. Marianni.

( 9 ) James Hillmann , Presenze animali, Milano, edizione Adelphi, pag. 175, traduzione di Alessandro serra e David Verzoni. 

(10)  James Hillmann, Ibidem…..

( 11) Hillmann, Ibidem, pag. 186….

( 12) Hillmann, Ibidem  pag. 187- 188…..

( 13) James Hillmann, Ibidem pag. 197…

( 14 ) James Hillmann, Ibidem pag. 191…. / A. Portmann,  Animals as  social Beings. 

( 15 ) James Hillmann, Ibidem pag. 192….. / P. B. Courtright,  Ganesa , 1985.

( 16) Carl Gustav Jung, Coscienza, Inconscio e Individuazione, pag . 102 – 103…. , edizioni Bollati Boringhieri

(17) Carl Gustav Jung: coscienza, inconscio e Individuazione, Edizioni Bollati Boringhieri, pag. 102- 103…

( 18) Carl Gustav Jung , Ibidem, pag. 103.

( 19 ) James Hillmann,Presenze  animali, pag. 72… / Origene, Omelie sul Levitico, 5, 2, Edizioni Città Nuova.

( 20) Stephen Jay Gould: La struttura della teoria dell’evoluzione, Codice Edizioni, Torino, 2003.

( 21) Stephen Jay Gould:

La struttura della teoria dell’evoluzione, Codice Edizioni, Torino, 2003.

( 22) Stephen Jay Gould, Ibidem……

( 23) Stephen Jay Gould, Ibidem…..

( 24) Fabrizio Manco, Il legame misterioso della specie umana con gli animali : Uccelli, babbuini, orsi e cervi : simboli ed evoluzione; pubblicato su “ Ideeazione “, Luglio 2022, su “ Il pensiero mediterraneo “, Agosto 2022 e su “ Ars Docendi “, Dicembre 2022, numero 13.

( 25 ) Origene , Omelie sul Levitico, Omelia 5, 2, Edizioni Cittanuova.

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