La grande attualità del pensiero di Ennio De Giorgi
di Giorgio Mantovano
A venticinque anni dalla sua scomparsa, avvenuta il 25 ottobre 1996, la figura di Ennio De Giorgi, genio assoluto della matematica mondiale nella seconda metà del ‘900 e strenuo sostenitore dei diritti umani, conserva intatta la sua attualità.
Nato a Lecce l’8 febbraio del 1928, conseguita con voti altissimi la maturità nel Liceo Classico “Palmieri” nel 1946, compì gli studi universitari a Roma dove, allievo di Mauro Picone, iniziò la carriera accademica.
Giovanissimo, vinse il concorso a cattedra e gli venne assegnata la sede di Messina, presso cui prese servizio il 15 dicembre 1958, iniziando in quell’Ateneo il suo insegnamento. Vi restò un anno e, poco più che trentenne, gli venne affidata la prestigiosa cattedra di Analisi matematica della Scuola Normale Superiore di Pisa.
Venerato dai suoi allievi e punto di riferimento nella comunità dei matematici nel mondo, Ennio De Giorgi, uomo dalla grande fede religiosa e dallo spirito non competitivo, ci ha tramandato non solo straordinarie soluzioni e congetture matematiche ma anche riflessioni dal profondo significato filosofico, raccolte nel bel volume “Riflessioni su matematica e sapienza”, curato da Antonio Marino e Carlo Sbordone, pubblicato tra i ” Quaderni dell’Accademia Pontaniana“, vol. 18, Napoli, 1996.
Il testo, assai prezioso, consente di cogliere i rapporti fra la matematica, la logica, l’informatica, la filosofia, la religione e le altre espressioni dello spirito umano, oggetto del costante interesse di Ennio De Giorgi, sovente fonte di ispirazione per la sua stessa ricerca scientifica.
In quel volume sono raccolti suoi scritti e colloqui che delineano la personalità dell’uomo e dello scienziato che segnò una tappa fondamentale nella storia della scienza. Egli, colonna portante della matematica del secolo scorso, raccolse il testimone da illustri predecessori come Leonida Tonelli ed il geniale, quanto stravagante, Renato Caccioppoli, tracciando, con le sue intuizioni, sentieri che ancora illuminano il cammino di tanti ricercatori.
L’incontro tra il De Giorgi, giovanissimo studioso, ed il Prof. Caccioppoli, in un seminario del 1953 a Roma, rimase celebre. Al termine di quel seminario, chiese la parola il giovanissimo Ennio che intervenne con il suo eloquio abituale. Caccioppoli sapeva essere assai tagliente ma non accadde in quella circostanza. Prima di affrontare l’aspetto matematico della risposta, Caccioppoli citò una frase di Andrè Gide: ”Non c’è nulla di più barbaro di uno spirito puro“. Poi, rivolto al giovane assistente che aveva osato prendere la parola, disse: ”Mi sembra che Lei sia un’eccezione“.
De Giorgi divenne famoso, in ambito internazionale, quando, nel 1957, a soli 28 anni, risolse il 19° problema di Hilbert, alla cui soluzione si erano dedicati per oltre mezzo secolo i più importanti studiosi di matematica. L’8 agosto 1900 nella sua conferenza al Congresso internazionale dei matematici, svoltosi a Parigi, Hilbert aveva proposto una lista di 23 problemi irrisolti. De Giorgi risolse il 19° battendo sul tempo John Nash, poi premio Nobel per l’economia e protagonista del film A beautiful Mind, interpretato magistralmente da Russell Crowe.
Il resoconto che Nash redasse, dopo aver vinto il Nobel per gli studi sulla teoria dei giochi, trasmetteva la sua bruciante delusione, ma riconosceva che il collega italiano, Ennio De Giorgi, era giunto prima di lui a quella complessa soluzione.
Lo scienziato leccese fu un intellettuale impegnato e militante al servizio della persona e dei gruppi etnici e religiosi perseguitati, di tutti coloro a cui venivano negati i diritti che considerava imprescindibili.
Nel 1966 diede testimonianza del suo impegno umanitario quando accettò di tenere corsi di Analisi Matematica presso l’Università dell’Asmara. Appena di ritorno da un viaggio negli Stati Uniti, in cui era stato ospitato con ogni onore da prestigiose Università come New York, Stanford e Berkeley, non esitò a recarsi in Africa per insegnare i fondamenti della matematica a studenti che vivevano in una condizione di assoluto disagio.
Per diversi anni insegnò in Etiopia, recandosi per un mese all’anno ad Asmara. Contribuì alla (ri)fondazione di Amnesty International in Italia, istituendo la sezione pisana della stessa Associazione. Sostenne numerose battaglie a sostegno dei diritti umani, come quelle per i matematici Leonid Plyushch nell’ex Unione Sovietica e José Luis Massera in Uruguay.
Si batté a lungo in difesa della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, approvata dall’ONU il 10 dicembre 1948, menzionata frequentemente nelle sue conferenze all’Accademia Pontificia e all’Accademia dei Lincei. Tanto grande era l’apprezzamento per la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo, che aveva proposto che essa fosse incorporata nella Costituzione della Repubblica italiana, come sua parte integrante, e che il suo testo fosse distribuito gratuitamente agli studenti delle scuole di ogni ordine e grado.
Ricordava spesso l’articolo 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che ”non si limita a raccomandare la tolleranza, ma chiede comprensione e amicizia“.
“Penso”, aggiungeva, “che comprensione e amicizia siano virtù molto più grandi della semplice tolleranza”.
Nelle sue parole, spesso profetiche, era facile riconoscere la preoccupazione verso il rafforzamento degli estremismi ed il sincero desiderio di incentivare, in tutti i modi, il senso del dialogo.
Memorabili alcune sue riflessioni:
“All’inizio e alla fine abbiamo il mistero. Potremmo dire che abbiamo il disegno di Dio. A questo mistero la matematica ci avvicina, senza penetrarlo”;
“Io sono capace di continuare a studiare, di immaginare cose nuove anche a un’età in cui uno direbbe che è la fine della mia carriera accademica, perché lo vedo come un viaggio in cui, fino alla fine, si deve amare completamente la conoscenza, sperando che questo amore continui in un’altra forma anche dopo la morte”;
“La tolleranza pura è un sentimento molto povero; unito alla comprensione e all’amicizia veramente fa progredire tutta la personalità umana, fa progredire le scienze, che non possono andare avanti senza comprensione e amicizia tra gli scienziati”.
Fu socio, tra le altre, dell’Accademia Nazionale dei Lincei, della Pontificia Accademia delle Scienze e, dal 1995, dell’ Académie des Sciences e della National Academy of Sciences degli Stati Uniti.
Ricevette numerosi e prestigiosi premi e riconoscimenti tra i quali, nel 1960 il Premio Caccioppoli dell’Unione Matematica Italiana; nel 1973 il Premio Presidente della Repubblica dall’Accademia dei Lincei; nel 1983 la laurea honoris causa dalla Sorbonne di Parigi; nel 1990 a Tel Aviv il Premio Wolf, assegnato dall’omonima Fondazione, il coronamento più prestigioso della carriera di un matematico.
Anche l’Università di Lecce, che gli aveva intitolato il Dipartimento di Matematica, il 28 febbraio del 1992 conferì al Professore Ennio De Giorgi la laurea “honoris causa”, questa volta, però, in filosofia. Egli era particolarmente fiero di questo riconoscimento, amando già dai tempi del liceo la filosofia al pari della matematica.
Giorgio Salvini, Presidente dell’Accademia Nazionale dei Lincei dal 1990 al 1994, era solito dire: ”I matematici dicevano che loro parlavano con gli uomini, Ennio De Giorgi parlava con Dio“.
Il Professore De Giorgi fu un indimenticabile esempio ed una costante lezione di vita, intessuta di profonda umanità, cultura e fede. Ed in questo vive, a sommesso avviso di chi scrive, tutta la sua profonda attualità.
Per meglio approfondire la figura dello scienziato e dell’uomo, mi vien facile citare nell’ampia letteratura e senza alcuna pretesa di completezza:
“Ennio De Giorgi. Anche la scienza ha bisogno di sognare”, a cura di A. Marino, C. Sbordone, F. Bassani, Plus Editore, 2001;
Andrea Parlangeli,“Uno spirito puro. Ennio De Giorgi, Genio della matematica”, Milella Editore, 2016;
il volume collettaneo “Ennio De Giorgi tra Scienza e Fede“, a cura di Diego Pallara e Mario Spedicato, Edipan, 2007;
Livio Clemente Piccinini, “Al suo grande Maestro Ennio De Giorgi“, Milella Editore, 2016.