IL PENSIERO MEDITERRANEO

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La fluidità di pensiero e i blocchi emotivi

Cervello-umano

Cervello-umano

di Maurizio Mazzotta

Cervello-umano
Cervello-umano

La fluidità di pensiero è una capacità intellettiva, in particolare una delle capacità del pensiero divergente, come già detto in un precedente scritto qui pubblicato.

Si tratta della capacità di produrre tante risposte, senza inibizioni di pensiero; dunque la capacità di lasciare libero il pensiero nel tentativo di dare molte risposte a uno stimolo: ossia risolvere un problema o affrontare una situazione problematica ipotizzando molte soluzioni. Questo “molte”, che ho sottolineato più volte, è fondamentale: si può concludere che la fluidità è una capacità di produzione intellettiva che si esprime quantitativamente.

So cosa sta pensando qualche lettore, lo assecondo subito e dico: è vero, c’è un rischio, il rischio di dire fesserie, cose senza senso, superficiali, banali; ma gli aspetti positivi e utili sono importanti. Non si può comprendere subito cosa significa “essere fluido di pensiero e di risposte”; non si può immaginare cosa c’è o non c’è dentro di noi se siamo capaci o incapaci di fluidità di pensiero. Per questo occorre illustrare quali sono i blocchi emotivi che inibiscono la fluidità, ma conviene spiegare prima come si manifesta questa capacità e immagino una situazione e un tale che mi crea problemi. Per facilitarmi il compito riprendo l’esempio dell’articolo precedente  “Due cervelli e due modi di pensare” e cioè il discorso sulla “funzione di una penna”.

Un tale mi chiede: – A cosa serve la penna? -Rispondo prontamente: – A scrivere, a tutte le azioni simili allo scrivere-.Allora questo tale fa: – Giusto! Una sola risposta, ed è la sola risposta logica che spiega perché è stata inventata la penna -.Questo tale poi continua (e già io comincio a rompermi le scatole perché una persona che fa il maestro mi dà ai nervi, comunque lo lascio parlare); continua in questo modo:- Ma se ti dico: stai attento, Maurizio! Immagina che ci sia un “può”, e cioè che la domanda sia: a cosa altro “può” servire la penna? -Io sto zitto, perché non mi piacciono i professori, perché non so dove vuole andare a parare, perché comincio ad annoiarmi, perché mi sta disorientando e questo mi fa incazzare.Allora lui afferra il mio stato d’animo (non è un cretino a quanto pare), nota in me un leggero disorientamento e cambia tono.

Propone:- Tanto per ragionare. Poco più di un gioco. Guarda bene questo oggetto, che nella fattispecie è una penna, e dimmi a cosa può servire -.Allora la parola “oggetto” mi illumina di luce nuova la domanda, il mio cervello si snebbia, si libera della penna, e questo tale di colpo non mi è più antipatico. Per miracolo io non vedo più la penna come una penna. Nella mia testa svanisce la funzione specifica della penna, e io mi lascio andare e comincio:- Può servire come arma, se tu mi aggredisci te la ficco in un occhio (qualche minuto prima l’avrei fatto). Può servire come unità di misura.

Quel mobile è più alto di quell’altro sia pure di poco, vuoi vedere? Ecco! Infatti il primo è alto dieci penne, il secondo nove penne e mezza. Ho una capigliatura folta e lunga e il vento me la rende fastidiosa, forse se uso la penna come asticciola riesco a imbrigliare un poco questi capelli. Se tolgo l’inchiostro di questa penna BIC e svuoto così l’involucro, posso utilizzare questa parte come un minuscolo recipiente, un tubicino da riempire di essenza di profumo. No scusa, continuo a dire io, forse sto uscendo fuori tema -. – No no, si sbriga a dire lui, va bene ugualmente, non ha importanza. È importante che il tuo pensiero sia libero, spazi in ogni dimensione, ti permetta di vedere tutti gli aspetti di questo oggetto -.

– E allora?! – Esclamo io, a questo punto sinceramente incuriosito.

E questo tale: – Questa è la fluidità di pensiero, mischiata a un’altra però… -. E se ne va, lasciandomi con la voglia di sapere.

La capacità di lasciare libero il pensiero e di produrre tante idee si manifesta anche quando siamo in grado di associare ad una parola tante parole. Si chiama “fluidità associativa”. Molte creazioni dell’uomo nascono dalla capacità di associare oggetti, eventi, idee. Se qualcuno mi dice: “Tira fuori tutte le parole che ti vengono in mente pensando alla parola tavolo”, io subito lascio libero il pensiero e dico: “sedia – scrivania – cattedra – banco – legno – tavolo da gioco – da disegno – quattro gambe………..” Ognuna di queste parole nasce nella mia testa per associazione con “tavolo”. La fluidità associativa è la capacità di elencare più parole in relazione con una parola-stimolo. Può sembrare un gioco da bambini, invece è un esercizio utile per sciogliere la capacità di associare.

E poi la fluidità è importante perché avere il pensiero fluido, essere in grado di esprimere un’idea dopo l’altra, o una parola dopo l’altra, un segno o un gesto o un suono… significa superare inibizioni di varia natura. Gli esercizi di fluidità sembrano stupidi ai ragazzi e agli adulti finché non si scoprono incapaci di lasciarsi andare. Allora conviene accennare a come si generano i blocchi emotivi. All’origine potrebbero esserci alcune convinzioni, schemi ideativi di riferimento molto spesso errati. Dunque pregiudizi, come questi che seguono:


Preoccupazione di apparire diverso. Si ritiene che il giocare con le idee, l’immaginare, il sognare a occhi aperti siano infantili. Molti studiosi sono invece d’accordo sul fatto che proprio le persone più mature, i saggi, vivono anche infantilmente.

Il gruppo è infallibile. Questo ci abitua alla dipendenza dagli altri, alla paura del giudizio degli altri, specie se sono adulti o hanno un ruolo importante. C’è anche l’idea che l’autorità sia infallibile.


Paura di affrontare situazioni nuove, forte esigenza di certezze. Dietro questa esigenza potrebbe esserci l’abitudine a schemi rigidi di riferimento, per esempio la tendenza al “tutto o niente”, quindi l’incapacità di notare le sfumature; la convinzione che solo l’esperienza del passato possa dettar legge e guidare gli uomini: non ci si rende conto che l’esperienza ha avuto origine dalla soluzione nuova di un problema; la scarsa abitudine alle situazioni problematiche, spesso conseguenza di una educazione che si preoccupa troppo che i bambini e i giovani abbiano tutto, da cui deriva l’incapacità di porsi domande, di analizzare il problema, di percepire relazioni insolite tra oggetti, eventi e idee.

– L’allenamento è fondamentale e io non sono allenato. Il non volersi impegnare nelle situazioni problematiche, specie se considerate senza utilità, genera apatia. Restiamo imbambolati.


Il problema genera ansia. Se non lo risolvo sono un cretino.Il senso di autoefficacia è compromesso. Abbiamo un’idea di noi stessi come soggetti poco capaci. L’ansia di dover risolvere un problema innalza l’emotività. Siamo fottuti.

Soltanto la Logica fa comprendere il mondo e io non perdo tempo con le idiozie. La fede eccessiva nella logica spegne la voglia di giocare e di sperimentare. Siamo strafottuti.

Tutti questi blocchi si superano proprio esercitandosi.

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