La figura del “lecchino”, il suo ruolo nella società
di Manuel Buccarella
La figura del “leccapiedi ” , meglio noto come “lecchino”, è una figura da tempo immemore diffusa e addirittura fondamentale per la conservazione di un’organizzazione, in particolare se gerarchicamente disciplinata. Fondamentale per la sua vita e sopravvivenza e per la conservazione degli equilibri interni, delle gerarchie. A tale figura sono stati dedicati, anche in tempi recenti, studi ed analisi sociologici e psicologici.
Al “lecchino” ha dedicato alcune interessanti pagine lo scrittore austriaco Robert Musil, nell’opera omonima.
“In sei giorni Dio creò il cielo e la terra.
Il settimo non creò nulla.
Si limitò a compiacersi di quanto aveva realizzato.
Quel giorno, tuttavia, ebbe origine un’altra creatura. Il lecchino.
Ed essa scaturì dall’autocompiacimento.
<<L’altissimo Signore tenga conto – se posso permettermi di sottoporre la questione alla Sua altissima attenzione – che in realtà io non ho consistenza>> esordì il lecchino.
E il Signore, nella sua infinita benevolenza, ne tenne conto.
Lo collocò in un luogo dove non succedeva nulla sicché non poteva accadere nella neanche al lecchino: tra i giureconsulti dei regal ministeri.
Con cautela gli estrasse dal corpo tutte le ossa, gli diede una pelle liscia e coriacea come la miglior carta da minuta e in un luogo dell’anima gli infuse un clistere oleoso.
Grazie a tale armamentario il lecchino divenne molto gradevole, distinguendosi in questo dal comune leccapiedi: quest’ultimo si lascia calpestare a piacimento, la qual cosa tuttavia comporta un certo sforzo; chi dispone di lecchini, invece, può restarsene comodamente seduto alla propria scrivania e in questo modo, cioè da seduto, consente al lecchino di penetrare e conquistare i suoi più intimi recessi”.
In fondo i “lecchini” sono necessaria parte dell’ingranaggio, quelle piccole pietre nel muro che contribuiscono a dare consistenza, cemento, al muro medesimo. Un po’ come in “Another Brick In The Wall” dei Pink Floyd.