“La favola dell’Accoglienza”
di Antonio Pistillo
Come ogni favola inizia con c’era un volta… un cavaliere, un castello, una fata, così con un c’era una volta iniziamo la favola dell’accoglienza in questo nostro tempo.
Un racconto sull’accoglienza quella che si dovrebbe insegnare nelle scuole professionali del comparto ricezione e somministrazione, nella sua globalità e in quelle scuole, che purtroppo non ci sono, dove si dovrebbero insegnare come materia base le regole fondamentali della accoglienza, quella che si dovrebbe fare a prescindere da tutto.
L’accoglienza e il pilastro, la base fondativa su cui poggiare la promozione del nostro incommensurabile patrimonio.
Come recita un aforisma del Presidente della nostra Associazione di Promozione Sociale “Assaggia l’Italia ApS”, “L’accoglienza inizia con un sorriso di benvenuto e finisce con un abbraccio di arrivederci”
Purtroppo la percezione amara che si avverte è che quella predisposizione a considerare un ospite come un dono, un momento di convivialità, una opportunità di nuove conoscenze e di condivisione di saperi, tanto da definirlo sacro, nel parlato popolare, purtroppo non si percepisce più.
Un tempo si diceva “L’ospite è sacro” quando la cultura dell’ospitalità era ritenuta un valore e veniva tramandata da generazioni in generazioni.
Era sempre all’ospite che si offriva il posto d’onore a tavola, a lui il piatto più abbondante, il letto più comodo.
Poi progressivamente la capacità di accogliere è venuta progressivamente meno, come tanti altri valori che concorrono al concetto di ospitalità come il rispetto, la considerazione e l’educazione.
Naturalmente è una generalizzazione poiché sono sempre le negatività che emergono e che notiamo più facilmente, anche se bisogna ammettere che ci meravigliamo quando raramente incontriamo l’educazione, il rispetto e la considerazione, forse perché condizioni sempre più rare.
Se generalizzare quindi non è solo sbagliato, ma anche controproducente per il fine che si vuole raggiungere, bisognerebbe anche iniziare a prendere coscienza che esiste un problema reale a cui bisogna rimediare prima possibile, ritrovando un modo di accogliere più consono, se non per assoluta convinzione almeno per opportunismo.
Una cattiva accoglienza in un posto splendido depaupera considerevolmente il piacere, la gioia, il sapore di quella esperienza, una accoglienza non formale ma sentita, invece implementa il sapore, il piacere e la gioia del posto visto o del cibo provato.
Vi è un ulteriore aspetto che andrebbe preso in buona considerazione, nell’era della comunicazione digitale, ogni piccola o grande occasione di visibilità dovrebbe essere colta, fissata in immagini e pubblicata sul web, dedicando considerazione, spazio e rispetto e un particolare trattamento a chi con la loro presenza potrebbe certamente incrementare la visibilità al luogo scelto, ricettivo, di somministrazione o di servizio che possa essere.
Vi è una regola che è comunque sovrana, bisogna accogliere chi ci ha scelto, come vorremmo essere accolti noi quando scegliamo a nostra volta un bar, un ristorante, un albergo o un negozio.