La disarmante attualità di Luigi Einaudi
Di Giorgio Mantovano
Docente di Scienza delle finanze all’Università e al Politecnico di Torino e, fino al 1926, alla Bocconi di Milano, organizzatore culturale della Rivista di storia economica, editorialista per più di un ventennio del Corriere della Sera di Luigi Albertini, senatore del Regno dal 1919, Luigi Einaudi, a poco più di settant’anni, divenne Governatore della Banca d’Italia dal gennaio 1945 e primo Presidente della Repubblica dall’11 maggio 1948.
Nel periodo immediatamente precedente fu tra i principali protagonisti della politica economica della ricostruzione.
A partire dal 17 gennaio 1945, due giorni dopo l’insediamento in Banca d’Italia, tenne un diario che, per tutto il ’45, ebbe cadenza quasi quotidiana. Intese, con quelle note, conservare memoria degli incontri, dei fatti, della nuova esperienza di vita, osservati da quel luogo privilegiato di azione.
Erano giorni e mesi cruciali per il futuro del Paese.
Il 2 marzo 1945, a proposito della debolezza dei governi, scrisse che : ” non sono dei gabinetti: ogni ministro fa per conto suo, e spinge avanti la parte politica”.
Ed aggiunse: ” Se io diventassi primo ministro, metterei come condizione che i ministri siano bensì appartenenti ai diversi partiti, ma che nel varcare la soglia del gabinetto si dimentichino delle loro origini e facciano un corpo unico. Se no è impossibile governare “.
A proposito della lotta all’evasione fiscale, anni prima, sulle pagine del Corriere della Sera, aveva scritto: ” Che i contribuenti combattano una diuturna, incessante battaglia contro il fisco è cosa risaputa, ed è nella coscienza di tutti che la frode fiscale non potrà essere davvero considerata alla stregua degli altri reati finché le leggi tributarie rimarranno, quali sono, vessatorie e pesantissime e finché le sottili arti della frode rimarranno l’unica arma di difesa del contribuente contro le esorbitanze del fisco”.