La Corte di Giustizia ’UE e la sorte dei Migranti in Italia Di Mario Pavone **
Nelle prossime settimane, la Corte di Giustizia dell’Ue valuterà se la normativa europea e quella italiana in tema di immigrazione irregolare rispettano la Carta dei diritti fondamentali dell’Ue (v.Azzolini, il Domani del 13/11/2024).
Se la Corte riscontrasse una violazione sulla delicata questione,sia il legislatore Europeo che quello nazionale dovrebbero intervenire sulle relative discipline.
Sebbene i Giudici italiani si ostinino a verificare la conformità delle norme nazionali rispetto al Diritto dell’Unione Europea,va rilevato che le decisioni assun- te in tema di immigrazione non intendano vanificare le politiche del Governo, come è stato lapidariamente sostenuto da più parti,specie alla luce della questione pregiudiziale sollevata dal Tribunale di Bologna dinanzi alla Corte di Giustizia della UE in relazione al reato di favoreggiamento della immigrazione non a fini di lucro.
I dubbi manifestati dai Tribunale riguardano,in effetti,la normativa europea e solo in conseguenza,anche la legge nazionale di attuazione,per la quale i Giudici avevano sollevato ub precedenza la questione di legittimità costituzionale delle aggravanti del reato per palese contrasto con i principi di uguaglianza, ragione volezza e di proporzionalità della pena prevista per tale reato…
La Corte Costituzionale,sin dal marzo 2022,aveva dichiarato l’illegittimità della norma nella parte relativa alle aggravanti,tuttavia,nel luglio del 2023, il Tribunale ha rimesso il caso alla Corte di giustizia Ue,ai sensi dell’att.267 del Trattato UE,. affinché valutasse se l’impianto normativo europeo in tema di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare,conosciuto come “Pacchetto facilitatori” e la legge italiana di attuazione siano compatibili con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
La disciplina europea,derivante dalla Direttiva Ue n.2002/90 e da una decisione quadro del Consiglio europeo del 2002, impone agli Stati Ue di sanzionare “chiunque intenzionalmente aiuti una persona non cittadina (…) a entrare o transitare nel territorio di uno Stato membro in violazione delle leggi di detto Stato” sebbene “ciascuno Statto membro possa decidere di non adottare sanzioni per chi agevoli l’ingresso dei Migranti al solo scopo di fornire assistenza umanitaria “.
In sintesi, gli Stati Ue hanno l’obbligo di introdurre il reato di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare nella legislazione nazionale,ma anche la facoltà di prevedere una scriminante “umanitaria” nei confronti dei responsabili dell’ingres so irregolare.
In Italia la normativa Ue è stata attuata dall’art.12 del T.U. sull’Immigrazione, che punisce il reato di favoreggiamento con la reclusione da due a sei anni e una multa di 15.000 euro,senza prevedere alcuna eccezione nel caso di ragioni umanitarie.
Inoltre,la norma regolatrice della materia prevedeva alcune aggravanti,abolite con la citata sentenza della Consulta. .
Per tale rargione,il Tribunale di Bologna ha trasmesso gli atti alla Corte di giustizia UE chiedendo di accertare se la normativa europea, prevedendo la criminalizza zione del favoreggiamento dell’immigrazione irregolare senza alcuna esimente per chi agisca a scopi umanitari o per obblighi familiari,violi la Carta dei diritti fonda mentali dell’UE ed, in particolare,il principio di proporzionalità (art. 52, paragrafo 1), in relazione a quelli relativi alla libertà personale (art. 6), alla proprietà (art. 17), alla vita (art. 2),all’integrità fisica (art. 3),all’asilo (art. 18), alla vita familiare (art, 7).
Inoltre,i Giudici bolognesi hanno richiesto alla Corte di valutare se l’art.12 della Legge italiana violi il Diritto Europeo atteso che la norma non prevede alcuna esenzione dalla responsabilità di chi agisca senza scopo di lucro.
L’avvocato generale della Corte di Giustizia UE,nelle sue conclusioni,ha affermato che spetta agli Stati membri adottare una legislazione proporzionata che consenta al giudice di “differenziare l’incriminazione di chi agisca per scopi umanitari” da quella di chi sia mosso esclusivamente dallo “scopo di lucro”.
La decisione della Corte potrebbe,quindi,confermare la validità del “pacchetto facilitatori” oppure ritenere incompatibili con la Carta dei diritti fondamentali Ue alcune disposizioni,specificamente quella che prevede la mera facoltà, e non l’obbligo, per gli Stati membri, di escludere da responsabilità chi abbia agito per motivi umanitari che costituirebbe un pregiudizio per la salvaguardia dei Diritti fondamentali sanciti nella Carta UE, come innanzi ricordato..
In questo secondo caso la Commissione Ue dovrebbe intervenire sulla normativa europea come pure il Governo italiano per riformulare la disciplina del reato in questione sancita ddal citato art.12.
La decisione della Corrte finirebbe per travolgere anche il “reato universale”, sancito dal decreto Cutro,con cui il Governo Italiano ha inteso perse guire il favoreggiamento per ragioni di lucro su “tutto il Globo terracqueo”.
In base ai fatti innanzi esposti,pertanto,le lamentele mosse nei confronti dei Giudici Italiani sarebbero prive di qualunque fondamento giuridico alla luce delle considerazioni espresse dagli stessi, pienamente condivisibili.
Tuttavia,in attesa della decisione,vale la pena di riassumere le ragioni del rinvio alla Corte di Giustizia delle decisioni dei Paesi Membri che investono i diritti umani fondamentali riconosciuti dalla UE,anche alla luce del protocollo n.16 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) approvata dal Comitato dei Ministri nella seduta del 10 luglio 2013 che consente alle più Alte giurisdizioni di richiedere alla Corte di Strasburgo.«Pareri consultivi su questioni di principio relative all’interpretazione o all’applicazione dei diritti e delle libertà definiti dalla Convenzione o dai suoi protocolli».
Nei commenti dottrinali il Protocollo n.16 alla CEDU ha suscitato nella Dottrina valutazioni contrastanti (v.sull’argomento. l’ampio commento di A. Oddi sulla Rivista Eius).
Da un lato, v’è chi ritiene che esso possa effettivamente contribuire a migliorare l’implementazione dei diritti e delle libertà sanciti dalla Convenzione europea, rafforzando il ruolo della Corte nei confronti delle giurisdizioni nazionali.
Dall’altro,si sottolinea come la nuova procedura,tanto più in quanto destinata a sfociare in un Parere non vincolante,corra il serio rischio di aggravare il già pesante carico di lavoro della Corte e di ritardare la definizione delle controversie nazionali in violazione del principio di ragionevole durata del processo ex art. 6 CEDU e art.111 della nostra Costituzione,senza neppure considerare l’eventualità di sovrapposizioni con il “rinvio pregiudiziale” alla Corte di giustizia dell’Unione Europea in base all’art. 267 TFUE,come sta accadendo negli ultimi tempi per le decisioni dei Giudici italiani in tema di Immigrazione.
A tal proposito vale la pena d soffermarsi sulla legittimità delle richieste avanzate dai Giudici italiani alla CGUE proprio “in via pregiudiziale” ai fini delle decisioni da assumere nei confronti dei Migranti.
- La Corte di Giustizia UE e la procedura dell’art 267 del Trattato UE
L’articolo 267 (ex articolo 234 del TCE) dispone testualmente
La Corte di Giustizia dell’Unione europea è competente a pronunciarsi, in via pregiudiziale:
a) sull’interpretazione dei trattati;
b) sulla validità e l’interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione.
Quando una questione del genere è sollevata dinanzi ad un organo giurisdizionale di uno degli Stati Membri,tale organo giurisdizionale può,qualora lo reputi neces saria per emanare la sua decisione,domandare alla Corte di pronunciarsi sulla questione.
Quando una questione è sollevata in un giudizio pendente davanti a un organo giurisdizionale nazionale,avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, tale organo giurisdizionale è tenuto a rivolgersi alla Corte.
Quando una questione è sollevata in un giudizio pendente davanti a un organo giurisdizionale nazionale e riguardante una persona in stato di detenzione, la Corte statuisce il più rapidamente possibile.
In base alla disciplina in commento e secondo la Dottrina prevalente(v. ex multis S.Dalessandro,il rinvio pregiudiziale,in Riv.Altalex)una tale procedura risulta fondamentale per assicurare l’omogeneità dell’applicazione del Diritto europeo su tutto il Territorio UE per favorire il colloquio tra i Giudici nazionali e quelli Europei al fine di chiarire il significato e la validità di particolari disposizioni normative emanate dalla UE.
Tuttavia,è possibile fare ricorso a tale procedura solo qualora la questione sia indispensabile per la risoluzione della controversia pendente avanti gli organi interni,non invece nei casi in cui nulla aggiungerebbe alla questione della interpre tazione o la validità della norma europea.
I commi secondo e terzo dell’art.267 TFUE distinguono due diversi scenari: quello in cui le questioni pregiudiziali vengono sollevate da organi giurisdizionali le cui decisioni siano appellabili e quelle sollevate da organi giurisdizionali di ultima istanza.
Nel primo caso il Giudice ha la facoltàdi sollevare la questione presso la CGUE,, mentre,nel secondo caso ha l’obbligodi farlo poiché,essendo un organo giudican te di ultima istanza,si ritiene necessario che il diritto europeo venga applicato correttamente e ne venga chiarita la validità,non essendo più possibile impu gnare la decisone dinanzi ad altri organi.
Ciò non toglie tuttavia che,sebbene la questione non sia stata già affrontata in pre cedenza, la norma sia così chiara da non far sorgere alcun dubbio.
La Corte osserva che,per valutare se la norma appaia chiara,bisogna tenere conto di alcuni fattori propri del Diritto europeo:
- la chiarezza con cui potrebbe presentarsi la questione al Giudice di uno Stato potrebbe non essere tale per il Giudice di un altro Stato e per i giudici della CGUE poiché le norme europee vengono rese in lingue differenti per i singoli stati,
- Il diritto europeo si avvale di concetti e istituti propri,che potrebbero non coincidere con quelli interni.
Per queste ragioni la Corte ha stabilito che:
“L’art. 177,3°comma,del Trattato CEE,va interpretato nel senso che una giurisdi zione le cui decisioni non sono impugnabili secondo l’ordinamento interno è tenuta, qualora una questione di diritto comunitario si ponga dinanzi ad essa, ad adempiere il suo obbligo di rinvio, salvo che non abbia constatato che la questione non è pertinente, o che la disposizione comunitaria di cui è causa ha già costituito oggetto di interpretazione da parte della Corte, ovvero che la corretta applicazione del diritto comunitario si impone con tale evidenza da non lasciar adito a ragionevoli dubbi”.
La CGUE,inoltre,ha affermato che questo non comporta in alcun modo la messa in discussione della cosa giudicata poiché “In ogni caso,il principio della respons abilità dello Stato nei confronti dell’Ordinamento giuridico comunitario richiede un risarcimento,ma non la revisione della decisione giurisdizionale che ha causato il danno.”
Una volta chiarito il punto,resta da vedere quali siano gli ulteriori requisiti che devono sussistere al fine di riconoscere al privato il diritto ad un risarcimento del danno derivante dall’inosservanza del Diritto Europeo e dei diritti in esso previsti..
Secondo la Corte “Il principio secondo cui gli Stati membri sono obbligati a riparare i danni causati ai singoli dalle violazioni del diritto comunitario che sono loro imputabili si applica anche allorché la violazione di cui trattasi deriva da una decisione di un organo giurisdizionale di ultimo grado, sempreché la norma di diritto comunitario violata sia preordinata ad attribuire diritti ai singoli, la violazione sia sufficientemente caratterizzata e sussista un nesso causale diretto tra questa violazione e il danno subito dalle parti lese”-
Inoltre,”Al fine di determinare se la violazione sia sufficientemente caratterizzata allorché deriva da una tale decisione,il Giudice nazionale competente deve, tenuto conto della specificità della funzione giurisdizionale, accertare se tale violazione presenti un carattere manifesto.
Spetta all’Ordinamento giuridico di ciascuno Stato membro designare il Giudice competente a risolvere le controversie relative al detto risarcimento.”
- Conclusioni
In definitiva,si può quindi concludere che,qualora sussistano i requisiti richiesti,in base alla giurisprudenza costante della CGUE,per ottenere il risarcimento del danno subito a seguito all’inadempimento da parte dello Stato di obblighi comunitari (sempreché la norma di diritto comunitario violata sia preordinata ad attribuire diritti ai singoli)occorre che la violazione sia sufficientemente caratteriz zata e sussista un nesso causale diretto tra questa violazione e il danno subito dalle parti lese ed,in particolare,l’inosservanza dell’art,267 TFUE può essere considerata violazione valida utile a fare scaturire un simile diritto.
Da questo breve excursus emergono i confini entro i quali viene definito l’obbligo del rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE,terzo comma,da cui derivano conseguen ze rilevanti per ill mancato adempimento a livello interno come anche la possibi lità che lo Stato venga chiamato a rispondere dinanzi alla CGUE in un giudizio di infrazione per inadempimento dell’art 267 TFUE.
Da ultimo va ricordatoche,in tema di protezione internazionale,il Ministero dell’interno è tenuto a riscontrare, con provvedimento espresso, le istanze di ammissione alle misure di accoglienza ex d.lgs. 18 agosto 2015, n. 142 («Attuazione della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonché della direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale»),nel termine di trenta giorni previsto dall’art. 2, comma 2,della l. 7 agosto 1990, n. 241(«Nuove norme in materia di procedimen to amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministra tivi»).
Con buona pace di chi ritiene del tutto inconferente la richiesta di parere pregiudiziale alla CGUE in questi casi.
Novembre 2024
** Avvocato Cassazionista … Docente in Master per la Sicurezza e Relatore in Convegni e Seminari. Autore di varie pubblicazioni e di numerosi articoli di Diritto e Procedura penale, Criminologia, Diritto dell’Immigrazione ed in tema di Vittime di Reato pubblicati sulle principali Riviste Italiane.