Islam: origini della formazione degli Sciiti e dei Sunniti di Pompeo Maritati
Tra la gente vi è la convinzione che che l’Islam sia un monolite compatto e indifferenziato, ma non è così, ecco perciò in questa mia breve sintesi, cercherò di illustrare le varie articolazioni, che l’Islam presenta, generando vivacità e curiosità nel dibattito culturale, giuridico e politico degli stati mediorientali odierni.
La scissione del mondo islamico fa risalire le sue origini al 632 dC, l’anno della morte del profeta Maometto, il fondatore dell’islam. Le tribù arabe che lo seguivano non trovarono un accordo su chi avrebbe dovuto ereditare la carica sia politica che religiosa. Un distinguo non di poco conto, soprattutto per quei tempi dove politica e religione si confondevano, cercando spesso di una di loro prevaricasse sull’altra. La maggioranza dei seguaci di Maometto, che in seguito furno denominati Sunniti, e che oggi rappresentano l’80 per cento dei musulmani, appoggiarono Abu Bakr[1], amico del profeta e padre della moglie Aisha[2]. I restanti, invece, volevano che il successore andava individuato tra i consanguinei di Maometto. Sostenevano la tesi che il profeta avesse designato a succedergli Ali, suo cugino e genero, e furono denominati sciiti, una forma contratta dell’espressione “shiaat Ali[3]”, i partigiani di Ali.
I seguaci di Abu Bakr ebbero prevalsero, anche se Ali governò per un breve periodo in veste di quarto califfo, il titolo conferito ai successori di Maometto.
Questa frattura iniziale in seno all’islam si consolidò quando Hussein, figlio di Ali, fu ucciso nel 680 a Kerbala (nell’attuale Iraq) dalle truppe del califfo sunnita al potere. Da allora i sunniti hanno continuato a monopolizzare il potere politico, mentre gli sciiti hanno vissuto all’ombra dello stato, cercando una guida nei loro imam, i primi dodici dei quali discendevano direttamente da Ali.
Oggi nel mondo del mondo si contano più di 1,6 miliardi di persone, le quali convengono sul fatto che Allah sia l’unico dio e che Maometto sia il suo profeta. Osservano i cinque pilastri dell’islam[4] – tra cui si trova il ramadan, il mese del digiuno – e hanno come punto di riferimento, entrambi, un libro sacro, il Corano[5]. Tuttavia, mentre i sunniti basano molto la loro pratica religiosa anche sugli atti del profeta e sui suoi insegnamenti (la sunna), gli sciiti vedono nei loro leader religiosi, gli ayatollah, un riflesso di Dio sulla Terra.
Quest’ultima loro posizione, ha indotto i sunniti ad accusare gli sciiti di eresia, mentre gli sciiti sottolineano come il dogmatismo sunnita abbia dato vita a sette estremiste come i puritani wahabiti[6]. La maggior parte delle sette sciite ritiene di rilevante importanza la credenza secondo cui il dodicesimo e ultimo imam sia nascosto (ossia “in occultamento”) e che un giorno riapparirà per compiere la volontà divina.
Tra le due fazioni religiose, non c’è mai stato un vero e proprio conflitto scivolato poi in un conflitto armato come avvenne in Europa nel XVII secolo, nell’ambito della guerra dei trent’anni, una vera e propria guerra ttra le confessioni cristiane che causò migliaia di morti e distruzioni. Probabilmente un conflitto tra sciiti e sunniti non è mai avvenuto in quanto gli sciiti, sono stati sempre ben consapevoli della loro minoranza, motivo per cui hanno sempre tenuto un profilo molto basso.
La turbolenza politica oramai in corso da cinquant’anni in tutto il Medio oriente, ha contribuito a dividere ancora di più le due fazioni religiose. La sovrapposizione della religione sulla politica in non poche aree, ha fatto si che si creassero delle vere e proprie spaccature. Gli sciiti partendo dall’Iran passano per la Siria governata dal regime di Assad e finisce nel Libano dell’Hezbollah[7]. Le rivoluzioni in corso nella regione hanno provocato una frattura anche tra i governi sciiti e gli stati sunniti del golfo Persico, come Arabia Saudita e Qatar.
Un’ultima riflessione personale è che l’inasprimento di questa frattura tra Sciiti e Sunniti, sia stata ben manipolata, sostenuta e forse anche pilotata dall’occidente, che vedendo nel mondo mediorientale la più importante fonte energetica del pianeta, cerca di espandere la propria egemonia economica. D’altronde, se guardiamo a ritroso negli anni, la recrudescenza del terrorismo è qualcosa che riguarda in modo particolare la fine del XX secolo, la cui minaccia è da ricercare nell’errate politiche di sostegno di Israele a scapito dei palestinesi.
Parte seconda: una breve analisi delle correnti religiose nell’ambito sunnita e sciita.
Esaminando l’area Sunnita troveremo i:
A – Gli Hanifiti sono i seguaci della scuola giuridica che prende il nome dall’Imam iracheno Abu Hanifa (696-767): essi, nel caso di una “deduzione” giuridica conferiscono maggiore importanza alla logica e al ragionamento analogico (kiyas). A questa scuola aderiscono i Turchi e i musulmani indiani: oggi gli Hanifiti costituiscono il 40% di tutti i musulmani e sono perciò la scuola con più largo seguito tra i Sunniti;
B – I Malikiti sono chiamati i seguaci della scuola di diritto fondata dall’Imam Malik Ben Anas (710-795): tale corrente, che segue strettamente la tradizione di Medina, è diffusa nell’Africa settentrionale (Algeria, Marocco, Tunisia, Sudan e Alto Egitto) e nell’Africa centrale: attualmente conta sull’adesione del 20% dei musulmani;
C – Gli Shafiiti aderiscono alla scuola dell’Imam Al-Shafi’i Abu’ Abdallah Muhammad Ibn Idris (777-820). Questi coordinò gli insegnamenti delle scuole dei Malikiti e degli Hanifiti e organizzò sistematicamente per la prima volta la giurisprudenza islamica, stabilendo un legame fra Corano, Sunnah, Igma e Qiyas che egli considera i 4 pilastri del diritto: a lui risale inoltre il fondamento della Shari’a (legge). La scuola giuridica degli Shafiiti è diffusa in Siria, nel Basso Egitto, nell’Arabia meridionale, nell’Africa orientale, in Indonesia e nel Caucaso;
D – Con il termine di Handaliti vengono designati i seguaci della scuola ultra tradizionalista fondata da Ahmad Ibn Hanbal (780-855), che riconosce come fonti del diritto soltanto il Corano e la Sunnah: a tale scuola aderiscono i Wahhabiti dell’Arabia centrale, un movimento che prende nome dal fondatore Muhammad Ibn Abd Al-Wahhab (1703-1792). Il loro fondatore predicava il ritorno all’Islam tradizionale di Muhammad con il conseguente annullamento di tutte le innovazioni introdotte dopo il IX secolo, come la venerazione culturale del Profeta, delle reliquie e dei sepolcri. Tale corrente proibisce rigorosamente il consumo di vino, caffè e tabacco e sottolinea l’obbligo della “guerra santa”. Nel 1801, infatti i Wahhabiti conquistarono Kerbala, dove devastarono la tomba di Husayn figlio di Alì; nel 1804 occuparono Medina e nel 1806 la Mecca, distruggendo la Ka’Ba, da essi considerata l’oggetto di un culto idolatrico. A partire dal 1744 il fondatore della corrente riuscì a convertire al suo insegnamento la famiglia dei Saud, emiri del Meged (penisola arabica). Dopo la prima guerra mondiale grazie all’ascesa della dinastia dei Saud il credo dei Wahhabiti diventò religione di stato in Arabia Saudita, regno sorto nel 1932 nei seguaci di tale corrente, accanto alla più stretta osservanza dei dettagli dell’Islam originario, si ritiene valida come base della vita religiosa, soltanto il Corano e la Sunnah primitiva, che rifiuta la deduzione analogica e il consenso della comunità a chi ha il potere di governare. Benché i Wahhabiti costituiscano una minima minoranza all’interno dell’Islam, grazie all’influenza esercitata dalla monarchia saudita in forza delle sue immense ricchezze, costituiscono un tratto estremamente appariscente della fisionomia musulmana attuale. Tratto comune di tutti i Sunniti è l’assenza di ogni forma di clero organizzato e investito di particolari autorità. I Sunniti ritengono infatti che tra ogni essere umano e Dio esista rapporto diretto perchè ognuno è Khalifa di Dio sulla terra.
Esaminando l’area Sciiti troveremo i:
Gli Ismailiti prendono il nome da Ismail figlio di Giafar Al-Salik (700-765), da essi ritenuto il settimo e ultimo Imam. La corrente è diffusa in Siria, Iran, Afghanistan e India settentrionale. Dagli Ismailiti hanno avuto origine varie sottocorrenti come, tra le altre, quelle dei Qarmati, dei Fatinidi dei Nizariti e dei Bohora. La corrente dei Fatinidi è legata all’omonima dinastia fondata nel X secolo in Africa settentrionale da Ubaidallah il quale fa risalire le sue origini ad Alì e a Fatima. La dinastia dominò tra il 974 e il 1171 un vasto regno nell’africa del nord, che ebbe come suo centro l’Egitto.
Gli Imamiti sono tra gli Sciiti quelli che a partire dal IX secolo affermarono una successione di 12 Imam. Essi si diffusero in Pakistan e in Iran. In Iran la dinastia che dagli Imamiti trasse origine è quella dei Safawidi che regnò in quel paese dal XVI al XVIII secolo, diventando religione di stato. Tra gli Sciiti gli Imamiti sono la componente più numerosa. Il loro 12 e ultimo Imam, Muhammad Al-Mahdi nato nell’874 in una cantina, ancora oggi venerata, di Samara, sarebbe ancora vivo e da allora vivrebbe nascosto quale “Signore del Tempo” in una cisterna nei pressi di Baghdad: egli farà ritorno alla fine dei tempi, come il “ben diretto” da Allah, per fondare un regno di giustizia sulla terra.
Un discorso a parte nell’ambito degli Sciiti merita la corrente estremista dei Nusairiti: nell’872 essi si separarono dagli Ismailiti ed emigrarono in Siria dall’Iraq. La corrente prende nome dal loro fondatore, Muhammad Ibn Nusair. All’epoca del mandato francese in Siria i francesi dettero ad essi il nome di Alawiti, e diedero vita tra 1920 e il 1944 ad un autonomo stato degli Alawiti. Tra di loro Alì, Muhammad e il suo compagno Salman Al-Farisi, vengono riuniti in una triade, con riferimento a Luna, Sole e cielo ritenute emanazioni di una forma divina superiore. I Nusairiti credono alla trasmigrazione delle anime e vivono oggi nelle valli del Libano e in Siria.
Altre correnti Sciite sono gli Alì Ilahi (“Alì è divino”) che si qualificano con il titolo di Ahl-I Haqq.
Fonte di questa seconda parte uno studio di: Domenico Abdullah Buffarini
[1] Abū Bakr. – Il primo califfo o successore di Maometto (m. Medina 634 d. C.), già suo fido compagno e (come padre di ῾Ā’isha) suocero. Resse con patriarcale semplicità la comunità musulmana; sotto di lui fu domata la rivolta dei Beduini d’Arabia (ridda) e vennero iniziate le grandi conquiste in Siria e Mesopotamia.
[2] Aisha era figlia di Abu Bakr, intimo amico di Muhammad e tra i primissimi convertiti all’Islam, primo dei califfi ben guidati successore del Profeta (regnò dal 632 al 634). Secondo le fonti, che non sono omogenee, Aisha fu promessa al Profeta quando aveva sei anni (o nove). Aisha brilla anche di luce propria, non è semplicemente illuminata dal riflesso del prestigio del Profeta: fu una protagonista della vita del suo tempo.
[3] Stretto parente di Maometto, essendo suo padre, Abū Ṭālib, fratello del padre di Maometto (erano figli di ‛Abd al-Muṭṭalib, figlio di Hāshim, dal quale antenato prendeva il nome l’intera famiglia), era però di parecchi anni, forse una trentina, più giovane di lui. Benché non sia da prestar fede alla tradizione che fa di lui il secondo o il terzo seguace dell’Islām, certo è che egli fu tra i primi ad abbracciare le idee religiose del cugino e lo seguì nell’ègira, (l’emigrazione a Medina).
[4] Le pratiche cultuali obbligatorie, a cui ogni musulmano in possesso delle sue facoltà psicofisiche è tenuto, sono i cinque arkān («pilastri»): a) la shahāda, formulazione della professione di fede; b) la ṣalāt, preghiera canonica, da compiersi 5 volte al giorno (all’aurora, a mezzogiorno, a metà pomeriggio, al tramonto, alla sera), in stato di purità rituale ottenuta mediante abluzioni, in direzione (qibla) della Mecca, compiendo prosternazioni (rak’a) e recitando formule rigorosamente prescritte; particolarmente importante è la preghiera in comune del venerdì, tenuta poco prima di mezzogiorno e preceduta dalla khuṭba o predica rituale; c) il ṣaum, digiuno del mese di ramaḍān, cioè la completa astensione diurna da cibi, bevande, rapporti sessuali e fumo; d) la zakāt, o elemosina rituale esclusiva dei musulmani; e) il ḥaǵǵ, pellegrinaggio alla Mecca, cui ogni musulmano che ne abbia la possibilità è tenuto almeno una volta nella vita. Ai cinque arkān i musulmani sciiti ne fanno seguire un sesto, la «guerra santa» (jihād), equivalente al progressivo passaggio del mondo sotto la legge islamica.
[5] Il libro sacro dell’islam è il Corano, che secondo la tradizione sarebbe stato dettato a Maometto dall’arcangelo Gabriele. In realtà, la stesura del testo avvenne solo dopo la morte del Profeta; in precedenza, le regole ispirate a Maometto venivano propagate oralmente e imparate a memoria dai discepoli.
Successivamente si iniziò a raccogliere i precetti e a ordinarli per capitoli, le sure, fino ad arrivare, nel 652, alla stesura definitiva. Il Corano non rappresenta l’unica fonte teologica dell’islam: un’altra fonte divina è la Sunna, ossia la tradizione, cioè l’insieme dei comportamenti, delle parole e delle opere del Profeta. Tutte le azioni del Profeta sono raccolte in piccoli racconti che si chiamano hadith e la raccolta degli hadith compone la Sunna.
Il Corano è importante anche per il suo contributo all’unificazione linguistica del mondo arabo. La lingua usata nel libro sacro, infatti, è definita «arabo classico», e ancora permette di capirsi a tutte le popolazioni arabe che pure, nella vita quotidiana, parlano dialetti diversi.
[6] Wahhabismo -Movimento riformista e scuola legale risalenti agli insegnamenti di Muhammad ibn ‛Abd al-Wahhab, alla fine del sec. 18° nella Penisola Arabica. Il w., che discende in linea diretta dallo hanbalismo più rigoroso, propone, accanto al monoteismo assoluto, la purificazione dell’islam dalle cd. innovazioni che lo snaturerebbero, addebitate soprattutto al sufismo, uno dei principali bersagli del jihad wahhabita. Il w. acquistò autorevolezza rispetto agli altri movimenti salafisti contemporanei e successivi dopo che Muhammad Ibn Sa‛ud lo ebbe adottato come ideologia del primo Stato saudita. Divenuto orientamento giuridico dominante con la fondazione dello Stato saudita, nel 1932, il w. è anche diffuso in Afghanistan e nel Caucaso ex sovietico.
[7] Hezbollah o Ḥizb Allāh è un’organizzazione paramilitare libanese, nata nel giugno del 1982 e divenuta successivamente anche un partito politico sciita del Libano. Ha sede in Libano ed il suo segretario generale è Hassan Nasrallah, succeduto ad Abbas Al-Musawi a causa della morte di quest’ultimo nel 1992