Imitare ha un senso, il conformismo no
Maurizio Mazzotta
Abbiamo visto di recente cosa è la devianza e abbiamo capito che gestire il comportamento deviante non è facile. Non tutti i membri devianti sono membri attivi che hanno idee da proporre e mirano a profonde modifiche. Deviante è anche chi si allontana dal gruppo, non ne rispetta le leggi, contesta tutto e tutti senza proporre; deviante è il criminale e in sociologia assume proprio questo significato.
Molto spesso non è facile distinguere tra la devianza che crea e quella che distrugge e molti capi preferiscono dare un taglio alla devianza. È sbagliato perché la devianza bilancia un altro temibile mostro che si annida nel gruppo: il conformismo.
Il conformismo non spinge a uscire fuori dalle regole, a commettere misfatti, a sovvertire lo stato delle cose; il pericolo del conformismo non si vede, è un rischio subdolo, sotterraneo, strisciante. Accade quando ci si uniforma, si copia, ci si comporta come tutti senza sapere perché, senza conoscerne le conseguenze. È la perdita della coscienza critica. Insomma l’eccesso del fenomeno dell’imitazione. Dico subito che molti capi hanno simpatia per questo fenomeno, e non c’è bisogno di spiegare il perché.
Il conformismo si annida ovunque. La moda: intendo il modo di vestire, l’acconciatura dei capelli, il trucco, come lo stile architettonico, quello delle automobili, hanno un significato importante. Gonna corta a ruota: anni Cinquanta; pantaloni a zampa di elefante: anni Settanta. La moda può essere definita il conformismo che ha un significato importante: quello di identificare un’epoca. Per il singolo individuo che si veste come si vestono tutti e solo per questo motivo, il discorso cambia. Come pure se si imita senza sapere perché, senza comprendere il significato della imitazione, senza avere un briciolo di voglia di distinguersi. Si è conformisti insomma, e si intende il peggio, se si imita perché il modello è importante, per esempio la cravatta del capo carismatico quando il giorno dopo, a un’altra riunione, molti dei suoi seguaci ne indossano una simile. Oppure una festività tirata a forza nella propria cultura per seguire i costumi della nazione dominante – vedi in Italia la festa di Halloween.
Quando si imita per imitare, si vuole essere a tutti i costi come i più, come a dire: anche io anche io. E ciò vale pure per i modi di dire, i modi di scrivere, addirittura a volte errati, che sarebbe un ripetere acriticamente. Dunque si accettano i valori dominanti, le regole di vita, i modi di comportarsi senza meditare con la propria testa, senza preoccuparsi di indagare, senza cercare incoerenze e falsità.
Alla base del conformismo c’è l’incapacità di tenere a bada i suggerimenti, le insinuazioni, le sobillazioni, nel senso che non si è in grado di svelare ciò che viene nascosto; c’è il cadere vittima della suggestione, del fascino, dell’incanto, esperienze meravigliose che ci fanno sentire bene a patto che un pizzico del nostro cervello resti sveglio per cogliere ipocrisie e mistificazioni, altrimenti siamo burattini. Dal punto di vista dell’intelligenza alla base c’è la rigidità dei processi cognitivi ed emotivi spesso formati dagli apprendimenti precedenti in famiglia o nei gruppi di adolescenti (gli adolescenti sono vittime del conformismo nel gruppo di appartenenza: vedi i pantaloni molto bassi a vita che mostrano l’avvio delle natiche).
C’è ancora -importante- il rifiuto inconsapevole del Sé, che si completa nella disistima, e per questo si accentua bisogno e si cerca il consenso del gruppo per ottenere il quale si assumono, senza un briciolo di consapevolezza e di controllo, atteggiamenti, comportamenti, fatti e misfatti.
Con il conformismo siamo su un piano di disfunzionalità, il gruppo non è più ambiente sereno e per l’individuo inizia uno stato di disagio. Secondo alcuni autori il conformismo è l’adesione dell’individuo ai valori e alle norme per cedimento alle pressioni del gruppo e nascerebbe da un conflitto tra l’individuo con le sue personali tensioni e direzioni e il gruppo che gli imporrebbe altre direzioni. Tuttavia è meno grave di altri fenomeni in quanto l’individuo ha la possibilità di recuperare consapevolezza di ciò che gli accade.
Un esperimento interessante ha messo in luce ciò che accade in una persona sottoposta alle pressioni del suo gruppo.
In un contesto di lavoro ad alcuni operatori gli sperimentatori chiesero di mentire circa la valutazione sulle dimensioni di un’asticella che sarebbe stata loro presentata nell’ora di pausa. Nel gruppo c’era anche un soggetto che fu lasciato ignaro di ciò che sarebbe successo. Quando fu il momento gli sperimentatori quasi per gioco proiettarono su una parete bianca un’asticella di 10 centimetri e chiesero a tutti di esprimere un parere sulla lunghezza dell’oggetto. Tutti furono d’accordo su una lunghezza di 20 centimetri, tranne il soggetto ignaro la cui valutazione si avvicinò di molto alla lunghezza reale dell’asticella. Il soggetto, ripreso da una telecamera, di fronte all’insistenza del gruppo entrò in conflitto, perché in lui la convinzione era forte e cominciò a mostrare nei gesti e nel volto i segni di una sofferenza.
Dunque anche quando non accettiamo di uniformarci agli altri può accadere che la pressione del gruppo sia tale che ci crea forte disagio.