Il turismo delle radici
Di Antonio Pistillo
Il fenomeno dell’emigrazione, ha avuto inizio nel 1861 dopo l’Unità d’Italia ed è terminato negli anni venti del XX secolo con l’ascesa del fascismo.
Il secondo periodo di forte emigrazione all’estero, conosciuto come Migrazione Europea, è avvenuto tra la fine della seconda guerra mondiale (1945) e gli anni settanta del XX secolo.
Tra il 1861 e il 1985 hanno lasciato il Paese, senza farvi più ritorno, circa 18.725.000 italiani.
I loro discendenti, che sono chiamati “oriundi italiani“, possono essere in possesso, oltre che della cittadinanza del Paese di nascita, anche della cittadinanza italiana sicuramente in ogni famiglia esiste un membro che custodisce la storia della propria Famiglia e cercherà di tramandare questi ricordi ai propri eredi creando interesse a capire le origini genealogiche nella ricerca della storia familiare.
Quando, però, questo viaggio verso la propria identità non coinvolge il singolo ma una collettività alla ricerca delle proprie origini, questa indagine si trasforma in qualcosa di più approfondito, un viaggio reale di cui a beneficiare non è solo il singolo e i suoi simili ma anche i paesi ospitanti.
Un viaggio genealogico che offre benefici non solo psicologici ma scoprire se stessi praticamente un viaggio retrospettivo della propria Famiglia, Tradizioni, Cultura Sapori, Profumi.
Ecco che nasce il “Turismo delle Radici“
Un Turismo esperienziale che in Italia deve necessariamente decollare perché gli emigrati che hanno formato Famiglie all’estero certamente hanno il desiderio di scoprire le loro origini e fare esperienze irripetibili.
Riportiamo un’intervista di Letizia Sinisi, pubblicata su Buonenotizie.it che riteniamo interessante per le modalità con cui viene affrontata la problematica del Turismo delle radici.
Rooting: il Turismo delle radici