Il tempio di Segesta (Trapani): un misterioso monumento greco in una città èlima
“Quando si contempla questo paesaggio semplice e suggestivo, si sente che lì, soltanto lì, si poteva costruire un tempio greco. I maestri decoratori che insegnarono l’arte all’umanità, dimostrarono, in Sicilia soprattutto, quale scienza profonda e raffinata essi avessero dell’effetto e della scena.
Il tempio di Segesta sembra essere stato posto ai piedi della montagna da un uomo di genio che aveva avuto la rivelazione dell’unico punto in cui lo si doveva costruire: animando da solo l’immensità del paesaggio, che ne esce vivificato e divinamente bello”.
Così scriveva il francese Guy de Maupassant (Viaggio in Sicilia, 1885) dopo la sua visita a Segesta.
Tutta l’area è rimasta pressoché uguale: vaste colline destinate alla semina o al pascolo, modesti rilievi animati da pochi alberi. Poche le costruzioni recenti.
Già da lontano, percorrendo la strada statale o l’autostrada in direzione di Trapani, il tempio, isolato in mezzo ad un mare di colline, colpisce per la sua imponenza. Poi, una volta lasciata la macchina, quando si inizia a intravedere dietro le agavi, le ginestre e gli ulivi, mentre si sale, a piedi, per un largo sentiero, la suggestione è tale che si ha l’impressione che da un momento all’altro quelle colonne dovessero animarsi di gente di un popolo indigeno per certi versi ancora misterioso, gli Èlimi. (1)
Costruito al di fuori dell’area urbana, sui resti di una costruzione più antica, a partire dall’ultimo trentennio del V secolo a.C., il tempio si compone di un crepidoma (basamento) a gradini di circa 61 metri per 26 metri dove poggiano 36 massicce colonne (6 nei lati corti e 14 nei lati lunghi) alti circa 10 metri. Ogni colonna, distanziata dall’altra da uno spazio di circa 2 metri e 40, ha il diametro inferiore di circa 2 metri e quello superiore di circa 1 metro e 50. Le colonne sorreggono ancora tutto l’architrave, il fregio e i due timpani. Nella costruzione sono state adottate diverse raffinatezze come ad esempio la correzione ottica ottenuta mediante una leggera curvatura del basamento, accorgimento riscontrabile solo nel Partenone di Atene.
Secondo gli studiosi il tempio fu realizzato, su progetto di un abile architetto ateniese, da maestranze provenienti dalle vicine colonie con cui la città manteneva rapporti commerciali.
La presenza di un tempio greco in una città èlima, così come le differenze con altri templi dorici e la mancanza di alcuni elementi, hanno fatto discutere gli studiosi, e continuano ad animare ancora oggi numerosi dibattiti, soprattutto in merito alla funzione svolta e ai motivi della costruzione.
Alcuni sostengono che gli Èlimi abbiano voluto costruire un peristilio pseudo-templare, secondo i modi usati dai greci, per dare prestigio ad un luogo di culto indigeno, quindi volutamente lasciato scoperto. Ipotesi, questa, avvalorata dalla totale mancanza, tra il colonnato, della cella interna, elemento essenziale in un tempio greco e generalmente la prima parte ad essere costruita. Altri sostengono che si tratti di un tempio destinato ad un culto greco ma rimasto incompleto, forse a causa della guerra con Selinunte scoppiata nel 409 a.C., come lasciano supporre la mancanza delle scanalature sulle colonne e i perni di pietra nel basamento, generalmente usati per la messa in opera dei conci e rimossi alla fine dei lavori.
Al di là del fatto che si tratti di un tempio finito o meno, destinato ad un culto greco o indigeno, di certo c’è che è giunto a noi in un ottimo stato di conservazione e, nonostante gli oltre 2400 anni di vita, continua a meravigliare per l’imponenza, l’eleganza e le proporzioni armoniose.
(1)Le origini degli Èlimi sono ancora oggi incerte. Tucidide insieme ad altri autori antichi concordano nel sostenere che si tratta di gruppi di troiani fuggiti dall’Asia Minore dopo che la loro città venne distrutta (1184 a.C.) e approdati nelle coste della Sicilia occidentale, nei pressi di Trapani. Altri parlano di un’etnia formata da popolazioni sicane, troiane e focesi o, ancora, proveniente dall’Italia. Un popolo, quindi, già presente in Sicilia all’arrivo dei greci e stanziato nella Sicilia nord-occidentale. Fu molto raffinato e potente al punto da mantenere una certa autonomia e non sottomettersi mai al nuovo dominatore, come fecero gli altri popoli indigeni dell’isola. Assorbì però alcuni modelli della cultura dei greci al punto da lasciarci in eredità uno degli esempi più raffinati di tempio in stile dorico maturo. Le principali città del popolo èlimo furono: Segesta, capitale politico e amministrativa; Erice, importante centro religioso; Entella, ubicata nei pressi di Contessa Entellina; Elima, forse nell’area di Poggioreale; Iaitas, nei pressi di San Giuseppe Jato.