“Il Teatro europeo dal Seicento ai primi del ‘900: storia, caratteristiche ed opere teatrali”
di Giovanni Teresi
Il Seicento è noto come il secolo del teatro e non sorprende che esso sia parimenti un periodo di grande agitazione culturale e sociale, poiché si pongono le basi teoriche del teatro moderno come teatro della rappresentazione, della simulazione, dell’illusione e come luogo di applicazione di nuove tecniche della visione; ma soprattutto come luogo che accoglie ogni fantasia ogni garanzia di un momentaneo sollievo alla precarietà del mondo, alla crisi delle certezze.
Il ‘600 e il crollo delle certezze umanistiche. È un periodo di crisi in cui le grandi certezze cosmiche dell’Umanesimo sono annientate dal nuovo che procede, stravolgendo ogni visione consolatoria della realtà; non ci sono regole a cui affidarsi.
I1 Teatro barocco: temi e protagonisti
Il Barocco, parola dall’etimologia ambivalente e incerta, rimanda a un particolare gusto per la deformità e la meraviglia. La prima, in particolare, è uno dei concetti chiave, dal momento che si è passati dalla lucente linearità cinquecentesca a una realtà «mostruosa» e cangiante.
In questo senso il teatro, attraverso l’osservazione dell’immagine riflessa sulla scena, come lo scudo di Teseo, permise agli uomini di quel periodo di guardare la loro Medusa negli occhi senza restarne pietrificati.
Il teatro si sviluppa storicamente nei periodi di maggior crisi. Il teatro poté così esprimere le grandi inquietudini umane e insieme il desiderio di ordine, cercando di arrivare a un momento catartico, purificatorio, come nell’antica concezione greca. Per questo motivo non stupisce che le grandi stagioni teatrali della letteratura occidentale siano state proprio tre momenti di fortissima crisi: Nella Grecia in crisi del V-IV secolo a.C. con Eschilo, Sofocle, Euripide;
nel XVII secolo: il Seicento appunto, con il grande Shakespeare capofila, e con Calderón de la Barca e Molière; nel XX secolo: si pensi a Neckett, Pirandello, Ionesco, Brecht etc.
Anche nel Seicento i grandi eroi tragici nel teatro devono fare i conti con la tracotanza, la sete di potere e tutte le più viscerali passioni umane: ne è un esempio il personaggio di Don Giovanni, ideato da Tirso de Molina. Il Don Giovanni di Molina rappresenta l’aspirazione al potere, la forza della “Ragion di Stato”. Riflettendo il pubblico come in uno specchio, la scena teatrale permette di osservare da vicino la mostruosità delle vicende umane e il loro incessante affannarsi alla ricerca di un senso.
Teatro del Seicento: sintesi del Barocco
Tra luci e ombre, finzione e realtà, sogno e incubo, tra specchi e maschere che duplicano o nascondo le chiavi del reale, il teatro sembra proporsi come la forma d’arte che meglio sintetizza il Barocco e la sua inquietudine esistenziale. La vita appare inconsistente e tutto procede in un’inesausta, rapidissima fuga. Si contempla una realtà disordinata, deformata.
Il fluire del tempo suggerisce di continuo il memento mori, allegorizzato da scheletri, clessidre e rose avvizzite. «Siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti i sogni», dice enigmatico Prospero ne La Tempesta di William Shakespeare. L’uomo non è che il racconto di sé stesso e svanisce come un sogno al mattino, come nel silenzio svanisce una parola, o come un attore svanisce dietro le quinte. Per un attimo è potente, ma il suo destino è il nulla.
La tradizione teatrale italiana subisce una singolare curvatura durante il Seicento, poiché l’attenzione della Chiesa a contrastare con ogni mezzo tematiche licenziose e poco ortodosse frustrò la fioritura del teatro come istituzione statale (come in Francia o in Inghilterra ), ma lo favorì altrove. Pochi gli autori teatrali: Michelangelo Buonarroti il Giovane (1568-1646), che scrisse la Tancia (1612) e la Fiera (1618); Giovan Battista Andreini (1576-1654), che divise la sua produzione tra l’ambito religioso e quello comico.
IL punto di svolta non è però la prosecuzione della commedia cinquecentesca (come la Mandragola di Macchiavelli), quanto l’affermazione di due nuovi generi teatrali:
la Commedia dell’Arte, basata sull’improvvisazione, con maschere e tipi fissi, con lazzi e gag acrobatiche, affidata alle piazze e ai primi rudimentali teatri;
il Melodramma o «dramma per musica», fondato dalla Camerata de’ Bardi, che vide il suo massimo splendore con Claudio Monteverdi Era rivolta ad ambienti più eletti come corti o accademie.
Dal melodramma all’opera lirica
Entrambi i generi furono a loro modo rivoluzionari e trionfarono nelle grandi città come Venezia, Firenze, Roma e Napoli. In particolare il melodramma diede avvio a quella spiccata tendenza tutta italiana all’opera lirica.
Per ritrovare il teatro di prosa dobbiamo aspettare Carlo Goldoni e la sua riforma teatrale. Tuttavia uno dei più grandi autori teatrali del Seicento italiano è Federico della Valle, riportato all’attenzione della critica da Benedetto Croce nel 1929. Del tragediografo astigiano ci restano tre opere: Iudit (1627), Ester (1627) e La Reina di Scotia (1628), ispirato a Maria Stuarda.
Successivamente,, nella seconda metà del Settecento, sarà Vittorio Alfieri a riproporre la tragedia al pubblico italiano. Sempre sulla scia di tematiche inglesi è da segnalare il Cromuele di Girolamo Graziani (1604-1675), ispirata a Oliver Cromwell.