Il sistema educativo contemporaneo, rappresentato da scuola e università, è segnato da una profonda iniquità
Di Pompeo Maritati
In un’epoca caratterizzata da rapidi cambiamenti tecnologici e da una concorrenza globale sempre più accesa, l’istruzione assume un ruolo cruciale nello sviluppo delle competenze professionali e nella formazione della classe dirigente del futuro. Tuttavia, un fenomeno preoccupante sta emergendo nel panorama educativo: un crescente divario tra le istituzioni di élite, spesso private e costose, e le università pubbliche, che stanno vivendo un progressivo degrado formativo a causa di risorse limitate e di una mancata adeguazione ai tempi. Questa disparità sta contribuendo alla formazione di una classe dirigente di derivazione elitaria, limitando l’accesso alle posizioni di potere e di influenze, a una ristretta cerchia di individui, solitamente quelli provenienti da famiglie già privilegiate economicamente e socialmente.
Il sistema educativo contemporaneo è segnato da una profonda iniquità. Da un lato, abbiamo le università blasonate, le cui rette possono superare le decine di migliaia di euro, capaci di offrire programmi formativi all’avanguardia, opportunità internazionali e un forte legame con il mondo delle imprese e delle professioni. Dall’altro, vi sono le istituzioni pubbliche, che faticano a mantenere alti standard educativi a causa della cronica mancanza di fondi, di strutture obsolete e di un corpo docente spesso sovraccarico di lavoro e demotivato. Questa dicotomia non solo pregiudica la qualità dell’istruzione offerta, ma amplifica le disuguaglianze socio-economiche, rendendo l’eccellenza educativa un privilegio piuttosto che un diritto.
Il degrado formativo nelle istituzioni pubbliche ha ripercussioni dirette sulla composizione della classe dirigente futura. Gli studenti che hanno la possibilità di accedere alle università di élite, beneficiano non solo di un’istruzione superiore, ma anche di una rete di contatti che spesso si rivela determinante nel mondo del lavoro. Di conseguenza, i “figli di papà”, già avvantaggiati dalla culla, trovano un percorso quasi spianato verso le posizioni apicali nelle grandi aziende e nelle istituzioni, perpetuando un ciclo di privilegi e influenze che si autoalimenta. Questo meccanismo esclude di fatto chi, pur dotato di talento e determinazione, proviene da contesti meno abbienti e deve affidarsi a un sistema educativo pubblico in declino.
Le università blasonate rappresentano l’eccellenza educativa, ma anche dell’esclusività. Queste istituzioni si distinguono non solo per la qualità dell’insegnamento e delle infrastrutture, ma anche per una serie di servizi aggiuntivi che arricchiscono l’esperienza formativa, come stage in aziende di prestigio, programmi di scambio internazionale e eventi con ospiti di rilievo. Questo ambiente, altamente stimolante, prepara gli studenti non solo a eccellere nella loro disciplina, ma anche a navigare con disinvoltura negli ambienti professionali più competitivi, offrendo loro un netto vantaggio una volta entrati nel mondo del lavoro.
La perpetuazione di questo sistema elitario ha ripercussioni profonde sulla società e sull’economia. La limitazione dell’accesso alle posizioni di leadership a una ristretta élite riduce la diversità di pensiero e di esperienze all’interno delle stanze dei bottoni, con potenziali effetti negativi sull’innovazione e sulla capacità di risposta alle sfide globali. Inoltre, l’ostacolo alla mobilità sociale alimenta il risentimento e la polarizzazione, minando il tessuto coesivo delle società democratiche e la fiducia nelle istituzioni.
Affrontare il degrado formativo e le sue ripercussioni sulla formazione della classe dirigente richiede un impegno concertato da parte di governi, istituzioni educative e società civile. È essenziale investire in modo significativo nell’istruzione pubblica, migliorando le infrastrutture, valorizzando il corpo docente e aggiornando i programmi di studio per renderli più attinenti alle esigenze del mondo del lavoro contemporaneo. In parallelo, è fondamentale promuovere politiche di inclusione e borse di studio che garantiscano a talenti provenienti da ogni estrazione sociale l’accesso all’istruzione di qualità. Solo così sarà possibile costruire una classe dirigente veramente meritocratica, capace di guidare con equità e visione il progresso delle nostre società.