Il senso dell’autoefficacia di Maurizio Mazzotta
Mostrare capacità di ridere di sé, di ironizzare su se stessi, di prendersi in giro di fronte agli altri non è un voler cadere per autolesionismo nel ridicolo, significa piuttosto accettazione di sé al punto da scherzare sui propri limiti, su alcuni aspetti del proprio carattere e del proprio fisico. La capacità di ridere di sé è un test, che dimostra che la persona ha fiducia in sé. Certamente un ridere di sé che non sia ad ogni occasione, ad ogni piè sospinto per mettersi in mostra e imporre se stessi; si intende un ridere di sé in modo discreto, un prendersi in giro con nonchalance. Una persona così, che si pone con disinvoltura e serenità emotiva di fronte a se stessa, è una persona che ha grande fiducia nelle sue capacità, in ciò che è, in ciò che fa.
Senso di autoefficacia positivo che riguarda le convinzioni che ci siamo formati sulle nostre capacità, per esempio la capacità di instaurare una relazione affettiva con gli altri e di mantenerla; di svolgere un compito; di realizzare qualcosa che in qualche modo possa servire; di raggiungere gli obiettivi che ci prefiggiamo. Queste convinzioni ovviamente influenzano ciò che pensiamo di noi stessi e quindi se ci accettiamo o non.
La capacità di ridere di sé e ironizzare su se stessi rivela senza ombra di dubbio quanta fiducia ha l’individuo in se stesso. Ovviamente c’è altro che dimostra la fiducia in sé, per esempio il far fronte alle pressioni e ingerenze altrui; o il prendere iniziative quando si svolge un compito; l’essere pronto a rischiare; l’essere autonomo nei giudizi.
– Difendersi dalle pressioni e ingerenze altrui, comunicare con convinzione le proprie idee e i propri bisogni.
Imitare gli altri è un’esigenza dell’individuo. Abbiamo bisogno di modelli per imparare e per crescere. Si imita chi si stima e si ammira, le persone a cui si è legati da affetto, come se volessimo conservare dentro di noi qualcosa che appartiene a loro.
Un gruppo ideale è un gruppo coeso e la coesione è determinata dalla conoscenza e accettazione reciproca, dall’accettazione degli scopi dello stare insieme, dall’accettazione della cultura del gruppo, dalla tolleranza verso le innovazioni, dal desiderio di imitarsi. La consapevolezza di tutto ciò è consapevolezza di gruppo; è sorto il bisogno di stare insieme, di uniformare atteggiamenti e comportamenti. L’individuo sostituisce l’io al noi. Ma c’è un pericolo! L’imitazione può mascherare il conformismo.
Il conformismo è l’adesione dell’individuo ai valori e alle norme del gruppo per cedimento alle pressioni che il gruppo opera su di lui. Per resistere ci vuole una forza non comune. Questa capacità ci dice quanta fiducia l’individuo pone in se stesso. Anche perché le conseguenze sono dure: si rischiano l’allontanamento e l’esclusione. In genere chi è in grado di resistere alle pressioni sostiene anche con convinzione le proprie idee e i propri bisogni e, proprio perché si è convinti, si è in grado di resistere.
– Prendere iniziative, essere pronti a rischiare.
Una persona che ha fiducia in sé è capace di prendere iniziative quando svolge un compito, è una persona che rischia. Sono comportamenti che si manifestano in particolare nelle personalità creative. Non potrebbe essere diversamente: per definizione il creativo è sicuro di sé; può anche apparire timido in società o nella sfera affettiva, oppure nei campi produttivi che non gli interessano, persino essere schivo nel suo stesso campo se è insieme agli altri, ma quando è solo va avanti per conto suo, prende l’iniziativa, è pronto a rischiare, è autonomo.
Quando si parla di rischio si intende dire che si ha paura della gaffe, che si teme di esporsi e di manifestarsi, di essere giudicati. Di apparire ridicoli. Uno che non ha paura di apparire ridicolo è il primo a scherzare e ridere di sé. Ecco, il cerchio degli atteggiamenti e dei comportamenti, che significano fiducia in sé, si è chiuso! La fiducia in sé si manifesta con questi tratti di personalità fortemente correlati tra loro.
– Essere autonomo nei giudizi.
Ma c’è ancora il massimo della fiducia in sé, che sarebbe: essere autonomo nei giudizi. Naturalmente una autonomia che si basa su una competenza solida; ma anche con un forte conoscenza in ciò che deve essere valutato, non è facile essere autonomi nei giudizi. Quante sono le persone che pure hanno autorità in un campo e che, ciononostante, si uniformano ai giudizi dei loro colleghi? L’autonomia nel modo di pensare è troppo importante, merita un discorso a parte, che spero di riprendere.
Può essere utile scoprire l’origine di questo senso di autoefficacia positivo, questa fiducia in se stessi che ci fa vivere meglio di altri, che ci pone di fronte agli altri senza timori, che ci permette di affrontare i problemi che la vita ci presenta continuamente lungo il cammino, ad ogni svolta; soprattutto che ci dà la forza del recupero, della ripresa, della lotta.
Alla base ci sono i nostri successi, ma anche quelli degli altri, e ancora, importante: ciò che gli altri mostrano di aspettarsi da noi. Per questo motivo ciò che segue è – in particolare – rivolto a genitori e a insegnanti, a dirigenti e a conduttori di gruppi di lavoro. La dimensione dello scritto resta limitata perciò anche il discoro della leadership prima o poi sarà affrontato.
– Per cominciare: sulla fiducia e sulla nascita di un senso di autoefficacia positivo incidono, ovviamente, gli stati emotivi e fisiologici come la stanchezza fisica, lo stress, i dolori, la salute che vacilla e le malattie che ci affliggono,
– I nostri successi: un valido senso di autoefficacia si forma quando le esperienze di successo hanno richiesto uno sforzo continuo, una dura fatica. Quando abbiamo la sensazione che abbiamo conquistato qualcosa, che abbiamo superato le difficoltà.
Se siamo abituati a successi facili, a continui risultati positivi nelle nostre realizzazioni, non saremo in grado di affrontare gli eventuali insuccessi, e saremo pronti a scoraggiarci facilmente. Se poi accade il contrario, che per una serie di motivi e di condizioni, raramente abbiamo successo in ciò che facciamo, allora ci costruiremo un senso di autoefficacia negativo: la fiducia in noi sarà nulla.
– I successi degli Altri: quando gli Altri rappresentano dei modelli per noi (per esempio un genitore, un fratello maggiore), le loro esperienze si ripercuotono su di noi e i loro successi o insuccessi rafforzano o indeboliscono la fiducia che abbiamo in noi stessi.
– In ciò che gli altri dimostrano di aspettarsi da noi: chi è abile nel potenziare l’autoefficacia negli altri non comunica soltanto valutazioni positive ma predispone anche le condizioni per il successo. Questo è un fattore che spesso genitori, insegnanti e responsabili di gruppi di lavoro prendono poco in considerazione, sarebbe utile invece che soprattutto costoro si autoosservino, anche semplicemente chiedendosi: sono o non sono creatore del successo degli altri? Dobbiamo considerare che a volte il successo di altri torna utile anche a noi: si pensi a un figlio che non ha fiducia in sé o a un altro che ci riempie di soddisfazione perché fa bene ciò che fa ed è contento; agli alunni, quelli spinti dagli insuccessi che manifestare comportamenti aggressivi e quelli i cui successi li rendono sereni; a gruppi di lavoro che operano per dovere e a quelli galvanizzati dai successi che fanno, per questo, la fortuna dell’azienda.
Noi elaboriamo tutte le informazioni che riceviamo dalle nostre esperienze, dirette e indirette, e in questo modo ci formiamo le aspettative che abbiamo di noi stessi, e ci immaginiamo vincenti o perdenti. Naturalmente ci sono delle conseguenze: la motivazione a fare e a realizzare, la voglia di rischiare e di essere autonomi si rafforzano o si indeboliscono ma, se si indeboliscono, in agguato ci sono ansia e depressione.