Il Salento dopo il G7 di Borgo Egnazia. Una conversazione-con:Francesco Billari: Rettore UniBocconi, Demografo – Egidio Zacheo: Prof. Scienze politiche, Unisalento, già Sindaco di Campi Salentina – Daniela Cavallo: Prof.ssa marketing Territoriale UniVerona
di Enrico Conte
A tre mesi dal G7 di Borgo Egnazia resta l’eco dell’evento che ha messo al centro dell’attenzione mediatica globale la Puglia e il Salento.
Le ricadute, e i frutti, di questa visibilità si produrranno nel tempo, molto probabilmente intercettando e consolidando flussi di turisti internazionali e investimenti collegati (resort di lusso), che già da anni riportano il segno positivo, nel quadro di un ventennio di sviluppo del turismo in Puglia il cui 40 % è ormai destagionalizzato. Il turismo internazionale registra infatti (agosto 2024) un più 33%, con gli operatori del settore che si interrogano su come consolidare e sviluppare l’offerta di fascia alta, partendo dall’aggiornamento del piano strategico regionale, dalla necessità di alzare e diffondere la qualità dei servizi pubblici e privati, da iniziative di formazione diffuse per tutti gli operatori, da investimenti pubblico privato.
Ma lo sviluppo di un territorio non è dato solo dal turismo, e dal valore aggiunto che esso produce per il tramite delle molteplici iniziative culturali che costellano la Puglia e il Salento. Spenti i fari restano i nodi da sciogliere, in un territorio del Mezzogiorno che, pur contrassegnato da un PIL nel periodo 2019-2023 con un tasso di crescita pari al 6,1%( F.ti Istat e Svimez) superiore alla media nazionale del 3,5%,registra ritardi infrastrutturali, nella mobilità, nei servizi pubblici e nella organizzazione di quelli privati, negli indicatori socio educativi, e sui quali prova ad intervenire il PNRR per attenuare i divari territoriali, di genere e generazionali.
Su tutto gravano due fattori sistemici che pesano sul Paese, ma ancora di più sul Mezzogiorno: il calo demografico e l’emigrazione dei giovani. Il Sud, negli ultimi venti anni, ha perso 2,1 milioni di abitanti.
Questa conversazione parte, pertanto, dalla costatazione di un paradosso perché, se dal punto di vista del turismo la Puglia e il Salento continuano ad attrarre un pubblico giovane (si pensi alla “Notte della Taranta” che, nella recente edizione, ha attirato a Melpignano più di 150mila persone e un milione di utenti davanti alla diretta TV), dall’altro il territorio non riesce, salvo eccezioni individuali, a trattenere sistematicamente, e ad attrarre i ragazzi che, piuttosto, emigrano in contesti dove le condizioni socio economiche (per studi, alloggi, servizi, paghe) sono più allettanti. Fenomeno, quest’ultimo,che in realtà riguarda tutto il Paese.
D. Fatta questa premessa, proviamo ad allargare lo sguardo e a collocarlo oltre il Salento. Se ciascuno di voi fosse il comandante di una nave ( il nostro Paese) che sta imbarcando acqua e che, stando ai dati demografici e alla loro proiezione a cura del Rapporto Poputation Division dell’ONU del 2024 e dello stesso Istat, porterà l’Italia ad essere, tra cinquant’ anni, una nazione divisa in tre, con le aree economicamente più avanzate che terranno dal punto di vista demografico, ma con un Mezzogiorno che sarà a rischio desertificazione ( la popolazione nel Nord passerà da 27 milioni a 24, al Centro da 11 a 9, nel Sud da 19 a 11 milioni, cfr Roberto Volpi, La Lettura dell‘8 settembre 2024): cosa fareste?
Francesco Billari: correggere la rotta, come l’Italia è già stata capace di fare nel secondo dopoguerra con la Costituzione del 1948 e, successivamente, aderendo al processo di integrazione economica dell’Europa.
E farlo mettendosi, tutti, intorno ad un tavolo: abbiamo esempi di figure istituzionali di spicco, penso a Mario Draghi e a Enrico Letta, che ci hanno provato, parlando del futuro, non solo dell’immediato presente.
L’occasione potrebbe essere quella del Piano strutturale di Bilancio, che deve essere presentato alla Commissione europea, ma sarebbe necessaria una riflessione più ampia sul futuro dell’UE e sulle sue implicazioni interne. Con uno sguardo largo sui problemi, e lungo per le soluzioni da trovare, insieme, come esercizio di coesione, ripeto già praticato dal Paese.
Egidio Zacheo: il Salento non è solo quello che è emerso durante i giorni del G7. Il suo carattere, le sue peculiarità, la sua storia, non sono stati raccontati, basti pensare che, a pochi chilometri da Borgo Egnazia, c’è Castel del Monte, una meraviglia realizzata da Federico II di Svevia, imperatore eclettico dalla straordinaria cultura, famoso per la curiosità intellettuale, Stupor Mundi come fu chiamato, e che penso avrebbe potuto essere raccontato come fattore di identità del territorio. Un “comandante di nave”, in questo caso partendo dal basso e dal territorio, dovrebbe fare leva sulla conoscenza e sulla sua divulgazione, possibilmente in collaborazione con le università pugliesi ed il mondo associativo.
Tutto questo mi sembra sia mancato in concomitanza con il G7 di Borgo Egnazia, anche come esito di un processo, di una collaborazione a rete tra le istituzioni formative e culturali del territorio che, forse, avrebbero potuto raccontare, con più profondità e analisi storica, le radici del luogo dove si teneva il summit.
C’è da chiedersi, adesso, se si stia lavorando per migliorare le iniziative di sistema partendo dalla terza missione dell’università, che potrebbe servire per legare la ricerca ai bisogni di un territorio e per far conoscere meglio lo spirito dello stesso, dove il turismo di massa non è solo mordi e fuggi.
D. Partendo dalla messa in discussione di un modello di sviluppo fondato esclusivamente sul turismo ( cfr. per tutti, Istituto Tagliacarne, Aforisma) per costruire un “modello integrato di innovazione territoriale di successo”, che Dan Breznit, dell’Università di Toronto, occupandosi di una serie di casi di periferie competitive che sono riuscite a riprendersi dalla crisi economica (Galway, Ruhr, Triangolo della ricerca in North Carolina) chiama dei “luoghi reali”, e che si contrappongono ai modelli calati dall’alto,
cosa possono fare le Istituzioni locali e su quali leve possono puntare?
Daniela Cavallo: Prendere consapevolezza, che è il primo passo verso la costruzione di una strategia integrata di valorizzazione territoriale, mappare bisogni e servizi per disegnare lo stato delle arti, aprire un ufficio bandi e magari costruire un Piano di Marketing territoriale bottom up che parta dalla comunità prima di ogni forma di turismo.
Puntare sui Comuni e sui consorzi di Comuni, attraverso iniziative che si facciano catalizzatrici di idee, laboratorio attivo, Hub: creare un sistema di rete territoriale per gli abitanti, ma anche per realizzare un’offerta consapevole e strategica. Con uno sguardo a quando il turismo, in Salento, calerà fisiologicamente per trasformarsi da quantità a qualità, ottimizzando e valorizzando le risorse.
Ragionare pensando al Turismo come una forma di “Economia dei visitatori” (Simtur) incentivando attraverso bandi (PNRR) micro attività imprenditoriali legate all’agricoltura, alla cultura, all’innovazione per fare diventare attrattivo il territorio per imprese più grandi e per costruire una migliore offerta di servizi agli abitanti: è la qualità della vita di un luogo oltre alle sue bellezze che seduce i visitatori.Workshop, summer school, laboratori, Hub, sono formule utili per cominciare a solleticare la comunità sul tema della formazione e partecipazione, aprendo ad un confronto multidisciplinare che è necessario per affrontare quel soggetto vivente ad alta complessità che è il territorio.Non ci sono, a mio parere, territori belli o brutti, ma capiti o non capiti.
D. E il mondo dell’impresa e quello del Terzo settore?
Daniela Cavallo: i Comuni dovrebbero lanciare due manifestazioni d’interesse per mappare le risorse del territorio. La prima per individuare le imprese culturali e creative, la seconda per avere una lista delle associazioni culturali e creative, successivamente creare tavoli di confronto per fare scaturire idee. Se non si conosce quel che si ha non si può valorizzare.
D.E’ possibile affiancare agli investimenti e alle misure del PNRR, volte a diminuire i divari territoriali, di genere e generazionali, un piano locale di investimenti che, orizzontalmente e trasversalmente, con pragmatismo, serva da un lato per colmare una certa assenza di visione d’insieme del Piano di Ripresa, e per un altro per delineare un modello esperienziale di sviluppo dal basso, basandosi su ricerche e analisi condotte dalle università, dalle PA, dal mondo delle imprese e dai soggetti del Terzo settore?
Daniela Cavallo: A mio parere un passo alla volta. Si parte dalla presa di coscienza e poi, via via, con la costruzione di una visione. Il resto sono strumenti.
D. Se al centro di questo ragionamento c’è l’idea che l’innovazione progressiva nei luoghi reali si perfezioni attraverso un metodo che coinvolge molteplici attori, con una collaborazione tra sfera pubblica e privata, è pensabile che vengano realizzati “studentati universitari”, da integrare con quelli finanziati dal PNRR, con il supporto di capitali privati e con la logica del project financing, per trattenere attrarre sul territorio, in una logica di internazionalizzazione delle università, giovani studenti magari provenienti dall’ area mediterranea?
Francesco Billari: Assolutamente si. La formula del project financing per gli studenti universitari è praticata in Europa, e potrebbe rispondere, da una parte al bisogno di alloggi degli studenti, dall’altro potrebbe contribuire a rendere quel territorio più attrattivo, penso ai ragazzi di area mediterranea.
Sono strutture con molteplici scopi sociali e culturali. Agire sui servizi di supporto allo studio universitario con le logiche del Campus aiuta a sviluppare logiche di sistema.
Certo, resta il problema delle tasse universitarie (UniSalento, per esempio, mi diceva il Rettore Pollice, risente del numero di studenti che non le pagano perché con Isee bassi e con ciò finendo per incidere sulle risorse disponibili).
Ma l’Italia, a differenza della Germania, ha scelto di mantenerle sul privato e di non caricarle, come in quel paese, sullo Stato.
D. E’ pensabile che, anche per trattenere studenti, attraverso partenariati pubblico privati con le università (Bocconi, UniBari, UniFoggia, Politecnico di Bari e Unisalento), vengano realizzati Corsi on line sulla falsa riga dei programmi Cometa, ripresi nel libro di Francesco Billari ” Domani è oggi”, per realizzare iniziative formative speciali? Partendo dalla necessità di intervenire sulle strutture culturali radicate che vanno aggiornate, per alimentare le condizioni per “capacitare”, nell’accezione di Amartya Sen, le PA e i servizi, e per trattenere e attrarre sul territorio risorse umane qualificate, grazie ad un offerta formativa che investa su figure professionali attrezzate per affrontare i cambiamenti in atto?
Francesco Billari: studiare anche lontano dal proprio luogo di originaria residenza è un fatto positivo, perché serve per alimentare l’apertura mentale e lo scambio culturale. Penso piuttosto che sarebbe necessario investire di più sulla capacità del territorio di attrarre risorse di ritorno. Puntare sul trattenimento comporta il rischio di alimentare un’identità chiusa in se stessa. Meglio lavorare sul territorio e sulle condizioni che lo rendono attrattivo non solo dal punto di vista strettamente turistico. E non dimenticando la questione demografica che rischia di produrre impatti critici, in particolare al Sud, insieme ad altri fenomeni non governati, quali l’immigrazione e l’integrazione. Il punto, tuttavia, non saràspingere a fare figli ma a diventare genitori, favorendo un sistema di politiche coerenti che comprenda tante misure di insieme, che creino un sistema stabile e certo, che alimenti fiducia nel futuro, fatto di aiuti per le famiglie più povere, benefici fiscali per il ceto medio e politiche di conciliazione scuola lavoro, con congedi di paternità, nidi e scuole a tempo pieno.
Le università devono attirare i giovani brillanti e agire in maniera complementare con le comunità locali.
Enrico Conte