Il ricordo legato al giorno in cui con Jurij Gagarin l’uomo per la prima volta vola nel cosmo
di Zornas Greco
Era il 12 aprile 1961, una data che ha segnato la storia dell’umanità. Quel giorno, il cosmonauta sovietico Yuri Gagarin è diventato il primo uomo a volare nello spazio, compiendo un’orbita attorno alla Terra a bordo della capsula Vostok 1. Io avevo dieci anni e ricordo ancora l’emozione e la meraviglia che provai quando sentii la notizia alla radio. Era come se un sogno si fosse avverato, come se un nuovo mondo si fosse aperto davanti ai miei occhi.
A scuola, non parlavamo d’altro. Io e i miei amici eravamo affascinati da quella straordinaria impresa, che ci faceva immaginare la conquista dell’universo. Leggevamo con avidità i giornali e le riviste che raccontavano i dettagli della missione, le foto di Gagarin con il suo casco e la sua tuta spaziale, le sue parole pronunciate dalla capsula: “La Terra è blu. Come è bella!”. Ci sentivamo parte di una grande avventura, di una sfida che coinvolgeva tutta l’umanità.
Oggi, a distanza di tanti anni, quel ricordo è ancora vivo in me. Penso a quanto sia stato coraggioso e audace Gagarin, a quanto sia stato importante il suo gesto per la scienza e per la pace. Penso anche a quanto sia cambiato il mondo da allora, a quante altre scoperte e innovazioni abbiamo fatto nello spazio e sulla Terra. E penso che dobbiamo essere grati a Gagarin e a tutti coloro che hanno contribuito a realizzare il suo sogno, perché ci hanno insegnato che nulla è impossibile se si ha la volontà, la passione e la curiosità di esplorare l’ignoto.
Questo è il mio ricordo legato al giorno in cui con Gagarin l’uomo per la prima volta va nello spazio. Un ricordo che mi fa sentire orgoglioso di appartenere a questa specie capace di superare i propri limiti e di guardare oltre l’orizzonte.