IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

Il Pensiero Mediterraneo di Ippocrate e la grande armonia

Ippocrate_di_Coo_-_Studiolo_di_Federico_da_Montefeltro

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1. L’attuale impellente bisogno di armonia

     Al giorno d’oggi il bisogno maggiore della civiltà occidentale e del resto del pianeta, avvertito sempre più dolorosamente, è il recupero dell’armonia in sé, o armonia degli opposti o “grande armonia”, come la definisce Johann Wolfgang Goethe, della quale da tempo è stata smarrita la consapevolezza. La locuzione “grande armonia”, utilizzata da Goethe nella Lettera a Karl Ludwig von Knebel del 17.11.1784 esprime la radicale importanza dei due principi costitutivi dell’universo e ci aiuta a comprenderne la natura. Ma si tratta di un’antica scoperta conoscitiva del pensiero mediterraneo, dei suoi miti e della sua filosofia. Come più volte ha compreso il pensiero mediterraneo, ogni cosa è radicata in un sistema di due principi opposti complementari, l’armonia in sè o grande armonia. È il fondamento universale, la struttura duale e in pari tempo unitaria dell’Essere: è nostro compito e destino prenderne piena coscienza.

     Ciò di cui oggi siamo carenti è, per l’esattezza, l’equilibrio tra i due poli opposti dell’armonia in sé o grande armonia. L’attuale sconcertante squilibrio ecologico lo rende più che mai evidente. Le relazioni tra l’uomo e l’ambiente e tra l’uomo e l’altro uomo sono sempre più sconvolte. Trovare un rimedio è un’urgenza non procrastinabile. La mancata conoscenza e l’eventuale disinteresse nei confronti di questo tema incombono come una minaccia catastrofica sul mondo contemporaneo, sommerso dai rifiuti e alle prese con problemi gravissimi di disarmonia, o meglio di squilibrio armonico, come lo scioglimento dei ghiacciai, la disastrosa proliferazione della plastica, l’avvelenamento delle acque e dei mari, l’eccesso di anidride carbonica nell’atmosfera, il sovvertimento del clima, l’alterazione dell’ecosistema vegetale. Tra gli altri gravissimi squilibri, le recenti pericolose infezioni della xilella degli ulivi, del coleottero delle palme o del coronavirus responsabile dell’attuale rovinosa pandemia mondiale hanno una forte e definita relazione con l’inquinamento ambientale. E non c’è dubbio che a cagionare quest’ultimo sia stato l’insensato eccesso di produzione, lo sfruttamento incontrollato del pianeta e la tecnoscienza priva di un reale bilanciamento con la materia sulla quale interviene. Le nazioni, troppo spesso, per superare gli stati concorrenti, accrescono e affidano il potere alla tecnologia che, nonostante alcune meritorie acquisizioni positive, in fin dei conti da mezzo diventa scopo, alterando la propria natura di ausilio dell’uomo. Il pensiero contemporaneo è ammalato. Occorre una terapia d’urto del pensiero. Può aiutarci grandemente un ritorno avvertito, lucido e intelligente all’antico pensiero mediterraneo. Ricchissimo di miti e di risorse, l’antico pensiero mediterraneo, che ha trovato in Grecia e in Magna Grecia due formidabili baluardi, balugina d’una luce sempre più forte nelle nostre coscienze.           

2. Ippocrate di Kos, simbolo della medicina par excellence, e la rivoluzione ionica

    Il grande medico Ippocrate di Kos, autore del celebre “giuramento” utilizzato ancora oggi dai medici contemporanei al momento della laurea, è una personalità straordinaria come Pitagora e, non a caso, proviene dalla stessa zona, la Ionia. Ippocrate è un personaggio storico realmente vissuto, un maestro, un eroe e un simbolo potente della conoscenza e della medicina par excellence. Come Pitagora, è un viaggiatore che si reca in diverse località e in Egitto, è un punto di riferimento culturale per tutta la Grecia, e a lui vengono attribuiti una sessantina di trattati, il cosiddetto Corpus Hippocraticum, dei quali non si sa esattamente quali e quanti siano di suo pugno. Come nel caso di Pitagora, Ippocrate è un grande simbolo greco e mediterraneo al quale afferiscono numerose correnti culturali, e il suo pensiero è per lo più condensato nella scuola ippocratica. Dobbiamo riferirci quindi anche ai suoi allievi, come nel caso del suo genero Polibio, per conoscere le idee del maestro. Nonostante la scarsità di fonti certe, molti caratteri del pensiero di Ippocrate possono essere ricostruiti con sufficiente attendibilità. Ippocrate nasce nel 460 a.C., nel secolo d’oro ellenico, a Kos, isola colta, elegante e raffinata della Ionia, uno straordinario angolo del Mediterraneo fatto di isole e penisole del mare Egeo, oggi diviso tra Grecia e Turchia. Ippocrate è uno dei frutti maturi della rivoluzione ionica, vero e proprio rivolgimento culturale nel modo di pensare la Natura o Physis, che viene vista non più come un insieme di forze magiche e mitiche ma come un corpo divino, vivente e animato da studiare e da comprendere. Gli attori della rivoluzione ionica sono, a mio avviso, non solo i cosiddetti filosofi “fisici”, come Talete di Mileto, Anassimandro, Anassimene, ma anche i teorici dell’armonia come Pitagora di Samo ed Eraclito di Efeso, che mettono a tema e valorizzano radicalmente la struttura oppositopolare dell’universo. Gran parte del nuovo pensiero di quest’epoca, in diretta connessione con la rivoluzione ionica, riguarda anche la Magna Grecia, con pensatori come lo stesso Pitagora che si trasferisce a Crotone, Alcmeone, Filolao, Empedocle, Parmenide, Archita, Aristosseno e via dicendo. È un momento importantissimo per la storia dell’umanità perché all’incirca nel VI sec. a.C. nella Ionia nasce la filosofia in quanto tale e la riflessione sull’armonia. Ippocrate si avvantaggia di questo retroterra culturale e studia la relazione tra medicina e armonia. Discende dalla famiglia di medici detta degli Asclepiadi, che ritiene di avere per antenato lo stesso dio della medicina Asclepio e che trasmette l’arte medica per via ereditaria. Ippocrate, però, ha qualcosa di diverso, è molto legato alla filosofia e incarna il meglio del pensiero greco. Il suo atteggiamento nuovo consiste nello specifico “saper vedere” del medico, concepito come modo di osservare, capacità di analisi, ricerca incessante dei segni e delle cause fisiche, presa di posizione coraggiosa e personale di fronte alla realtà.

3. Ippocrate e la ricerca delle cause della malattia

     Dobbiamo dissentire da coloro che pongono Ippocrate come emblema dell’ateismo o di una prospettiva scientifica esclusivamente materialistica. Il maestro di Kos non nega il divino in quanto tale. Nega l’idea che il divino provochi le malattie o le risani a suo piacimento. L’uomo non può essere svalutato al punto tale da essere annullato dal dio, come non di rado si crede nella bassa magia o nelle religioni monoteistiche. La malattia non può essere ingiustificatamente causata dal dio e da lui stesso guarita: è un’aporia logica. Questo annullerebbe l’essenza stessa dell’uomo e lo renderebbe un fantoccio tra le mani di una divinità capricciosa. Ippocrate, per questo, taglia fuori dalla ricerca i medici che si affidano solo alla divinità, i maghi, i ciarlatani e i venditori di falsi medicamenti. Nel breve trattato La malattia sacra mette in luce la causa naturale e non divina di malattie come l’epilessia. Polemizza vigorosamente contro i medici che curano l’epilessia con rituali magici e le attribuiscono un’origine divina. La parola che esprime meglio la novità di Ippocrate è eziologia, che vuol dire la ricerca della ricerca delle cause (aitía) della patologia.

     Il pensiero del medico di Kos, per quanto ci è dato di sapere, non consiste nel rifiuto del divino ma in un divino razionale, come sostiene l’esperto Jacques Jouanna nel saggio Ippocrate, apparso sul XII volume della Storia Einaudi del Greci e dei Romani: Gli Intellettuali e il pensiero, vol. XII. Ippocrate si basa, dobbiamo riconoscere, su idee prossime a quelle dell’influente filosofo magnogreco Parmenide di Elea, nato intorno al 515 a.C. secondo Platone, anch’esso medico, per il quale “l’Essere è e non può non essere”, principio assoluto che nega categoricamente e necessariamente l’esistenza del nulla. C’è nella riflessione di Parmenide un passaggio logico essenziale che assomiglia alla posizione di Ippocrate: se il nulla non esiste l’uomo non può essere annullato nemmeno da un dio, e questo limita i poteri dell’Essere supremo, che è razionale ma non può essere onnipotente. L’Essere supremo non può, ad esempio, mutare il destino e fare in modo che il passato non sia mai avvenuto. A ben vedere, egli coincide con la Physis dei fisici ionici, e quindi con la grande madre Natura spesso pensata come ápeiron, vale a dire come infinito. L’Essere supremo infinito non può annullare nessuna sua parte, vale a dire non può negare se stesso. La Ionia è anche molto vicina a Efeso, la patria di Eraclito, che medita su questioni analoghe e, com’è risaputo, valorizza l’armonia nascosta. Anche Ippocrate riprende l’arcaica tradizione dell’armonia, pensa la divinità come Natura e adotta quella che qualcuno definisce impropriamente una sorta di “medicina laica”. In tale chiave, l’ammalato e le sue sofferenze vengono rispettati pienamente, e la cura deve avvenire senza che il medico approfitti di lui, come è ribadito nel “Giuramento”. Ippocrate rimarca anche l’importanza del cibo, dell’aria, dell’acqua e dei luoghi, ossia studia le circostanze che influiscono sull’uomo come cause (aitía) delle patologie. L’eziologia cerca le cause tramite la semeiotica (dal greco σημεῖον, semèion, “segno”, e dal suffisso “iké”, “relativo a”), disciplina che analizza i sintomi e i segni clinici, e tramite l’anamnesi, per consentire una corretta diagnosi e una terapia adeguata.

    Quella di Ippocrate, dobbiamo precisare, non è una “medicina laica” nel senso attuale della parola. Non a caso, il giuramento scritto da Ippocrate intorno al IV sec. a.C. ricorre al pántheon ellenico. È fondato, infatti, suApollo medico, dio dell’armonia che assieme a Dioniso forma un’endiadi oppositopolare, su Asclepio, Igea e Panacea, numi tutelari della medicina anch’essi, spesso rappresentati con il simbolo classico armonico del caduceo, e su tutti gli dèi e le dee come testimoni. Il simbolo del caduceo, un serpente che si avvolge su un bastone, ancora oggi in uso nel mondo medico e farmaceutico, rappresenta per l’appunto l’armonia degli opposti. Sussiste un rapporto definito anche con il celeberrimo santuario di Delfi, il cui nome duale vuol dire vulva o utero, luogo simbolico dell’armonia degli opposti per il Mediterraneo e per tutto il mondo ellenico. Il nume archetipico di riferimento di Delfi ai tempi di Ippocrate è proprio il dio della medicina Apollo, che va considerato sempre in coppia armonica con il suo opposto Dioniso. Apollo, tra i pacati peana dei suoi fedeli, governa il santuario fino ai mesi invernali, durante i quali viene sostituito dal suo opposto complementare Dioniso per il quale vengono cantati e danzati frenetici ditirambi, si reca agli Iperborei e torna a primavera con il risvegliarsi della Natura e col fiorire della pianta di alloro, suo attributo classico. È un ciclo ritmico e armonico. Non a caso a Delfi, luogo sacro dell’armonia, vengono raccomandati due precetti essenziali: “conosci te stesso” e “nulla di troppo”. In altre parole, secondo la filosofia delfica nell’indagine su se stessi, ci si imbatte necessariamente nella necessità dell’osservanza della misura, ossia dell’equilibrio tra gli opposti. La misura concepita come equilibrio tra gli opposti è il grande valore della medicina e dell’etica greca. Ora, l’equilibrio tra gli opposti armonici è proprio ciò che abbiamo indicato come la terribile perdita del mondo contemporaneo. 

4. Ippocrate, la teoria degli umori e la grande armonia

     Con Ippocrate e la sua scuola siamo ancora in una medicina del mythos, ma vengono intuiti molti aspetti del logos. Una delle cause principali della malattia, rileva Ippocrate, è proprio la perdita di armonia, o meglio dell’equilibrio delle proporzioni tra le parti del corpo che, si osservi bene, può verificarsi per molti motivi, da individuare con l’anamnesi e la diagnosi. Questo equilibrio va restituito al più presto all’infermo se si vuole ristabilire la salute. La principale applicazione dei principi dell’armonia degli opposti alla medicina è la cosiddetta “teoria degli umori” di Ippocrate. È Polibio, discepolo e genero di Ippocrate, a mettere nero su bianco nello scritto La natura dell’uomo la prima formulazione della teoria degli umori:

– Il corpo dell’uomo contiene del sangue, del flegma, della bile gialla e della bile nera. Ecco cosa costituisce la natura del corpo; ecco la causa della malattia o della salute. In queste condizioni, vi è salute perfetta quando questi umori sono in giusta proporzione tra di loro sia dal punto di vista della qualità che della quantità e quando la loro mescolanza è perfetta. Vi è malattia quando uno di questi umori, in troppo piccola o in troppo grande quantità, si isola nel corpo invece di rimanere mescolato a tutti gli altri -.

I quattro umori sono gli opposti sangue e flegma (vitalità e calma) da un lato, e dall’altro gli opposti bile nera e bile gialla (malinconia e allegrezza). In tal modo i quattro umori sono armonicamente correlati e raccolti in un tutto unitario. Così, ad esempio, in base ai principi armonici, la tristezza morbosa e ostinata o malinconia (melancholía) è una patologia da curare con il suo opposto “allegrezza”, in senso allopatico, come accade nella musicoterapia. La melancholía (dal greco μέλας, “nero”, e χολή, “bile”) viene associata a metafore di oscurità, perdita di forza vitale e simili, e viene compensata con il suo contrario. Secondo l’enciclopedico medico e studioso Galeno di Pergamo, nato nel 129 a.C., che ugualmente si basa su Ippocrate, i quattro umori corrispondono ai quattro temperamenti o forme di carattere collerico, flemmatico, sanguigno e melanconico, che sono ugualmente tra loro correlati armonicamente. Per Galeno, come per Ippocrate, si tratta di caratteri basati non solo sulla costituzione fisica e mentale, ma anche sulle influenze provenienti dall’ambiente circostante.

      Per comprendere la natura degli umori e degli analoghi temperamenti entra in gioco necessariamente il pensiero armonico mediterraneo: bisogna immaginarli, dobbiamo riconoscere, non come elementi materiali ma come principi o forze che vengono compensati dal loro opposto complementare. Non sfugga il ruolo primario e incontestabile dell’equilibrio (isorropia e isonomia) tra queste forze, che corrisponde alla mescolanza e alla proporzione tra esse in grado di garantire la salute. L’armonia in sé o “grande armonia” è anche unità e integrazione dell’uomo con tutto l’universo. È un insieme nel quale il microcosmo è l’opposto complementare del macrocosmo, e non può essere altrimenti. Grande la prossimità con la cultura orientale del taoismo, che pone come fondamento universale l’unità delle due forze yin e yang, femminile e maschile, concentrazione e dilatazione, morte e vita. La teoria degli umori ha influenzato tutta la storia della medicina fino all’illuminismo e al positivismo. E non di rado ha fallito, anche se nel campo vastissimo della psicologia e dell’intelligenza emotiva ha ancora numerosissime applicazioni. Si tratta, a mio avviso, di riprendere le ricerche, integrandole con le scienze orientali dell’armonia, come l’agopuntura, che di frequente riescono ad essere terapie efficaci.

    Con Ippocrate, infine, dalla medicina magico-religiosa, che si presta al pressappochismo e alla superstizione, si passa a quella scientifica e razionale, ma il suo metodo è anche una forma di umanesimo mediterraneo, che consiste nel rispetto, durante la terapia, per l’uomo ammalato, di qualsiasi condizione sociale esso sia. L’eccellenza greca è un pensiero mediterraneo che, comunque, non è esente da errori. Anche oggi nel tempo dello smarrimento dell’armonia, occorre tornare alla matrice, la Grecia antica, faro luminosissimo di civiltà, perché, non sembri retorico, non solo le conquiste ma anche gli errori sono stati compiuti in Grecia. Quindi è sempre nel pensiero greco antico che dobbiamo andare a cercare per individuare le fasi in cui, più o meno periodicamente, l’uomo come oggi ha perduto l’armonia e le fasi in cui può ritrovarla e migliorarne la conoscenza. Nel recente passato la struttura incontrovertibile dell’armonia, purtroppo, è apparsa di sovente come qualcosa di obsoleto, e il pensiero contemporaneo è giunto persino a teorizzare la prevalenza della disarmonia, ad esempio in non poche avanguardie artistiche e filosofiche. Oggi i fallimenti pratici, ecologici e sociali della tecnoscienza, dell’economia, della politica e della filosofia fanno tornare precipitosamente sulla scena la “grande armonia”. Mettiamoci al lavoro per recuperare il meglio di questo glorioso pensiero mediterraneo.

                                                                                                                                          Pierpaolo De Giorgi                                                  (filosofo ed etnomusicologo)

Estratto e rielaborazione dell’intervento di Pierpaolo De Giorgi al convegno “Ippocrate di Kos, Socrate, Esopo, Atenagora di Costantinopoli” nell’ambito della VII ed. di “Voci Mediterranee, rassegna di cultura europea”, a cura della Comunità Ellenica del Grande Salento, Chiostro di S. Benedetto, Brindisi 30.9.2020.

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