Il gelato siamo noi – una favola di Riccardo Rescio
C’era una volta, non tanto tempo fa, in un Paese lontano, ma non tanto lontano, in una località non certo anonima, ma neanche così poi tanto conosciuta, un gruppo abbastanza compatto e solidale di esercenti di bar, gelaterie e caffetterie, che rivendicavano il diritto di fregiarsi della loro grande capacità di vendere gelati preconfezionati.Dicevano e proclamavano, in tutte le lingue conosciute, che se si vendevano tanti gelati era solo per il loro impegno, la loro dedizione e non ultima la professionalità che profondevano nel vendere gli stessi.Nonostante alcune lamentele che giravano di bocca in bocca, alcune anche sui giornali, locali, nazionali e internazionali, sulla scarsa gentilezza riscontrata proprio in alcuni di quei locali, i nostri eroi non desistevano dal loro convincimento, il gelato siamo noi, il gelato siamo, era lo slogan che veniva con convincimento gridato e reiterato.
Non riconoscendo alcuna valenza a chi quei gelati aveva prodotto e massivamente comunicato.A nulla serviva spiegare che se quei particolari gelati e non altri venivano venduti con facilità, era unicamente per l’impegno che le aziende produttrici profondevano nella promozione degli stessi e che sarebbe stato meglio per gli esercenti, invece di arrogarsi meriti che non avevano, di migliorare la ricettività dei loro locali, di raffinare l’accoglienza e ricomprendere che senza la comunicazione che fa conoscere le peculiarità del luogo nessuno lo conoscerebbe e tantomeno sceglierebbe di andare in quel Paese lontano, ma non tanto e in particolare in quella località, non certo anonima, ma neanche più tanto conosciuta.Poi un giorno, per uno strano fenomeno, per una imprevedibile contingenza, per una assurda, ma non improbabile concomitanza tra causa ed effetto, tutto ancora allo studio di scienziati e ricercatori, le luci si spensero e con la luce venne meno anche l’attenzione e l’interesse su quel Paese e su quel luogo.Il silenzio, sulle peculiarità che costituivano momento di attrattività, calò bruscamente, nessuno parlò più di quel posto e nessuno scelse piu di andare in quella località.
E mentre gli studiosi ancora ricercano le cause di tale nefasta situazione, gli esercenti cercano alternative per sopravvivere, senza aver compreso alcunché dell’accaduto, continuando ad imputare alla sorte malefica la loro disgrazia.
Le favole, che sono sempre allegorie, metafore e figurazioni della vita, non dovrebbero essere considerate solo come racconti della buona notte o come coinvolgenti momenti di intrattenimento per bambini, ma opportunità di riflessioni sulle morali che possono contenere, per essere recepite dai grandi e spiegate ai bambini.