IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

Il gatto senza collare di Boulevard Magenta

Dal Gatto senza collare

Dal Gatto senza collare

di Bianca Apollonio

Il profumo d’antichità impresso nelle narici e il passato negli occhi. Il mondo di Katia è un salone da parrucchiere e di mille curiosità che brilla in mezzo a mattoni grigi e motori tesi.

«La gente si ferma qui perché manca loro qualcosa. I saloni di oggi sono laboratori, tutti uguali, moderni, senz’anima.»

Mi fermo anch’io, incantata dallo sguardo lontano della donna che ho di fronte, mi porta altrove.  Parto da Place de la République, laddove rivoluzione risuona tra i salti degli skaters durante la settimana e i lacrimogeni durante le manifestazioni del fine settimana. Un perimetro di lastre di cemento racchiude tre storie e tre quartieri, il 3°, il 10° e l’11° arrondissement. La circonferenza esatta tra le vittorie già ottenute e i gradini ancora da scalare. Katia ha 10 anni, è cosacca e francese. È portoghese, spagnola, italiana. Mi prende per mano, ora sono a Saint-Ouen. Il Mercato delle pulci ha il sapore delle cozze fritte che la gente mangia per strada, il rumore dei carretti di frutta e verdura arriva fino alle mie orecchie, i mercanti delle Quatre Saisons, quattro stagioni, gridano per attirare l’attenzione della gente e vendere la loro merce, gli accenti misti creano un ronzio sommesso, un canzone di sempre.

«Quando avevo 10 anni e vivevo a Porte de Clignancourt, eravamo tutti insieme. Italiani, spagnoli, portoghesi, francesi. Eravamo tutti bambini, eravamo tutti coraggiosi. Non c’era razzismo, c’era solo calore umano.»
 

Il tempo cambia, siamo a uno, due anni dopo forse. Tutta la mia attenzione è catturata dal collo del piede di Katia, inarcato naturalmente, si muove in maniera delicata e graziosa come fosse una libellula. Katia impara a ballare all’Opera di Parigi, “un piccolo topo” tra gli altri. Non sa ancora che la guerra cambierà il corso della sua vita e quella degli altri piccoli topi al suo fianco.

«Un giorno il medico venne a casa per visitarmi, vide i miei piedi nudi e disse a mia madre che dovevo ballare. Sono diventata un piccolo topo dell’Opera, mi piaceva. Dopo la guerra non potevo più fare la barra, dovevo lavorare. Il mio patrigno mi disse: “Invece di lavorare i piedi, lavorerai la testa”. La vita è così, ci sono sempre cambiamenti, eppure nel momento in cui si nasce si sa già cosa si diventerà.»

Magnetica, fiera e senza artifici, Katia riannoda il filo del discorso. Il salone da parrucchiere non è sempre stato lì. Ride, in maniera schietta e beffarda. È la risata di chi conosce il peso delle cose, di ogni cosa.

«Ho iniziato a lavorare a 14 anni. A 17 anni e mezzo sono diventata parrucchiera. Ho dovuto farmi strada, non ho comprato tutto questo con il mio sedere. All’inizio avevo un certificato da operaia, ero classificata come principiante, il che significava che avevo iniziato da poco; quindi, prendevo la metà della paga di un’operaia. Dopo 3 anni, sono diventata un’operaia, quindi ho iniziato a guadagnare un po’ di più. Le cose prima avevano un valore, ora chiunque può venire qui, basta avere un brevetto per installarsi, ma non ci si ferma mai a lungo. Tutti vogliono arrivare, nessuno arriva per restare.»

Sono di ritorno a Saint-Ouen, guardo i lunghi capelli di Katia, è stata appena eletta regina del mercato delle pulci, ha 20anni. Quindi torniamo al suo negozio di curiosità accanto a Place de la République. A pochi centimetri da me, Souleymane, Tuna, un gatto del Bengala, mi guarda di tanto in tanto, poi si riaddormenta incurante. Souleymane ha le zampe flesse e il corpo disteso sul trono in vetrina, se fosse un essere umano avrebbe 120 anni. Lei è un gatto, lui è un gatta, lui, lei è un profeta. Souleymane vuole che il mondo sia libero di pregare il dio che preferisce, che tutti siano liberoi di essere e lascino liberi gli altri al loro fianco.

«Da me vengono degli omosessuali, e sai che ti dico che preferisco essere loro amica piuttosto che avere tante
amichette. Le persone gay spesso hanno sofferto nella loro vita, e quando qualcuno ha sofferto, diviene più
armato o più sensibile. Quindi preferisco le persone sincere alle ragazze che vanno a letto con i loro mariti solo
per soldi, odio la meschinità della gente. Mio fratello è morto, mia sorella è ancora qui, quella stronza non la
vedo da 50 anni. Avevo più affinità con suo marito, uno spagnolo, che lavorava duramente a Saint-Ouen, era un
antiquario. Mia sorella non è mai stata sincera, quando avevo 10 anni e dormivo con lei non ho mai voluto che
mi sfiorasse, mai.»

Liberi e a talvolta indifferenti, Tuna e Katia guardano il mondo sfilare sul marciapiede di Boulevard Magenta. Sono tutti stanchi, come la modernità che prende il posto dell’onestà.

«Sono in Boulevard Magenta da 50 anni e non ne posso più. Sono rimasta solo io, prima non era così. C’era di
tutto, c’erano tutti. C’erano gli italiani, c’era la salumeria lì infondo, e che bei salami! Sono partiti tutti, non c’è
più neanche una salumeria. Per un po’ ci sono stati dei negozi di mobili e si sentiva cantare: Salve, buongiorno
signor Levitan, ha dei mobili?»
Katia

Katia canta a ritmo, poi tace, prende di nuovo le mie mani e mi trascina nel suo mondo. Ha circa la mia età, quasi trent’anni. Lavora sodo, non chiede niente a nessuno, è come un gatto, senza collare. Siamo in una sala da ballo, una delle clienti di Katia è seduta accanto a noi.

«Eravamo in una sala da ballo, la mia cliente aspettava il suo Jules. Lui non è mai arrivato, io ho incontrato
Yve. È così la vita, la vita è strana, lavori, lavori e poi la vita ti cade addosso. Non volevo sposarmi, sono una
donna indipendente. Ho conosciuto Yve a 29 anni, ci siamo sposati a 50, ma ho sempre continuato a chiamarlo
“il mio fidanzato”. La gente d’oggi non è più paziente, Yve era dietro di me, io davanti. Bisogna trovare qualcuno
con cui si va d’accordo, altrimenti è meglio lasciarsi all’inizio. La gente d’oggi butta via qualsiasi cosa, si butta,
si butta. Prima si rimaneva insieme nonostante tutto, oggi ci si lascia nonostante tutto.»

Le luci del salone sono spente, i piccoli animali di peluche mi guardano come se non fossero più lì. L’essenza è nascosta tra una lacca per capelli e una sedia impolverata, nella matita asimmetrica intorno agli occhi della donna di fronte a me e nella sua collana con due gatti d’oro. Improvvisamente temo che tutto questo possa scomparire senza che io riesca a tracciare la traiettoria di questa storia, sembra che lei riesca a sentire i miei pensieri più intimi, si sporge in avanti e mi guarda dritto negli occhi.

«Non sono rimaste molte persone con cui parlare. Le persone oggigiorno sono speciali. Sembrano spaventati,
sembra abbiano paura di respirare, sono diventati claustrofobici, sono in preda al panico. E tu, hai paura?»
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