Il 2 marzo 1951 Vittorio Bodini pubblicò “Psicologia del barocco leccese” su La Gazzetta del Mezzogiorno
Di Giorgio Mantovano
Emblematico l’affresco regalatoci.” ( …) Santi di tufo vegliano sulle mura della città a guardia del loro secolo. Lecce è tutta costruita in questa pietra porosa che si estrae dai dintorni e che appena tagliata ha la morbidezza e il colore della polpa di banana. Un temperino può scolpirla, e questa docilità ad assecondare le più estrose richieste dell’immaginazione non avrà mancato di avere un effetto decisivo sulla nascita di questo assurdo miracolo del barocco leccese, sorto con caratteri propri e inconfondibili in una città così separata e lontana dai centri vivi dell’arte. È probabile che una maggiore resistenza sarebbe stata una bara per una fantasia così irrequieta e volubile, avvezza per lo più a bruciare i propri fantasmi prima ancora di averli realizzati.
lo conferma la predilezione esclusiva per le materie docili, come, oltre il tufo, la creta e la cartapesta, in cui fa meraviglie l’artigianato locale, mandando nei più lontani angoli del mondo madonne e santi avvolti in mantelli dagli agitati drappeggi e ricchi di sensuosa oratoria.
Via via che ci addentriamo in questa città che occupa di sè tutto il tallone d’Italia, ci convinciamo che nulla sul nostro cammino attraverso il Sud ci aveva preparato ad un simile incontro, talmente è diversa rispetto ad ogni altro paese che la precede.Siamo nelle viscere del Seicento. Ma c’è di più: basta fermarcisi a vivere pochi giorni perché a poco a poco si faccia strada in noi un sospetto stranissimo, che essa non sia un luogo della geografia ma una condizione dell’anima, a cui s’arrivi solo casualmente, scivolando per una botola ignorata della coscienza. (…)”.
” ( ….) Tanta dovizia di balconi bellissimi, alcuni dei quali si sporgono inaspettati da costruzioni senza pretese, fanno supporre che sia questo il luogo più importante della casa. E a pensarci bene, le donne, al cui uso sono destinati, hanno una anima da balcone, e qui per buona parte dell’anno è il loro salotto e il loro giardino.Raramente si vedrà balcone o finestra senza fiori: gelsomini, garofani e soprattutto gerani, che il popolo chiama con malignità ‘la pianta dei cornuti’.
Ahimè, la malizia e lo scirocco corrodono i leccesi. Portano questo pugnale conficcato nel cuore come le Addolorate di cartapesta dei loro mille altari e altarini. (…)”.