I sogni di Cosimo Sponziello
di Paolo Vincenti
Un ricordo non superficiale merita l’artista salentino ma milanese di adozione Cosimo Sponziello. Nato a Tuglie nel 1915 da padre salentino e madre lombarda, dopo essersi dedicato per un certo periodo all’attività di fotografo in quel di Gallipoli, nel 1941 si trasferisce a Milano dove segue la sua vera vocazione, cioè la pittura, frequentando la Scuola degli Artefici ed entrando subito nel vivo e attivissimo mondo della pittura lombarda. Tornato nel Salento nel 1943, consegue da privatista il diploma di licenza della Scuola D’Arte “G.Pellegrino” di Lecce. Suoi maestri furono Gino Moro, a Milano, e Vincenzo Ciardo, nel Salento. Dalla pittura del Ciardo, Sponziello è fortemente influenzato nella prima parte della sua carriera, distaccandosene poi, man mano che conquistava una propria cifra stilistica e personale. Dei rapporti di Sponziello col maestro Ciardo si è occupato Luigi Scorrano nel suo Cosimo Sponziello salentino a Milano, del 1988.[1] Dei rapporti fra Sponziello ed i principali animatori di quell’importante stagione culturale fra gli anni Quaranta e gli anni Cinquanta, ci ha dato testimonianza Antonio Lucio Giannone nel suo saggio L’itinerario pittorico di Cosimo Sponziello. La strada del timo e del pettirosso (il cui titolo è mutuato da una celebre opera dell’artista) del settembre 1992.[2] Oltre che con Ciardo, Giannone fa luce su rapporti del pittore con Paolo Lino Suppressa, testimoniati da un proficuo scambio di lettere fra i due, e con Vittorio Bodini che, nel 1950, tracciando un panorama delle arti e delle lettere pugliesi, lo cita come uno dei migliori paesaggisti pugliesi: “Due paesaggisti delicati ha la provincia, verso il Capo di Leuca: sono Cosimo Sponziello, un discepolo di Ciardo, con un suo esile filo di poesia, e Luigi Gabrieli”[3]. E con queste parole di Vittorio Bodini, nel 2006 , l’associazione culturale “Incontri” apriva il quadernetto dal titolo Cosimo Sponziello. L’uomo, l’artista, a cura di Luigi Scorrano, con il quale volle ricordare il fotografo e pittore tugliese.[4]
Ma procediamo con ordine. Sponzielo si impone facilmente all’attenzione nazionale, grazie alle mostre che tiene in tutta Italia, come quella di Legnano, nella Galleria “La Cornice” (1974), quella di Milano, nella “Galleria Borromeo” (1976), e poi a Tuglie, nell’Aula Consiliare (1983), ancora a Milano, nella Galleria Carini con la mostra “Il mio Salento”(1987), a Tuglie, nel 1996, nella Biblioteca Comunale, con la mostra su “Cosimo Sponziello fotografo”, organizzata dal Gruppo Incontri, nella quale vengono esposte “le più belle immagini della terra natale dell’artista, i paesi, gli alberi, i volti, le testimonianze della vita e della cultura del Salento”;[5] nel 1998, nella Biblioteca del Comune di Sannicola, con la mostra “Cosimo Sponziello. I sogni della luce”, nel 1999, ancora nella Biblioteca Comunale di Tuglie, con la mostra “Omaggio al pittore Cosimo Sponziello”, a cura del Gruppo Incontri.Molti i premi da lui vinti, come il Premio “Comune di Castellone” (1960), il I° Premio “Valli Bergamasche” (Milano 1962), la medaglia d’oro “Colori della Lunigiana” (Sarzana 1964), la medaglia d’oro del Comune di Milano alla mostra “Il nostro Po” (1969), ecc.
Ancora sotto l’influsso di Ciardo, Sponziello realizza opere come Calda luce al tramonto in estate, Salento, campagna in autunno, Dalla mia finestra, in marzo, Luce d’inverno, in cui c’è una forte, intensa e calda policromia e mai personaggi in carne ed ossa. Sponziello lascia che sia il paesaggio a parlare della sua terra e del suo popolo, come in Salento: profili e memoria o in Un pomeriggio d’autunno. “Sponziello tende a scoprire in ciò che vede e dipinge l’essenziale sia nel senso formale che in quello poetico”, scrive Vincenzo Ciardo.[6] “Da lodare Cosimo Sponziello per la sua pittura tenuta sul colore e disegnante col colore”, scrive Mario Portalupi.[7] E Raffaele De Grada: “Io vedo i paesaggi e le nature morte di Sponziello come un nostalgico ripensamento della stagione felice del postimpressionismo, un’idea del passato, quando le spiagge erano libere, dilatate in profonde lontananze, inserita in una dolce ma rassegnata coscienza del presente, sempre ispirato dalle sue fonti primarie del Salento”.[8] “Ha sempre cercato solo liricità interiore. E ciò ha sempre conferito nobiltà alla sua opera”, scrive Antonio Imperiale.[9] Ma di lui scrivono anche Lino Paolo Suppressa,[10] Toti Carpentieri,[11] Piero Antonio Toma.[12]
Nel 1945, Sponziello si trasferisce a San Simone, frazione di Sannicola, e qui resterà fino a giugno del 1953. Poi parte a Monza per insegnare disegno al Liceo Artistico di quella città e successivamente alla “Scuola Libera del Nudo” dell’Accademia di Brera. Ma lasciamo che a parlare sia lo stesso pittore: «Mi è stato chiesto: la pittura è stata di aiuto al fotografo e la fotografia al pittore? Certamente sì. Alla base delle due attività c’è la luce. Per la pittura e la fotografia è sempre la luce che “rivela”, modella, contrasta, attenua, modula la linea di un paesaggio, quella di un volto femminile che si affaccia seducente…. ». E continua: « ho iniziato con la fotografia che avevo 16 anni – ritoccatore da Stefanelli a Gallipoli… a 19 anni volontario in aviazione… fino al ’40. Ritorno a casa; ma mi interessa Milano: e nel ‘41-‘42 e parte del ’43 frequento la Scuola degli Artefici dell’Accademia di Belle Arti di Brera.
Scuola serale; di giorno fotografo. Dal ’43 in poi pittore e fotografo… a Brera mi sono maestri Gino Moro e Umberto Lilloni. Conosco Arturo Tosi e i “Chiaristi” lombardi. … La guerra mi costringe a ritornare al “paese natio”. Qui il felicissimo incontro con Vincenzo Ciardo mi porta alla scoperta del “mio Salento”. Che cosa sia stata la pittura per la fotografia e la fotografia per la pittura proprio non so dirlo. Però posso affermare che tra le due attività, sempre amate, il confine con il “filo spinato” non è mai esistito ».[13] Come detto, nell’ultima parte della sua vita, ritorna nel Salento, a San Simone, dove muore il 7 marzo 2005. Salento settembrino, La piazza è come una madre, sono i titoli di alcune sue opere, di un postimpressionismo che convince. Il silenzio dei suoi paesaggi si fa intenso, vibrante, è un silenzio carico di significati, di aspettative, e sul paesaggio spesso scarno, brullo, incombono sempre dei cieli immensi: a volte nebulosi, dai quali si apre uno squarcio di luce, a volte invece luminosissimi, con qualche nuvoletta minacciosa. I suoi paesaggi, comunque, che si ripetono apparentemente uguali ma presentano invece infinite minime variazioni, sono intrisi di grande emozione, come tutta la critica specializzata ha sottolineato.
“Il continuo e sapiente smaterializzarsi del segno-colore fa memoria, luce, atmosfera dell’oggetto-paesaggio-persona raffigurati. L’artista vince la materia. Questa non oppone più resistenza alla sua volontà creativa. I colori sono quelli dell’anima. Occorrono anni e anni di accurata ricerca, ma più ancora di folgoranti intuizioni compositivo-espressive per farli vibrare sulla tela così come sono sedimentati nell’anima”, scrive molto opportunamente Franco Ventura.[14]
Nel 2006, l’associazione culturale “Incontri” volle dedicare al fotografo e pittore tugliese una serata commemorativa a cura di Luigi Scorrano, Antonio Lucio Giannone e Massimo Melica, pubblicando il già citato quadernetto. “ Cosimo Sponziello: un ritratto cordiale dell’uomo e dell’artista. La sua voce. La voce dei suoi Maestri. Quella degli amici. Delicatezza e forza d’una pittura nata nel Salento, maturata nel fervore culturale del secondo dopoguerra. Una pittura ancora da scoprire. O da rileggere. Per farne storia”[15]: così si legge nella quarta di copertina dell’opuscoletto, che riporta il giudizio dei critici che hanno scritto sullo Sponziello, e anche, nell’ultima parte, il ricordo dello Sponziello da parte dei suoi allievi, soprattutto pittori milanesi.
Un’altra mostra, “Sogni di luce”, sulla figura e le opere di Cosimo Sponziello, si è tenuta a Lecce, presso l’associazione culturale Arca, in via Palmieri, nel maggio 2007, curata da Maurizio Russo. Oltre alle mostre e ai cataloghi citati, l’auspicio è che anche questo piccolo contributo serva a far scoprire o riscoprire l’opera di un artista che merita certo tutta la nostra attenzione e il grato riconoscimento.
PAOLO VINCENTI
Già pubblicato col titolo Cosimo Sponziello, l’uomo l’artista, in “L’Ora del Salento”, 9 dicembre 2006; col titolo La pittura di Cosimo Sponziello, in “Presenza Taurisanese”, aprile 2007; ecol titolo Sogno di luce. Cosimo Sponziello, in “Il Paese Nuovo”, 22 maggio 2011 ein “Il Galatino”, Galatina, 11 luglio 2014
[21] Idem, La tela del futuro, Lecce, Manni, 2001, con Antologia critica.
[22] Idem, Cartolina Buon Natale 2006.