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I Rokes sono stati un simbolo musicale degli anni Sessanta

ROKES

ROKES

di Mariella Totani

I Rokes sono stati un simbolo musicale degli anni Sessanta, un gruppo che ha saputo combinare influenze britanniche con lo spirito e la cultura italiana, lasciando un segno indelebile nella storia della musica italiana. La loro avventura, fatta di melodie pop-rock accattivanti, testi significativi e un look che incarnava lo stile dell’epoca, ha rappresentato per molti giovani di quel tempo una vera e propria rivoluzione culturale e musicale.

Nati inizialmente come gruppo britannico, I Rokes erano formati da Shel Shapiro (voce e chitarra), Johnny Charlton (chitarra), Bobby Posner (basso) e Mike Shepstone (batteria). Iniziarono la loro carriera musicale nel Regno Unito sotto il nome “Shel Carson Combo” e suonavano nei club di Londra. Tuttavia, come molti gruppi dell’epoca, faticavano a trovare un grande successo nella scena inglese, dominata da giganti come i Beatles e i Rolling Stones. La svolta arrivò quando decisero di trasferirsi in Italia nei primi anni Sessanta, su suggerimento del manager Teddy Reno, che aveva intravisto un’opportunità per loro nel vivace mercato musicale italiano.

In Italia, il gruppo decise di cambiare nome e diventare I Rokes. Qui, la loro musica trovò immediatamente terreno fertile. In un periodo in cui la musica italiana stava cambiando e i giovani cercavano nuove forme di espressione, le loro canzoni, che mescolavano melodie pop con il rock britannico, si affermarono rapidamente.

Il vero boom per I Rokes arrivò con l’uscita del loro singolo “C’è una strana espressione nei tuoi occhi” nel 1965. Questa canzone, un adattamento italiano del brano “When You Walk in the Room” di Jackie DeShannon, divenne rapidamente un successo. Il testo, che parlava di una storia d’amore incerta e malinconica, riuscì a toccare il cuore di moltissimi giovani italiani, che si riconoscevano nei sentimenti espressi dalla canzone.

Quello che rese i Rokes così speciali non fu solo la loro capacità di suonare musica pop-rock, ma anche l’attenzione ai testi. A differenza di molti gruppi stranieri che adattavano in modo superficiale le loro canzoni per il mercato italiano, I Rokes lavoravano con grande cura sulle versioni italiane dei loro brani. Collaborarono con autori italiani di talento, come Mogol, per adattare i testi in modo che fossero profondamente significativi per il pubblico locale.

Il successo continuò con “Eccola di nuovo”, una canzone che parla del ritorno di un amore del passato, carica di emozione e con un ritmo coinvolgente. Anche questa canzone dimostrò la capacità del gruppo di coniugare una melodia semplice con un testo che evocava sentimenti forti e reali.

Tuttavia, il vero e proprio trampolino di lancio per i Rokes arrivò nel 1966 con la loro canzone più famosa: “Che colpa abbiamo noi”. Questo brano non solo li rese immensamente popolari, ma divenne anche l’inno di una generazione. La canzone, che in origine era un adattamento di “Cheryl’s Going Home” di Bob Lind, fu trasformata in qualcosa di molto più profondo grazie al testo in italiano, che rifletteva le tensioni sociali e culturali del periodo.

In quel momento storico, i giovani italiani stavano cercando di distaccarsi dalle convenzioni tradizionali e di affermare la propria identità. “Che colpa abbiamo noi” divenne il manifesto di questi ideali. Il testo parlava di ribellione e di libertà, esprimendo un sentimento di incomprensione verso le generazioni più anziane. Era una dichiarazione di indipendenza emotiva e intellettuale, che molti giovani sentivano profondamente. La melodia semplice ma potente, con il suo ritmo trascinante, la rese un vero e proprio inno generazionale.

Nel 1967, I Rokes continuarono a cavalcare l’onda del successo con altri due brani che segnarono profondamente la storia della musica italiana: “Piangi con me” e “Bisogna saper perdere”.

“Piangi con me”, uscita all’inizio del 1967, fu un altro adattamento di un brano britannico, “Green, Green Grass of Home” di Tom Jones. Tuttavia, ancora una volta, il testo italiano trasformò la canzone in qualcosa di più profondo e personale. Il tema della canzone riguardava il dolore e la consolazione nell’amore, con un invito a condividere la sofferenza e le lacrime. La voce di Shel Shapiro, intensa e malinconica, si adattava perfettamente a questo tema, e la canzone divenne rapidamente un grande successo.

Quasi contemporaneamente, uscì “Bisogna saper perdere”, una canzone che trattava di un altro tema universale: l’accettazione della sconfitta. In un’epoca in cui il successo e la realizzazione personale erano ideali molto sentiti, il testo di questa canzone, che invitava ad affrontare la vita con dignità anche di fronte alle sconfitte, risuonò profondamente con il pubblico. Il messaggio era chiaro: non sempre si può vincere, ma è importante saper accettare la sconfitta con eleganza e senza rancore.

Il 1967 fu un anno particolarmente importante per I Rokes anche per la loro partecipazione al Festival di Sanremo, dove si esibirono con il brano “È la pioggia che va”, cantato in coppia con i Dik Dik. Questa collaborazione fu particolarmente significativa, poiché i due gruppi rappresentavano il cuore pulsante del beat italiano. “È la pioggia che va”, una cover di “Remember the Rain” di Bob Lind, fu un altro grande successo, con il suo testo poetico e malinconico che parlava del tempo che passa inesorabile, come la pioggia che scivola via.

I Dik Dik e I Rokes condividevano non solo il successo, ma anche una visione musicale comune, e la loro collaborazione fu un momento importante nella storia della musica italiana degli anni Sessanta.

Come molti altri gruppi degli anni Sessanta, anche I Rokes dovettero affrontare i cambiamenti che caratterizzarono la fine del decennio e l’inizio degli anni Settanta. Se da un lato il beat e il rock leggero avevano dominato la prima parte del decennio, dall’altro l’evoluzione musicale portò a nuovi generi come il rock progressivo e il folk-rock, che cambiarono il panorama musicale internazionale.

I Rokes cercarono di adattarsi a questi cambiamenti. Nel 1968 pubblicarono “Lascia l’ultimo ballo per me”, una ballata malinconica che segnò un cambiamento nello stile musicale del gruppo. Tuttavia, il pubblico iniziava a cambiare gusti e a cercare sonorità più complesse e sperimentali. Il gruppo si trovò quindi di fronte alla sfida di rimanere rilevante in un panorama musicale in continua evoluzione.

Nonostante i loro sforzi, il successo iniziò gradualmente a diminuire. Anche Shel Shapiro iniziò a interessarsi maggiormente alla carriera solista e al ruolo di produttore musicale. Nel 1970, il gruppo si sciolse, segnando la fine di un’era.

Anche se la loro carriera fu relativamente breve, l’impatto dei Rokes sulla musica italiana fu immenso. Le loro canzoni hanno accompagnato una generazione di giovani che cercavano di affermare la propria identità e i propri ideali. Canzoni come “Che colpa abbiamo noi”, “Piangi con me” e “Bisogna saper perdere” sono diventate classici intramontabili, capaci di evocare ancora oggi emozioni profonde.

Shel Shapiro, con la sua voce inconfondibile e il suo carisma, rimane una figura leggendaria nella musica italiana. Anche dopo lo scioglimento dei Rokes, Shapiro ha continuato a lavorare come produttore e artista, contribuendo a plasmare il sound di molti artisti italiani.

L’eredità dei Rokes va oltre le loro canzoni. Hanno rappresentato un ponte tra la cultura britannica e quella italiana, contribuendo a modernizzare la musica italiana e a portarla a contatto con le tendenze internazionali. Le loro canzoni non solo riflettevano i cambiamenti sociali e culturali dell’epoca, ma li anticipavano, offrendo ai giovani italiani una voce attraverso cui esprimere le loro speranze.

Io sono rimasta molto legata alla loro prima canzone: C’è una strana espressione nei tuoi occhi.

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