I primi esami scolastici del vice capoclasse Rocco
di Rocco Boccadamo
Marittima, Basso Salento
Nato durante la Seconda Guerra Mondiale, in un paesino (Marittima) di circa duemila abitanti, ho avuto l’opportunità di percorrere l’intero ciclo delle Elementari, dal 1947 al 1952, affidato alla guida di un unico, giovane e bravo maestro, Alfredo Quaranta.
Per naturale e spontanea inclinazione, non per farmene titolo o motivo di vanto, v’è che, sin dal principio, sono andato a scuola e ho studiato sempre di buon grado, con interesse e piacere, quasi si trattasse di un divertimento. Di riflesso, non mi è stato, invero, difficile emergere e distinguermi sul piano del profitto, e, ciò, anche via via che le materie e le prove da affrontare crescevano di numero e si facevano più complesse e impegnative.
Al riguardo, come narrato in un capitolo del mio libro “Io sono chi” – Racconti teneri di un ragazzo di ieri, la “sfida” a battesimo ebbe a presentarsi in seconda elementare, quando, un giorno, l’insegnante decise d’assegnarci, fra i compiti da svolgere a casa, un esercizio nuovo, vale a dire un tema, con tre semplici e sibilline parole come titolo, “Chi sono io”. Al che, in classe, fu, per me, appena sorpresa e reazione contenuta; al contrario, nel pomeriggio, fra le pareti domestiche, sopravvenne un autentico mal di pancia. Di fronte a quella pagina del quaderno, non sapevo da dove e come incominciare, la sensazione di incapacità si tradusse finanche in pianti e strilli e, addirittura, in accorate richieste di assistenza a mia madre. Purtroppo, la povera donna si rammaricava di non potermi venire in aiuto e però, nello stesso tempo, mi esortava a pensare, a sforzarmi, a escogitare qualcosa, mettendo in moto la mia testa.
Verso il tramonto, finalmente, riuscii a dare movimento alla penna con pennino intinto nell’inchiostro e presi a scrivere più o meno: “Sono un ragazzino di otto anni, colorito bruno e capelli neri. Al mattino, quando mi sveglio, spalanco la finestra per ammirare il sole che si è alzato da poco, quindi faccio colazione. Dopo, mi lavo il viso, mi vesto e indosso il grembiule per la scuola, mi pettino guardandomi bene nello specchio per vedere se tutto è a posto. In questo modo inizia la mia giornata”.
Terminato, non che mi sentissi pienamente appagato, nondimeno una certa sensazione di tranquillità si fece prevalente sull’ansia e sulla preoccupazione di prima. La sorpresa, e quale sorpresa, mi colse l’indomani a scuola, nessuno dei compagni aveva saputo svolgere il componimento, con conseguente vivo disappunto del maestro. Questi, insomma, si vide portare sulla cattedra unicamente il mio tema, con me vicino lo lesse in un attimo e, in fondo al testo, vergò con vigore un marcato “10” e il giudizio “Bravo”. Non vi dico che cosa provai e di che genere era l’espressione contenuta negli sguardi dei compagni.
Allora, alle Elementari, erano previste, per legge, due prove d’esame, con tanto di Commissione esterna in affiancamento all’insegnante, precisamente alla fine del terzo anno e al compimento del quinto e ultimo corso. Per l’eventuale proseguimento degli studi (non era ancora stata stabilita l’obbligatorietà), si aprivano, a seguire, due sbocchi. Prima soluzione, una volta conseguita la licenza elementare, il passaggio, libero e dischiuso a tutti, alla Scuola di avviamento professionale, un triennio propedeutico all’apprendistato di un mestiere o di un’attività lavorativa in genere. Seconda opzione, l’iscrizione alla Scuola media (dopo la quale sarebbe stato possibile frequentare gli studi superiori e l’Università), atto per il cui compimento non era sufficiente la promozione agli esami di quinta elementare, occorrendo, bensì, pure il superamento di un apposito esame di ammissione. In pratica, alla fine delle Elementari, per intraprendere la seconda strada, bisognava sostenere e superare due prove. L’anzidetto esame d’ammissione prevedeva un programma assai tosto, soprattutto la conoscenza dell’analisi logica, indispensabile per l’apprendimento del latino; oltre all’aritmetica, alla geometria, alla storia e alla geografia.
Intanto io, al pari dei compagni Salvatore Nuzzo e Vittorio Arseni, m’ero guadagnato, per merito, i galloni di vice capoclasse, con apposito grado distintivo color rosso cucito sulla manica sinistra del grembiule nero, mentre l’alunno scelto dal maestro Alfredo per il ruolo di capoclasse si chiamava Vitale Murciano.
Di quest’ultimo, ragazzo di statura non elevata, molto vivace, estroverso e di intelligenza viva e pronta, so che, dopo la Scuola media, si arruolò nella Marina Militare come aspirante sottufficiale di carriera; che, poi, grazie alle sue doti, a un certo punto riuscì a passare nel ruolo degli ufficiali; che, a quanto riferitomi, è rimasto ad abitare nella città di Taranto, dove ha, a lungo, prestato servizio. Ma ho il rammarico di non aver mai trovato occasione, in un sessantennio e passa, di rivederlo o incontrarlo.
Nel 1951, il maestro Alfredo contrasse matrimonio con la fidanzata Carmela; io e alcuni altri alunni fummo invitati alla cerimonia e, la sera, durante il rinfresco, a me, pantaloncini corti e grembiule scolastico nero addosso, eretto in piedi sul davanzale della finestra tra il vano soggiorno e il cortile interno dell’abitazione degli sposi, toccò anche di declamare un’ode “La pianta di glicine”, beneaugurante per la coppia.
Agli inizi del successivo 1952, il maestro Alfredo, come era solito fare da anni, oltre ad attendere al normale orario d’insegnamento mattutino, organizzò, per quanti, della classe quinta da me frequentata, fossero interessati, un vero e proprio corso, ovviamente privato e a pagamento, di preparazione all’esame di ammissione, tenuto durante il pomeriggio nella sua abitazione.
Un piccolo gruppo di allievi, tra cui io e, spero di menzionarli tutti, Vitale Murciano, Vittorio Arseni, Giovanni Frassanito, Renato Fachechi, Salvatore Nuzzo, un secondo Salvatore Nuzzo, nativo di Marittima ma domiciliato, da quando era rimasto orfano della madre, in casa di parenti nella vicina Andrano, dove frequentava le Elementari, Teresa Nuzzo, prese così a stare dietro ai banchi a tempo pieno.
Aveva predisposto, il maestro, un nutrito programma didattico, già sperimentato in precedenza con altri suoi allievi, ce lo illustrò minutamente e ci raccomandò di affrontarlo con responsabilità e impegno. A parte il resto, ossia dire analisi logica, temi, riassunti, aritmetica, geometria, elementi di geografia fisica e politica sull’Italia, sull’Europa e sugli altri Continenti, mi vengono in mente, per la storia, gli approfondimenti, una sorta di tesine, che ci toccò imparare a memoria, relativi a una serie di personaggi italiani illustri, fra cui Pier Capponi, Ciro Menotti, Santorre di Santarosa, Guglielmo Pepe, Fabio Filzi, Guglielmo Oberdan, Cesare Battisti, Nazario Sauro, Enrico Toti, i Fratelli Bandiera, Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi, Camillo Benso Conte di Cavour, Carlo Alberto e Vittorio Emanuele II.
Immediatamente dopo le prove ordinarie di licenza elementare, arrivo la data del benedetto esame di ammissione, il maestro Alfredo prese a noleggio una capiente autovettura con autista (tale Pasqualino Monosi di Diso) e ci accompagnò a Maglie, presso la Scuola media statale “Francesca Capece”, situata nell’omonima piazza della cittadina. In vista dello svolgimento della prima verifica, il tema di italiano, avanti che entrassimo nell’aula, ci fece una serie di raccomandazioni, tra cui quella di ricalcare a mezzo di alcuni fogli di carta assorbente, con la dovuta circospezione, evitando cioè di insospettire i professori che assistevano all’esame, il testo del componimento che andavamo a tracciare, a pezzi, cioè mentre le orme d’inchiostro (esistevano solo penne con pennino e calamaio) erano ancora fresche. In tal guisa, quando saremmo usciti, egli, riflettendo la carta assorbente in uno specchietto, avrebbe potuto dare un’occhiata ai nostri lavori e farsi un’idea di quello che avevamo combinato. A tale specifico fine, ci attese nei locali di un esercizio di drogheria esistente al piano terraneo dello stesso grande edificio scolastico e gestito da persone a lui note.
Si concluse, fortunatamente, il calendario dell’esame, con il bel risultato del suo superamento da parte di tutti gli alunni del maestro Alfredo, segno del buon lavoro svolto insieme.
Chiaramente, dopo il 1952, altre prove scolastiche e/o di studio mi è stato dato di incontrare lungo i miei calendari (licenza media, diploma e laurea), superate positivamente, grazie, credo, non solamente all’impegno man mano profuso, ma anche allo stimolo ideale, giammai affievolitosi, tratto dalle prime antiche esperienze.