IL PENSIERO MEDITERRANEO

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I Primi 122 anni della “Vecchia” Signora Francesca Capece

Statua del Bortone a- maglie

Statua del Bortone a- maglie

Giovanni Scupola

Maglie (Le) – Il monumento a Francesca Capece, ultima feudataria di Maglie, è collocato nella piazza principale della città. In marmo bianco di Carrara, rappresenta una vecchia signora seduta su una poltrona.
Sulla spalliera è raffigurata l’arma gentilizia (un leone rampante); la contessa amorevolmente si rivolge ad un fanciullo nudo: il piccolo regge con la mano sinistra uno scudo con lo stemma civico e con la mano destra prende un libro ed una croce che la benefattrice gli porge.

Ma chi è la donna che troneggia nel cuore della città? Francesca Capece nasce nel 1769 a Maglie, da Nicola Capece, marchese e barone di San Marzano e di Maglie, e da Maria Vittoria Della Valle di Aversa, e governa dal 1805 al 1843 il feudo avuto in eredità. Sposa giovanissima nel 1778 Antonio Lopez y Royo, duca di Taurisano e di Monteroni.

Non avendo discendenti, dona nel 1843 i suoi beni ai Gesuiti affinché istituissero scuole pubbliche di orientamento umanistico. Muore a Lecce nel 1848 ed è sepolta a Maglie nella chiesa Matrice ai piedi di un altare laterale.

Si deve all’avvocato Alessandro De Donno nato a Maglie nel 1821, del quale la baronessa era madrina, la modifica del testamento a favore della cittadinanza magliese. Le argomentazioni usate da De Donno puntano sulla mancata attuazione da parte dei Gesuiti delle condizioni poste dalla Capece per la suddetta donazione.

La modifica del testamento fu però un successo temporaneo: i Gesuiti ritornarono nel 1849 alla carica mostrando di adempiere agli obblighi testamentari: istituirono a Maglie scuole pubbliche che gestirono per circa un decennio, ma con l’Unità d’Italia questo patrimonio fu incamerato dallo Stato.

Si deve allo stesso De Donno l’idea di un monumento da dedicare alla benefattrice.

Ed è ancora Alessandro De Donno che ha l’idea di rivolgersi al cavaliere Antonio Bortone. Lo scultore nasce a Ruffano nel 1844 da genitori di modesto ceto sociale (padre fabbro e madre contadina).

Fu scultore assai stimato e numerose sono le sue opere sparse in tutta Italia. Discepolo di Maccagnani, grande cartapestaio leccese, che lo avviò allo studio del disegno e della plastica, dopo l’Unità d’Italia raggiunse Napoli dove frequentò l’Istituto di Belle Arti e si orientò, nello stile, sotto la guida di Angelini, verso il Neoclassicismo.

Raggiunse in seguito Firenze dove risedette e lavorò dal 1865 al 1905 e conobbe lo scultore eclettico Giovanni Duprè che divenne suo tutore. Dal 1910 risedette a Lecce, di cui divenne cittadino onorario, dove continuò a lavorare fino alla morte, avvenuta nel 1938 a 94 anni.

È del periodo fiorentino la statua a Francesca Capece, la cui realizzazione avviene dopo aver ricevuto, da Alessandro De Donno, il libretto delle “Memorie” accompagnato da una lettera nella quale chiede di eseguire un bozzetto del monumento.

Dopo pochi mesi, il bozzetto di gesso è esposto in una sala del palazzo De Donno, dove accorsero in tanti per vederlo.

Nacque, quindi, un comitato con lo scopo di raccogliere, mediante una pubblica sottoscrizione, i fondi occorrenti per l’emolumento della statua, un compenso (diciassettemila lire) che, per espresso desiderio dell’artista era assai modesto.

Il 29 luglio 1900 a Maglie si inaugura il monumento della Benefattrice.

La singolare coincidenza col tragico avvenimento, che da molti è stato preso a simbolo del nuovo secolo, l’assassinio di re Umberto I a Monza, oscura nei giornali di quella data ogni notizia sull’evento dell’inaugurazione magliese.

Tutte le volontà di Alessandro De Donno trovarono soddisfacimento. Solo l’ubicazione del monumento aveva avuto una modifica: invece del centro dell’atrio del Palazzo ducale dove egli aveva suggerito, fu scelto il centro della piazza. Il De Donno concluse la sua esistenza a Lecce dove morì nel 1901 a 80 anni.

Se è vero che ogni monumento nasce da un bisogno di legare il futuro al passato, i segni che lo formano consentono di risalire alle gesta del soggetto rappresentato; esse così divengono da volontà individuale patrimonio collettivo che in ogni modo determina modi di essere, caratteristiche di gruppi sociali.

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