I Mumakil e gli elefanti: l’archetipo degli elefanti da Hemingway a J. R. R. Tolkien
di Fabrizio Manco
Parte prima: gli elefanti e i proboscidati negli Archetipi psicologici e simbolici della letteratura.
Introduzione:
In questo mio nuovo saggi monografico dedicato al mondo di J. R. R. Tolkien ( 1892 – 1973 ) e alla sua immensa creazione letteraria chiamata Terra di Mezzo ( il quarto, per essere precisi), ho deciso di analizzare delle creature molto particolari che dimorano nel mondo della Terra di Mezzo: i Mumak o gli Olifanti. Prima di parlare in dettaglio di queste creature, voglio introdurre gli Archetipi e i significati profondi simbolici che i proboscidati rappresentano nella letteratura e nelle narrazioni degli scrittori; in particolare in un romanzo di Ernst Hemingway.
L’elefante come Archetipo della Morte e della Rinascita: il “ Topos “ dell’ “ animale “ morente” e “immaginale “
Lo psicologo, psichiatra e psicoanalista Americano James Hillmann ( 1926 – 2011 ), ha dedicato una raccolta di saggi dedicati alla simbologia e agli archetipi degli animali, intitolato Presenze animali ( 1 ). ( Edizione Adelphi, 1991 ) . Uno di questi saggi è dedicato alla figura degli elefanti e sul loro significato archetipico e psicologico in rapporto con l’ Inconscio umano. Il saggio inizialmente è stato pubblicato sottoforma di articolo nella rivista di psicologia Spring nel 1990 alle pagg. 93 – 115 e successivamente fu pubblicato nella raccolta di saggi menzionata prima come terzo capitolo del libro nel 1991.
Il titolo del saggio è L’ elefante morente nel “ Giardino dell’ Eden” ( 2 ) , il quale titolo prende ispirazione da un romanzo uscito postumo dello scrittore Inglese di Ernest Hemingway ( 1899 – 1961 ). Il primo paragrafo del saggio analizza il rapporto profondo, primordiale e atavico tra il cacciatore e la preda, tra colui che insegue e colui che è inseguito, traendo lo spunto di riflessione da un passo di una poesia del poeta, scrittore , drammaturgo Irlandese Butler Yeats ( 1865 – 1939 ). Il passo della poesia in questione, dal titolo Morte, è il seguente:
“ Ne paura, ne speranza assistono l’animale morente ;
L’uomo aspetta la sua fine temendo e sperando di tutto;
Molte volte morì, molte volte è risorto…. “ ( 3 )
James Hillmann prosegue il saggio affermando che questa poesia di George Butler Yeats potrebbe essere un concentrato della vita di Ernest Hemingway ( 1899 – 1961 ) , ma io mi azzardo e mi spingo oltre, affermando che questi versi di Yeats possono essere tranquillamente dedicati ai centinaia di elefanti che nel corso dei millenni e dei secoli sono stati ammazzati e trucidati per il loro avorio e centinaia di volte sono rinati sottoforma di innumerevoli manufatti artistici realizzati con il prezioso materiale contenuto nelle loro zanne : Morte e Rinascita sono onnipresenti ovunque nel mondo , e non possono mancare nel ciclo vitale di ogni essere vivente sulla terra, soprattutto in tutte quelle specie animali che ogni anno sono sacrificate per i numerosi capricci femminili come le pellicce, le borse e gli altri indumenti di lusso. Lo stesso sacrificio è presente sulla pelle di molti elefanti.
Nel romanzo di Ernst Hemingway Il giardino dell’ Eden, l’ uccisione e il sacrificio di un Elefante Africano ( Topos dell’ Animale sacrificato e morente ) e quindi dell’ Elefante morente non è soltanto una semplice cornice per la trama ma è il pilastro psicologico e psichico della vicenda. Il testo manoscritto originale di Ernest Hemingway fu scritto nel 1946 ed era originariamente di circa 800 pagine, alle quali Hemingway lavoro’ per circa 15 anni. Tuttavia il romanzo non vide mai la luce mentre lo scrittore era in vita ma soltanto successivamente, nel 1986, circa 40 anni dopo la prima stesura. Il romanzo narra essenzialmente la vicenda d’amore tra lo scrittore Statunitense David Bourne , il protagonista del racconto, e sua moglie Catherine, i quali vivono un’ appassionata Luna di Miele in Costa Azzurra, quindi in Francia. In seguito David Bourne intraprende una storia d’amore extraconiugale con un’altra donna , una certa Marita. A questo punto a partire da questo intreccio si uniscono altri temi oscuri come l’ invidia distruttiva femminile, di un uomo messo in pericolo da una donna/ diavolo e da tutte una serie di caratteristiche malate tipiche della nostra epoca, come il femminismo estremo misandrico e tossico, il cambiamento di sesso , l’ ossessione per l’ apparire, per la moda, per i bei vestiti e per le belle macchine ; tutte caratteristiche della nostra epoca contrassegnata dal Narcisismo Voyeuristico ossessionata dell’ apparire e del fisico perfetto e senza rughe.
Mentre il protagonista del romanzo, lo scrittore David Bourne è impegnato in un selvaggio Menage a trois con la moglie e l’amante, ecco che gli vengono in mente i ricordi di quando da piccolo passava le vacanze estive in Africa con la sua famiglia; in particolare con suo padre, il quale era un cacciatore di elefanti. In particolare è il ricordo di un elefante che risveglia in David Bourne il processo di scrittura del suo nuovo racconto. L’ Elefante morente fa da guida allo scrittore per scrivere il suo nuovo racconto. L’elefante diventa quindi un immagine proveniente dall’ Inconscio che fa da Daimon a David. È quindi una sorta di animale guida. Ci troviamo quindi all’ archetipo dell’ Animale immaginale, come lo definisce James Hillmann nel suo saggio ( 4 ).
Ma la potenza dell’ Animale immaginale e quindi dell’ Elefante guida si manifesta quando la moglie di il Bourne, Catherine, invidiosa della sua creatività distrugge il manoscritto . Ma lo scrittore non si arrende e guidato ossessivamente dall’ immagine dell’ Elefante guida, riscrive nuovamente tutto il manoscritto. Io ruolo dell’ Elefante morente e immaginale nel romanzo di Ernst Hemingway ha il ruolo di restaurare i rapporti dello scrittore David Bourne con la passione per la scrittura, da tempo assopito, con suo padre , con la moglie Catherine e con la sua stessa integrità di essere uomo. A questo punto James Hillmann si chiede come mai proprio un elefante e non gli altri animali rappresentano questo archetipo della potenza e del ripristino del passato. Secondo il mio intuito e interpretazione, il protagonista del romanzo di Ernst Hemingway ha sprigionato questa immagine guida dell’ elefante grazie all’ erotismo utilizzato nel rapporto a tre tra la moglie e l’amante. Inoltre l’ elefante rappresenta la potenza e la forza, e quindi alla psiche comunica la forza di rinascere.
Anche in un altro racconto, questa volta dello scrittore Inglese George Orwell ( 1903- 1950 ) , intitolato Sparando ad un elefante , la figura del mammifero proboscidato appare come Elefante immaginale. E anche in questo caso è l’immagine dell’ elefante morente o addirittura morto e in decomposizione ad essere più impressa nella mente dello scrittore Inglese. Nel racconto di George Orwell, che molto probabilmente è il frutto di un avvenimento realmente accaduto quando Orwell si trovava in Birmania a prestare il servizio militare , l’immagine scatenante è ancora una volta l’ Elefante morente o animale morente, che incarna il grande palpito della vita che può spegnersi ma anche rinascere.
Abbiamo visto quindi che l’ Animale morente , in particolare l’ Elefante morente, è un Topos molto presente sia nella letteratura che nella poesia. Gli esempi principali li abbiamo visti in Hemingway e in Orwell, ma non dobbiamo dimenticare anche altri due autori dove la figura dell’ elefante è molto presente: William Kotwinkle e Gianfranco Pagnucci. Lo scrittore William Kotwinkle è un autore prevalentemente Fantasy e Fantastico ed è autore della raccolta di racconti intitolata Elephant bangs train, uscita nel 1971. In un racconto di questa raccolta, Doctor Rat , una serie di animali, tra i quali un elefante, muoiono nel tentativo disperato ma tenace, di salvarsi da dalla furia distruttiva degli esseri umani. Anche qui il Topos dell’ Animale morente è molto presente e si unisce alla metafora della vita agonizzante che lentamente scivola via sotto la furia distruttiva delle forze di Thanatos.
E a proposito di Thanatos, gli elefanti che invece di soccombere a tale forza universale sono essi stessi i portatori di tale forza sono gli Olifanti o Mumak , che fanno parte delle innumerevoli creature della Terra di Mezzo creata da J. R. R. Tolkien.
Parte seconda:
l’ elefante immaginale in J. R. R. Tolkien : i Mumak e la potenza distruttiva di Thanatos.
Le creature più grandi in assoluto della Terra di Mezzo sono i Mumak o Olifanti. Questi giganteschi proboscidati della letteratura Fantasy sono degli elefanti da guerra, quindi si tratta di animali militarizzati. La loro altezza va dai 12 ai 15 metri , sono dotati di quattro paia di zanne e vivono principalmente nelle zone della terra di Harad. L’ unico popolo che li ha ammaestrati e addomesticati sono il popolo degli Haradrim che li utilizzano sia come animali da trasporto che come animali da guerra. Inoltre gli Haradrim utilizzano i Mumakil anche come fonte di cibo e vestiario, in particolare ne ricavano la carne e le pelli. Il popolo degli Haradrim si divide in quello Settentrionale e in quello Meridionale. E sono gli Haradrim Settentrionali che utilizzano i Mumakil come animali da guerra. Nella Guerra dell’ Anello, avvenuta nella Terza Era, gli Haradrim hanno aiutato gli eserciti di Sauron offrendo i loro preziosi e pericolosissimi Olifanti. Infatti questa popolazione ha contribuito all’ assedio di Gondor e ha combattuto nella Battaglia dei Campi Pelennor,con un esercito di forti guerrieri capitanati da un capo chiamato Serpente Nero.
Nella trasposizione cinematografica del Signore degli Anelli di Peter Jackson, gli Olifanti appaiono nel terzo film Il ritorno del Re, dove i giganteschi Olifanti si scontrano con gli abilissimi Cavalieri di Rohan, i Rohirrim, i quali inizialmente sono in difficoltà a causa della enorme potenza dei Mumakil . Il regista Peter Jackson per enfatizzare la loro potenza straordinaria ha inserito nelle enormi zanne dei Mumakil punte e rulli coperti di spine, con i quali schiacciano e soprattutto trafiggono con le loro quattro paia di zanne molti cavalieri di Rohan , sbalzandoli e facendoli volare in aria con incredibile potenza a destra e a sinistra. Inoltre nel terzo film della trilogia, i Mumakil sono cavalcati dal alcuni guerrieri di Hadrin che hanno costruito sul loro dorso delle piattaforme dove posizionarsi. Gli Olifanti quindi sarebbero dei carri armati viventi. Ma nonostante la loro potenza sono sconfitti dai cavalieri di Rohan e dall’ Esercito dei guerrieri Morti richiamato da Aragorn.
Ma quella dei Campi Pelennor non è l’unica battaglia dove sono utilizzati gli Olifanti. Queste gigantesche creature sono infatti utilizzate dal popolo degli Haradrim nella battaglia dell’ Ithilien, nella quale combattano con un esercito di Raminghi guidato da Faramir.
I Mumakil rappresentano a livello simbolico e archetipico le forze oscure e potenti della Natura e del mondo. Questi giganteschi proboscidati della Terra di Mezzo sono la rappresentazione simbolica e metaforica della furia distruttiva di Thanatos, il lato oscuro e Dionisiaco della vita. Nella Terra di Mezzo sono molte le creature che incarnano questo lato Dionisiaco: gli Orchi, i Vampiri, gli Spettri dei Cavalieri Neri, Sauron, i Lupi Mannari…. ma i giganteschi proboscidati Mumakil sono come degli immensi carrarmati che spazzano via qualunque cosa si trova sul loro cammino.
Nel libro di J. R. R. Tolkien, Il Signore degli Anelli, gli Olifanti appaiono descritti nel terzo capitolo del quarto libro delle Due Torri, ed è Sam che li descrive con una filastrocca successivamente raccolta anche nel libro Le avventure di Tom Bombadil. La filastrocca è la seguente:
“ Come un topo sono grigio e grande quanto un edificio/
Il mio naso è un serpente e il mio passo è irruente/
Fa tremare la terra molto più di una guerra/
Con due corna in bocca camminare mi tocca/
Sventolando l’orecchio ma nome sono mai vecchio pur marciando parecchio/
Pur se supino mai, neanche supino mi vedrai/
Io sono Olifante, il più importante, il più grosso e il più grande/
Se un giorno ti incontro non scorderai lo scontro/
Ma se non mi vedi, so che non mi credi/
Eppure son Olifante, il vecchietto ben portante… “( 5 )
Il termine Olifante è molto probabilmente una invenzione linguistica di Tolkien storpiando la parola arcaica Elephant , dal quale Tolkien fece derivare la parola Oliphaunt.
Nella filastrocca dell’ Olifante Tolkien utilizza la parole “ vecchio” e “ saggio “. Non devono sorprendere queste due parole accostate agli Olifanti, perché in molte culture gli elefanti sono l’ archetipo del Vecchio Saggio e quindi del Senex. Nel racconto di George Orwell, Sparando ad un elefante, l’ elefante morente viene ritratto come un animale incredibilmente vecchio ormai stanco con innumerevoli anni alle spalle. Nell’ immaginario immaginifico dell’ Asia , dell’ Africa e in parte anche dell’ Occidente l’ elefante è raffigurato e immaginato come un Vecchio saggio ; una sorta di grande e buon padre che effonde affetto, lungimiranza, maestosità, affetto e saggezza. Ma se questi popoli da un lato concepiscono l’immagine archetipica dell’ elefante come piena di virtù, dall’ altro lato però gli stessi popoli sembrano però rimuovere , trascurare e omettere il lato aggressivo e pericoloso degli elefanti, la loro furia distruttiva, la loro spiccata foga sessuale e la loro voracità nel campo alimentare che permette loro di divorare tonnellate di piante e di frutti in un solo giorno. Questo lato oscuro e Dionisiaco degli elefanti tuttavia non è stato escluso da Tolkien , il quale descrive gli Olifanti carichi di potenza distruttiva.
È possibile che J. R. R. Tolkien abbia preso ispirazione per gli Olifanti da alcune creature preistoriche? È molto probabile, anche se non abbiamo prove certe a riguardo. Non sappiamo con certezza se Tolkien conoscesse la paleontologia e i fossili, però sappiamo tramite le sue lettere che era un appassionato di piante e di botanica.
Gli unici mammiferi placentari preistorici che per forma e dimensioni si possono avvicinare ai Mumakil sono il Mammuth Trogontherii e il Paraceratherium.
Giganteschi proboscidati e mammiferi placentari preistorici.
I Proboscidati preistorici presero il posto occupato dai dinosauri Sauropodi e Teropodi vissuti durante il Mesozoico. Dopo l’ estinzione dei dinosauri furono alcune specie di mammiferi placentari erbivori a diventare i giganti del Terziario.
Il Mammuth Trogontherii ( Pohlig, 1888 ), conosciuto anche con il nome di Mammut delle Steppe , si tratta di uno dei più grandi proboscidati della storia della vita sulla terra. Soltanto le zanne potevano raggiungere anche i 4 metri di lunghezza, mentre l’ altezza al garrese è di quasi 5 metri. La lunghezza completa si stima che fosse circa 8 metri. Questo gigantesco proboscidato visse durante il Pleistocene medio tra i 700 . 000 e 400 / 300. 000 anni fa nei territori dell’ attuale Eurasia ed è un discendente diretto del Mammuthus meridionalis che si evolse in Asia Minore e si diffuse in Eurasia e nella parte Nord dell’ Europa durante la prima parte del Pleistocene.
Il Paraceratherium bugtiense ( Pilgrim, 1908 ) , conosciuto anche con il nome di Indricotherium , è il mammifero placentare più grande che si evoluto dopo l’estinzione dei dinosauri e prima dell’ apparizione dei Mammut. Non esistono fossili completi di questo gigantesco mammifero placentare ma in base ai resti pervenuti si può comprendere che fosse lungo fino a 7 / 8 metri e con un altezza al garrese di circa 4 / 5 metri. Sono state classificati circa quattro esemplari fossili del Paraceratherium : il Paraceratherium bugtiense classificato da Pilgrim nel 1888 che rappresenta la specie olotipo ; il Paraceratherium transouralicum ( Pavlova, 1922 ); il Paraceratherium huangheense ( Li et Al, 2017 ) e il Paraceratherium linxiaense ( Deng et Al, 2021 ).
Evoluzione delle zanne dei proboscidati preistorici.
Le zanne dei proboscidati nel corso dell ‘ evoluzione hanno evoluto le forme più bizzarre e disparate. Dalla forma a pala del Phiomia serridens e del Platybelodon , dei primitivi elefantidi vissuti nel Miocene circa 15 / 10 milioni di anni fa nei territori dell’ Asia minore, all’ Amebelodon che visse nel Miocene inizialmente nei territori del Nord- America e poi diffusosi in Asia. Una delle forme più assurde di proboscidati preistorici è lo Stegotetrabelodon ( Petrocchi, 1941 ) , che ha evoluto 4 paia di zanne, due ai lati superiori e due ai lati inferiori. Questi proboscidati preistorici, in particolare le specie che si evolsero tra il Miocene e il Pliocene, sono delle vere e proprie creature fantastiche sia per morfologia che per dimensioni. In particolare lo Stegotetrabelodon e il Mammuth Trogontherii si avvicinano molto ai Mumakil di Tolkien.
Gli elefanti militarizzati nella storia.
Nella storia militare gli elefanti sono stati molto sfruttati durante le guerre. Presso gli antichi Romani l ‘ elefante rappresenta la forza, l potenza e il trionfo nelle battaglie. Per questo motivo lo troviamo in molti bassorilievi come gli Archi trionfali. Nella guerra è stato militarizzato dal condottiero Cartaginese Annibale ( 247 – 183 A. C. ). Questo straordinario condottiero Punico/ Fenicio figlio a sua volta del condottiero Amilcare, fin da piccolo fu portato da suo padre a giurare odio contro i Romani, come dimostra il dipinto del pittore Claudio Francesco Beaumont ( 1794 – 1866 ). Quando il padre in Spagna fonda la città Nuova Carthago si trasferisce con il figlio nella penisola Iberica portando dal nord Africa numerosi elefanti dentro le navi, superando così lo Stretto di Gibilterra ( Colonne d’ Ercole). Annibale nelle sue battaglie e per attraversare i Pirenei utilizza moltissimi elefanti , e realizza una delle più grandi marce di elefanti della storia: quella che va da Nuova Carthago fin all’interno dei Pirenei, nella quale utilizza circa 37 elefanti montati da un soldato a testa. Ma nonostante ci fossero in suo aiuto i possenti elefanti, Annibale trova qualche difficoltà iniziale con le popolazioni Celtiche locali che si opposero. In seguito Annibale utilizza delle zattere coperte di terra per permette agli elefanti di attraversare i fiumi.
L’ elefante e gli altri animali come simboli del Macrocosmo e Microcosmo umano.
Lo psicoanalista Svizzero Carl Gustav Jung ( 1876 – 1961 ) nella conclusione del suo saggio Inconscio e Individuazione ( 6 ) parla dell’ importanza dei Mandala nei sogni, e a questo proposito riporta un sogno di una bambina di 10 anni la quale mise per iscritto il suo sogno nel quale attraverso gli animali si forma la Quaternita’ di Dio. Il sogno fu trasmesso a Jung tramite un conoscente, ed è il seguente:
“ Una volta in sogno vidi un animale che aveva un mucchio di corna. E trafiggeva con queste altri animali più piccoli. Si inanellava come un serpente e così viveva. Da tutti e quattro gli angoli uscì una nebbia azzurra che gli impedì di mangiare. Venne poi il buon Dio, anzi quattro Dei che stavano nei quattro angoli. Allora la bestia morì e tornarono in vita tutti gli animali che aveva divorato… “ ( 7 )
Jung sostiene che questo sogno oltre a descrivere un Mandala descrive il Processo di integrazione Inconscio , con due tipi di realtà che si delineano: l’ Enantiodromia , processo nel quale la vita passa nel suo contrario, cioè la morte, rappresentato dall’ animale che divora gli altri animali e l’ Apocastasi , cioè la resurrezione degli esseri viventi, rappresentato dagli animali che tornano in vita. A me sembra comunque che il sogno della bimba attraverso le immagini degli animali stia rappresentando una struttura Frattale, attraverso le varie concatenazioni a cerchio degli esseri viventi. Comunque sia la letteratura, la poesia e i sogni fanno comprendere che la psiche umana è impregnata delle immagini degli animali fin dalle origini più remote. E ciò è ampiamente dimostrato in campo psichiatrico dai numerosi casi di allucinazioni, schizofrenie e sogni nei quali compaiono gli animali. Anche il caso della Signora X presa in cura da Jung, nel suo dodicesimo Mandala raffigura molte specie di animali diversi come pesci, tartarughe, lucertole, serpenti, maiali, leoni, caproni e arieti. ( 8 ) .
Lo aveva capito molto bene un Padre della Chiesa del Terzo secolo D. C. Origene ( 185 – 254 D. C. ), il quale nella sua quinta Omelia sul Levitico afferma che:
“ Cerca questi animali sacrificali in te stesso ( Intra te ipsum ) , e li troverai dentro la tua anima. Sappi che tu hai dentro te stesso mandrie di buoi , mandrie di pecore e mandrie di capre….sappi che dentro di te ci sono anche gli uccelli del cielo. E non meravigliarti se diciamo che esiste questo in te. Sappi che tu sei un Macrocosmo in piccolo e che dentro di te ci sono anche il sole, la luna e le stelle….. “ ( 9 ) .
Questo passo tratto dalla Quinta Omelia sul Levitico di Origene è citato nel primo saggio di James Hillmann da titolo Gli animali nel sogno , facente parte della raccolta citata precedentemente dal titolo Presenze animali. Il passo viene interpretato da Hillman ed essenzialmente anche da me come la metafora non solo del sacrificio degli animali ma anche e soprattutto riguardo l’importanza che gli animali hanno nella nostra psiche e nella nostra interiorità più profonda : nella quale l’intero regno animale passeggia a suo agio.
Fabrizio Manco
Note bibliografiche :
( 1 ) James Hillmann: Presenze animali, edizione Adelphi, Milano, traduzione di Alessandro serra e David Verzoni.
( 2 ) James Hillmann: Presenze animali, edizione Adelphi, Milano, traduzione di Alessandro serra e David Verzoni .
( 3 ) Walter Butler Yeats: Morte, da “ La scala a chiocciola e altre poesie, edizione Bur Milano, 2000; pag. 207 , traduzione italiana di A. Marianni.
( 4 ) James Hillmann, Presenze animali, ibidem ; pagg. 175 / 176 …
( 5 ) J. R. R. Tolkien: Il Signore degli Anelli, libro secondo: Le due Torri, capitolo 3 ; edizione Bompiani/ Le avventure di Tom Bombadil, edizione Bompiani.
( 6 ) Carl Gustav Jung: Coscienza, inconscio e Individuazione, pagg. 102 – 103 , edizione Bollati Boringhieri.
( 7 ) Carl Gustav Jung, ibidem, pag. 103.
( 8 ) Carl Gustav Jung, Ibidem…
( 9 ) Origene, Omelie sul Levitico ; Omelia 5 , 2 in James Hillmann, Presenze animali, edizione Adelphi/ Edizione Città Nuova.