IL PENSIERO MEDITERRANEO

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I canestri dei morti: ornano i panifici e le pasticcerie siciliane di dolci tipici del periodo. Di Mario Pintacuda

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Il canestro dei morti siciliano

In occasione delle festività dei Morti, particolarmente sentite in Sicilia, tornano nei panifici e nelle pasticcerie  i dolci tipici del periodo, come sempre innumerevoli nell’isola (che per “dolcezza” non è seconda a nessun Paese al mondo).

Tutti questi dolci vanno a formare il “cannistru”, ovvero il cesto pieno di leccornie che si prepara in occasione della Commemorazione dei defunti: secondo la tradizione il 2 novembre mattina i bambini siciliani (anche quelli ormai distratti e contaminati dai riti barbarici di Halloween) al risveglio cercano per tutta la casa i regali portati nottetempo dai Morti, che vanno accuratamente celati nei posti più impensati (i Morti, a forza di essere morti, diventano giocherelloni e un po’ “camurruselli”).

Dopo un’accurata perquisizione, i piccoli finalmente trovano la loro sorpresa: giocattoli, regali vari e, letteralmente “dulcis in fundo”, un “cannistru” pieno di dolci o frutta secca: i frutti di martorana, i “pupi” di zucchero (o “pupaccena”), i mustaccioli (“ossa dei morti”), i buccellati, i biscotti all’anice, i “regina” col cimino, i biscotti di pasta di miele, i “tetù” (di cui ho parlato qui qualche giorno fa), i taralli, frutta secca, castagne, ecc.

Come scriveva qualche anno fa il poeta bagherese Vincenzo Aiello, «Appena arruspigghiatu jo circava / cusiritusu unn’era ammucciatu / lu scatulu d’’i scarpi ch’i riàla / ca ’i murticeddi avianu purtatu. / Lu cuntinutu era sempri chiddu: / ’na machinicchia a corda o ’na pistola, / ’na pupa ’i zuccaru e ’na pasta ’i meli; / ma si cci penzu ancora ’u cori vola. / E ora ppi cupiari ’i miricani / n’arridducemu a fari di sta festa / ’na buffuniata di vampiri e streghi / e picciutteddi ch’i cucuzzi ’n testa” (“Appena mi svegliavo io cercavo / curioso dove era nascosto / lo scatolo di scarpe coi regali / che i cari morti avevano portato. / Il contenuto era sempre quello: / una macchinetta a corda o una pistola, / una pupa di zucchero e una pasta di miele; / ma se ci penso ancora, il cuore vola. / E ora per copiar gli Americani / ci siam ridotti a far di questa festa / una gran farsa di vampiri e streghe / e ragazzini con le zucche in testa”, 2012; il tentativo di traduzione è mio).

Quando ero piccolo, a Genova, per i Morti (e in genere proprio il 30-31 ottobre, con prudente lieve anticipo) ci arrivava sempre una cassetta inviata dalla Sicilia dai parenti lontani.

Ricordo che io l’aspettavo con ansia e, quando mio padre metteva sul tavolo della cucina lo scatolone appena arrivato e ne tirava fuori il prezioso canestro che aveva percorso 1500 chilometri risalendo lo Stivale, guardavo con meraviglia il ben di Dio che ne veniva fuori, estratto gradualmente da Papà come i conigli dal cilindro di un prestigiatore: i mustaccioli, i tetù, i biscotti regina, i frutti di martorana, i buccellati, i biscotti di pasta di miele e in particolare la “suss’i miele” di Bagheria (lunghi e croccanti rettangoli coloratissimi formati da farina, mandorle tostate, zucchero, miele, uova e cannella).

C’era anche, immancabile, il pupo di zucchero antropomorfo, a forma di “pupo” siciliano, di cavaliere, di damina, di contadinella, ecc. Ma ricordo che, altrettanto immancabilmente, il “pupo”, con mia grande delusione, arrivava frantumato in mille pezzi e solo con chirurgica pazienza mio padre provava a “rimontarlo” per farmelo vedere; evidentemente gli sballottamenti ferroviari erano risultati micidiali, peggio di una battaglia di Roncisvalle, per quel “pupo” che era partito dalla Sicilia così battagliero…

Comunque sia, tuffandoci su quel ben di Dio, ci sentivamo vicini ai nostri cari e respiravamo un po’ di profumo di Sicilia nella mia città lontana.

FONTE: BLOG DI MARIO PINTACUDA Il canestro dei Morti – NULLA DIES SINE LINEA (pintacuda.it)

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