Grandi numeri in Asia, nelle cronologie e nelle misure di lunghezza: una decrittazione
di Emilio Spedicato
Sintesi
In antichi testi e antiche tradizioni appaiono numeri molto grandi riferiti ad eventi o periodi antichi o strutture numeriche. Questi numeri sono così grandi da sembrare impossibili ad accettarsi, e sono di solito considerati artefatti letterari o numeri di valore simbolico. Consideriamo numeri di questo tipo che appaiono nell’ Asia antica. Proponiamo che siano stati ottenuti da veri valori moltiplicati per 180, un fattore di origine astronomica. Una volta corretti usando il fattore proposto, diventano accettabili e sono in essenziale accordo con valori ottenuti in altro modo. Consideriamo, con riferimento alle cronologie, numeri provenienti da Mesopotamia, Giappone, Nepal, Ceylon, Tibet, e in particolare gli Yuga indiani, forse associati alle date più antiche a memoria di uomo. Sulle lunghezze consideriamo un numero minore di casi, associabili all’area indiana.
1. Introduzione
In molte fonti antiche si trovano datazioni di eventi, comprese le lunghezze di periodi temporali chiamati “età” o “Soli”, espresse in anni con numeri compresi tipicamente fra le centinaia di migliaia ed alcuni milioni. Similmente si trovano valori di grandezze geometriche del tutto eccessivi. Numeri così grandi sembrano impossibili da accettare. Portano infatti a tempi antecedenti l’olocene, e addirittura l’arrivo dell’homo sapiens, ora stimato a circa 150.000-200.000 anni fa, sulla base dell’ analisi di materiale genetico e proteico, con tecniche sviluppate in gran parte dalla scuola di Stanford-Pavia diretta da Luigi Cavalli Sforza. Alcuni numeri sembrano estendersi oltre varie ere glaciali, e pare impossibile credere che la memoria umana possa raggiungere tali vasti intervalli. Quindi nel considerarli, gli studiosi hanno adottato le seguenti posizioni:
- sono numeri prodotto di fantasia
- non sono numeri in anni ma in altre unità.
Osserviamo che il problema non si risolve ad esempio usando i mesi al posto degli anni, come molti hanno proposto per ridurre i 9000 anni che Platone assegna ad Atlantide precedenti il suo tempo. In tal caso si avrebbero 800 anni, ma si ignorerebbe l’affermazione del sacerdote egizio secondo cui la distruzione di Atlantide accadde molto prima del diluvio di Deucalione, da Erodoto datato a 25 generazioni prima della prima olimpiade, quindi verso il 1500 AC.
In questo articolo riduciamo i grandi numeri asiatici utilizzando un fattore di trasformazione che appare essere stato usato nello stesso modo in Mesopotamia, Giappone, India, Ceylon, Tibet e Nepal. Tale fattore si applica sia nel campo delle cronologie che delle lunghezze. In un precedente lavoro (Spedicato, 2011), avevamo considerato solo numeri di tipo cronologico. I numeri qui considerati sono certamente solo una parte di quelli rintracciabili, la cui decrittazione darebbe un importante contributo per la comprensione degli eventi antichi.
Per quanto riguarda i grandi numeri cronologici, consideriamo in particolare le seguenti fonti:
A – la storia babilonese di Beroso, un sacerdote di Babilonia del tempo di Alessandro Magno, storia che sopravvive in frammenti di Solino (anche detto Alessandro Polyhistor, ossia “il curioso”, “l’erudito”) e Sincello; questi numeri sono stati riscoperti nella biblioteca di Nippur e pubblicati nel 1906.
Consideriamo poi un grande numero riferito ai Caldei che si trova in Ipparco;
B – il libro giapponese sulla storia degli imperatori, dal loro inizio verso il 600 AC, a circa il 600 DC, detto Nihonji;
C – la tradizione nepalese sulle loro origini, riportata da Alexandra David Néel;
D – gli annali singalesi iniziati verso il 500 AC, dopo la conquista di Ceylon, o Sri Lanka, da parte dei singalesi provenienti dall’India nord-ovest;
E – gli antichi testi indiani sulla durata delle quattro età, dette Yuga; queste appaiono in due versioni, forse collegabili da un altro fattore di natura astronomica e sono stati oggetto di varie interpretazioni;
F – ulteriori fonti sumeriche, extrabibliche e di origine induistica relative anche a misure geografiche o di altro tipo.
La lista di sopra estende quanto pubblicato in Spedicato (2012) con nuovi casi di cronologie e aggiungendo quelli sulle lunghezze prima mancanti.
Riteniamo come già detto che esistano altri grandi numeri, forse nell’epica di Manas di 6 milioni di versi, solo in parte pubblicata e tradotta dalla lingua kirghisa.
Altra possibile fonte sono i testi storici indiani detti Purañas, pari a circa due milioni di strofe (shloka), la maggior parte non ancora trascritti dalla versione orale.
2. La lista di Beroso dei dieci re antediluviani e dei dieci patriarchi biblici
In Beroso, vedasi un frammento in Solino, Collectanea rerum memorabilium, in Del Rio (1645), e in Sincello, Chronological Excerpts, si afferma che, prima del Diluvio, dieci re vissero in Babilonia per un totale di 432.000 anni. Grande numero che segue dall’affermazione che erano trascorsi 120 intervalli temporali, chiamati saros, ciascuno della durata di 3600 anni.
Il Diluvio cui si fa riferimento è certamente quello biblico in cui sopravvive Noè; nelle corrispondenti storie sumeriche-accadiche, contenute in particolare nell’epica di Gilgamesh, i sopravvissuti sono Ziusudra nella versione sumerica, Utnapishtim in quella accadica. Altri sopravvissuti appaiono in documenti iraniani (Avesta) e indiani (Upanishad, Purañas).
Va ricordato che gli studiosi talmudici affermano che molte arche furono costruite, di cui la maggior parte fu distrutta nell’evento, ma alcune sopravvissero; vedasi Immanuel Velikovsky, In the beginning, disponibile nel sito di Velikovsky creato da Jan Sammer.
Secondo la Genesi dieci patriarchi vissero nel periodo fra la “creazione” dell’uomo sino al Diluvio.
Il tempo totale della loro vita può essere calcolato dai dati nella versione biblica Septuaginta, da preferirsi alla Masoretica per le ragioni discusse sotto.
Il totale è di anni 2077 sino all’ arrivo del Diluvio, o di 2427 sino alla morte di Noè (vedasi l’Appendice). Questo numero è vicino al periodo che secondo l’Atrahasis passa dalla creazione al Diluvio, vedasi Bottero e Kramer (1992), periodo inferiore a 2400 anni, in quanto somma di due numeri entrambi inferiori a 1200. Il primo di questi due numeri si riferisce al fatto che meno di 1200 anni erano passati dalla “creazione” dell’uomo al tempo in cui gli abitanti del Kharsag, nome sumerico del Giardino dell’Eden biblico, vedasi Spedicato (2003), furono colpiti, loro e gli animali, da una epidemia seguita da un peggioramento climatico. Poi ancora meno di 1200 passarono prima del grande Diluvio.
Qui osserviamo come la recente scoperta del cratere sottomarino detto Burckle nell’Oceano Indiano, una struttura di circa trenta km di diametro e datata al 4400 AC, individua un evento catastrofico che si correla assai bene temporalmente con l’epidemia e il peggioramento climatico descritti nell’ Atrahasis.
Si noti infine che i dati di Beroso sui re antidiluviani sono stati ritrovati in tavolette della biblioteca di Nippur, e sono stati pubblicati nel 1906, vedasi Jacobsen (1938) o Walton (1981).
I patriarchi biblici e i re mesopotamici non sono le stesse persone, differendo fra l’altro nelle durate individuali di regno. Quindi le due liste generano due stime diverse della durata di tempo fra la “creazione” e il Diluvio. Il numero 432.000 segue da una grande unità di tempo, il saros, del valore di 3600 anni, che è moltiplicata per 180, operazione cui è associabile un possibile errore fino a 180 anni, metà del valore del saros. In un lavoro dedicato ai grandi e piccoli saros, Spedicato (2004), proponiamo che il grande saros mascherasse il valore reale, ben più piccolo, e noto solo agli iniziati, per dare al popolo un grande numero che magnificasse la durata dell’antica storia di Babilonia.
In quel lavoro si proponeva che il valore vero fosse determinabile in termini del più piccolo saros lunare, definito come il periodo fra due successive eclissi lunari osservate da uno stesso meridiano. Tale numero vale ora circa 18.6 anni, ma nel passato era forse diverso, specie in vista della recente scoperta, dovuta all’archeoastronomo Giuseppe Brunod, dallo studio di petroglifi della Val Camonica che l’ orbita della luna era più vicina alla terra nel quarto millennio AC, implicando un anno di 13 mesi. Da qui l’ipotesi che l’unità temporale utilizzata fosse di anni venti.
In tal caso il valore vero associato al numero di Beroso si otterrebbe dividendo il grande numero per 180, rapporto fra 3600 e 20. Si avrebbe allora 2400, un valore assai simile a quello biblico e sumerico-accadico per il tempo passato fra la “creazione” e il Diluvio.
Da quanto sopra proponiamo che 180 sia il fattore segreto che decritta il grande numero di Babilonia. Notiamo che 180 è anche il numero di giorni fra equinozi o solstizi quando l’anno ha 360 giorni; e ci sono argomenti, qui non sviluppati, che così era prima del Diluvio di Noè. Inoltre ci sono argomenti che l’evento che produsse il diluvio (databile al 3161 AC) diede luogo anche ad una completa inversione dell’asse di rotazione terrestre (con piccola variazione anche dei parametri orbitali). Quindi 180 ricorderebbe anche il fatto di tale inversione (completa per non dare problemi di spostamento del rigonfiamento equatoriale), quando Noè notò che invece dell’estate era ritornato l’inverno.
Recentemente sono emerse ulteriori ragioni per la scelta del 20 come valore del periodo di base. Queste ragioni implicherebbero il perché in molte lingue, non meno di trecento, circa il 5% del totale delle lingue ora esistenti, si usi per i conteggi come base non il 10 ma il 20. Fra queste lingue ricordiamo i dialetti Maya (una trentina), il basco, varie lingue siberiane. Una ragione mi è apparsa dal libro God Star di Dwardu Cardona (2006), monografia incorporante conoscenze da vari campi, astronomico, mitologico, antropologico, dove si sostiene che la terra sia stata in passato un satellite di Saturno, allora una nana rossa non legata al sistema solare. Cardona osserva che Giove e Saturno hanno una congiunzione ogni 20 anni circa, precisamente ogni 19 anni e 314 giorni, vedasi De Cesaris (2003). Inoltre ogni 60 anni la congiunzione è molto precisa. Questo fatto era noto a Keplero, che lo studiò usando diagrammi chiamati trigoni. Tale congiunzione era certo nota prima, ad esempio agli astrologi arabi, vedasi Kennedy (1983).
Essendo Giove e Saturno pianeti associati a divinità del più alto livello, è naturale che il fenomeno fosse sotto osservazione e considerato di particolare importanza.
In un lavoro sui Magi, Spedicato (2010a), proponiamo, seguendo Keplero ed altri, che la “stella” che appare all’arrivo dei Magi da Gesù (non a Betlemme, ma nel luogo originario di Giuseppe, nel Wadi Jalil in Arabia) corrispondesse a una simile congiunzione, mentre la stella che motiva la loro partenza (non dalla Persia ma dalla regione degli Altai) fu probabilmente una nova, apparsa un 25 dicembre, visibile nella zona degli Altai, ma non nella zona mediterranea, dove il cielo in quel periodo dell’ anno è spesso coperto di nubi.
Un ulteriore motivo a favore del numero 20 si ritrova, come descritto più avanti, nel fatto che il periodo orbitale dell’oggetto che i Sumeri chiamavano Nibiru, da considerarsi probabilmente come un pianeta di massa maggiore di quella della terra, era non di 3600 anni ma di 20, corrispondente ad un’orbita ellittica che lo portava nel punto più lontano a passare fra le orbite attuali di Giove e di Saturno. Essendo Nibiru anche associato a clamorosi eventi, come la fine della glaciazione e la sua distruzione in un impatto su Giove dalle enormi conseguenze, vedi Spedicato (2013), il valore 20 del suo periodo era un numero di enorme importanza, per le possibili conseguenze negative di un suo passaggio vicino alla terra, e da nascondere moltiplicandolo per 180, come per spostare al futuro un suo eventuale incontro ravvicinato.
L’affermazione che la Septuaginta sia una versione preferibile a quella Masoretica o Ebraica (in accordo con Sant’Agostino, vedasi la discussione nella Città di Dio, ed anche con San Paolo che di solito cita la Septuaginta) si basa sui seguenti argomenti:
- la Septuaginta è una versione in greco fatta nel terzo secolo AC ad Alessandria, su ordine del grande re e studioso Tolomeo Filadelfo. Questi invitò per tradurre, dal testo ebraico trasmesso oralmente, 72 studiosi ebrei, 6 da ciascuna delle 12 tribù (vedasi le Antichità Giudaiche di Giuseppe Flavio). Questo fatto mostra innanzitutto che esistevano studiosi, ed erano facilmente contattabili, delle dieci tribù d’Israele cosiddette “perdute”, sebbene la Bibbia non ne parli più dopo la loro deportazione da parte del re assiro Sargon II, verso il 700 AC.
La deportazione portò almeno parte delle dieci tribù in una terra chiamata Havilah, termine associabile all’Eden, presso la città di Habor e il fiume Gozan. Nomi che a parere nostro individuano l’Afghanistan, con il Kabulistan (Havilah), la città di Kabul o Kabol (Habor) e il fiume Gihon (Gozan), nome localmente dato fino ad un secolo fa al fiume chiamato dai persiani Oxus, ed ora Amu Darya. Inoltre è ovvio che gli studiosi dalle dieci tribù, essendo in maggioranza, potevano facilmente imporre la loro versione contro quella degli studiosi della tribù di Giuda e di Beniamino.
Infine dobbiamo osservare che, per quanto se ne sa, le dieci tribù non avevano subito la tragedia che colpì la tribù di Giuda (quella di Beniamino aveva un ruolo marginale), quando era re Manasse, circa un mezzo secolo prima della deportazione in Mesopotamia da parte di Nebuchadnezzar, nel 587 AC. Allora Manasse abbandonò la religione monoteista e fece uccidere i grandi sacerdoti. Ora solo costoro avevano la piena conoscenza del testo biblico e del suo significato. Quindi il loro sterminio portò ad una discontinuità nella trasmissione delle conoscenze. Dobbiamo perciò ritenere che Esdra non possedesse il testo integrale e la sua corretta interpretazione in ogni passaggio.
Una altra possibilità per la differenza, che è di circa 500 per i patriarchi prediluviani (vedasi l’Appendice), è un semplice errore di memoria in Esdra, che per cinque patriarchi modifica semplicemente di 100 la durata di vita. Errore spiegabile con il fatto che fonti extrabibliche (vedasi Sacchi, 2015), dicono che Esdra scrisse i 94 libri sacri in 40 giorni, trovandosi dotato di una straordinaria memoria dopo aver bevuto una pozione. Pozione la cui natura è ignota, ma che sembra aver avuto effetti simili a quelli provocati dall’amfetamina. Si noti anche che 94 sono i libri sacri, di cui i 24 della Bibbia canonica ebraica, e i 70 segreti, conservati in un armadio speciale del tempio. Quindi si spiegherebbe ad esempio perché il Masoretico assegni circa 1650 anni dalla “creazione” al Diluvio, mentre la Septuaginta ha valori in accordo con l’ Atrahasis e con Beroso.
Un altro grande numero dalla Mesopotamia è giunto alla mia attenzione da una comunicazione dell’archeo-astronomo Tinazzi (2003), che cita l’ astronomo Bianchini, del secolo diciottesimo. Secondo Bianchini, che forse conosceva documenti ora perduti, la storia dei Caldei era estremamente antica, risalendo a 470.000 anni prima di Ipparco, vissuto fra il 190 e il 110 BC. Dividendo 470.000 per 180 otteniamo circa 2610 anni; e quindi un inizio per la storia caldea fra il 2800 e il 2720 AC, in accordo con le datazioni odierne. Questo risultato appare essere una notevole conferma del nostro criterio di decrittazione.
Un altro numero che, diviso per 180, acquista un significato ragionevole è quello che, secondo vari autori ed in particolare Zecharia Sitchin che ne ha fatto uso in una ventina di libri, darebbe il periodo di rivoluzione del supposto pianeta Nibiru dei Sumeri. Il periodo dato da Sitchin è di 3600 anni, nel nostro approccio di 20 anni. Per Sitchin, Nibiru sarebbe un pianeta ancora esistente, dopo aver in passato colpito il pianeta Tiamat, nella fascia degli asteroidi, generando fra l’altro la Terra.
Nel nostro approccio Spedicato (2012) Nibiru corrisponde al Metis della tradizione greca, l’impatto sarebbe avvenuto su Giove, da identificarsi con Tiamat, generando Atena-Venere, spostando Giove sulla attuale più lontana orbita, e facendo scomparire l’oggetto impattante (la cui massa è stata stimata da astrofisici cinesi a dieci volte circa la massa della terra). Impatto avvenuto sulla base di studi di Tollmann (1993) e di cronologie mesoamericane, Spedicato (2012), verso il 6900 AC, quindi a memoria d’uomo…
3. Il grande numero del Nihonji
Kokiji e Nihonji sono due testi giapponesi sull’origine della loro civiltà, e specialmente della dinastia imperiale e degli eventi sino a circa il 700 AD.
Kokiji è più antico di qualche decina di anni e molto del suo materiale si ritrova nel Nihonji.
Per molto tempo fui incapace di trovare questi libri, in Amazon, o nelle biblioteche, sebbene fossero stati tradotti in inglese e francese circa un secolo fa. Nella primavera del 2009 ero a Roma per intervistare il grande soprano Antonietta Stella (venuta a mancare nel febbraio 2022), per un mio libro con 108 interviste con persone del mondo lirico che hanno amato Puccini. Stella risiedeva nell’elegante quartiere Parioli, ricco di verde. Notai alla mia sinistra l’istituto culturale giapponese, un bell’ edificio dotato di una biblioteca aperta al pubblico. Lì trovai il Nihonji e riuscii a leggerne quasi la metà delle 700 pagine. Era una ristampa della traduzione in inglese del 1896. Poi ne acquistai una edizione più recente da poco disponibile in Amazon. Quindi in una visita all’ ISIAO a Milano, l’Istituto per lo Studio delle Civiltà Africane ed Orientali, fondato come ISMEO dal grande tibetologo Giuseppe Tucci, trovai una copia del Kokiji.
Qui cito dal libro letto a Roma, pubblicato da Allen & Unwin. A pagina 110, si legge:
Dalla discesa dei nostri avi celesti sino ad ora sono passati 1.792.440 anni
Il numero 1.792.440 anni è considerato “favoloso” nelle note al libro. Ma diviso per il fattore da noi proposto di 180, diventa esattamente 9958, un numero accettabile. Se assumiamo che ora significhi l’anno 720 DC, quello probabile per la scrittura del Nihonji, anno da considerarsi come quello rispetto cui fu fatto il conteggio, segue, per la discesa degli avi celesti, l’ anno 9238 AC. Questa data corrisponde a circa due secoli dopo la fine dell’ultima glaciazione, che ora sappiamo avvenne assai velocemente, forse dopo un evento catastrofico di origine extraterrestre che portò anche alla fine di Atlantide. Si vedano a questo riguardo i lavori di Spedicato (2007 a,b, 2010), Muck (1956), Barbiero (1974), Collins (2000).
Il particolare evento cui si riferisce il numero non mi è noto, ma potrebbe corrispondere ad una ripresa di forma di civiltà organizzata dopo la distruzione di Atlantide, l’evento che Platone definisce come il più grave nella memoria degli egizi. Ma potrebbe anche riferirsi all’arrivo sul nostro pianeta di esseri intelligenti da altri pianeti, fatto che ora, scoperta la superluminalità e il teleporting, non è da considerarsi impossibile in termini delle distanze coinvolte. E non è detto che la nostra tecnologia possa sfruttare questi fenomeni di qui a forse un secolo… Gli alieni che potrebbero essere arrivati furono motivati nel loro raggiungere il nostro pianeta non tanto da un interesse per noi umani, quanto dagli eventi straordinari che hanno caratterizzato il sistema solare nei millenni successivi, se sono valide le teorie di Velikovsky (1950), di Ackerman (1996a,b) e dello scrivente, Spedicato (2009b). Ed è fuori dubbio che alieni con tali capacità tecnologiche avrebbero potuto modificare geneticamente alcuni umani, forse anche dando loro parte del loro materiale genetico, ed essere quindi considerati avi celesti.
E’ inoltre un fatto interessante che il nostro fattore 180 appaia varie volte nel Nihonji, nelle pagine sia precedenti che successive a quella dove è dato il grande numero, come se costituisse una specie di remainder del numero decrittante. Ad esempio a pagina 80 dell’edizione citata leggiamo:
Una corda di gelso con 180 nodi e degli scudi bianchi a 180 strati
Leggiamo inoltre che quando l’imperatore visitava villaggi o città riceveva in dono tipicamente 180 pezzi di oro o 180 tazze di porcellana. Era inoltre accompagnato da 180 guardie.
4. Il grande numero nel Nepal
Un altro grande numero si trova nella tradizione nepalese. Lo abbiamo trovato in uno dei libri di viaggio di Alexandra David Néel (2004), in cui a pagina 48 si legge:
I primi abitanti del Nepal furono i Kiratis, che arrivarono 819.000 anni prima di ora
Dividendo il numero di cui sopra per 180, otteniamo esattamente 4550 anni, che è un numero ragionevole. Non sappiamo cosa possa valere esattamente prima di ora, ma Alexandra, che morì nel 1969 alla età di 101 anni, viaggiò principalmente nella prima metà del ventesimo secolo. Prendendo per default come anno di riferimento il 1950, togliendo 4550, otteniamo l’anno 2600 AC ! Questa è una data interessante, che si accorda con le date di inizio delle civiltà in Egitto, Mesopotamia. Battriana-Margiana, Indo-Sarasvati…. Di nuovo non siamo in grado di precisare quale sia l’evento iniziale associato ai 4550 anni, ma notiamo che il 2600 AC corrisponde a circa 550 anni dopo il Diluvio noachide, come può datarsi con vari argomenti su cui qui dobbiamo sorvolare. Quindi possiamo assumere che i sopravvissuti al Diluvio, una volta moltiplicatisi, abbiano raggiunto questa terra nepalese allora del tutto coperta di foreste e piena di animali selvaggi, iniziando a coltivarla ed a costruire villaggi e città…
Qui possiamo anche ricordare la tradizione nepalese secondo cui la loro civiltà sarebbe stata fondata da un uomo di nome Mandjoushri, famoso per le sue conoscenze e la sua saggezza. Ora man è parola relazionabile a termini come Manas, Minos, Menes, Manu, Latin mens, associati ad un individuo con particolari conoscenze e saggezza. Shri indicata uno stato di santità. Questo individuo potrebbe essere stato Salomone, sulla base del nostro scenario, Spedicato (2009a), secondo cui egli viaggiò in Asia nei suoi ultimi quaranta anni di vita (dagli anni 54 ai 94), in particolare in India. Secondo una tradizione locale riportata da Giuseppe Tucci (2005) la sua tomba si troverebbe nella giungla nepalese del Terai (Terai avendo un possibile etimo ibrido cinese-semitico, significante grande re). Tale tomba si trova in un posto veramente speciale, assai vicino alle località di Lumbini e Kapilavastu, dove stava il palazzo di Siddharta, poi Budda, e dove questi nacque.
5. Il grande numero dei singalesi
L’ isola di Ceylon, o Sri Lanka come è ora chiamata, appare già nel Ramayana come il luogo dove regnava il re Ravana. Questi rapì Sita, moglie di Rama, re nella presente regione di Dehli, e fu ucciso dopo una difficile guerra. Una datazione recente del Ramayana dovuta a Kak et al (1995) considera questa epica più antica del Mahabharata, datandola verso il 3500 AC, contro il 3200 dell’ altra.
Fin verso il 500 AC, Ceylon fu abitata da una popolazione di religione primitiva detta Yukkas, che sino a un secolo fa sopravviveva come piccoli gruppi nella foresta con il nome di Veddas. Nel 543 AC ci fu l’invasione dei singalesi, una popolazione di religione indù proveniente dall’India nord occidentale. Qualche tempo dopo arrivarono popoli di lingua tamil dall’India meridionale. La storia della conquista singalese dell’isola, e degli sviluppi successivi, è contenuta nell’epica nazionale detta Maha Wanse, scritta in lingua pali, versione popolare del singalese, utilizzata anche in uno dei canoni fondamentali del buddismo. Vedasi il libro scritto dal maggiore Forbes, verso la metà dell’Ottocento, poco dopo la conquista inglese dell’isola, che era allora quasi del tutto coperta da foreste e ricchissima di elefanti.
Il Maha Wanse parte dalla popolazione più antica di Ceylon, detta dei Bambas. Dopo un periodo di crisi i Bambas elessero un re, 1.300.000 anni prima del re Maha-Sammata-Raja. Dividendo 1.300.000 per 180 ricaviamo 7200 anni per l’elezione del re dopo la crisi. Se Maha-Sammata-Raja potesse identificarsi con Noè – Manas, sopravvissuti al Diluvio, otterremmo come data di tale elezione circa il 10.800 AC. Data che è molto vicina a quella da poco stabilita per l’impatto di un asteroide con sciame meteorico sulla regione dei Grandi Laghi del nord America. Evento che peggiorò il clima dell’era glaciale, terminando l’era di Clovis ed attivando la fredda e ventosa epoca del Younger Dryas; formò poi probabilmente i Carolina Bays, e provocò la catastrofe da fuoco che è la prima delle quattro catastrofi citate dai Maya. Vedasi Spedicato (2012).
6. I grandi numeri negli Yuga vedici
I quattro Veda sono considerati i più antichi documenti in forma scritta disponibili all’umanità. Si ritiene che fossero già formati in forma orale circa 6000 anni fa, il più antico essendo il Rig Veda. Tale antichità fu sempre affermata dai Bramini all’inizio del diciassettesimo secolo, come notato dai viaggiatori inglesi, vedasi Foster (1985). Nell’Ottocento gli studiosi britannici ne abbassarono l’età al primo millennio AC, anche per motivi politici, ma ora studiosi indiani come Kak et al (1995), ne anno ristabilito la grande antichità.
Nei Veda e in altri testi collegati, come i commenti detti Upanishad o nei testi semi-storici detti Puraņas, quasi tutti ancora disponibili solo oralmente, si trova un riferimento a quattro età dette Yuga.
Alla durata di queste età si assegnano valori ancora maggiori di quelli visti sinora. Inoltre tali valori non sono sempre gli stessi, ma appaiono dividersi in due classi. Sotto diamo gli Yuga con i loro valori. Osserviamo che la differenza fra le due classi può essere dovuta ad una doppia trasformazione, con variazione dei valori dell’una rispetto all’altra del venti per cento, il venti essendo come prima osservato un numero speciale, relazionato a Giove e Saturno o al periodo vero di Nibiru.
Sappiamo che il Kali Yuga, finisce, o inizia, con l’anno 3103 AC. Questo sarebbe l’ anno della morte di Krishna, il grande dio dalle caratteristiche umane che combatté nella guerra del Mahabharata, ed è noto in particolare per lo straordinario dialogo con l’arciere Arjuna, contenuto nella sezione del poema nota come Bhagavagita. L’anno 3103 corrisponde ad una sessantina di anni dopo la fine del Diluvio noachide, che noi datiamo al 3161 AC, sulla base di considerazione che qui non possiamo presentare.
E’ inoltre una data, vedasi Spedicato (2010a), prossima a quel 3114 AC che costituisce, secondo quanto presentemente accettato, l’inizio del lungo computo dei Maya. Tuttavia nel Mahabharata appare per Krishna una data di morte antecedente al Diluvio. Resta quindi la possibilità che il tradizionale 3103 debba essere corretto, un compito la cui analisi non siamo in grado di effettuare in questa sede. Qui utilizziamo per default la data del 3103. I due più recenti yuga sono relazionabili a discontinuità da catastrofe presentate in altre tradizioni (Platone, i Maya….). I due più antichi appaiono riferirsi a eventi assai più antichi, ignoti in altre tradizioni a conoscenza di chi scrive, e ne proporremo il significato solo tentativamente.
Un’eco di tali tempi antichissimi si trova tuttavia in una affermazione di Africano, secondo cui i fenici proclamavano una loro antichità di tre miriadi di anni, ovvero 30.000 anni. Potendosi dimostrare, vedasi Spedicato (2010b), che i fenici sono relazionati con i navigatori indiani detti Pani, e quindi che probabilmente mantennero informazioni sull’India antica, non si può non vedere l’equivalenza fra le tre miriadi di Africano e l’inizio del più antico yuga.
I quattro yuga appaiono nei Veda ed in altri testi, fra cui Mahabarata e Ramayana. I loro nomi e le loro durate in anni sono le seguenti, partendo dai più antichi:
SATYA o KRTA Yuga 1.728.000 anni
Yuga associato a un tempo di felicità per la gente, chiamato l’ età dell’ oro
TRETA Yuga 1.296.000 anni
Yuga corripondente all’età dell’ argento, meno felice
DVAPARA Yuga 864.000 anni
Yuga corrispondente all’età del bronzo, quando si cominciò a costruire templi per il culto degli dei
KALI Yuga 432.000 anni
Questo yuga è tempo di violenza e ipocrisia
I valori decrittati, sempre dividendo per 180 i numeri di sopra, sono i seguenti, dove va notata la differenza di 2400 anni fra due numeri successivi:
SATYA o KRTA Yuga 9600 anni
TRETA Yuga 7200 anni
DVAPARA Yuga 4800 anni
KALI Yuga 2400 anni
Il totale di anni per i quattro yuga è di 4.320.000, o, decrittato, 24.000 anni.
Questo totale si chiama divya–Yuga.
Si dice che un giorno di Brahma vale un divya-Yuga (anche per gli studiosi talmudici, e in uno dei salmi, un giorno del Signore vale mille anni, con riferimento in particolare ai sette giorni della creazione di cui al Genesi).
Un numero più grande è il kalpa, pari a 4.320.000.000 anni, oltre 4 miliardi. Si noti che un kalpa è circa il numero di anni passato dalla formazione della terra, secondo le teorie standard.
Nel Brahmanda Purana, i valori degli yuga sono differenti, ovvero:
SATYA-KRTA 1.440.000 anni
TRETA 1.080.000 anni
DVAPARA 720.000 anni
KALI 360.000 anni
Si osserva che aumentando questi numeri del 20% si riottengono i valori precedenti. Si direbbe quindi che sia stata applicata una doppia trasformazione, usando il sacro numero 20, associato come già osservato con le congiunzioni di Giove e Saturno e con il possibile periodo di Nibiru.
Ora cerchiamo di collegare i numeri degli yuga con il calendario occidentale. In molti testi è affermato che lo Dvapara Yuga finì e il Kali Yuga iniziò con la morte di Krishna. Questo evento è datato al 3103 C, o stando ad altre stime, al 18 febbraio 3102, causa un incidente di caccia (curiosamente la stessa ragione della morte dell’ eroe iraniano Rostam…). Krishna allora tornò al regno celeste di Vaikuntha. Qui ribadiamo la possibilità di una data alternativa per la morte di Krishna a 100 anni prima, in quanto Krishna non appare essere vivo al momento del diluvio, che può essere datato al 3161 AC.
Se quanto sopra è corretto, allora il Kali Yuga, da noi stimato di una durata di anni 2400 anni, sarebbe finito verso il 600 AC, o verso il 700 AC se è corretto spostare all’indietro di un secolo la morte di Krishna. Si noti che l’anno 700 AC corrisponde a generalizzati cambiamenti di calendari, mentre il 600 AC si riferisce ad un periodo speciale nella storia umana.
Infatti attorno a questo tempo l’umanità sperimentò importanti cambiamenti istituzionali e religiosi, dovuti, nello scenario sviluppato da Velikovsky (1950), De Grazia (1981), Ackerman (1996 a,b) et al., scenario che chi scrive ritiene essenzialmente valido, al raggiungimento da parte del sistema solare dello stato attuale. Ricordiamo con riferimento ai cambiamenti di cui sopra che verso il 600 AC si ha la nascita del razionalismo in Grecia con Talete, del Buddismo e Jainismo in India, dello Zoroastrianismo in Iran, della religione Shinto legata al culto dell’ imperatore in Giappone; inoltre Manasse re del regno di Giuda abbandona il monoteismo e uccide i grandi sacerdoti nel regno di Giuda, etc.
Tuttavia se potessimo considerare la morte di Krishna come la fine del Kali Yuga, allora i numeri avrebbero più significato. Infatti avremmo:
- il Kali Yuga inizierebbe verso il 5500 AC, il tempo della “creazione” delle sette coppie nel Kharsag-Giardino dell’ Eden.
In Spedicato (2003) il Giardino dell’ Eden è identificato con la valle di Hunza, nel Karakorum, parte del subcontinente indiano, dove i quattro fiumi dell’ Eden hanno le loro vicine sorgenti nel Pasu Group.
Si ricordi che il calendario bizantino partiva dal 5508 AC, quello etiopico dal 5500 AC (la differenza di otto anni è solo dovuta all’ errore di otto anni fatto dal monaco Dionigi il Piccolo nel datare l’ anno di nascita di Gesù). Sarebbe stato inoltre un periodo di grandi violenze sia naturali che fra gli umani. Avremmo infatti avuto la grande catastrofe del diluvio biblico di Noè, databile al 3161; quella indicata nell’Atrahasis associata a epidemia e peggioramento climatico, vedi Spedicato (2004b), verso il 4400 associabile all’impatto che ha generato il cratere Burkle; e quella che appare in testi mandaici, vedasi Drower (1937), fra il diluvio e la precedente associata ad epidemia, verso il 3600 decrittando la cronologia mandaica per divisione per 180, vedasi sopra.
Oltre a questi tre eventi naturali, abbiamo evidenza di violenza fra gli umani nelle due grandi guerre di cui alle epiche Ramayana e Mahabharata, ed alle informazioni nella Bibbia, oltre che in numerosi testi extrabiblici, sulla presenza sulla Terra dei nephilim, esseri di statura gigantesca, ibridi fra umani e esseri sovraumani, che avrebbero fatto guerra agli umani, essendo anche cannibali… distrutti nel diluvio di Noè.
Il periodo successivo al 3102 vede anch’esso catastrofi naturali, come la esplosione di Tifone sull’Egitto nel 2033 AC ed il diluvio di Ogige associato, e l’esplosione di Fetonte sulla Germania del Nord nel 1447 AC ed il diluvio di Deucalione associato, e l’evento ancora oscuro che portò nel 537 DC alla peste di Giustiniano ed alla carestia in Cina con cannibalismo, ma sembrano essere stati eventi minori; e in termini di guerre è difficile dire se le guerre di Gengis Khan o quelle del secolo ventesimo siano state più sanguinose, in termini assoluti o relativi…
Notiamo infine come l’anno 3102 differisce dall’anno 3161 del diluvio di 59 anni. Nella teoria di Spedicato e Patten su Marte un tempo satellite della Terra e poi in passaggio ravvicinato per probabilmente 99 volte vicino alla Terra, il passaggio sarebbe avvenuto ogni 56 anni prima del diluvio del 3161, ogni 54 dopo, il diluvio corrispondendo ad un particolare e più drammatico passaggio.
L’anno 3102 è quindi vicino al primo passaggio dopo il diluvio, o al passaggio stesso, ammettendo una possibile correzione o del primo periodo del passaggio o della determinazione 3102, quando Marte arrivò in orbita modificata, privo degli oceani, privo di vulcani attivi, quindi meno terrificante.
Un evento che sarebbe stato naturale prendere come punto di partenza dei quattro straordinari yuga.
Ricordiamo che dal punto di vista della religione egizia, Marte come tranquillo satellite è Osiride; come terrificante oggetto con i vulcani in eruzione e il nucleo in fuoruscita dal Valles Marineris, è Seth, mentre è Rahu in India; come tranquillo pianeta passante ogni 54 anni è Horus. Vedasi Spedicato, Lezioni di Bergamo, 2015, in www.emiliospedicato.it.
- lo Dvapara Yuga inizierebbe verso il 10.300 AC, ovvero pochi secoli dopo la data dell’impatto recentemente scoperto di uno sciame meteoritico sul Canada. Impatto che terminò l’era di Clovis, e iniziò lo Younger Dryas, che è stato il periodo finale molto freddo dell’ultima glaciazione. E’ una data che potrebbe essere associata all’inizio della civiltà di Atlantide, che finì verso il 9450 AC con l’evento catastrofico che terminò l’ ultima era glaciale, vedasi Spedicato (2010b).
- il Treta Yuga inizierebbe verso il 17.500 AC, forse il tempo in cui iniziò l’ era glaciale, un evento che potrebbe essere interpretato nello scenario di Cardona (2006). Questa data è anche essenzialmente quella oggi accettata per l’inizio del periodo Magdaleniano, dove l’uomo del paleolitico mostra un balzo di qualità tecnologica negli strumenti che utilizza, ed inoltre inizia, come documentato specialmente nelle caverne della Francia Centrale e della penisola iberica, a coprirne le pareti con affreschi sul cui significato ancora si discute, vedasi per una proposta innovativa Cottles e Lewis-Williams (2001)..
- il Satya Yuga inizierebbe verso il 27.100 AC, una data forse associabile al dominio finale dell’ homo sapiens sul pianeta, con la scomparsa dell’uomo di Neanderthal, recentemente datata a quel periodo, vedasi Chiarelli et al (2009). Si noti che questo numero è inoltre assai vicino alle tre miriadi di antichità che i Fenici proclamavano per la loro storia, come riporta Africano, giudicando assurda la loro affermazione. Si noti che i Fenici sono detti provenienti dal Mar Rosso, quindi dall’Oceano Indiano, in Erodoto, proprio nella prima pagina, e sono quindi associabili ai navigatori indiani, che dall’India meridionale in particolare viaggiavano forse per tutto il mondo, sfruttando le correnti monsoniche. Tre miriadi è anche per Igino il tempo passato da quando l’uomo ha appreso, da prometeo, la tecnica della conservazione del fuoco.
Se l’ interpretazione di sopra è corretta, segue che l’India ha conservato, per quanto consti a questo autore, la più antica memoria di eventi riguardanti l’umanità. Ulteriore lavoro va fatto tuttavia sui testi indiani, dove la conoscenza di chi scrive è limitata, molti testi essendo disponibili solo per chi conosca sanscrito e tamil. E resta tuttavia la possibilità che l’epica di Manas dei Kirghisi contenga informazioni di tipo storico risalenti a questi tempi antichi, o addirittura a tempi più antichi ….
Numeri ben più grandi di quelli associati agli yuga sono infatti noti nelle tradizioni indiane, e certamente non sono spiegabili con la divisione per 180 che è considerata in questo articolo. Diamo alcuni di tali immensi numeri, presi dal libro sull’ India del grande studioso del decimo secolo, Al Biruni. Costui visitò l’India al seguito del conquistatore Mahmud, noto per la grande devastazione del bacino dell’Indo e aver reso musulmani gli abitanti. In Al Biruni (1997), a cura di Giuseppe Bezza, leggiamo:
- un giorno di Brahma, detto kalpa, dura 9.640.000.000 dei nostri anni, ovvero circa 10 miliardi di anni, circa l’età ora stimata del Sole
- il mese detto di Kha vale un decilione di nostri giorni, il decilione essendo pari a 1 seguito da 33 zeri
- la vita di Shakti (Dio supremo per certi aspetti…) dura oltre 10 quindicilioni di kalpa, un quindicilione essendo pari ad 1 seguito da 48 zeri… quindi ad anni 1 seguito da oltre 58 zeri…
- un giorno di Shiva vale oltre 37 diciassettilioni di kalpa, ovvero oltre 1 seguito da 64 zeri…
I numeri di cui sopra, se significativi e non simbolici, richiedono per la loro spiegazione una teoria ben al di là di quanto qui proposto. Ma è bene osservare che sono questi numeri ancora assai piccoli rispetto a quelli che appaiono in teorie della fisica di oggi, dove, ad esempio, esiste un modello cosmologico che richiede di determinare 10^1500 parametri, numero pari ad 1 seguito da 1500 zeri.
Ai lettori di proporre un modello con ancora più parametri.
Segue dalla nostra interpretazione l’inesistenza di profezie di catastrofe associabile alla fine del Kali Yuga, in quanto tale periodo è già finito, o con la morte di Krishna o attorno al tempo di Buddha, una volta rifiutata una durata reale di 432.000 anni….
7. Sulla decrittazione di misure di lunghezze
Recentemente abbiamo osservato che la divisione per 180 da un significato accettabile a misure di lunghezze che altrimenti appaiono impossibili o fantasiose.
Qui diamo tre casi:
- il monte Kailash del Tibet corrisponde notoriamente al sacro monte Meru delle religioni induiste, buddiste, bon e jainiste. La sua altezza sul livello del mare è di 6600 metri. In sacri testi induisti è data in 84.000 yojanas, corrispondenti a circa 1082 km, un valore inaccettabile, anche perché nessuna montagna sul nostro pianeta può superare i 10 km, in quanto crollerebbe su se stessa per ragioni di resistenza al peso delle rocce alla base. Dividendo 1082 km per 180 si ottiene 6.011, con un errore di circa il 10%. Questo errore può venire da una errata stima effettuata in tempi antichi, o dall’aumento sul livello del mare della regione tibetana, sottoposta con l’India a spinta da parte della zolla africana.
Si noti tuttavia l’esistenza di valori alternativi per un yojana, ad esempio, vedasi Charles Allen (2008), il viaggiatore cinese Faxian, che visitò la regione dove nacque Gautama Siddharta poi Buddha (Kapilavastu e Lumbini, nel Terai nepalese), utilizza un yojana di circa 11 km. - nel Ramayana si descrive la costruzione di un collegamento in terra fra l’India e l’isola di Sri Lanka. La lunghezza è data, vedasi la versione francese Éditions Michel, 2006, in 300 leghe, con larghezza di 3 leghe. La lega ha una lunghezza variabile nel tempo e nei luoghi, generalmente compresa fra 4 e 6 km, associata al percorso che si può fare in un’ora. Assumendo un valore di 5 km, la lunghezza del ponte sarebbe di 1500 km, chiaramente inaccettabile.
A 1500 km si giunge anche da Al Biruni, tradotto da Giuseppe Bezza (1997), che da per la lunghezza 100 yojana, un yojana stimato sempre in Al Biruni a 15 km circa. Dividendo per 180 si ottengono 8.3 km, con una larghezza di 83 metri, valori accettabili.
Si noti che lo Sri Lanka è separato dall’ India dallo stretto di Palk, lungo il quale una serie di piccole e basse isole costituiscono il cosiddetto ponte di Adamo. Il tratto di mare fra India e Sri Lanka è attualmente di circa 15 km. Al tempo del Ramayana, circa 400 anni prima del diluvio biblico, la lunghezza poteva essere inferiore, causa un probabile aumento del livello del mare dopo il diluvio di alcuni metri (dovuto alle acque provenienti “dalle fontane del cielo” dice la Bibbia, dagli oceani di Marte secondo un nostro scenario). - Nella Bibbia, ed in testi extrabiblici come il Libro di Enoch, si parla della presenza sulla terra di “giganti” nel periodo precedente al Diluvio, scomparsi poi in questo evento. L’altezza di questi esseri è detta raggiungere i 2000 cubiti, ovvero, per cubiti reali di circa 52 cm, oltre 1000 metri, un valore ancora inaccettabile, anche per limiti della capacità delle ossa di sostenere un corpo troppo lungo. Dividendo per 180, si ottengono circa 5 metri e mezzo, valore elevato, ma non impossibile. Notiamo infatti che scheletri di dimensioni sino a circa 5 metri sono stati ritrovati, in particolare in Sardegna dopo la seconda guerra mondiale, nella zona di Pauli Arbarei. Il ritrovamento fu dovuto ad aratri in grado di raggiungere gli 80 cm contro i 40 dei vecchi aratri. Si sono ritrovati scheletri con altezze fra 3 e 5 metri, vedi Muscas (2011).
Appendice. Dati biblici sulle età dei patriarchi
Dal Genesi, versione Septuaginta nella edizione francese di Harl (1994), abbiamo le seguenti età dei primi nove patriarchi biblici al momento in cui ebbero il primo figlio. Appaiono nella prima colonna, mentre la seconda colonna le da nella versione biblica della nuova edizione CEI (2007). Assumiamo come ipotesi di lavoro la correttezza della Septuaginta.
Adamo 230 130
Seth 205 105
Enos 190 90
Cainan 170 70
Malaleel 165 65
Yared 162 162
Enoch 165 65
Matusalemm 167 187
Lamech 188 182
(Noè figlio di Lamech)
Quindi Noè sarebbe nato, secondo la Septuaginta, da Lamech (che curiosamente era una delle tre divinità principali dei Kafiri dell’Afghanistan orientale nel secolo sedicesimo, vedasi Scarcia (1976)), 1477 anni dopo la “creazione” di Adamo.
Dato che egli aveva 600 anni all’arrivo del Diluvio, segue per il Diluvio una datazione di 2077 anni dalla “creazione” di Adamo.
Dato che Noè visse 950 anni, l’ età totale dei patriarchi sarebbe 2427 anni.
Questo valore è assai vicino al periodo totale in Beroso per il regno dei dieci re antidiluviani, valore che essendo dato come multiplo di 20 (3600 diviso per 180…), è da considerarsi approssimato.
I numeri nella Bibbia della CEI riducono il totale di 600 anni, dando un valore finale non vicino a quello di Beroso. La Bibbia della CEI si basa sulla cosiddetta Bibbia di Gerusalemme prodotta dal Père de Vaux; i numeri dei patriarchi corrispondono a un taglio di 100 anni da quelli della Septuaginta, salvo quelli per Yared, Matusalemme e Lamech. Le sequenze non possono essere entrambe corrette, ma entrambe potrebbero avere errori. La differenza di esattamente 100 suggerisce una modifica artificiale in una delle sequenze.
Qui si apre un problema interessante. Sappiamo che il calendario bizantino parte con il 5508 AC, mentre quello etiopico con il 5500 AC, la differenza di 8 anni essendo dovuta all’errore di Dionigi il Piccolo nel datare la nascita di Gesù. Il punto iniziale di questi calendari dovrebbe corrispondere a qualche evento speciale nel Giardino dell’Eden. Due tali eventi speciali sono i seguenti, presi rispettivamente dal Genesi e dai testi sumero-accadici Atrahasis e Enuma Elish:
- arrivo di Yahvè-Elohim o Enlil-Enki-Ninlil ed altri
- “creazione” di Adamo ed Eva o delle sette coppie
Dato che a parere dello scrivente la Bibbia non descrive assolutamente la creazione dell’ universo (che se creato da un Dio infinito sarebbe più probabilmente anch’esso una struttura infinita nel tempo, nello spazio e nella complessità…), entrambi gli eventi di cui sopra potrebbero definire l’ inizio dei calendari bizantino ed etiopico.
Sulla base di considerazioni che saranno sviluppate altrove, il Diluvio avvenne quasi certamente nell’ anno 3161 AC. Usando la Septuaginta abbiamo 2077 anni sino al Diluvio, corrispondenti ad una data per la “creazione” di Adamo del 5238 AC, quindi circa 250 anni dopo l’inizio dei suddetti calendari. Quindi se le date assegnate per il momento in cui i patriarchi ebbero il primo figlio sono corrette, seguirebbe che i calendari suddetti partono non dalla “creazione” dell’uomo, ma dall’arrivo nel Giardino dell’ Eden o Kharsag di esseri superiori.
Considerazione supportata dal fatto che i testi sumero-accadici affermano che gli dei ivi arrivati lavorarono da soli per un po’ di tempo, finché, stanchi, decisero di creare sette coppie che lavorassero al loro posto (la Bibbia si occupa di una sola coppia, una delle sette è da presumere…). Come gli dei crearono le sette coppie, è tema fuori di questo lavoro.
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Emilio Spedicato
Già ordinario di Ricerca Operativa
Dipartimento di Matematica
Università di Bergamo
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Release 2, dicembre 2016