Giustizia Riparativa …e la disapplicazione dei Tribunali Di Mario Pavone **
L’attuazione in concreto della Giustizia Riparativa, introdotta con la Riforma Cartabia, appare sempre più, nell’opinione dei commentatori, come una vera chimera (v.N. Pigatto Zanotti su Altalex,2 Mag 2024) .
Sta di fatto che ad oltre un anno dalla sua entrata in vigore (30/6/2023) l’avvio dinanzi ai Tribunali appare tuttora problematico,come avevamo già segnalato (v.dello stesso Autore,Vittime di reato senza Giustizia…Riparativa,Maggio 2024).
La Riforma,secondo la Dottrina prevalente,dovrebbe consentire alle parti di intraprendere un percorso di mediazione, al di fuori del Tribunale,guidato da figure professionali esperte i mediazione,con l’obiettivo primario di riparare il danno subito dalla Vittima del reato..
Tuttavia,in base alle prime decisioni emanate fau Tribunali sulle istanze di accesso ai programmi di Giustizia ripartiva presso i Centri istituendi sul territorio nazionale nei 26 Distretti di Corte di Appello,emerge la disapplicazione della normativa istitutiva del procedimento riparatorio stante la mancata costituzione delle Conferenze locali incaricate di individuare gli Enti locali a cui affidare il compito di istituire i Centri e organizzarne i servizi,dotandoli di mediatori esoerti tramite appalti o convenzioni tra quelli formalmente riconosciuti ed assicurando i “livelli essenziali di prestazioni richiesti” di cui diremo infra.
Come afferma la Dottrina, (v.Pigatto Zanotti, art.cit) la Giustizia, di per sè,dovrebbe già incarnare lo spirito riparatorio per un danno patito meritevole di tutela nel nostro Ordinamento.
Ebbene, con la Riforma,entrata in vigore nel 2023,si è voluto acutizzare il ruolo risanante che l’iter processuale deve perseguire,mettendo sempre più in relazione il “colpevole” con la “vittima”, sulla base di un consenso manifestato da quest’ultima.
Si sostiene ,ad una visione non approfondita, questo tentativo di conciliare i due soggetti opposti della fattispecie giuridica lesa sembrerebbe quasi una forzatura, un tentativo goffo di addivenire ad una remissione quantomeno formale di quanto avvenuto a seguito del comportamento illecito del colpevole.
Invece,la Giustizia Riparativa,così come intesa dal Legislatore,ha un potenziale stermi nato, sebbene ad oggi inespresso,a causa dei prevedibili e consueti ritardi da parte dellai Amministrazione giudiziaria.
Si tratta,dunque,di avviare una nuova Giustizia inclusiva con l’intento di cambiare la risposta al crimine commesso, al vulnus creato nell’Ordinamento Giuridico in cui la “mediazione autore – vittima” diviene lo strumento principale, quasi un simbolico vessillo di questo nuovo istituto.
In sintesi,il percorso di mediazione deve iniziare, quasi obbligatoriamente, con le scuse formali del reo alla vittima del reato, scuse racchiuse spesso in una lettera contenente un’assun zione di responsabilità per le condotte ascritte allo stesso.
Seguono poi gli incontri personali tra vittima e autore del reato in cui la mediazione vera e propria interviene in un successivo momento, nel quale si interfacciano le due opposte parti coadiuvate da un mediatore/facilitatore e tale mediazione può essere estesa anche a gruppi parentali appartenenti sia alle Vittime che agli autori ed alle Associazioni per l’Assistenza delle Vittime.
Il mediatore differisce dalla figura del giudice – anch’essa terza ed imparziale –per la sua “equiprossimità”, vale a dire una posizione di vicinanza ad entrambe le parti aderenti al confronto,con più l’idea di favorire una conciliazione, piuttosto che decretarne la “vittoria” o la “soccombenza” di una di esse.
Inoltre la mediazione, non essendo uno strumento obbligatorio, si basa sui seguenti principi: la volontarietà, la confidenzialità e il non giudizio.
La prima caratteristica è presto detta: sono le parti a scegliere se e quando entrare in una mediazione conciliativa.
La confidenzialità, invece, si traduce in un obbligo di riservatezza di tutte le questioni emerse durante la mediazione, questioni che il mediatore/facilitatore non può, per alcun motivo, portare all’esterno.
Infine, il principio del “non giudizio” è incentrato sul ruolo del mediatore, equidistante dalle parti, propositivo e recettivo alle esigenze delle parti.
Grazie a quest’ultima peculiarità, i mediatori facilitano il raggiungimento di un risultato soddisfacente sia per la vittima, sia per l’autore del reato che,confrontandosi, dovrebbero riuscire ad arrivare ad un riconoscimento reciproco della dignità altrui, dei motivi che hanno portato a delinquere, delle sofferenze conseguenti della vittima.
Il Mediatore Penale,alla fine dell’iter,ha l’obbligo di redigere una relazione che, se positiva, permette all’imputato di accedere a uno sconto di pena.
- La disapplicazione dell’accesso alla Gistiizia Riparativa
Fino ad oggi i casi di Giustizia Riparativa sono stati isolati,poco documentati e tra questo esiguo numero sono ancora più confinati a ruolo di chimere i casi in cui ci sia un confronto diretto tra autore del reato e la sua reale vittima.
La motivazione delle prime Ordinanze emanate in materia appaiono,invero,lapidarie poiché si afferma che “l’istanza presentata per l’accesso alla Giustizia Riparativa non può trovare accoglimento,per impossibilità di effettuare il percorso secondo la legge”(sic!!) e benché i decreti di rinvio a a giudizio prevedano la dicitura “Avvisa l’imputato, la persona offesa e i difensori che hanno la facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa nelle forme di cui agli artt. da 46 a 67 del D. L.vo 150/2022“-
Sta di fatto che, come segnalano alcuni commentatori (v R.Radi e G Mazza,Giustizia Riparativa funzionante a Milano e disapplicata a Roma per mancanza dei Centri e dei Mediatori,in Terzultima Fermata) a Roma e non solo la giustizia riparativa esiste solo sulla carta mentre nella realtà i Giudici scrivono “allo stato non luogo a provvedere” poiché “non sono attivi né centri di giustizia riparativa né mediatori professionisti” benché “negli avvisi di fissazione udienza che imputati, persone offese e avvocati ricevono ogni giorno si comunica la possibilità di accedere alla disciplina dettata dagli artt. 42-60, 92 e 93 d. lgs. n. 150 del 2022”
E’ doveroso sottolineare le motivazioni delle Ordinanze del diniego: “visto il parere favorevole del Pm e premesso che sussistono le condizioni per accedere al citato programma ai sensi dell’art. 42 e seg. d.lgs. 150/2022 come indicato dal Pm nel proprio parere.
Rilevato tuttavia che, pur sussistendo in astratto i requisiti per accedere alla giustizia riparativa, non risulta completata la procedura di cui all’art. 63 d.lgs. 150/2022 sia con riferimento alla individuazione dei centri di riferimento per la giustizia riparativa di cui all’art. 42 d.lgs. 150/2022 che alla formazione degli albi dei mediatori a ciò deposti … dichiara allo stato non luogo a provvedere” (Ordinanza del Gup del 25 ottobre 2023).
Mentre il Tribunale collegiale sezione prima scrive a sua volta: “preso atto che non è attivabile un programma per l’imputato ai sensi e agli effetti dell’art. 129 bis cpp, poiché non sono attivi né centri di giustizia riparativa né mediatori professionisti. Dichiara allo stato N.L.P.” (Ordinanza del 18 aprile 2024).
Nella stessa direzione va letta l’Ordinanza del Tribunale di Genova del 21/11/2023 che ha emesso un provvedimento analogo per “mancanza di strutture” sul Territorio ai fini della Mediazione Penale.
Merita pure, una riflessione il provvedimento del Tribunale penale di Latina che dichiara non luogo a provvedere sull’istanza di un imputato di essere avviato ad un programma di giustizia riparativa e dispone invio di copia del provvedimento alla Presidente di quel Tribunale e la nota della medesima che trasmette a sua volta copia di quel provvedi mento al Presidente della Corte di appello allo scopo di segnalare il disservizio.
In conseguenza,l’8 maggio 2024 e il Presidente della Corte di appello di Roma scrive al Capo di gabinetto del Ministro della Giustizia.
“Si trasmette, su segnalazione del Presidente del Tribunale di Latina, copia del provvedimento di non luogo a provvedere adottato in data 15 aprile 2024 dal presidente della sezione penale dello stesso ufficio sulla richiesta di avvio di un programma di giustizia riparativa.
Il provvedimento è stato correttamente motivato con la considerazione che, presso la Corte di appello di Roma, non è stata ancora istituita la Conferenza locale prevista dall’art. 63 del decreto legislativo n. 150 del 10 ottobre 2022 e che, per conseguenza, non sono stati individuati gli enti a cui affidare la gestione dei centri di giustizia riparativa presso i quali dovrebbe svolgersi l’attività di mediazione.
Quanto sopra si porta a conoscenza per le valutazioni di competenza, tenuto conto dell’importanza che la giustizia riparativa riveste per la deflazione del contenzioso penale e per la umanizzazione e personalizzazione della risposta penale.
Sono pienamente consapevole della complessità del percorso che bisogna avviare, ma sono convinto che, con la collaborazione tra tutte le istituzioni, si potranno superare le difficoltà che sempre accompagnano l’avvio delle riforme, specie di quelle che più incidono su concezioni, quali quelle sulla pena, risalenti e radicate, ma non per questo ancora del tutto adeguate.
Un’altra affermazione lapidaria dei Giudici è quella che,benchè la Riforma sia entrata in vigore da più di un anno e che le parti vengono avvertite che possono accedere alla giustizia ripartiva,quando chiedono di accedervi non è possibile perché “non risulta completata la procedura” burocratica della istituzione dei Centri e della formazione dell’albo dei mediatori che appare una esplicita sollecitazione all’attuazione della Riforma-
Anche il G.U.P. del Tribunale di Bologna,Alberto Ziroldi,a fronte alla richiesta di accesso alla Giustizzia Riparativa con l’ausilio della Mediazione Penale,avanzata da un imputato di vio lenza sessuale nei confronti di una ragazza all’epoca appena diciottenne, affetta da deficit cognitivo, aggravata dalle condizioni di inferiorità psichica della vittima,si è visto costretto a rigettarla sulla base della stessa motivazione che “Non è stata indetta la Conferenza per incaricare gli Enti Locali.Nulla è cambiato sul fronte della giustizia riparativa a Bologna, dove mancano ancora Enti e strutture mirati a fornire questo strumento, introdotto dalla Riforma Cartabia “
A Bologna accedere al procedimento riparatorio non risulta possibile,poiché, secondo il G.U.P. Ziroldi,“la Conferenza locale per il distretto della Corte d’Appello di Bologna”, incaricata di individuare gli Enti locali a cui affidare il compito di istituire i Centri per la Giustizia Riparativa e organizzarne i servizi, anche incaricando i mediatori tramite appalti o convenzioni tra quelli formalmente riconosciuti e i livelli essenziali di prestazioni richiesti” allo stato non ha ancora provveduto.
Pertanto,“l’istanza presentata non può trovare accoglimento,per impossibilità di effettuare il percorso secondo la legge” (Sic!!).
Sul problema,osserva la Dottrina “insomma, oggi, considerato che è un diritto degli indagati/imputati accedere alla giustizia riparativa, delle due l’una:
1) si rinviano tutti i processi in attesa di protocolli, tavoli ministeriali e non, istituzioni di elenchi di centri e mediatori;
2) si “copiano” i protocolli già in atto nelle altre Regioni e si applica l’Istituto.
Inoltre, perché deve ricadere sull’indagato/imputato l’eventuale sospensione del procedi mento causata dall’inefficienza e inoperatività delle istituzioni?
È paradossale che ci si trovi, senza alcuna soluzione, innanzi all’inapplicabilità di una norma entrata in vigore un anno fa, e, a scapito degli imputati/indagati, i procedimenti/ processi facciano il loro corso”.
Per contro,a Milano,sin dal 3 agosto del 2023, a seguito dell’entrata in vigore della nuova disciplina organica della giustizia riparativa è stato elaborato, con il contributo concorde della Corte di appello, del Tribunale di Sorveglianza, del Tribunale Ordinario, della Procura Generale presso la Corte di Appello,della Procura della Repubblica presso il Tribunale, dell’Ordine degli Avvocati di Milano, della Camera penale di Milano, uno “Schema operativo per l’applicazione degli istituti della giustizia riparativa“.
Vi si suggerisce che, per una diffusione ordinata ed uniforme dei nuovi istituti, si creino prassi condivise tra i diversi soggetti nell’ambito del procedimento penale.
In particolare, si consigliano modalità operative differenziate a seconda della fase del procedimento (cognizione o esecuzione) e l’individuazione di modalità di comunicazione tra i diversi soggetti coinvolti,che massimizzino la fruibilità dello strumento tenendo conto della limitatezza delle risorse.
Si ritiene,inoltre,necessario instaurare delle buone prassi condivise tra tutti i soggetti direttamente interessati,che possano agevolare innanzitutto l’utilizzo razionale delle risorse ed ottimizzare le energie personali ed il tempo di tutti gli operatori istituzionali e professionali, secondo la corretta e corresponsabile interpretazione e applicazione della legge.
Va sottolineato che le linee guida sono state elaborate grazie alla collaborazione del Centro per la Giustizia Riparativa del Comune di Milano che costituisce un esempio virtuoso di come le cose possano funzionare quando i vertici degli uffici giudiziari, le istituzioni e gli organismi rappresentativi forensi e le istituzioni comunali agiscono in vista dell’interesse pubblico.
- Norme istitutive dei Centri
A tanto aggiungasi che il D.Lgs n.150/2022 contiene varie disposizioni per la realizza zione dei Centri ancora da venire atteso che
L’art. 61 attribuisce al Ministero della Giustizia il coordinamento nazionale dei servizi per la giustizia riparativa e le funzioni di programmazione delle risorse, di proposta dei livelli essenziali delle prestazioni e di monitoraggio dei servizi erogati.
Lo strumento di cui si avvale a tal fine il Ministero è la Conferenza Nazionale per la giustizia riparativa, presieduta dal Ministro della giustizia o da un suo delegato, la quale redige annualmente una relazione sullo stato della giustizia riparativa in Italia, che viene presentata al Parlamento dal Ministro della giustizia.
L’art. 63 disciplina l’istituzione dei Centri per la giustizia riparativa e le Conferenze locali per la giustizia riparativa.
I primi sono istituiti presso gli enti locali.
Le seconde sono istituite in ciascun distretto di Corte d’appello e ne fanno parte rappresentanti del Ministero della Giustizia, delle Regioni, delle Province e Città metropolitane e dei Comuni del territorio.
Spetta alle Conferenze locali, “previa ricognizione delle esperienze di giustizia riparativa in atto, sentiti gli esperti di cui all’articolo 61, comma 2, il Presidente della Corte di appello, il Procuratore generale presso la Corte di appello e il Presidente del Consiglio dell’ordine degli avvocati del Comune sede dell’ufficio di Corte di appello, anche in rappresentanza degli Ordini distrettuali, individua, mediante protocollo d’intesa, in relazione alle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili, uno o più enti locali cui affidare l’istituzione e la gestione dei Centri per la giustizia riparativa in base ai seguenti criteri: a) il fabbisogno di servizi sul territorio; b) la necessità che l’insieme dei Centri assicuri per tutto il distretto, su base territoriale o funzionale, l’offerta dell’intera gamma dei programmi di giustizia riparativa; c) la necessità che i Centri assicurino, nello svolgimento dei servizi, i livelli essenziali delle prestazioni e il rispetto dei principi e delle garanzie stabiliti dal presente decreto“.
È stabilito inoltre che “All’attuazione delle attività di cui al presente articolo le amministrazioni provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. La partecipazione alle attività della Conferenza locale per la giustizia riparativa non dà diritto a compensi, gettoni, emolumenti, indennità o rimborsi di spese di qualunque natura o comunque denominati“.
L’art. 64 disciplina le forme di gestione dei Centri per la giustizia ripartiva che possono avvalersi di mediatori esperti dell’ente locale di riferimento.
Possono, altresì, dotarsi di mediatori esperti mediante la stipula di contratti di appalto, ovvero avvalendosi delle Associazioni del terzo settore,mediante una convenzione stipulata ai sensi dell’articolo 56 del medesimo decreto.
L’art. 92, il cui testo originario è stato modificato dal D.L. n. 19/2024, contiene le disposizioni transitorie in materia di giustizia riparativa.
Vi si prescrive che le Conferenze locali, entro il termine di sei mesi dalla data del 31 dicembre 2023, provvedano alla ricognizione dei servizi di giustizia riparativa in materia penale erogati alla stessa data da soggetti pubblici o privati specializzati, convenzionati con il Ministero della giustizia ovvero che operano in virtù di protocolli di intesa con gli uffici giudiziari o altri soggetti pubblici.
Spetta inoltre alle Conferenze locali valutare le esperienze e i curricula degli operatori in servizio.
Infine,l’art 62,che individua i “Livelli essenziali delle prestazioni”,merita una particolare attenzione poiché dispone che “Mediante intesa assunta nella Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono stabiliti i livelli essenziali e uniformi delle prestazioni dei servizi per la giustizia riparativa, in conformità ai principi e alle garanzie stabiliti dal presente decreto, nel limite delle disponibilità del fondo di cui all’articolo 67, comma 1”.
La norma,in effetti, costituisce l’asse portante dell’apertura dei Centri poiché prevede il fabbisogno economico dei Comuni per tale adempimento, anzi, fa perno sulla collabora zione degli stessi con lo Stato per sostenere lo sforzo economico necessario.
Il 27 Giugno 2024 la Conferenza Unificata dell’ANCI ha approvato l’Intesa ex art 62 non senza manifestare forti preoccupazioni per l’esiguità dello stanziamento del Governo per l’avvio dei Centri nelle 26 Città Capoluogo sedi delle Corti d’Appello.
In particolare,nel documento pubblicato,l’ANCI ritiene, a ragione, che lo stanziamento iniziale previsto dall’art.67,sebbene incrementato successivamente di 5/Milioni con la Legge 29/12/2022 n.197, sia insufficiente alla copertura dei costi di apertura delle sedi dei Centri,del personale addetto dei Mediatori Penali ed Interpreti da adibire agli Uffici che, a parere dell’Associazione dei Comuni,dovrebbe ammontare a 21,5/Milioni di Euro annuali di cui una parte a carico dei Comuni per le spese di gestione dei Centri.
E’ evidente che la mancanza di una copertura finanziaria svilisce la possibilità per i Comuni di procedere all’apertura dei Centri.
Occorre, quindi, che il Governo provveda rapidamente a colmare questa lacuna anche in ossequio agli impegni assunti con il PNRR ed il finanziamento ottenuto dalla UE.
- Conclusioni
Al disagio della Classe Forense,ancora alle prese con una Giustizia lumaca,si aggiunge la mancata attuazione della Riforma che, come ricordato,aveva il compito di diminuire il carico dei procedimenti penali dei Tribunali e favorire il ristoro dei danni sofferti dalle Vittime incentivato dalla riduzione della pena da infliggere all’imputato.
Come ricorda R.Radi (v.articolo cit.)la conseguenza immediata è che viene a mancare l’apporto deflattivo sul quale si contava anche ai fini del raggiungimento tempestivo degli obiettivi del comparto giustizia del PNRR e, ciò che più dovrebbe contare, nessuno degli imputati che ne avrebbe diritto ha la possibilità di accedere ad una giustizia che doveva costituire uno dei pilastri della Riforma.
Al disastro organizzativo si aggiunge poi un ulteriore danno strutturale: quello della credibilità persa per strada da vertici politici, amministrativi e giudiziari che assistono inerti a quel fallimento e che non riescono anche solo ad immaginare un’iniziativa, uno stimolo, un colloquio con gli enti locali del territorio in cui operano per capire cosa fare, uno sguardo alle esperienze che hanno funzionato per capire come imitarle.
È un vero peccato, è una scommessa persa ma,soprattutto, è un danno irreparabile per chi, avendo commesso un reato, prova a redimersi scegliendo la strada che lo stesso Legislatore gli indica, e per chi, avendo patito un reato, potrebbe liberarsi almeno in parte delle sue conseguenze attraverso un percorso di riconciliazione.
Il diritto all’accesso alla GR, declinato alla possibilità di richiesta degli interessati, si scompone nel diritto all’invio ai servizi, sulla base della utilità del programma e dalla inesistenza di pericoli concreti, secondo una valutazione rimessa al Giudice, e nel diritto a che il programma concretamente si svolga, rimesso al vaglio del mediatore chiamato a verificare la fattibilità del programma medesimo.
In questo contesto, la discrezionalità del Giudice, guidata e vincolata dalle logiche di legalità,resta sempre attratta dai controlli degli atti in cui è riversata, mentre la discrezio nalità del Mediatore resta invece insindacabile nel caso di mancato avvio del program ma riparatorio.
Con buona pace di chi ritiene che la Giustiizia Riparativa possa svolgersi in maniera autonoma e svincolata dal Giudiziio Ordinario e non costituisca l’ennesima bufala(!!).
Novembre 2024
** Avvocato Cassazionista … Docente in Master per la Sicurezza e Relatore in Convegni e Seminari. Autore di varie pubblicazioni e di numerosi articoli di Diritto e Procedura penale, Criminologia,Diritto dell’Immigrazione ed in tema di Vittime di Reato pubblicati sulle principali Riviste Italiane.