Nikos Kazantzakis e dell'”Ultima tentazione” che fece tremare la chiesa. Ce ne parla Nicola Crocetti
In questi giorni mi sono imbattuto in questo straordinario articolo pubblicato sulla Rivista Pangea (Rivista avventuriera e di idee) che mi è particolarmente piaciuto così tanto che ho pensato di condividerlo con voi tutti.
Indimenticabile il viso iconico di Willem Dafoe, quel Gesù ligneo, di catastrofica bellezza, moribondo d’amore, appena scolpito dal pennello del Mantegna, da una intuizione aurorale di Bramante. Il film di Martin Scorsese, L’ultima tentazione di Cristo, è in sala trent’anni fa, nel 1988, riferendosi al romanzo più discusso di Nikos Kazantzakis, L’ultima tentazione, pubblicato prima in Germania, poi in Grecia, nel 1955, nonostante la scomunica della Chiesa Ortodossa.
Ciò che disturba del libro di Kazantzakis – in anticipo su altre riletture evangeliche, ad esempio quella di José Saramago, Il Vangelo secondo Gesù Cristo – è l’autorevolezza di uno scrittore che fa della storia di Gesù “confessione dell’uomo che lotta”, epopea di un Figlio turbato dal dubbio, sfrenato nell’incedere perfino nel golgota dell’inquietudine.
“Con la sua pubblicazione, ho compiuto il mio dovere: il dovere di un uomo che ha lottato molto, che molto è stato amareggiato nella vita e molto ha sperato”. C’è quasi una sintonia testamentaria tra l’autore e il suo libro, definitivo: Kazantzakis, che intervistò Mussolini e fu sedotto da Lenin (ma presto, con “l’ascesa di Stalin, rimase deluso dal socialismo reale dell’Unione Sovietica”), che ha tradotto Dante e Machiavelli, Goethe e Nietzsche e Darwin e gli omerici in neogreco, muore nel 1957, quando gli è sottratto per malia il Premio Nobel per la letteratura, “per un voto… assegnato ad Albert Camus”.
Pubblicato da Frassinelli in concomitanza con l’uscita del film di Scorsese, ora L’ultima tentazione torna nella “prima traduzione dal greco” per mano di Gilda Tentorio e di Nicola Crocetti, il massimo esperto di letteratura greca contemporanea, per il Crocetti, che ha già in catalogo i libri più importanti del romanziere più importante della Grecia moderna (da Zorba il greco a Francesco). Ciò che affascina di Kazantzakis, autore di una oceanica Odissea in 33.333 versi, “una titanica impresa che vuol essere la continuazione dell’omonimo epos omerico” (tradotta integralmente da Crocetti, e prossimamente in stampa: un ‘aperitivo’ lo leggete nel fondamentale ‘Meridiano’ Mondadori Poeti greci del Novecento, 2010, a cura di Crocetti e di Filippomaria Pontani), è la gloria del linguaggio, la fede nella letteratura come via di scampo – e di battaglia e di resistenza, non certo di fuga – dalla sudditanza della Storia, dell’imperialismo ideologico.
“Dentro di me coesistono le forze tenebrose e antichissime del Maligno, umane e preumane; dentro di me coesistono le forze luminose di Dio, umane e preumane; e la mia anima è stata l’arena dove questi due eserciti si sono incontrati e scontrati”. L’uomo, enigma sospeso in grido, è sancito dalla contraddizione.
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