“Folk in mostra. Immagini per una storia della canzone dialettale leccese” – Un libro di Federico Capone
Nel suo nuovo interessante lavoro, pubblicato nel gennaio 2021, l’etnomusicologo Federico Capone espone i motivi che hanno negato valenza storica alla canzone dialettale leccese che, attraverso un graduale processo di trasformazione della tradizione musicale salentina realizzatosi durante tutto il XX secolo, rappresenta proprio il necessario anello di congiunzione fra l’oralità, la semplicità e la spontaneità delle ninne nanne, delle filastrocche e degli stornelli tipici della civiltà rurale e le innovazioni tecnologiche che caratterizzano il moderno raggae+hip hop.
L’importanza assunta dalla musica folk urbana è testimoniata dalla documentazione raccolta dall’autore e inserita nel volume; che si presenta come una collezione di immagini vivaci e colorate, una vera e propria esposizione iconografica costituita da copertine di dischi, di libri e di spartiti d’epoca; manifesti di concerti; cartoline e testi.
Il volume costituisce la naturale evoluzione ed il coronamento di un percorso di ricerca e di riflessione critica avviato dal Capone già molti anni addietro con la pubblicazione di Lecce che suona. Appunti di musica salentina (2003) ed organicamente sviluppato ed approfondito in Sata Terra. Una breve storia della canzone dialettale leccese da Tito Schipa ai tarantismi premeditati (2011).
Con la lettura di queste opere si apprende che la canzone dialettale d’autore inizia nel 1921 con Quandu te llài la facce, incisa dal tenore Tito Schipa, ma è dal 1935 in poi che acquista una certa rilevanza storica, grazie alle varie edizioni della Sagra della canzone leccese, ideata dal musicologo Renzo D’Andrea, con lo scopo di rinverdire le tradizioni musical-popolari del capoluogo.
Subito dopo il secondo dopoguerra, con l’esodo della popolazione dalla campagna verso la città e con l’uso dei mezzi di radiodiffusione, la canzone dialettale, che affondava le sue radici più antiche nella tradizione orale tramandata da padre in figlio, cominciò a subire influenze e contaminazioni, che ebbero il loro culmine negli anni ’70/’80 quando, con la crescente industrializzazione, l’emigrazione della popolazione salentina si indirizzò verso l’estero o verso le città del nord Italia.
È durante questo momento storico che la tradizionale pizzica resta confinata nelle campagne, mentre la musica folk diventa quella della città, una musica per lo più scherzosa e spensierata (tra i maggiori esponenti della canzone folk leccese ricordiamo, ad esempio, Bruno Petrachi).
Il processo di trasformazione continua nel decennio successivo, quando la musica folk evolve in raggae + hip hop (e qui non possiamo non citare i Soud Sound System, i primi a coniugare negli anni ’90 la musica contemporanea ed il dialetto) e nella odierna world music.
Folk in mostra – Immagini per una storia della canzone dialettale leccese, di Federico Capone è scaricabile gratuitamente su:
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