IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

 Filosofia, Politica e Impero di Gennaro Tedesco

Temistio

Temistio

                            Alla ricerca del mondo perduto

Temistio nasce in Paflagonia nel 317 circa,  dal 337 visse alla corte di Costantinopoli in amichevoli rapporti con gli imperatori che si successero da Costanzo a Teodosio. Fu senatore nel 355, proconsole nel 358 , prefetto di Costantinopoli nel 384. Morì nel 388 circa.

Restano di lui : Parafrasi degli “Analitici secondi”, Commento della “Fisica”, Parafrasi del libro XII della “Metafisica” ( giunta in traduzione ebraica ), Commento del “De anima” ,  Parafrasi del “De coelo” ( giunto in traduzione ebraica ), Trentaquattro discorsi politici. Sono andate perdute le seguenti opere : Commento delle “Categorie”, Commento degli “Analitici secondi”, Commento dei “Topici”, Commento del “De sensu”, Commento del “De generatione et corruptione”, Commento della “Etica Nicomachea”, Commento a Platone, Sulla virtù, Sull’anima, Lettere a Libanio, a Gregorio di Nazianzo, a Giuliano Imperatore .

Le Parafrasi aristoteliche , composte da Temistio per se stesso e che dovevano abbracciare tutta l’opera di Aristotele, non erano originali, ma avevano il pregio di chiarire e sviluppare il pensiero aristotelico specialmente nei punti in cui si presenta più denso ed oscuro.

Nel Medioevo le parafrasi aristoteliche di Temistio furono le principali fonti per la scolastica.

I modelli letterari di Temistio furono gli oratori attici : si acquistò il titolo di Basileus logon.

Nella sua ricerca filosofica sono presenti due piani ben distinti che non sono in contrasto : il platonico e l’aristotelico, l’indagine intorno all’Essere e l’indagine intorno all’uomo nelle sue manifestazioni ‘pratiche’. Questo suo modo di porsi di fronte ai problemi filosofici risponde a due esigenze umane diverse : la distinzione tra questi due piani, tra queste due esigenze lo rese immune dagli attacchi polemici dei Cristiani come dei Pagani.  Inoltre   questo atteggiamento di analisi e scissione dei livelli di comprensione umana vanificava le tesi totalizzanti e mistiche dei neoplatonici del tempo.

Al Contrario di Libanio di Antiochia, suo collega, fu meno intransigente nelle idee religiose, a questo proposito sono da citare l’orazione a Valente e l’altra a Gioviano sulla tolleranza religiosa.

All’imperatore Gioviano  Temistio ricorda che anche per chi governa ci sono dei limiti, le persecuzioni riescono a piegare il corpo, non l’anima, a Valente chiede pietà per alcuni fautori di una ribellione soffocata nel sangue. Egli più che declamatore si riteneva filosofo.

Il modello politico di Temistio era un ideale monarchico di tipo filosofico.

Temistio, filosofo pagano, teorizzò la “coesistenza pacifica” tra pagani  e  cristiani, esortando gli imperatori a concedere la libertà di coscienza : affermava che Dio aveva dato a tutti il sentimento religioso, perciò bisognava lasciare a ciascuno la possibilità di venerarlo a suo modo, non esercitando alcuna costrizione contraria alla libertà concessa da Dio stesso. E in qualche modo dovettero far sentire la loro influenza tali teorie politiche di Temistio se gli imperatori Gioviano , Valentiniano e Valente furono molto tolleranti.

Per Temistio il sovrano doveva comportarsi come un buon pastore avendo cura del suo popolo che è immagine di Dio. Il principe, filosofo per eccellenza, conformandosi alla volontà divina, non deve dimenticare che la “filantropia” è la prima delle virtù imperiali.

Nel 356, quando la politica religiosa di Costanzo diviene intollerante, Temistio rifiuta di accompagnarlo a Roma. Segue Giuliano fino a che si mostra favorevole a una neutralità religiosa, ma lo abbandona quando vuole organizzare una Chiesa pagana. Alla base di questi atteggiamenti è sempre presente la “filantropia” che gli consente di osservare lucidamente che ormai le classi  subalterne non distinguono più fra padroni romani e invasori barbari, perché molti membri della classe dirigente romana col loro intollerante comportamento hanno fatto si che si desiderasse l’arrivo dei barbari. La “filantropia” gli consente  di accostarsi al problema dei barbari in modo originale. Egli incoraggia la politica pacifista di Teodosio verso i Goti : quando essi entrano come federati e contadini nei territori dell’Impero tra il Danubio e i Balcani, Temistio nel gennaio del 383  pronuncia un panegirico in cui si elogia questa politica di collaborazione. I Goti non sono più odiati, ma amati. Compito della “filantropia” dunque non è reprimere, ma rendere migliori. E’ meglio riempire la Tracia di contadini piuttosto che di cadaveri.

Tra l’altro questo atteggiamento favorevole alle attività agricole collega puntualmente Temistio alle sue osservazioni sull’agricoltura contenute in una sua declamazione.

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