IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

“Falso movimento” un romanzo di Gianvito Pipitone – sesta puntata

falso-movimento

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Si ritrovò a cavalcioni sul pouf. Folle e disperato. La testa stretta fra le mani. La sensazione di secchezza alle fauci. E un orribile presentimento che da lì a breve, sarebbe stato raggiunto da una sincope cardiaca. Doveva bere. Assalì il frigobar e cominciò dalla birra. Chiaro come l’acqua che era stato vittima di selvagge intercettazioni. Il suo telefono fisso. O forse il cellulare di Annette erano stati hackerati. O peggio, l’appartamento di rue Montparnasse disseminato di cimici e webcam.

Si sentiva frastornato. Preda di violenti capogiri. Sembrava impazzire al pensiero che il suo amico Alain, proprietario di quell’appartamento, una delle persone di cui si fidava di più al mondo, il fratello che non aveva mia avuto, potesse averlo venduto ad una banda di pericolosi ricattatori. Non poteva succedere. Alain non gli avrebbe mai potuto fare una cosa del genere. Ci sarebbe stata un’altra spiegazione a tutto ciò. Corse in bagno e si affrettò a sciacquarsi la faccia con acqua gelata, cercando di frenare il vortice impazzito di pensieri in cui sembrava essere precipitato. L’incontro con lo specchio fu impietoso. E in un momento si ritrovò ad avere pietà di sé stesso. Nudo, come si sentì, davanti a Parigi, alla Francia e al mondo intero.  

La privacy! pensò digrignando i denti, rabbiosamente, uno dei valori più preziosi dell’uomo in una società ormai senza speranza. Gli era stata rubata la privacy. Sentiva addosso la dolorosa sensazione di aver perso la verginità senza esserne consenziente. Si sentì letteralmente stuprato. Il Primo articolo della Constitution francaise, ripeté a sé stesso: La Francia è una repubblica indivisibile, laica, democratica e sociale basata sulla Privacy! ecco come avrebbe dovuto recitare l’articolo completo: una repubblica basata sulla privacy. 

Provò a ricomporsi e digitò il numero del centralino, dal quale ebbe istruzioni sulle modalità di accesso alle telefonate verso l’esterno. E ancora in fibrillazione, compose il numero di Alain. All’altro capo, il telefono emise tanti squilli quanti erano previsti, prima della deviazione sulla segreteria. Non era un mistero che Alain non rispondesse a numeri di sconosciuti. In preda alla collera, dopo il bip, Cedric consegnò ad Alain un messaggio telegrafico in cui lo pregava di farsi vivo prima possibile. E dalla gravità del tono utilizzato, Alain non avrebbe tardato a richiamarlo. Suppose. E invece no.  

Erano quasi le 18 quando Cedric si lasciò dietro alle spalle la sua stanza per incontrarsi con Dutroux e la Nerval. L’incontro nella hall dell’Hotel parve cadere sotto una pessima stella. Nonostante l’esperienza di Cedric in materia di minacce e di intimidazioni, il calore sinistro di quella voce così straniante gli aveva trasmesso un brivido di terrore dietro alla schiena. E ora faceva fatica a scrollarsela di dosso: aveva la leggerezza della pazzia e la pesantezza della morte. Il detective dovette combattere con un improvviso nuovo groppo allo stomaco per gestire al meglio lo stress di quella oscura telefonata senza lasciar trapelare nulla ai suoi committenti. Poi nella notte, dopo aver conferito con Alain, avrebbe avuto forse il tempo per analizzare con freddezza e serenità quanto gli era occorso nel pomeriggio.  

Più allarmato di lui sembrò Dutroux. Dalla prima volta che lo aveva visto Cedric ebbe la sensazione che si stesse restringendo sempre più nelle spalle e che la sua figura, curva e allampanata, si allungasse in maniera grottesca ad ogni nuova seduta  A ben guardarlo, il suo incarnato aveva ormai virato al verdognolo facendo pendant con un paio di occhiaie sempre più profonde e bolse. Mentre, non ebbe dubbi, la Nerval aveva avuto una scarica di pianto. Affondata in penombra nel fauteuil della hall, era intenta ad armeggiare con un fazzoletto tormentandosi un occhio da cui sembrava aver ceduto irrimediabilmente una parete dell’ombretto. La dama dava l’idea di una figura scomposta, come fosse uscita dal pennello di Picasso. Di certo avevano litigato, vista la concitazione con cui monsieur Dutroux aveva preso a raccontare a Cedric delle novità.

In breve, la Nerval aveva da poco ricevuto una telefonata anonima in camera sua. Una chiamata di matrice minatoria, si lasciò andare Dutroux, avventurandosi nel gergo giuridico. E così era corsa nella sua stanza a raccontargli l’accaduto. Poi avevano probabilmente litigato, immaginò il detective. Oppure lei aveva semplicemente ceduto ai nervi. 

    – Su tranquilla, mi racconti per filo e per segno cosa le è successo? La rassicurò Cedric con tono insolitamente consolatorio, sforzandosi il più possibile di dissimulare i suoi sentimenti, non troppo ben disposti verso la signora. 

  – Era una voce calma, tranquilla, la voce di un uomo, un ragazzo giovane, massimo trent’anni… All’inizio sembrava uno scherzo, poi invece aveva cominciato a raccontarmi di me e di mio figlio. 

  – E cosa le diceva? coraggio non abbia timore. La incalzò il detective, tradendo ora un po’ di nervosismo. A Cedric non sembrava vero, a quel punto, di questa seconda telefonata minatoria. Per camuffare la sua disperazione, si passò la mano sui lunghi capelli che da qualche mese ormai avevano cominciato a incanutire. Assumendo un’aria il più distaccata possibile. 

La Nerval si fermò allora, come a voler raccogliere le forze.     

    – Mi disse che avrei dovuto seguire le indicazioni … se solo avessi voluto ritrovare mio figlio vivo. E a queste parole scoppiò in un pianto sconsolato. 

    – Coraggio… Provò a consolarla Cedric fissando Monsieur Dutroux, quasi ad incitarlo a fare la sua parte. Ed ancora una volta lo sfiorò quella sensazione che l’uomo parlasse sempre in preda ad un eccesso di esitazione. 

     – Le ha dato un appuntamento per stasera …Dutroux smorzò a bassa voce la frase, piegando le ciglia ad accento circonflesso. 

    – Dove? A che ora? Cedric si rivolse asciuttamente all’amazzone, fulminandola con lo sguardo. 

    – Ha detto che avrei dovuto recarmi in un locale della città e che lì avrei ricevuto altre indicazioni. 

    – Di che genere? 

    – Non so … aveva tanto l’aria che fosse un gioco, questo farabutto …

    – Capisco, e il locale? Quale è questo locale? 

    – Il Baby Luna. 

    – E poi? 

    – E poi ha riattaccato. 

Si morse il labbro. Questo significava che la giornata non sarebbe finita lì e che lui non avrebbe avuto il tempo di riflettere a fondo su quanto stava succedendo.  

Per accedere al Baby Luna bisognava essere una coppia. Almeno così si leggeva dal sito web che Mme Nerval stava scandagliando in lungo e largo. Meglio se una coppia tradizionale. Anche se non sembravano esserci particolari restrizioni nemmeno per coppie lgbt, come lasciava intendere una piccola icona arcobaleno, a margine di una pagina non proprio centrale del sito.   L’importante era mantenere le proporzioni, tanti maschi e tante femmine, ne dedusse la Nerval che sembrava sempre avere un’interpretazione personale per tutto.  Che più o meno significava: mettersi nelle mani di buttafuori ignoranti e senza un briciolo di cervello. Concludeva, con la sua consueta nota di strisciante pessimismo. Fu Dutroux che dovette farle notare che sarebbe stata necessaria una registrazione per avere accesso al club. E come sempre accadeva con la tecnologia, alla fine dovette procedere lui.   

Non ci fu molto da fare per Cedric. Dopo tanto insistere da parte della coppia scoppiata, aveva dovuto cedere. Dutroux e la Nerval intravedevano in quell’avventura la possibilità di poter tenere vive le speranze di restare in scia alle tracce del figlio scomparso. Alla fine il detective aveva accettato la decisione dei suoi committenti, ma con lo stesso entusiasmo di un condannato alla sbarra cui viene sentenziato l’ergastolo. E in attesa del nuovo appuntamento previsto per le 22, aveva deciso di saccheggiare disordinatamente il bar della hall e di alternare alla fine di ciascun drink una visita in camera. Niente di niente. Erano ormai passate quasi 3 ore dal suo messaggio ad Alain e non c’era ancora traccia di una sua risposta. Sprofondato nei suoi più tetri pensieri, si chiedeva a questo punto se non fosse il caso quella sera stessa di comunicare ai due commettenti il suo licenziamento.  

Dutroux provò a tenergli compagnia, almeno nella prima mezz’ora. Adesso che erano rimasti da soli, senza l’incombente presenza della Nerval, sarebbe forse andato tutto più liscio nella loro comunicazione. Ma ogni discorso finiva per spegnersi quasi sul nascere, mentre reciprocamente sembravano scambiarsi i segnali del loro rispettivo cattivo umore. Se ci fu un modo per manifestarsi in modo chiaro la loro reciproca antipatia, quello fu il lungo silenzio con cui i due misero fine ad un certo punto alle inutili chiacchiere di circostanza.  

D’altronde Dutroux non era certo un uomo a proprio agio con le parole. Si potevano contare sulle dita delle mani i suoi interventi nell’arco di tutta la giornata.  Sempre a commento ironico o sarcastico nei confronti della sua ex moglie, che si era invece presa tutta la ribalta. In un certo modo facilitando il compito di Cedric che per l’ennesima volta ascoltava le lamentele di “mamma Nerval” senza il bisogno di doverla interrogare formalmente. Non avrebbe ancora saputo elaborare una ragione plausibile, ma la signora Nerval gli metteva soggezione. Mentre Dutroux lo annoiava profondamente.  

Qualche minuto prima delle 22, la Nerval apparì in tutto il suo splendore dall’ascensore.  Cedric soffocò in maniera maldestra un miserabile rigurgito maschilista e, ricomponendosi, dovette prendere atto che la signora Nerval riusciva a portarsi appresso più che dignitosamente i suoi 40 anni suonati. Fra l’altro, a giudicare dalla mise con cui si era agghindata, pareva che quel tipo di ambiente non le fosse poi troppo sconosciuto. 

Dutroux invece schioccò la lingua sul palato, trasformando per un attimo la sua solita aria di cane bastonato con un interessante tocco di verve sarcastica. Con un leggero sorrisetto che si andava dipingendo sul suo volto. Cedric ebbe pure la sensazione che un lampo di gelosia fosse brillato fra uno sbattere di palpebre e l’altro del cinquantenne. La donna evidentemente non conosceva le mezze misure. Sfoggiava una minigonna ascellare che ne metteva in risalto le lunghe gambe dritte, sorrette da apicali tacchi a spillo di 12 centimetri. Ma dove faceva davvero la differenza era dai fianchi in su, potendo esibire un invidiabile ventre piatto che lasciava campo libero ad un petto davvero imponente, modellato al meglio da uno stretto corpetto ad incrocio, tutto leopardato. Cedric rimase esterrefatto da quel cambio di registro e ancora più stupito di come la donna avesse potuto solo sognare di portare in valigia da Parigi quel vestito così inadatto, viste le circostanze in corso. 

   – Vi levo subito dall’imbarazzo … mezz’ora fa mi sono ritagliata un po’ di tempo per fare shopping… certo Dijon non è Parigi, ma qualche negozio di Zara ce l’hanno pure qua. Non volevate certo che andassi in un locale di scambisti in tuta o con l’hijab?  

    – No di certo, hai fatto bene a entrare nel personaggio! Intervenne sferzante il marito, che continuò: 

    –  E allora a chi ti ispiri stasera tesoro? A Madame Claude?  

E rise in maniera sarcastica, lasciando trapelare tutto il suo disprezzo.   

Lei parve non fare caso al parallelo con la famosa maitresse parigina, ma ormai Mme Nerval aveva deposto le armi nei confronti di Dutroux. E quando non lo trattava come un deficiente decerebrato da utilizzare come un muto sparring partner, lo ignorava coprendolo di indifferenza.  

Dutroux lanciò ancora un ultimo sguardo mellifluo alla sua ex e senza aggiungere parola la precedette verso l’uscita. Il fantasma di Cedric fu visto uscire per ultimo, borbottando fra sè parole indicibili.

La settima puntata sarà online il prossimo 27 dicembre.

Ci scusiamo con i nostri lettori e con l’autore per il ritardo con cui la sesta puntata è stata pubblicata.

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