IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

“Falso movimento” un romanzo a puntate di Gianvito Pipitone  (ventunesima puntata)

falso-movimento

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Alla stazione di Quimper, la coincidenza per Concarneau gli concesse qualche minuto per una veloce visita in libreria. Da un paio di settimane Cedric aveva sospeso la lettura in attesa che gli tornasse la voglia. Di recente aveva fatto fuori tutto d’un fiato il Don Chisciotte di Cervantes, nella versione illustrata di Gustave Dore’, concedendosi poi un po’ di tempo per rifiatare. Il suo rapporto con la libreria era comunque, a dir poco, singolare. A scanso di equivoci, il pensiero di una visita in libreria lo metteva sempre di buonumore. Ma una volta dentro, dopo appena una ventina di minuti, si lasciava sopraffare inspiegabilmente dal panico, una sorta di horror vacui che sembrava spingerlo ad affrettarsi verso l’uscita. Cedric attribuiva questo disagio ad una sorta di involontario nichilismo. Forse a causa di una specie di smarrimento che provava di fronte alla sterminata vastità del sapere. Dopotutto, davanti a tale sconfinatezza, cosa avrebbe cambiato leggere un libro in più o in meno, in questo mondo?


I suoi primi minuti in libreria li impiegava a studiare le etichette delle scaffalature, nella pigra ricerca delle sezioni a lui più congeniali. Preoccupandosi di evitare accuratamente i reparti che meno lo interessavano: la narrativa contemporanea, il fantasy, i romanzi d’amore e i bestsellers di ogni ordine e grado. Schivando come la peste le sezioni dedicate a spiritualità, benessere e auto-miglioramento. Alla fine, dopo aver vagato distrattamente per qualche minuto nella sezione dei thriller o in quella dei romanzi storici, da cui sembrava attratto  senza lasciarsene quasi mai convincere, si dirigeva nel suo elemento: il sempre piu striminzito scaffale dei classici. In quel luogo si sentiva a casa, coccolandosi con lo sguardo gli autori greci e latini, maneggiando qualche volume dal vecchio sapore medievale, per poi concentrarsi quasi sempre sui secoli d’oro della letteratura mondiale dell’Otto e Novecento. Quella mattina, prima che il senso di nausea avesse il sopravvento su di lui, aveva adocchiato il Wilhelm Meister di Goethe, da sempre nella sua lista di desideri. Vi si approccio’ con rispetto, come corteggiando una vecchia fiamma di cui ci si sente ancora attratti ma a cui non si ha mai avuto il coraggio di rivolgere la parola. E prima di pentirsene, si ritrovò alla cassa: avrebbe trovato prima o poi il tempo di affrontare quelle 720 pagine filate, si ripromise.

Più tardi, sul regionale per Concarneau si sorprese a ricevere finalmente un saggio del timbro di voce di Pierre. Da una decina di minuti il ragazzo era attaccato al suo cellulare e, a giudicare dalle sue risposte brevi e tese e dal terrore che ogni tanto gli si dipingeva in volto, non era difficile intuire che dall’altro capo del filo dovesse esserci lui, il suo capo, Alain Leclair. Ne ebbe conferma quando, provato dalla lunga telefonata, Pierre gli consegno’ il cellulare, lasciandosi andare ad un’eloquente espressione di spossatezza. Cedric accosto’ l’orecchio al ricevitore che, come una mitragliatrice, non aveva mai smesso un istante di tacere.
– Alain sono io, datti tragua ogni tanto…
Lo canzonò Cedric.
– Cedric! come stai ?
Aveva temporaneamente cambiato registro, Alain, concedendosi una breve frenata.
– Siamo quasi a Concarneau e la giornata sembra essersi messa al meglio… Erano settimane che non vedevo un cielo così limpido.
– Ah l’Atlantico… come ti invidio… – si lascio’ scappare Alain, poco convinto, prima di ricaricarsi a pallettoni – Allora Cedric… lo spiego pure a te, così è sicuro che non vi sfuggirà nessun passaggio di quello che dovete fare una volta in città…

Cedric sorrise. Nelle parole dell’amico riconosceva il tratto dell’uomo paranoico, ossessionato dal controllo assoluto di ogni aspetto del problema. Un atteggiamento malato, rifletteva Cedric, ma coerente, dal momento che in fondo l’unica persona di cui Alain si fidasse veramente non era altro che se stessa. In ogni caso, questo non gli impediva di rasentare spesso i limiti dell’ insopportabilità. Specie quando, ad un certo punto, per assicurarsi che gli altri avessero capito quanto da lui disposto, pretendeva pure che glielo ripetessero.

A bordo dell’utilitaria a noleggio, una 500 bianca decappottabile, Pierre sembro’ finalmente a suo agio. Dopo il sonno e i malumori di quella mattinata, la sua espressione sembrava tornata serena. Guidava con sicurezza e diligenza e anticipava spesso le indicazione del GPS, come se conoscesse la strada.
– Sei mai stato a Concarneau? Gli domandò Cedric.
– Mai.
Averlo di buon umore avrebbe aiutato l’operazione, pensava Cedric.
– A che ora abbiamo l’appuntamento telefonico con la talpa ?

Rilanciò Cedric che non voleva perdere evidentemente la buona lena del ragazzo.
– Alle 14,00 in punto.
– E cosa faremo prima di allora ?
– Ce ne staremo buoni ad aspettare in una brasserie a poche centinaia di metri dal castello, La Goutte d’Or…

Rispose Pierre cui, notava il detective, l’operatività di quegli ultimi minuti sembrava avergli restituito un piglio diverso. Aveva ragione Alain. Come ogni buon segugio, Pierre si trasformava all’approssimarsi dell’odore della preda.

Si appostarono con l’auto su un ampio piazzale di fronte alla brasserie. Si trovavano ad una decina di chilometri a sud di Concarneau, sulla provinciale in direzione Lorient, alle porte di un borgo dove la vita scorreva lenta e assonnata. Nonostante il freddo pungente, per un istante il sole sembrava aver trovato lo spazio per scatenare a terra tutta la sua potenza. Cedric aprì il finestrino dell’auto e fu piacevolmente investito dal timido cinguettio degli uccelli, dal genuino odore della campagna circostante e dal sorprendente cielo blu che pareva riflettersi sull’immobile specchio d’acqua dell’oceano, poco distante.

Qualche minuto prima delle 14 arrivò una chiamata sul cellulare di Pierre. Era Alain. Dalle smorfie di delusione del ragazzo, qualcosa sembrava non essere andata per il verso giusto. Dopo qualche istante Alain volle parlare anche con lui.
– Niente da fare per il momento, Cedric. La talpa mi ha appena chiamato. Ha detto che a causa di un contrattempo, i lavori della commissione di stamattina sono slittati nel pomeriggio. Significa che c’è il rischio che l’ala in cui si trova la stanza di Annette sia verosimilmente più affollata… Meglio non correre rischi e aspettare almeno a metà pomeriggio.
– Ok … Ma mi confermi che Annette sta bene ed è perfettamente al corrente del nostro piano di fuga?
– Assolutamente sì. Scalpita gia all’idea… Sembra che questa prospettiva l’abbia rimessa in forze.

Alle 16,17, dopo un estenuante pomeriggio di attesa, arrivò la chiamata sul cellulare di Pierre. Nel silenzio dell’abitacolo, Cedric udì la voce stentorea della talpa.
– Precediamo con l’operativo. Posizione numero uno confermata. Posizione numero due confermata. Attendo breve comunicazione, a consuntivo. Chiudo.
Forse a causa dell’adrenalina che l’avvicinarsi dell’azione gli aveva trasmesso in corpo, forse per quel modo singolare di esprimersi da parte della talpa, Cedric sentì come una forte fitta allo stomaco. Mentre Pierre, sollevato il bavero del colletto e ingranata la prima, si appresto’ a condurre l’auto nei pressi delle mura del castello.

Parcheggiata l’auto nel punto stabilito, al riparo dalle telecamere, i due si avviarono speditamente, con estrema circospezione, verso il piccolo cancello laterale, lasciato aperto per l’occasione. Da qualche minuto il sole era ormai precipitato nell’oceano, rilasciando un tenue chiarore rossastro all’orizzonte che si rifletteva sulle pareti del castello medioevale. Sospinto il cancello, seguirono le indicazione della talpa, costeggiando una parte di muro di cinta, sgombro anch’esso di telecamere, per poi attraversare il breve tratto di giardino che li portò a ridosso dei magazzini. Si imbucarono quindi attraverso una piccola porticina. Al termine del corridoio, in penombra, in una stanza adibita a dispensa, avrebbero dovuto incontrare la loro “sentinella”. Cedric ebbe un tuffo al cuore. E se l’uomo che intuivano oltre quella tendina non fosse stato l’uomo giusto? A toglierlo d’impaccio, gli venne in soccorso Pierre. Sicuro dei suoi passi, scostata la tendina, il ragazzo attirò con uno schiocco di dita l’attenzione dell’uomo che, fortunatamente, non si mostro’ sorpreso di vederli. Comunicata qualcosa in codice nel suo auricolare, con l’ausilio di una torcia elettrica, l’uomo si mise alla testa del plotone, guidandoli attraverso una serie di stretti passaggi e di intercapedini interne.

Nel buio poteva sentire lo squittio vicino di qualche topolino, forse spaventato da quell’insolita presenza umana. Per un attimo, Cedric provo’ ribrezzo e terrore, mentre strinse i denti affrettandosi a mantenere il passo dei compagni che lo precedevano. Dopo aver percorso una lunga e stretta scala, che in alcuni punti a malapena lasciava passare un uomo dalle dimensioni più grandi della media, giunsero in un nuovo corridoio lungo e stretto. Lì l’uomo indico’ ai due una porticina scorrevole che si sarebbe aperta alla loro destra. Si affrettò a comunicare qualcosa nel suo auricolare e attese la risposta. La porta davanti a loro si aprì e i due furono spinti fuori, catapultati all’interno di un ampio corridoio in penombra, illuminato fiocamente da una fila di torce a petrolio. Nell’aria annusò l’odore del combustibile bruciato mentre sentiva che il pavimento sotto ai loro piedi era costituito da un pavé grezzo ed irregolare.

La sentinella che si ritrovarono di fronte fece loro cenno di sbrigarsi. E superate un paio di porte, si imbuco’ all’improvviso all’interno di una stanza che poco dopo li risucchiò tutti. E finalmente, a qualche passo dal letto dal quale sembrava appena essersi alzata, trovo’ la sua Annette. Magra, sciupata, gli occhi incassati, indossava un lungo cappotto bianco e un pesante berretto di lana. Corse ad abbracciarla, mentre lei sembro’ scoppiare in un irrefrenabile singhiozzo. Un po’ contrariato, l’uomo sentinella fece loro cenno di rimanere in silenzio, mentre Cedric, stringendosi Annette al petto, continuava ad asciugarle con i baci le sue lacrime di felicità. I due si guardarono ancora una volta negli occhi, senza bisogno di dirsi altro.

Il percorso di ritorno fortunatamente non presento’ imprevisti, per quanto la debolezza di Annette dovette necessariamente rallentare la loro marcia. Le due sentinelle si diedero il cambio nello stesso identico punto. E quando finalmente il gruppetto sbucò in giardino, fuori era ormai buio pesto. In lontananza si udiva l’insistente latrare dei cani, mentre, nel chiarore dei potenti fari che illuminavano un po’ più in là l’entrata del castello, si intuiva il chiacchiericcio indistinto dei giardinieri, alle prese con la potatura di querce e faggi lungo il viale di accesso.

Erano appena passate le 19, quando Cedric si ritrovò sull’ultimo treno veloce per Parigi, in un vagone pressochè vuoto. Soddisfatto e orgoglioso dell’operazione andata a buon fine, Pierre aveva appena terminato una lunga conversazione al cellulare con il suo capo, al quale aveva riportato fedelmente i dettagli dell’operazione. Per la prima volta in quella giornata lo sentì ridere, in maniera scomposta, come capita a chi non c’è molto abituato. Dal canto suo Annette era molto debole e, una volta sprofondata sulla poltrona del Tgv, era crollata con la testa appoggiata sul suo petto. Non aveva detto un granché, durante il tragitto in auto da Concarneau a Quimper. Sembrava molto debilitata oltre che confusa per via delle medicine che le avevano somministrato in quei giorni e aveva sempre voglia di dormire. Dall’ultima volta che Cedric l’aveva vista, appena due settimane prima, aveva perso più di 6 o 7 chili. In quelle condizioni, temendo di affaticarla ulteriormente, per quanto covasse una voglia matta di sapere come si fossero svolti i fatti, aveva rinunciato per il momento a porle qualsiasi domanda.


Frattanto, aveva concordato con Alain una soluzione temporanea per la sistemazione di Annette. Una volta giunti a Parigi, quella sera stessa sarebbe stata ricoverata in una clinica privata, in estrema segretezza e riserbo. Ameno per quei primi giorni. Erano ormai quasi le 20,00 quando il treno aveva lasciatola stazione di Lorient. Cedric immaginò che la scomparsa di Annette dalla sua stanza, avesse ormai fatto il giro del castello. D’un tratto fu assalito da un incontrollabile stato di ansia. Non riusciva a credere che, dall’alto della sua potenza, il ministro Boissy, cui avevano soffiato la moglie in pratica da sotto il naso, se ne potesse rimanere con le mani in mano. A maggior ragione se quella sera insieme a lui c’era il ministro degli Interni. Un’improvvisa rasoiata lo feri’ in mezzo al petto. Ma certo, riflette’, il ministro degli Interni avrebbe in men che non si dica allertato le forze della polizia di zona, da Concarneau fino a Parigi. E forse già alle prossime stazioni, a Vannes o a Rennes, avrebbero potuto mandare qualcuno a cercarli sul treno.

In un istante, si sentì disperato. Aveva pensato di condividere le sue paure con Pierre, ma lo senti’ distratto, sprofondato nelle sue cuffie. Provo’ a guardare Annette, da sopra la spalla. Poteva sentire il battito del suo cuore in un punto preciso del suo avambraccio. Sembrava così minuta e indifesa. Per un attimo ebbe voglia di accarezzarle la fronte e poi giu’ fino al mento. D’improvviso si accorse che era sveglia. Aveva appena aperto gli occhi e da quelle piccole feritoie sembrava fissarlo con estremo terrore.
– Lui sa tutto di noi … Sa tutto … Non ci lascerà in pace finché non ci distruggerà completamente…
In quel momento, la portiera del treno in fondo al vagone si aprì producendo un leggero sbuffo d’aria compressa. Subito dopo sbucarono due tipi dallo sguardo truce che a Cedric parve malauguratamente di riconoscere. Fu allora che si sentì perduto.

La ventiduesima puntata sarà online il prossimo 12 aprile


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